NATURA DELL\'ORDINANZA CHE DISPONE LA RIMOZIONE DEI CARTELLI PUBBLICITARI A SEGUITO DI INDEBITA AFFISSIONE E GIURISDIZIONE DEI GIUDICI ORDINARI
di Fabrizio di Rubbo
di Fabrizio di Rubbo
Pubblicato su Giur. merito 2008 n. 10 pag. 2664 (si ringrazia la redazione)
Fabrizio di Rubbo
Procuratore dello Stato
SOMMARIO: 1. Natura dell\'ordinanza in esame e contesto normativo. - 2. I diversi orientamenti dei tar. - 3. Il concetto di «sanzione amministrativa». - 4. La riconducibilità del provvedimento in esame all\'art. 211 cod. strada.
1. NATURA DELL\'ORDINANZA IN ESAME E CONTESTO NORMATIVO
La sentenza che si annota aderisce ad autorevoli precedenti della Corte di Cassazione (1) in cui si è affermata la natura di sanzione accessoria - rispetto alla sanzione pecuniaria altrettanto prevista dalla normativa - dell\'ordinanza che dispone la rimozione dei cartelli pubblicitari a seguito di indebita affissione, prevista dall\'art. 23 comma 13 bis d.lg. n. 285 del 1992 (codice della strada), con il conseguente riconoscimento della inerenza a diritti soggettivi e della giurisdizione ordinaria. Quest\'ultima è configurata in ambito stradale dall\'art. 211 d.lg. n. 285 del 1992 - che disciplina le sanzioni amministrative «accessorie» - e, più in generale, dall\'art. 22-bis l. n. 689 del 1981 che, come noto, sancisce la giurisdizione del giudice ordinario in materia di sanzioni amministrative.
Al fine dello scrutinio di tale orientamento occorre prendere le mosse dalla ricognizione del primo dei due articoli da ultimo citati, il quale, invero, così recita: «Nel caso in cui le norme del presente codice dispongono che da una violazione consegua la sanzione accessoria dell\'obbligo di ripristino dei luoghi, ovvero l\'obbligo di rimozione di opere abusive, l\'agente accertatore ne fa menzione nel verbale di contestazione da redigere ai sensi dell\'art. 200 o, in mancanza, nella notificazione prescritta dall\'art. 201. Il verbale così redatto costituisce titolo anche per l\'applicazione della sanzione accessoria. Il ricorso al prefetto contro la sanzione amministrativa pecuniaria si estende alla sanzione accessoria [...]». L\'ultimo comma dispone poi che «L\'opposizione di cui all\'art. 205 [ossia quella proposta di fronte al giudice ordinario contro la sanzione amministrativa pecuniaria] si estende alla sanzione accessoria».
Estremamente utile è il raffronto della suddetta disposizione con il citato art. 23, comma 13 bis, del medesimo codice della strada, il quale invece così dispone: «In caso di collocazione di cartelli, insegne di esercizio o altri mezzi pubblicitari privi di autorizzazione o comunque in contrasto con quanto disposto dal comma 1, l\'ente proprietario della strada diffida l\'autore della violazione e il proprietario o il possessore del suolo privato, nei modi di legge, a rimuovere il mezzo pubblicitario a loro spese entro e non oltre dieci giorni dalla data di comunicazione dell\'atto. Decorso il suddetto termine, l\'ente proprietario provvede ad effettuare la rimozione del mezzo pubblicitario e alla sua custodia ponendo i relativi oneri a carico dell\'autore della violazione e, in via tra loro solidale, del proprietario o possessore del suolo. Chiunque viola le prescrizioni indicate al presente comma e al comma 7 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 4.144 a euro 16.576; nel caso in cui non sia possibile individuare l\'autore della violazione, alla stessa sanzione amministrativa è soggetto chi utilizza gli spazi pubblicitari privi di autorizzazione».
Come si può facilmente notare dal contenuto delle disposizioni appena citate, non v\'è affatto certezza che la seconda sia riconducibile all\'ambito di riferimento della prima.
Invero, mentre sul piano della ratio non è dubbio che la disposizione da ultimo riportata, che prevede l\'ordine di rimozione del mezzo pubblicitario, sia astrattamente ascrivibile alla categoria dei provvedimenti recanti l\'ordine di rimessione in pristino dei luoghi a cui fa riferimento l\'art. 211 cod. strada, sul piano della concreta disciplina dei modi attraverso i quali l\'autorità ingiunge al privato tale ordine si riscontrano delle sostanziali differenze. Queste ultime consistono nel mancato richiamo, da parte dell\'art. 23 comma 13-bis in discorso, del procedimento previsto dal codice della strada per l\'irrogazione delle sanzioni amministrative (i «modi di legge» ivi previsti in luogo di tale procedimento sembrano infatti doversi ricondurre a quelli generali di cui alla l. 241 del 1990) e delineato, in riferimento alle sanzioni accessorie, dall\'art. 211 in parte sopra citato.
Tali considerazioni, in definitiva, lasciano oltremodo aperta la questione della riconducibilità dell\'ordine di rimessione in pristino in esame alla categoria delle sanzioni «accessorie» previste dal codice della strada.
Il dilemma implica ovvie ricadute in tema di giurisdizione, giacché, nel caso in cui si accogliesse la soluzione negativa, verrebbe a mancare il supporto normativo (appunto il suddetto art. 211 d.lg. n. 285 del 1992, che per le sanzioni accessorie prevede l\'ordinario modello di opposizione a sanzione amministrativa) della giurisdizione del giudice ordinario.
2. I DIVERSI ORIENTAMENTI DEI TAR
Posta in tali termini la questione, si è detto brevemente della risposta ad essa data dalla Corte di Cassazione.
La sentenza in esame rende tuttavia conto dell\'esistenza di un differente orientamento di alcuni tribunali amministrativi regionali (2) secondo il quale sussiste invece nel caso in esame la giurisdizione del giudice amministrativo, per non essere il provvedimento che ordina la rimessione in pristino una sanzione accessoria a quella pecuniaria, bensì un autonomo provvedimento di autotutela.
Orbene, se l\'alternativa ermeneutica fosse realmente quella appena prospettata, non occorrerebbe particolare sforzo per aderire alla tesi della Cassazione. Al riguardo, alle argomentazioni contenute nella sentenza in commento si può aggiungere quella per cui in nessuna accezione è dato utilmente parlare di autotutela nel caso in discorso.
Infatti - premesso che la nozione è di enunciazione dottrinale - è noto che per autotutela amministrativa s\'intende (3), alternativamente o cumulativamente a seconda delle diverse opinioni (e prescindendo qui da ogni sottile variante), sia la potestà dell\'amministrazione di revocare o modificare il provvedimento dalla stessa originariamente posto in essere, sia il generale potere della medesima amministrazione, da sempre discusso (e oggi definitivamente escluso dall\'art. 21-ter l. n. 241 del 1990) di mandare ad esecuzione coattiva i propri provvedimenti, sia, in via ancor più generale, ogni ipotesi in cui sussista in capo all\'amministrazione la potestà di risolvere autoritativamente i conflitti.
Ebbene, lasciando da parte la prima accezione che qui non rileva, in merito alla seconda c\'è da dire che neppure essa si attaglia al caso in esame, annidandosi anzi un equivoco nel relativo richiamo. Infatti non v\'è questione, qui, dell\'esecuzione coattiva del provvedimento dell\'autorità (pure prevista dalla legge nell\'ipotesi in esame a seguito dell\'inottemperanza del privato), bensì semplicemente della natura di sanzione accessoria o meno del provvedimento stesso di rimessione in pristino, al