Consiglio di Stato Sez. IV n. 4257 del 19 maggio 2025
Ambiente in genere.Iter progettuale delle infrastrutture strategiche

Con riferimento all'iter progettuale delle infrastrutture strategiche, la possibilità di inserire prescrizioni in sede di approvazione del progetto definitivo, non soltanto è ammissibile, ma a volte si rende necessaria: diversamente argomentando, occorrerebbe predisporre un nuovo iter di approvazione per ogni difformità, ancorché secondaria, fra il progetto preliminare, definitivo ed esecutivo; proprio al fine di non incorrere in questo inconveniente, che andrebbe ad incidere sulla celere azione amministrativa, il legislatore ha previsto la possibilità di introdurre delle raccomandazioni e prescrizioni in sede di adozione del progetto definitivo 

Pubblicato il 19/05/2025

N. 04257/2025REG.PROV.COLL.

N. 09486/2024 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9486 del 2024, proposto dalla società Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Cintioli, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

contro

il Comitato Civico contro il potenziamento ferroviario della tratta Rho-Parabiago, in persona del legale rappresentante pro tempore, e i signori Alberto Maggioni, Maria Luisa Colombo, Livio Silvestro Baronio, Dalia Maria Sartirana, Claudio Raimondi, Ivan Celli, Andrea Donarini, Mario Colombo, Maria Pinella Madeddu, Franco Airaghi, Graziella Manidi, Maurizia Cattaneo, Cesarino Vanini, Virginia Lombardi, Nadia Lombardi, Ivan Iose Nebuloni, Savino Tanzi, Giuseppina Tagliabue, Roberta Pascoli, Samorini Carla Dina, Andrea Ranghetti, Giuseppe Fiamingo, Sergio Dalla Vecchia, Laura Marina Pessina, Giovanni Grasso, Luciano Borghetti, Ilaria Brugnone, Cristiana Arcaro, Massimiliano Nicita, Sabrina Luigia Re, Stefania Garzotto, Katia Villa, Nancy Scordamaglia, Monica Pellegrino, Marco Gianni Paltrinieri, Mirella Mazzei, Anna Angela Gallo, Claudia Donarini, Luca Donarini, Caterina De Marco, Chiara Accoto, Paola Mattasoglio, Clara Campanelli, Ernesto Rigitano, Giulia Piccoli, Emilia Calastri, Giacinta Caprioli, Aldo Sangiovanni, Rosanna Colombini, Rosangela Cassani, Adelia Maggioni, Eugenio Zeni, Virginio Remar Claudia Nebuloni, Elisa Maggioni, Alberto Pisano, Cristina Ripepi, Aurelio Pacioni, Claudia Leccardi, Valerio Lunghi, Marco Lunghi, Giulia Goldin, Paola Lucia Boldorini, Enrico Goldin, Francesca Lunghi, Federico Bevilacqua e Iryna Khoroshchak, rappresentati e difesi dall'avvocato Roberta Bertolani, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

nei confronti

della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, nonché del Commissario straordinario ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 32 del 2019 e del D.P.C.M. 5 agosto 2021, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
della Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Piera Pujatti e Maria Lucia Tamborino, con domicilio digitale come da Pec da Registri di giustizia;
del Comune di Castellanza, non costituitosi in giudizio;
del Consiglio superiore dei lavori pubblici, non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza n. 3488 del 2024 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Terza.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comitato Civico contro il potenziamento ferroviario della tratta Rho-Parabiago e dei signori Alberto Maggioni, Maria Luisa Colombo, Livio Silvestro Baronio, Dalia Maria Sartirana, Claudio Raimondi, Ivan Celli, Andrea Donarini, Mario Colombo, Maria Pinella Madeddu, Franco Airaghi, Graziella Manidi, Maurizia Cattaneo, Cesarino Vanini, Virginia Lombardi, Nadia Lombardi, Ivan Iose Nebuloni, Savino Tanzi, Giuseppina Tagliabue, Roberta Pascoli, Samorini Carla Dina, Andrea Ranghetti, Giuseppe Fiamingo, Sergio Dalla Vecchia, Laura Marina Pessina, Giovanni Grasso, Luciano Borghetti, Ilaria Brugnone, Cristiana Arcaro, Massimiliano Nicita, Sabrina Luigia Re, Stefania Garzotto, Katia Villa, Nancy Scordamaglia, Monica Pellegrino, Marco Gianni Paltrinieri, Mirella Mazzei, Anna Angela Gallo, Claudia Donarini, Luca Donarini, Caterina De Marco, Chiara Accoto, Paola Mattasoglio, Clara Campanelli, Ernesto Rigitano, Giulia Piccoli, Emilia Calastri, Giacinta Caprioli, Aldo Sangiovanni, Rosanna Colombini, Rosangela Cassani, Adelia Maggioni, Eugenio Zeni, Virginio Remar Claudia Nebuloni, Elisa Maggioni, Alberto Pisano, Cristina Ripepi, Aurelio Pacioni, Claudia Leccardi, Valerio Lunghi, Marco Lunghi, Giulia Goldin, Paola Lucia Boldorini, Enrico Goldin, Francesca Lunghi, Federico Bevilacqua e Iryna Khoroshchak, nonché della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e della Regione Lombardia;

Visto l’appello incidentale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2025 il Cons. Eugenio Tagliasacchi;

Uditi gli avvocati Fabio Cintioli, Roberta Bertolani e l'avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli;

Dato atto dell'istanza di passaggio in decisione depositata dall'avvocato Piera Pujatti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe, la società Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. ha impugnato la sentenza n. 3488 del 2024 del T.a.r. Lombardia - Milano, con cui è stato accolto il ricorso proposto dal Comitato Civico contro il potenziamento ferroviario della tratta Rho-Parabiago e dagli ulteriori ricorrenti indicati in atti per l’annullamento dell’ordinanza n. 11 del 28 giugno 2023 del Commissario Straordinario nominato ai sensi dell’art. 4 del d.l. 18 aprile 2019 n. 32 e del D.P.C.M. del 5 agosto 2021, recante l’approvazione del progetto definitivo del “Potenziamento della Linea Rho – Gallarate, 1 fase: Quadruplicamento tratta Rho – Parabiago e raccordo a Y per Malpensa”, nonché dei relativi allegati e degli altri atti connessi, tra i quali i pareri del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e quelli della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale n. 1509/2014 e n. 310/2022, oltre agli ulteriori atti del medesimo procedimento meglio individuati nella sentenza di primo grado.

2. In punto di fatto, occorre premettere – in estrema sintesi – che la vicenda oggetto del presente giudizio riguarda, come sopra rilevato, il potenziamento della linea ferroviaria Rho – Gallarate e, in particolare, il quadruplicamento della tratta Rho – Parabiago, con la precisazione che viene in rilievo un’opera che fa parte del “sistema Gottardo”, individuato quale infrastruttura da realizzare nell’ambito del programma di cui alla l. n. 443 del 2001 (c.d. “Legge obiettivo”) dalla delibera n. 121 del 2001 del Comitato Interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS, già CIPE).

Il progetto preliminare dell’opera, che prevedeva la realizzazione soltanto di un terzo binario ed escludeva, pertanto, il quadruplicamento della linea in considerazione del peculiare contesto urbanistico, è stato approvato con la delibera del CIPE n. 65 del 2005, a seguito del parere positivo con prescrizioni della Commissione speciale di valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. n. 190 del 2002, tale approvazione ha determinato la valutazione di compatibilità ambientale dell’opera stessa.

Successivamente, è stato presentato il progetto definitivo del potenziamento della tratta Rho – Gallarate, ai sensi dell’art. 166 del d.lgs. n. 163 del 2006, che ha previsto l’introduzione di interventi ulteriori rispetto a quelli indicati dal progetto preliminare, tra cui il quadruplicamento della linea tra Rho e Parabiago e la realizzazione del raccordo a Y di collegamento fra la linea FS e quella Ferrovie Nord Milano (FNM) in prossimità della stazione di Busto Arsizio.

La Commissione tecnica di valutazione di impatto ambientale presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha, poi, espresso parere positivo con prescrizioni sul progetto definitivo, ai sensi dell’art. 185, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, con atto n. 383 del 2009, in ragione della “sostanziale coerenza del progetto definitivo con il progetto preliminare oggetto della Delibera CIPE n. 65/2005 del 27/5/2005”, dal momento che “le variazioni del progetto definitivo o non assumono rilievo sotto l’aspetto localizzativo o introducono elementi migliorativi ovvero comportano nuove soluzioni accettabili dal punto di vista della compatibilità ambientale”.

Il progetto definitivo è stato quindi approvato con la delibera CIPE n. 33 del 2010, la quale è stata impugnata davanti al T.a.r. Lombardia - Milano e, con la sentenza n. 1914 del 2012, l’anzidetto T.a.r. ha accolto il ricorso evidenziando che la soluzione a quattro binari introdotta con il progetto definitivo era stata espressamente esclusa da quello preliminare con la conseguenza che, in ragione delle modifiche intercorse, risultava necessario rinnovare la procedura di valutazione di impatto ambientale.

Questo Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6667 del 2012, ha confermato la sentenza del T.a.r. sopra richiamata, evidenziando come l’evoluzione progettuale tra progetto preliminare e progetto definitivo – pur fisiologica – rendesse necessario un particolare approfondimento poiché aveva ad oggetto una soluzione infrastrutturale che inizialmente era stata esclusa in modo espresso.

Il proponente, dunque, ha ritenuto di riavviare il procedimento ai sensi dell’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006 sulla base del solo progetto definitivo, non modificato rispetto a quello approvato nel 2010, così prescindendo dall’approvazione del progetto preliminare, come espressamente consentito dalla disposizione sopra richiamata.

Con il parere n. 1509 del 2014, la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale ha espresso parere favorevole con prescrizioni sull’anzidetto progetto definitivo.

Anche tale parere è stato impugnato dagli odierni appellanti ma, con la sentenza n. 121 del 2021, il T.a.r. ha respinto il ricorso nel merito e il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7714 del 2021, lo ha – invece – dichiarato inammissibile in ragione della natura endoprocedimentale dell’atto impugnato, ritenuto come tale non lesivo.

Successivamente, l’opera è stata inserita tra quelle finanziate dal PNRR e, con il già menzionato D.P.C.M. del 5 agosto 2021, è stata inclusa tra quelle di cui all’art. 4 del d.l. n. 32 del 2019 ed è stata oggetto di commissariamento, con contestuale nomina del Commissario Straordinario, dott.ssa Vera Fiorani. Tale D.P.C.M. è stato impugnato dai ricorrenti e odierni appellati e il ricorso è stato dichiarato inammissibile con la sentenza del T.a.r. Lazio - Roma n. 307 del 2023, confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 5397 del 2023.

Infine, la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale ha reso l’ulteriore parere n. 310 del 2022, a integrazione di quello n. 1509 del 2014 e – a conclusione della Conferenza di servizi istruttoria – la relativa relazione sul progetto definitivo è stata trasmessa al Commissario Straordinario per l’approvazione ai sensi dell’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006.

Da ultimo, l’approvazione definitiva è intervenuta con l’ordinanza del Commissario n. 11 del 2023 anche ai fini della compatibilità ambientale, nonché della localizzazione urbanistica, dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e della dichiarazione di pubblica utilità con riguardo alle parti del progetto definitivo modificate rispetto al progetto preliminare e avverso tale ordinanza è stato proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio.

3. Con l’impugnata sentenza n. 3488 del 2024, il T.a.r. Lombardia - Milano – dopo aver affermato la propria competenza e aver respinto le eccezioni preliminari sollevate dalle parti resistenti, ivi incluse le eccezioni di inammissibilità per violazione del principio del ne bis in idem e per sconfinamento nelle valutazioni di merito riservate all’amministrazione, nonché quella di irricevibilità per tardività con riferimento all’impugnazione degli atti diversi dall’ordinanza commissariale n. 11 del 2023 – ha parzialmente accolto il ricorso nel merito.

Più precisamente, il giudice di primo grado ha respinto una parte dei motivi proposti con il ricorso introduttivo e, in particolare, ha escluso che fossero configurabili i prospettati profili di nullità per violazione del giudicato formatosi sulle sentenze n. 1914 del 2012 del T.a.r. Lombardia - Milano e n. 6667 del 2012 del Consiglio di Stato e, del pari, ha ritenuto che la VIA non potesse essere considerata scaduta, reputando che il termine di cinque anni per la realizzazione degli interventi sottoposti a valutazione di impatto ambientale poteva trovare applicazione soltanto per i procedimenti avviati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 4 del 2008, mentre nel caso di specie il procedimento di compatibilità ambientale sul progetto preliminare era stato avviato il 9 giugno 2003.

Per contro, il T.a.r. ha ritenuto fondate e ha accolto le censure per il cui tramite è stata contestata tanto la carenza di una valutazione complessiva ed attuale della compatibilità ambientale dell’opera oggetto del giudizio, quanto la sostanziale inadeguatezza dell’istruttoria alla luce del contenuto dei pareri della Commissione VIA n. 310 del 2022 e n. 1509 del 2014, sui quali risulta fondata l’impugnata ordinanza n. 11 del 2023. In altri termini, ad avviso del T.a.r., l’ordinanza commissariale attesterebbe la compatibilità dell’opera sulla base di dati e valutazioni non più attuali e incompleti, in violazione di quanto prescritto dai principi desumibili dalla disciplina europea, tenuto altresì conto della circostanza che il parere del 2022 sarebbe intervenuto solo sulle parti progettuali modificate dopo il 2013, rinviando, per il resto, alle valutazioni rese nel 2014, senza alcuna nuova valutazione della fattispecie alla luce dei dati aggiornati. Sarebbe, pertanto, stato violato anche il principio per cui la valutazione ambientale “opportuna” è quella che considera il progetto nella sua completezza e in termini di attualità, sebbene ai sensi dell’art. 185, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006, il proponente possa chiedere un aggiornamento della VIA con esclusivo riferimento alle parti del progetto soggette a variazione qualora il progetto definitivo sia stato modificato rispetto a quello preliminare. Secondo il giudice di primo grado, infatti, tale disposizione dovrebbe essere interpretata in senso conforme al diritto europeo e, pertanto, il mero aggiornamento delle sole parti modificate del progetto non potrebbe far ritenere assolto l’obbligo di rendere attuale la valutazione di compatibilità ambientale, quando, come nel caso di specie, sia trascorso un considerevole lasso di tempo dallo studio ambientale su cui era stato basato il primo parere favorevole della Commissione speciale VIA.

Sotto un ulteriore profilo, il T.a.r. ha ritenuto che il Commissario, approvando il progetto anche ai fini della compatibilità ambientale dell’intervento, non avrebbe rispettato i limiti posti ai suoi poteri sostitutivi dall’art. 4 del d.l. n. 32 del 2019 con riferimento agli effetti per l’appunto sostitutivi del provvedimento commissariale, posto che, secondo il T.a.r., per gli anzidetti profili di compatibilità ambientale sarebbe stata necessaria una nuova approvazione da parte del CIPESS.

In terzo luogo, il giudice di primo grado ha reputato che vi sia stata una reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio in assenza di un’adeguata motivazione, in quanto era già stato apposto un primo vincolo con la delibera CIPE n. 65 del 2005 e, poiché alla data di adozione dell’ordinanza commissariale n. 11/2023 non era stata ancora realizzata alcuna opera pubblica, il vincolo espropriativo risultava decaduto ai sensi dell’art. 9 del d.P.R. n. 327 del 2001 e, sul punto, il T.a.r. ha ricordato come la giurisprudenza costituzionale abbia evidenziato che la reiterazione dei vincoli decaduti ovvero la loro proroga non costituiscono fenomeni per ciò solo inammissibili dal punto di vista costituzionale, potendo in concreto sussistere ragioni idonee a giustificarli, da accertare attraverso l’opportuna e motivata valutazione procedimentale dell’amministrazione competente, ovvero apprezzate dalla discrezionalità del legislatore entro i limiti della non irragionevolezza e della non arbitrarietà (cfr. Corte Cost., 20 luglio 2007, n. 314), tuttavia il provvedimento avrebbe dovuto indicare le ragioni della perdurante sussistenza dell’interesse pubblico.

4. Avverso tale sentenza ha proposto appello principale la società Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. formulando tre distinti motivi di gravame.

4.1. Con il primo motivo, l’appellante ha censurato la sentenza nella parte in cui il T.a.r. ha ritenuto che la valutazione ambientale fosse priva dei caratteri dell’attualità, unitarietà e completezza prescritti dalla disciplina europea, osservando come il progetto avesse ottenuto la valutazione favorevole della Commissione VIA nell’anno 2014, per il tramite del parere n. 1509/2014, nonché nell’anno 2022, con il parere n. 310/2022, in considerazione delle integrazioni richieste dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Ad avviso dell’appellante medesima, tuttavia, la conclusione del giudice di primo grado sarebbe incomprensibile, in quanto fondata su una lettura formalistica e parcellizzata del parere della Commissione VIA del 2022.

Per contro, la stessa giurisprudenza richiamata dal T.a.r. confermerebbe come le precedenti valutazioni debbano essere tenute in debita considerazione, salvo che i dati ambientali e scientifici risultano mutati, senza che il mero decorso del tempo possa costituire, di per sé, un impedimento in tal senso e fermo restando che, in ogni caso, si tratterebbe di una valutazione rimessa esclusivamente all’amministrazione, come confermato anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la conseguenza che il T.a.r. si sarebbe “inammissibilmente ingerito nella discrezionalità tecnica della Commissione Via”.

4.2. Con il secondo motivo di gravame, l’appellante ha censurato la sentenza nella parte in cui il T.a.r. ha ritenuto che il Commissario Straordinario, nell’approvare il progetto anche ai fini della compatibilità ambientale dell’intervento, non abbia rispettato i limiti posti dall’art. 4 del d.l. n. 32 del 2019 rispetto all’esercizio dei poteri sostitutivi e, sul punto, ha rimarcato la natura derogatoria dei poteri del Commissario.

4.3. Con il terzo motivo di gravame, infine, l’appellante principale ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il T.a.r. ha ritenuto che l’apposizione del vincolo espropriativo necessitasse di un’apposita motivazione, benché il vincolo derivasse in via immediata e diretta dall’approvazione del progetto definitivo ai sensi dell’art. 167 del d.lgs. n. 163 del 2006. In proposito, la società Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. ha infatti osservato che, a differenza di quanto affermato dal giudice di primo grado, il vincolo espropriativo apposto nel 2005 in conseguenza dell’approvazione del progetto preliminare non era decaduto per il decorso del tempo ma era venuto meno a seguito dell’annullamento del progetto definitivo da parte della sentenza del Consiglio di Stato n. 6667 del 2012, con la conseguenza che il vincolo derivante dall’approvazione commissariale del progetto definitivo, oggetto della sentenza appellata, non aveva affatto reiterato un vincolo precedente, ma ne aveva imposto uno nuovo, peraltro derivante direttamente dalla legge.

5. Si è costituito in giudizio il Comitato Civico contro il potenziamento ferroviario della tratta Rho-Parabiago, unitamente agli altri ricorrenti indicati in epigrafe, replicano alle censure proposte e chiedendo il rigetto dell’appello principale. Gli appellati, inoltre, con la memoria del 7 gennaio 2025, hanno riproposto in appello, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi del ricorso di primo grado assorbiti dal T.a.r., che di seguito si sintetizzano.

5.1. Con il primo motivo riproposto, i ricorrenti e odierni appellati hanno sostenuto che, a prescindere dai profili afferenti alla dedotta violazione del giudicato formatosi sulle sentenze n. 1914 del 2012 del T.a.r. Lombardia - Milano e n. 6667 del 2012 del Consiglio di Stato, il parere della Commissione VIA del 2014, il parere integrativo del 2022 e l’ordinanza commissariale n. 11 del 2023 sarebbero comunque illegittimi poiché avrebbero introdotto, “in assenza di una valida motivazione”, una soluzione progettuale – ossia quella che prevede il quarto binario – che era stata già vagliata in precedenza e motivatamente esclusa. In questa prospettiva ne deriverebbe, a loro avviso, la violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 e, in particolare, il difetto di motivazione e di istruttoria, oltre al vizio di eccesso di potere per illogicità manifesta, sviamento e travisamento dei presupposti di fatto, correlato alla violazione di legge, poiché, a fronte di una soluzione già vagliata ed espressamente esclusa, sarebbe stata necessaria un’analitica motivazione avuto riguardo alle ragioni della ritenuta, sopravvenuta, compatibilità ambientale e progettuale.

Sul punto, gli appellati hanno anche sostenuto che il difetto di motivazione della soluzione progettuale esclusa in precedenza comporti altresì la violazione delle disposizioni in tema di contenuto dei progetti e di valutazione di impatto ambientale.

5.2. Con la riproposizione del quarto motivo di ricorso, gli appellati hanno prospettato ulteriori profili di illegittimità del “parere n. 1504/2021” (rectius, parere n. 1509 del 2014), e, in via derivata dell’ordinanza n. 11/2023, sostenendo che il Ministero dell’ambiente abbia “completamente abdicato al proprio ruolo di autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale” esercitando i propri poteri “per finalità diverse da quelle di matrice ambientale”. A questo proposito hanno, infatti, sostenuto che il Ministero non abbia compiuto alcuna autonoma valutazione circa gli aspetti che avrebbero dovuto essere presi in considerazione ex lege nell’ambito del procedimento di valutazione d’impatto ambientale, essendosi, da un lato, limitato a “copiare” dalla documentazione trasmessa dal progettista e dalla Regione Lombardia, eliminando, dall’altro lato, “dai documenti da cui stava copiando, tutte le criticità irrisolte ovvero irrisolvibili”. Per tale ragione, il parere della Commissione speciale VIA sarebbe stato reso in assenza di uno studio di impatto vibrazionale aggiornato e a tale vizio non avrebbe posto rimedio neppure la VIA del 2022.

5.3. Con la riproposizione del quinto motivo di ricorso, i ricorrenti e odierni appellati hanno ritenuto di dover riproporre un motivo di impugnazione che a loro avviso “è stato, come si è visto, accolto”, precisando di avere intenzione di riproporlo solo per “scrupolo difensivo”, per l’ipotesi che il Collegio lo ritenesse in tutto o in parte assorbito.

Il motivo in questione riguarda il parere della Commissione VIA n. 310/2022 che, secondo i ricorrenti, sarebbe viziato per illegittimità derivata per gli stessi vizi da cui sarebbe inficiato il parere “n. 1504/20214” (rectius, parere n. 1509 del 2014). A loro avviso, infatti, il rinnovo della valutazione di impatto ambientale avrebbe dovuto estendersi al quadruplicamento della linea, in ragione delle modifiche sopravvenute, fermo restando che la valutazione sarebbe, a loro dire, incompleta, non avendo il parere affrontato “le criticità riscontrate dalla stessa CTVA, ritenendole immotivatamente superate”.

Sotto un ulteriore profilo, l’illegittimità deriverebbe dalla decisione di non aver inserito dati e informazioni, oggettivamente dirimenti ai fini del complessivo giudizio di compatibilità ambientale e, a tal fine, hanno richiamato una pluralità di questioni che la VIA integrativa avrebbe omesso di approfondire.

5.4. Con la riproposizione del sesto motivo di ricorso, i ricorrenti e odierni appellati hanno sostenuto l’illegittimità della progettazione definitiva a quattro binari, in considerazione della sua difformità rispetto a quella preliminare mentre i due livelli di progettazione avrebbero dovuto essere coerenti tra loro, sicché il difetto di corrispondenza tra progetto definitivo e preliminare costituirebbe “già di per sé causa di illegittimità del provvedimento di approvazione del primo”, in quanto il progetto preliminare delle opere strategiche costituirebbe “la decisione principale sull'ottimale armonizzazione dell'opera pubblica con l'ambiente esterno, non suscettibile di sensibili modifiche in sede di sviluppo degli altri livelli di progettazione”. Per tale ragione, la previsione a livello di progettazione definitiva di una soluzione non solo diversa ma addirittura esclusa dal progetto preliminare determinerebbe di per sé un insanabile contrasto tra i due progetti e, dunque, l’illegittimità degli atti impugnati.

5.5. Con la riproposizione del settimo motivo di ricorso, i ricorrenti e odierni appellati hanno prospettato due ulteriori vizi, ossia: (i) l’illegittimità “sotto il profilo progettuale e sotto il profilo ambientale” della decisione di demandare alla fase della progettazione esecutiva “la definizione di contenuti essenziali che appartengono ai precedenti livelli di progettazione e/o che avrebbero dovuto essere oggetto del giudizio di compatibilità ambientale”; (ii) l’incompletezza, le contraddizioni e dunque la “complessiva incertezza in merito ai contenuti, effettivi, della progettazione”.

Più precisamente, secondo i ricorrenti e odierni appellati, il progetto sarebbe stato approvato rimandando alla progettazione esecutiva la definizione di troppe questioni che avrebbero un peso determinante sull’entità degli impatti ambientali, sui recettori coinvolti e sugli espropri e che, quindi, avrebbero dovuto essere definite in fase di progettazione definitiva e considerate ai fini della valutazione di impatto ambientale, con la conseguenza che la mancata definizione di questi aspetti e l’incertezza delle relative mitigazioni renderebbero carente la valutazione di impatto ambientale in quanto effettuata “in assenza di informazioni esaustive e certe sugli impatti del progetto”.

5.6. Infine, con la riproposizione del nono motivo di ricorso, gli appellati hanno sostenuto che l’impugnato D.P.C.M. del 5 agosto 2021 sia stato adottato in violazione dell’art. 4 del d.l. n. 32 del 2019, in quanto l’opera in questione non soddisferebbe alcune delle condizioni previste da tale disposizione, non sussistendo, a loro avviso, i presupposti (i) della complessità progettuale, (ii) della particolare difficoltà esecutiva, (iii) della complessità delle procedure amministrative e non sarebbe neppure configurabile un rilevante impatto sul tessuto socioeconomico.

Sotto un diverso profilo, con il medesimo motivo, gli appellati hanno messo in evidenza la situazione di incompatibilità che, a loro dire, sarebbe ravvisabile in capo al Commissario Straordinario nominato, dott.ssa Vera Fiorani, in considerazione delle cariche dalla stessa ricoperte nell’ambito di R.F.I. S.p.a. (ossia amministratore delegato e direttore generale) e nell’ambito di altre società (presidente del consiglio di amministrazione della Bluferries S.r.l, con socio unico).

Da ultimo, nell’ambito del medesimo motivo, sono stati riproposti i già prospettati vizi del parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici (soprattutto del terzo parere, prot. n. 73/2019), dai quali deriverebbe l’illegittimità dei pareri della CTVIA n. 1509/2014 e n. 310/2022 nonché dell’ordinanza commissariale n. 11/2023. In particolare, nel contesto di tale motivo, sono stati prospettati plurimi profili di incompletezza e di asserita contraddittorietà dell’anzidetto parere, posto che, da un lato, il Consiglio Superiore dei lavori pubblici si è espresso favorevolmente, ma, dall’altro lato, ha introdotto numerose prescrizioni.

6. Oltre alla riproposizione dei motivi che precedono, il Comitato Civico contro il potenziamento ferroviario della tratta Rho-Parabiago e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe hanno anche proposto appello incidentale avverso i capi della sentenza n. 3488 del 2024 del T.a.r. Lombardia rispetto ai quali gli stessi sono rimasti soccombenti, formulando sei distinti motivi di gravame.

6.1. Con il primo motivo dell’appello incidentale, è stato censurato il punto n. 5 della sentenza impugnata, nella parte in cui il T.a.r. ha escluso che il parere della Commissione VIA n. 1509/2014 e l’ordinanza commissariale n. 11/2023 fossero nulli in quanto adottati in elusione del giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 6667 del 2012 e su quella del T.a.r. Lombardia n. 1914 del 2012, posto che, secondo il giudice di primo grado, dalle menzionate decisioni non sarebbe derivato alcun vincolo conformativo avuto riguardo alla motivazione della soluzione progettuale prescelta. Sul punto, gli appellanti in via incidentale hanno sostenuto, per contro, che dalle anzidette decisioni deriverebbero precisi vincoli conformativi diretti a evitare la reiterazione della motivazione già ritenuta illegittima.

6.2. Con il secondo motivo dell’appello incidentale sono state riproposte le censure con cui era stata dedotta la mancanza – dal punto di vista procedimentale, progettuale e ambientale – della motivazione della “soluzione progettuale”, ossia del contestato quadruplicamento della linea e, in particolare, l’asserita mancata indicazione delle ragioni per le quali il precedente accertamento negativo circa la fattibilità progettuale e ambientale del quarto binario potesse essere superato, anche a prescindere dal vizio di elusione del giudicato.

In questa prospettiva, dunque, secondo gli appellanti in via incidentale, il giudice di primo grado avrebbe errato a qualificare il vizio in questione con esclusivo riferimento ai profili afferenti all’elusione del giudicato, dal momento che era stata prospettata, in via autonoma, anche la contestazione circa la violazione dell’obbligo di motivazione, posto che gli atti impugnati, per giustificare dal punto di vista ambientale e progettuale la soluzione del quarto binario, hanno fatto esclusivo riferimento ad “esigenze trasportistiche”.

Del pari, gli appellanti in via incidentale hanno dedotto la violazione delle norme in tema di progettazione delle opere pubbliche, anche strategiche, nella parte in cui esse impongono l’obbligo di motivazione in merito alla soluzione progettuale prescelta, sostenendo che vi sarebbe stato un “uso strumentale” delle disposizioni in tema di progettazione e, in particolare, dell’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006, che consente di accorpare i livelli di progettazione, purché nel progetto definitivo siano inseriti gli elementi della progettazione preliminare, ivi inclusa, dunque, la motivazione in merito alla soluzione progettuale prescelta.

6.3. Con il terzo motivo dell’appello incidentale è stata censurata la parte della sentenza del T.a.r. concernente la decisione di non proporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Gli appellanti in via incidentale hanno riproposto il presente motivo per il caso in cui si ammettesse che, per reintrodurre una soluzione progettuale vagliata ed espressamente esclusa, possa essere sufficiente la mera ripresentazione dell’istanza “senza alcuna motivazione in ordine al superamento del precedente accertamento negativo” e, a tale riguardo, hanno per l’appunto sostenuto che ricorrerebbero le condizioni per proporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 del T.F.U.E..

6.4. Con il quarto motivo dell’appello incidentale (erroneamente indicato come secondo), è stato censurato il capo n. 6.1 della sentenza con cui il T.a.r. Lombardia - Milano ha respinto il motivo del ricorso introduttivo per il cui tramite era stata eccepita la decadenza della VIA n. 1509/2014 per il decorso del termine quinquennale di efficacia e validità previsto dall’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 152 del 2006, come modificato dal d.lgs. n. 4 del 2008, mentre era stata viceversa accolta la censura concernente la decadenza della VIA in virtù dei principi derivanti dalle direttive dell’Unione Europea richiamate dal giudice di primo grado.

6.5. Con il quinto motivo di gravame (erroneamente indicato come terzo), gli appellanti in via incidentale hanno reiterato la censura già proposta con il quarto motivo del ricorso introduttivo, precisando, invero, come detto motivo rientri tra quelli assorbiti e riproposti, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. con la memoria del 7 gennaio 2025.

6.6. Con il sesto motivo (erroneamente indicato come terzo), è stata, infine, chiesta la riforma del capo n. 9 della sentenza impugnata per il cui tramite è stato respinto l’ottavo motivo del ricorso introduttivo, “volto ad eccepire”: i) l’illegittimità del D.P.C.M. del 5 agosto 2021; ii) l’illegittimità dell’ordinanza n. 11/2023 in quanto adottata da un soggetto in conflitto di interessi, neppure astenuto; iii) l’illogicità del predetto D.P.C.M. per aver nominato, pur in presenza di alternative, la dott.ssa Vera Fiorani, la quale, secondo gli appellanti i via incidentale, “somma in un’unica persona tutte le ipotesi codificate di incompatibilità e di conflitto di interessi”, in quanto, all’atto della nomina, era direttore generale e amministratore delegato di R.F.I. S.p.a., sicché sussisterebbe il denunciato conflitto di interessi.

7. Si è costituita in giudizio anche la Regione Lombardia chiedendo l’accoglimento dell’appello principale e il rigetto dell’appello incidentale, ai cui motivi ha sinteticamente replicato.

8. Si sono del pari costituite la Presidenza del Consiglio dei Ministri, unitamente al Commissario Straordinario, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, chiedendo, a loro volta, l’accoglimento dell’appello principale e il rigetto dell’appello incidentale.

9. Con la memoria depositata il 28 marzo 2025, la società Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. ha insistito nelle proprie difese e ha replicato ai motivi dell’appello incidentale e, con le ulteriori memorie, le parti hanno insistito nelle rispettive posizioni e tesi difensive.

10. Tanto premesso, il Collegio – trattenuta la causa in decisione all’udienza pubblica del 15 aprile 2025 – reputa che l’appello principale della società R.F.I. S.p.a. sia fondato e vada accolto e che, invece, l’appello incidentale del Comitato Civico contro il potenziamento ferroviario della tratta Rho-Parabiago e degli altri ricorrenti indicati in epigrafe risulti infondato, per le ragioni che di seguito si espongono, con la precisazione che, per quanto concerne l’ordine di esame delle questioni, verranno esaminate dapprima le censure proposte con l’appello principale della Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., poi quelle di cui all’appello incidentale e, da ultimo, quelle riproposte ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a..

10.1. Il primo motivo dell’appello principale della società R.F.I. S.p.a. è fondato. Ritiene, sul punto, il Collegio che – anche a prescindere dalla questione relativa alla necessità o meno di una nuova valutazione di compatibilità ambientale complessiva e non riferita alle sole parti modificate rispetto al progetto preliminare – non possa essere condivisa la tesi sostenuta dal T.a.r., secondo cui la VIA del 2022 non sarebbe conforme ai criteri di attualità e completezza, trattandosi, per contro, di una valutazione globale e attuale dell’impatto dell’opera, come si desume da ragioni logiche prima ancora che giuridiche.

A questo proposito, occorre, infatti, rilevare che l’affermazione secondo cui la VIA del 2022 avrebbe esaminato soltanto le modifiche progettuali non ha riscontro in punto di fatto soprattutto per un fondamentale rilievo di carattere, per l’appunto, logico, posto che alcune delle modifiche apportate – le quali, peraltro, erano state richieste per ragioni tecniche dal Consiglio superiore dei lavori pubblici – non risultano “localizzate” ma riguardano l’intera opera. Conseguentemente, non è possibile ipotizzare che la Commissione VIA abbia esaminato il progetto in modo parcellizzato proprio perché non viene in rilievo una singola e autonoma parte distinta di un’opera più complessa, trattandosi, viceversa, di modifiche e miglioramenti tecnici dell’opera considerata nella sua interezza.

Del resto, anche il PMA, il piano delle terre e l’impatto dei cantieri che sono stati esaminati in sede di VIA riguardano l’intero progetto complessivamente considerato, sicché ciò dimostra che la VIA del 2022 è da reputarsi sostanzialmente un’integrazione aggiornata di quella del 2014.

Tale considerazione risulta ulteriormente confermata dalla circostanza che, come correttamente sottolineato dall’appellante, le valutazioni compiute nel 2014 sono state ritenute ancora rilevanti e attuali anche alla luce dei dati ambientali raccolti successivamente rispetto al 2014, posto che gli anzidetti dati ambientali e scientifici non risultavano sostanzialmente modificati.

Per contro, la conclusione del T.a.r. a questo proposito non appare adeguatamente giustificata essendo stata espressa in via sostanzialmente astratta, senza esaminare in modo completo il parere stesso, facendo riferimento solo ad alcuni passaggi estrapolati dal contesto e, da ultimo, senza indicare puntualmente quali sarebbero state, in concreto, le omissioni rilevanti.

Più in generale, reputa il Collegio che – tenuto conto della circostanza che le valutazioni di compatibilità ambientale rientrano negli ampi margini di discrezionalità tecnica riservati all’amministrazione – le conclusioni cui è pervenuta la Commissione non possano essere ritenute irragionevoli o incomplete, a maggior ragione ove si consideri che il parere del 2022 ha confermato, all’esito di una nuova valutazione, quello già espresso del 2014, sottolineando in plurimi passaggi che non erano intervenute significative modificazioni e variazioni, circostanza, questa, che risulta di per sé idonea a dimostrare come la valutazione sia stata per l’appunto complessiva e attuale.

In particolare, per quanto concerne la VINCA, occorre osservare come sia stato espressamente valutato l’impatto sul “sito della rete Natura 2000 SIC/ZPS IT2050006 «Bosco di Vanzago»” e che, a questo proposito, sono state escluse incidenze negative significative, dirette e indirette, individualmente o in combinazione con altri progetti.

Del pari, sono stati oggetto di parere positivo in merito alla compatibilità ambientale dell’intervento i profili attinenti agli aspetti acustici e vibrazionali, demandando ulteriori approfondimenti alla fase di progettazione esecutiva per gli aspetti di dettaglio, sicché anche sotto questo profilo non si può ritenere che la valutazione non sia attuale o sia per ciò solo incompleta.

10.2. Anche il secondo motivo dell’appello principale è fondato. A differenza di quanto affermato dal T.a.r., per le infrastrutture strategiche sottoposte a commissariamento ai sensi del d.l. n. 32 del 2019, è stata prevista un’ampia competenza derogatoria in capo al Commissario straordinario al quale spetta il potere di concludere il procedimento, previa acquisizione dei pareri in tema di tutela ambientale, dei beni culturali e paesaggistici, come chiaramente si desume dal tenore letterale dell’art. 4, comma 2, dell’anzidetto d.l. n. 32 del 2019, secondo cui: “L'approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari, d'intesa con i Presidenti delle regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale, per i quali i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati, e per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di adozione dell'autorizzazione, parere, visto e nulla osta è fissato nella misura massima di sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta, decorso il quale, ove l'autorità competente non si sia pronunciata, detti atti si intendono rilasciati. L'autorità competente può altresì chiedere chiarimenti o elementi integrativi di giudizio; in tal caso il termine di cui al precedente periodo è sospeso fino al ricevimento della documentazione richiesta e, a partire dall'acquisizione della medesima documentazione, per un periodo massimo di trenta giorni, decorso il quale i chiarimenti o gli elementi integrativi si intendono comunque acquisiti con esito positivo”.

Nel caso di specie, pertanto, il Commissario ha correttamente provveduto all’approvazione del progetto, previa acquisizione dei pareri “relativi alla tutela ambientale, per i quali i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati, e per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici”. Del resto, questo Consiglio di Stato ha già chiarito l’evidente “logica derogatoria e acceleratoria che si pone a fondamento della nomina del Commissario”, sicché ipotizzare, come sostenuto dal T.a.r., che il Commissario stesso non potesse approvare il progetto ai fini ambientali implicherebbe “una sostanziale regressione del procedimento”, che la disposizione speciale mira a evitare per assicurare il rispetto delle esigenze di celerità e concentrazione (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2025, n. 2948).

Sul punto, risultano dunque manifestamente infondate le questioni di costituzionalità dell’art. 4 del d.l. n. 32 del 2019, prospettate dal Comitato Civico con riferimento agli artt. 3, 9, 24, 54, 97, 117 e 118 Cost., posto che, da un lato, il rispetto degli interessi connessi alla tutela dell’ambiente, del paesaggio e dei beni culturali è assicurato, come sopra rilevato, dall’acquisizione dei pareri previsti dalla legge, sicché il giudizio ambientale non è stato certamente espresso dal Commissario in via autonoma e, dall’altro lato, viene contestualmente tutelata un’esigenza di carattere straordinario, parimenti meritevole di tutela, che risulta evidentemente collegata alla necessità di realizzare le opere strategiche prioritarie per il Paese, con la conseguenza che non sussiste alcun dubbio di legittimità costituzionale della disposizione in questione, la quale, al contrario, esprime un ragionevole bilanciamento tra le contrapposte esigenze.

10.3. Infine, anche il terzo motivo dell’appello principale è fondato. Sul punto, non può esservi dubbio alcuno che il vincolo preordinato all’esproprio sia derivato direttamente dall’approvazione del progetto definitivo del quadruplicamento della linea e non dalla delibera del CIPE di approvazione del progetto preliminare, posto che, come già evidenziato, il procedimento è stato riavviato ai sensi dell’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006. A tal fine è sufficiente riportare il tenore letterale della disposizione citata: “Il soggetto aggiudicatore ha facoltà di avviare la procedura di localizzazione dell'opera e di valutazione di impatto ambientale sulla scorta del progetto definitivo, anche indipendentemente dalla redazione e dalla approvazione del progetto preliminare; in tal caso il progetto definitivo è istruito e approvato, anche ai predetti fini, con le modalità e nei tempi previsti dall'articolo 166. I Presidenti delle regioni e province autonome interessate si pronunciano, sentiti i Comuni nel cui territorio si realizza l'opera. Il progetto definitivo è integrato dagli elementi previsti per il progetto preliminare. L'approvazione del progetto comporta l'apposizione del vincolo espropriativo e la contestuale dichiarazione di pubblica utilità”.

È del tutto evidente, dunque, che il vincolo preordinato all’esproprio deriva, in base alla disposizione appena richiamata, direttamente dall’approvazione del progetto definitivo, come risulta, del resto, ulteriormente dimostrato dalla circostanza che, come rilevato dalla parte appellante, quest’ultima aveva comunicato l’avvio del procedimento espropriativo in data 14 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 166, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006, sicché l’approvazione del progetto definitivo da parte del Commissario straordinario ai sensi degli artt. 167, comma 5, del lgs. n. 163 del 2006 e 10 e 12 del d.P.R. n. 327 del 2001 ha determinato l’apposizione di un nuovo e autonomo vincolo espropriativo. Ne consegue, pertanto, in questa prospettiva, che non viene in rilievo alcun problema di “reiterazione del vincolo” e non assume rilevanza la necessità di una motivazione puntuale e analitica, la quale si pone invece per i vincoli contenuti negli strumenti urbanistici, ma non anche per le opere la cui approvazione è equiparata ex lege all’apposizione del vincolo, sicché la “motivazione” è in tal caso evidentemente implicita nell’approvazione stessa del progetto definitivo di un’opera di carattere strategico e il nuovo vincolo espropriativo, così come la dichiarazione di pubblica utilità, sorgono direttamente per effetto dell’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006. In questo contesto, è dunque corretta la ricostruzione dell’appellante secondo cui, nell’ambito della disciplina in questione, è il legislatore che ha assolto “a monte” all’onere motivazionale, prevedendo espressamente che il vincolo risulti apposto allorquando viene approvato il progetto definitivo di un’opera di interesse strategico. Si tratta, in ultima analisi, di una soluzione che, oltre a risultare coerente con le disposizioni sopra richiamate, appare altresì evidentemente giustificata sul piano logico e sistematico in ragione del sopra richiamato carattere strategico delle opere di cui si tratta.

10.4. Per le ragioni che precedono, l’appello principale della società R.F.I. S.p.a. è quindi fondato e va accolto.

11. Acclarata la fondatezza dell’appello principale, occorre passare all’esame dell’appello incidentale proposto dal Comitato Civico contro il potenziamento ferroviario della tratta Rho-Parabiago, nonché dagli ulteriori appellanti indicati in epigrafe.

11.1. Il primo motivo dell’appello incidentale è infondato. Sul punto, è da ritenersi del tutto condivisibile la valutazione del T.a.r. Lombardia - Milano, secondo cui non sarebbe ravvisabile alcuna elusione del giudicato formatosi sulla sentenza dello stesso T.a.r. n. 1914 del 2012 e sulla pronuncia del Consiglio di Stato n. 6667 del 2012, recanti l’annullamento della delibera CIPE n. 33/2010.

Come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, infatti, l’annullamento dell’anzidetta delibera è dipeso da una ragione di carattere procedimentale, derivante dalla necessità di rinnovare la valutazione d’impatto ambientale in relazione alla soluzione a quattro binari, posto che il progetto preliminare al quale si riferiva la precedente VIA aveva previsto la presenza di soli tre binari e il progetto definitivo aveva, invece, aggiunto un quarto binario.

Da tale annullamento, tuttavia, non possono essere in alcun modo desunti né particolari vincoli conformativi, né, tanto meno, una definitiva e radicale esclusione della soluzione a quattro binari, la quale, infatti, è stata oggetto di una valutazione positiva per il tramite della VIA del 2014. Del resto, la sentenza del Consiglio di Stato ha fatto espressamente “salvi gli ulteriori sviluppi procedimentali e provvedimentali in capo alle parti pubbliche e parapubbliche”, sicché l’anzidetta soluzione a quattro binari ben poteva essere nuovamente introdotta all’esito del richiamato nuovo sviluppo procedimentale, non essendo configurabile alcuna insuperabile e definitiva preclusione e – poiché tale soluzione è poi stata sottoposta alla procedura di VIA – non può configurarsi alcuna violazione o elusione del giudicato proprio perché è la stessa esigenza di ottemperare al giudicato ad aver reso necessario tale passaggio procedimentale.

11.2. Il secondo motivo dell’appello incidentale è, del pari, infondato, non potendosi ravvisare alcun difetto di motivazione circa la scelta di approvare la soluzione a quattro binari, anche a prescindere dall’asserita – e già esclusa – violazione o elusione del giudicato. È, a tal fine, sufficiente osservare come il progetto a quattro binari sia stato ampiamente valutato, esaminato e, quindi, approvato, nell’ambito dell’articolato e complesso procedimento oggetto del presente giudizio.

Invero, non risulta neppure chiaro in che cosa avrebbe dovuto consistere, secondo gli appellanti in via incidentale, tale asserito onere di motivazione rafforzata sul quale gli stessi hanno particolarmente insistito, posto che la soluzione a quattro binari è stata proposta in quanto ritenuta più adeguata, non essendo, in altri termini, chiaro quali ulteriori argomentazioni avrebbero dovuto essere prospettate per poter ritenere adeguatamente motivata l’opzione relativa alla soluzione a quattro binari, che risulta scelta per ragioni evidentemente ed espressamente legate al corretto esercizio del servizio di trasporto, non potendo, del resto, essere giustificata altrimenti la decisione di realizzare il binario aggiuntivo.

11.2.1. Nello specifico, la valutazione della soluzione a quattro binari è contenuta nel parere della Commissione VIA del 2014 ed è fondata sulla sostenibilità ambientale delle esigenze trasportistiche (sopravvenute rispetto all’originario progetto preliminare risalente al 2003), alla base di tale soluzione e di cui RFI ha dato conto nella Relazione generale del progetto definitivo (doc. n. 3.2 dei ricorrenti in primo grado) e nella Sintesi non tecnica (doc. n. 3.3.).

In tale parere vengono esaminati tutti gli aspetti progettuali, programmatici e ambientali rilevanti; in particolare vengono poste a raffronto l’ipotesi oggetto del progetto preliminare del 2003 e l’ipotesi individuata nel progetto definitivo sottoposto a VIA (soluzione a quattro binari) (cfr. le pagg. 17 e ss. “Motivazioni dell’opera e analisi delle alternative”).

Come detto, la scelta di inserire un quarto binario in una piccola porzione della tratta (di circa 9 km) si giustifica in ragione di esigenze obiettive connesse al modello di esercizio.

In ragione delle problematiche emerse sono state poi specificamente analizzate le misure per la prevenzione delle interferenze (pag. 43 e ss.), ovvero le misure di mitigazione sia in fase di esercizio che nella fase di cantiere.

Vengono esaminati altresì, il piano di monitoraggio ambientale (pag. 44) e le prescrizioni da recepire nella progettazione esecutiva (alle pagg. 45 ss.).

Nel 2022, il parere è stato aggiornato anche sotto tali aspetti, alla luce delle modifiche introdotte, ed il progetto così rimodulato risulta essere stato globalmente riesaminato sotto il profilo della coerenza con gli strumenti di pianificazione e il sistema dei vincoli (pag. 41 e ss.) e delle analisi ambientali (pag. 51 e ss.).

Particolare attenzione sotto questo profilo è stata data alle componenti “Rumore” e “Vibrazioni” (pagg. 69 e ss.).

Sotto il primo profilo, essendo stato rilevato dalla Commissione che “Il Proponente ha realizzato il censimento dei ricettori nell’intera tratta relativamente all’edificato presente negli anni 2009-2012 in cui è stato sviluppato il progetto definitivo”, è stato prescritto “un aggiornamento allo stato attuale” in particolare attraverso “una attenta verifica della congruenza dei ricettori censiti con la realtà attuale dei luoghi. Tale censimento dovrà essere ratificato dall’Osservatorio Ambientale previsto per tale opera dal Ministero della transizione ecologica, a seguito del quale dovrà essere rivista ed adeguata ai dettami normativi sia la valutazione dei valori limite in presenza di infrastrutture concorsuali, sia la valutazione dei superamenti, nonché il dimensionamento delle opere di mitigazione previste per il contenimento del rumore delle infrastrutture ferroviarie esistenti e di quelle in progetto. Nella determinazione delle opere di mitigazione dovrà [essere] tenuta in considerazione la presenza nelle vicinanze di ricettori abitativi di tratti di ferrovia con manufatti ed opere quali giunti, scambi ed altre componenti ambientali potenzialmente sorgenti localizzate di rumore ed essere evitato, per quanto possibile, salvo impedimenti di tipo tecnico, per considerazioni di tipo ambientale o di natura economica ed in ossequio di quanto prescritto dall’articolo 5 del DM 29/11/2000, il ricorso ad interventi diretti ai ricettori”.

Analogamente, la Commissione ha rilevato che “Il Progettista ha effettuato, sempre nell’ambito della predisposizione del Piano di risanamento acustico previsto dalla legge quadro, anche una analisi delle caratteristiche insediative e l’attività di verifica ante operam che è stata quindi completata con la redazione di schede di dettaglio in cui sono state riportate per ciascun fabbricato le informazioni riguardanti la localizzazione, lo stato e la consistenza e la relativa documentazione fotografica. Nei tratti densamente abitati corrispondenti ai centri abitati consolidati la schedatura ha riguardato tutti i ricettori situati all’interno della fascia di 100 m per lato del binario, nei tratti poco edificati sono stati schedati tutti i ricettori situati entro la fascia di pertinenza acustica pari a 250 m e sono stati schedati tutti i ricettori particolarmente sensibili situati nella fascia di 500 m per lato del binario esterno”. Anche in questo caso la CTVIA ha sottolineato che “Anche questa analisi dovrà essere rivista in coordinamento con l’Osservatorio Ambientale alla luce dell’aggiornamento dei ricettori alla situazione attuale”.

Sotto il secondo profilo, (pag. 79 e ss), sono state specificamente analizzate le misure di mitigazione proposte sia in fase di cantiere che di esercizio.

Alle pagine 86 e ss. sono stati esaminati il PMA, riferito anche in questo caso all’intero progetto così come modificato, e la V.Inc.a.

Per quest’ultimo aspetto la Commissione, pur avendo rilevato che il proponente si è “focalizzato” sulle opere in variante, mentre sarebbe stato opportuno un approccio di maggior respiro, ha tuttavia osservato che “Cionondimeno, la descrizione del Sito ZSC/ZPS IT2050006 Bosco di Vanzago e delle sue caratteristiche di conservazione è sviluppata con sufficiente dettaglio per la presente procedura e definisce le possibili interazioni anche con l’opera tutta consentendo, comunque, una valutazione complessiva che conferma l’assenza di impatti diretti ed indiretti significativi della linea al sito Natura 2000. Restano invece presenti diversi elementi a carico della RER, esterna al sito Natura 2000 (vedi capitolo biodiversità), che necessitano di interventi di mitigazione, in parte previsti in progetto e, in parte, da implementare in sede di progetto esecutivo come da condizioni ambientali.”.

In conformità a tali valutazioni, la Commissione ha infine aggiornato e integrato le prescrizioni date nel 2014.

11.2.2. Non può altresì reputarsi sussistente la dedotta violazione delle disposizioni del d.lgs. n. 163 del 2006 in relazione ai contenuti minimi della progettazione, che sarebbero stati asseritamente necessari per configurare una valutazione del progetto stesso suscettibile di essere considerata congrua sotto il profilo ambientale, posto che, tenuto conto dei profili di discrezionalità spettanti all’amministrazione in questa materia, la censura risulta frutto di una valutazione soggettiva degli appellanti in via incidentale. Ritiene, infatti, il Collegio che non vi sia stata alcuna violazione delle disposizioni del d.lgs. n. 163 del 2006, a maggior ragione ove si consideri, da un lato, la complessità del progetto in questione e, dall’altro lato, la fisiologica scansione procedimentale articolata nei diversi livelli progettuali previsti dal d.lgs. n. 163 del 2006.

Anche in questo caso, peraltro, la censura si risolve nell’asserita mancanza dell’illustrazione delle motivazioni a supporto della soluzione prescelta, che risulta invece contenuta nella Relazione tecnica generale (cfr. in particolare il par. 1) e nel SIA (par. 37 e ss.), già in precedenza citati.

11.2.3. Da ultimo, non è ravvisabile neppure la violazione dell’art. 22 e dell’allegato VII del d.lgs. n. 152 del 2006, poiché non corrisponde al vero, per le ragioni già più volte indicate, che la soluzione non sia stata motivata.

11.3. Dalle considerazioni svolte al punto che precede discende altresì l’infondatezza della richiesta di proporre rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del T.F.U.E. della questione concernente l’interpretazione degli artt. 1, paragrafo 2, lett. c), punto 4 e 8-bis, comma 2 della Direttiva 2011/92/UE. La questione, oltre a essere soltanto genericamente prospettata, risulta formulata, peraltro, in via subordinata, per l’ipotesi che si ritenesse sufficiente “per reintrodurre una soluzione progettuale vagliata ed espressamente esclusa” la mera ripresentazione dell’istanza “senza alcuna motivazione in ordine al superamento del precedente accertamento negativo”. Poiché, invece, come si è avuto modo di rilevare, non corrisponde al vero che sia mancata la motivazione per l’adozione del nuovo progetto, la questione così come formulata, risulta priva di rilevanza.

11.4. Il quarto motivo dell’appello incidentale (erroneamente indicato come secondo) è anch’esso infondato. Al riguardo il Collegio condivide la valutazione già espressa dal giudice di primo grado secondo cui il procedimento relativo all’approvazione del presente progetto conserva il carattere unitario nella sua sostanza – a prescindere dal diverso profilo attinente all’apposizione di un nuovo vincolo espropriativo ai sensi dell’art. 167, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006 – e deve essere fatta risalire, pertanto, alla presentazione del progetto preliminare avvenuta il 9 giugno 2003, con la conseguente inapplicabilità del termine di efficacia quinquennale della VIA, introdotto solo in epoca successiva, ossia con il d.lgs. n. 4 del 2008.

11.5. Il quinto motivo dell’appello incidentale (erroneamente indicato come terzo) non reca un’autonoma censura avverso un determinato capo della sentenza impugnata, ma prospetta argomentazioni già riproposte, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., con la memoria del 7 gennaio 2025. Gli appellanti in via incidentale, invero, hanno introdotto plurime ed eterogenee argomentazioni al fine – non del tutto chiaro – di: “ottenere la riforma del capo della sentenza descrittivo degli effetti conformativi, nella parte in cui apre il varco alla possibilità di concludere il procedimento di rinnovo confermando per la perdurante validità della VIA 2014 (ultimo capo della sentenza impugnata) ed anche e soprattutto per evitare che di tale inciso, in occasione del rinnovo della VIA, venga fatto l’uso strumentale che RFI ha già prospettato nel suo appello, rappresentando la volontà, in caso di rinnovo della VIA, di procedere ad una apodittica conferma della VIA 2014”. Detto motivo può pertanto essere scrutinato nel contesto dell’esame dei motivi riproposti.

11.6. Da ultimo, il sesto motivo dell’appello incidentale (erroneamente indicato come quarto) è anch’esso infondato. Anche a prescindere dai profili di inammissibilità di tale motivo eccepiti dalla difesa della società R.F.I. S.p.a., è del tutto evidente che la scelta della Presidenza del Consiglio dei Ministri di includere l’opera denominata “Linea Gallarate - Rho” tra gli interventi strategici di cui all’art. 4, comma 1, del d.l. n. 32 del 2019 è connotata da ampia discrezionalità e non può essere considerata irragionevole alla luce della rilevanza dell’opera in questione, che si trova peraltro in un’area urbana densamente popolata e tra le più importanti per l’economia del Paese.

Del tutto insussistenti, infine, sono gli ipotizzati profili concernenti l’incompatibilità o il conflitto d’interessi del Commissario straordinario nominato, dal momento che non è a tal fine sufficiente la mera circostanza che si tratti di un soggetto che ha ricoperto un ruolo, pur rilevante, nell’ambito della società R.F.I. S.p.a., non essendo chiaro, infatti, in cosa consisterebbe, in concreto, l’anzidetto conflitto, tenuto peraltro conto che il d.l. n. 32 del 2019 prevede espressamente che il Commissario possa essere nominato anche nell’ambito delle società a controllo pubblico, ivi compresa appunto la società R.F.I. S.p.a.. Si tratta, in altri termini, di imprecisate doglianze astratte, prive di un’apprezzabile consistenza oggettiva, inidonee a superare l’evidente necessità pratica di individuare un soggetto dotato delle necessarie competenze alla luce della particolare complessità dell’opera, circostanza, questa, che di per sé non può che restringere il novero dei soggetti astrattamente idonei a ricoprire il ruolo in questione, fermo restando – peraltro – che la tutela degli interessi ambientali è assicurata dai pareri resi dalle amministrazioni ad essi preposti e non già dal Commissario stesso, con la conseguenza che, anche al riguardo, non si delinea alcuna incompatibilità.

Il terzo profilo, conseguentemente, è manifestamente infondato, non essendovi alcun profilo di irragionevolezza nella scelta del Commissario straordinario, sicché è del tutto irrilevante che, ad avviso degli appellanti in via incidentale, vi fossero alternative possibili.

11.7. Dalle considerazioni che precedono discende, pertanto, l’infondatezza dell’appello incidentale del Comitato Civico contro il potenziamento ferroviario della tratta Rho-Parabiago, nonché dagli ulteriori ricorrenti indicati in epigrafe.

12. Così chiarite le ragioni dell’accoglimento dell’appello principale e quelle del rigetto dell’appello incidentale, si rende necessario, infine, l’esame dei motivi del ricorso di primo grado che sono stati riproposti in appello ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a..

12.1. Il primo motivo riproposto – concernente l’illegittimità sotto plurimi profili del parere della Commissione VIA del 2014, del parere integrativo del 2022 e dell’ordinanza commissariale n. 11 del 2023 per aver introdotto “in assenza di una valida motivazione” la soluzione del quarto binario, che era già stata motivatamente esclusa – è infondato per le ragioni già illustrate in precedenza, poiché, anche a prescindere dalla contestazione circa la violazione del giudicato, la soluzione con il quarto binario è stata espressamente e motivatamente valutata, con esito positivo, dalla Commissione VIA.

12.2. Infondato è anche il quarto motivo di ricorso riproposto in appello, corrispondente, come anticipato, al quinto motivo dell’appello incidentale, per il cui tramite sono stati prospettati ulteriori profili di illegittimità del parere n. 1509 del 2014 e, in via derivata, dell’ordinanza n. 11/2023, in quanto il Ministero dell’ambiente avrebbe “completamente abdicato al proprio ruolo di autorità competente in materia di valutazione di impatto ambientale” esercitando i propri poteri “per finalità diverse da quelle di matrice ambientale”.

Osserva, anzitutto, il Collegio che tali motivi sono già stati ritenuti infondati nel merito dalla sentenza del T.a.r. Lombardia - Milano n. 121 del 2021.

Tale censura, comunque, non può essere accolta perché reca generiche contestazioni relative alla tecnica redazionale del parere che si sarebbe limitato a “copiare” dalla documentazione trasmessa dal progettista e dalla Regione Lombardia, eliminando “dai documenti da cui stava copiando, tutte le criticità irrisolte ovvero irrisolvibili”. Sul punto, il Collegio osserva che dalla tecnica redazionale sopra menzionata non può desumersi di per sé l’illegittimità del parere stesso, non essendo l’anzidetta tecnica redazionale sufficiente a dimostrare la carenza motivazionale e istruttoria lamentata dai ricorrenti e odierni appellati (nonché appellanti in via incidentale).

Sotto un diverso profilo, il Collegio ribadisce che il parere di compatibilità ambientale espresso dalla Commissione VIA è connotato da ampia discrezionalità e che, nel caso di specie, non sono ravvisabili profili di irragionevolezza nell’esercizio dell’anzidetta discrezionalità essendo altresì adeguatamente motivato.

Con riferimento, poi, all’aggiornamento dello studio vibrazionale, in considerazione della complessità dell’opera, non può ritenersi irragionevole la scelta di adottare prescrizioni, demandando gli ulteriori approfondimenti a un momento successivo, ferma restando la possibilità di prevedere mitigazioni.

12.3. Insuscettibile di accoglimento è pure il quinto motivo riproposto, che ad avviso degli appellati sarebbe stato accolto dal T.a.r., con la precisazione che i ricorrenti e odierni appellati hanno dichiarato di avere intenzione di riproporlo per “scrupolo difensivo”, per l’ipotesi che il Collegio lo ritenga in tutto o in parte assorbito.

Tale motivo riguarda l’illegittimità del parere della Commissione VIA n. 310/2022 e quello n. 1509/2014, posto che non sarebbero state affrontate “le criticità riscontrate dalla stessa CTVA, ritenendole immotivatamente superate”. A differenza di quanto affermato dagli appellati e come già rilevato, i pareri sono da reputarsi completi e adeguatamente motivati tenuto conto, nuovamente, da un lato, della complessità dell’opera e della scansione nelle diverse fasi progettuali, che rendono possibili integrazioni e modificazioni e, dall’altro lato, dell’ampia discrezionalità riservata all’amministrazione.

12.4. Il sesto motivo riproposto – concernente l’asserita illegittimità derivante dalla difformità tra la progettazione definitiva e quella preliminare – è anch’esso infondato. Occorre, sul punto, anzitutto rilevare che, come recentemente precisato dalla Sezione, “è da considerare fisiologico che tra progetto preliminare e progetto definitivo vi siano talune differenze, specie nella parte in cui la progettazione definitiva recepisca gli apporti procedimentali e partecipativi emersi nel corso del procedimento e ciò, a maggior ragione, ove vengano in rilievo opere di particolare complessità come quella in questione, di carattere strategico, sicché è proprio la scansione nei diversi livelli di progettazione che giustifica la possibilità di modifiche progettuali” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2025, n. 2948; Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2025, n. 2966; Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2025, n. 2968).

Fermo restando il carattere fisiologico della possibilità che vi siano differenze tra i diversi livelli progettuali esistenti, è comunque dirimente il fatto che le modifiche apportate con la progettazione definitiva siano state oggetto di una valutazione approfondita e puntuale e che siano state, altresì, oggetto del parere positivo della Commissione tecnica VIA sia nel 2014 sia nel 2022

12.5. Neppure risulta fondato il settimo motivo del ricorso di primo grado riproposto in appello, per il cui tramite i ricorrenti e odierni appellati hanno prospettato l’illegittimità della decisione di demandare la definizione di alcuni profili alla fase della progettazione esecutiva e, comunque, l’incompletezza e le contraddizioni circa “i contenuti, effettivi, della progettazione”.

Come si è già avuto modo di precisare, infatti, alla luce, da un lato, della particolare complessità dell’opera di cui si tratta e, dall’altro lato, del progressivo livello di approfondimento della progettazione dell’opera che risulta implicito nella scansione in diversi livelli progettuali, non si può ritenere che sussistano i vizi lamentati dai ricorrenti e odierni appellati.

A proposito della possibilità di introdurre prescrizioni, si deve rammentare che la giurisprudenza amministrativa si è già espressa affermando, proprio con riferimento all'iter progettuale delle infrastrutture strategiche, che “la possibilità di inserire prescrizioni in sede di approvazione del progetto definitivo, non soltanto è ammissibile, ma a volte si rende necessaria: diversamente argomentando, occorrerebbe predisporre un nuovo iter di approvazione per ogni difformità, ancorché secondaria, fra il progetto preliminare, definitivo ed esecutivo; proprio al fine di non incorrere in questo inconveniente, che andrebbe ad incidere sulla celere azione amministrativa, il legislatore ha previsto la possibilità di introdurre delle raccomandazioni e prescrizioni in sede di adozione del progetto definitivo” (Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 2016, n. 721; Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2023, n. 1555; Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 2025, n. 2948).

Pertanto, anche alla luce delle esaustive osservazioni e puntualizzazioni della difesa di R.F.I. S.p.a. (cfr. pagine 30 e s.s. della memoria del 28 marzo 2025), il motivo è da reputarsi complessivamente infondato, non sussistendo i denunciati profili di irragionevolezza indicati dagli appellati.

12.6. Da ultimo, è da reputarsi manifestamente infondato il nono motivo del ricorso di primo grado, riproposto in appello, che risulta parzialmente sovrapponibile al sesto motivo dell’appello incidentale, in quanto concernente l’illegittimità del D.P.C.M. del 5 agosto 2021 sul presupposto che l’opera in questione non soddisferebbe alcune delle condizioni previste dall’art. 4 del d.l. n. 32 del 2019; con il medesimo motivo sono state poi reiterate le considerazioni relative ai profili di incompatibilità del Commissario Straordinario e, da ultimo, sono stati riproposti i vizi del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

Sotto il primo profilo, non è ravvisabile l’asserita illegittimità del D.P.C.M. del 5 agosto 2021 poiché le considerazioni dell’appellante circa l’assenza delle condizioni previste dalla disposizione sono prive di consistenza oggettiva e risultano in contrasto con le caratteristiche del progetto che è evidentemente connotato da particolare complessità. In relazione all’asserita incompatibilità del Commissario straordinario, dott.ssa Vera Fiorani, invece, valgono le considerazioni già espresse in precedenza alle quali si rinvia, in conformità al principio di sinteticità nella redazione degli atti processuali.

Da ultimo, non sussistono i vizi derivanti dai pareri del Consiglio superiore dei lavori pubblici (soprattutto afferenti al terzo parere reso, ossia il parere prot. n. 73/2019), dai quali deriverebbe l’illegittimità dei pareri della Commissione VIA n. 1509/2014 e n. 310/2022 e della ordinanza n. 11/2023. Come correttamente rilevato dalla difesa della R.F.I. S.p.a., il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha infatti approvato il progetto definitivo con prescrizioni, all’esito di un’approfondita istruttoria e con adeguata motivazione, sicché non possono essere considerati sussistenti i vizi denunciati dai ricorrenti e odierni appellati.

Anche in questo caso vengono peraltro reiterate le stesse doglianze – relative alla mancanza di motivazione della soluzione a quattro binari, alla difformità rispetto all’originario progetto preliminare nonché alla scelta di demandare la definizione di alcuni profili alla fase della progettazione esecutiva – che si sono in precedenza già confutate.

12.7. Dalle considerazioni che precedono discende, dunque, l’infondatezza dei motivi del ricorso introduttivo riproposti dagli appellati nel presente grado di giudizio.

13. In conclusione, pertanto, l’appello principale della società R.F.I. S.p.a. è fondato e va accolto, mentre risultano infondati sia i motivi di appello incidentale proposti dal Comitato Civico e dagli altri ricorrenti indicati in epigrafe, sia i motivi del ricorso di primo grado riproposti in appello.

Per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, va respinto il ricorso introduttivo del giudizio.

14. Alla luce della particolare complessità delle questioni trattate, le spese processuali del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e respinge l’appello incidentale.

Per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa le spese processuali del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:

Silvia Martino, Presidente FF

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere

Eugenio Tagliasacchi, Consigliere, Estensore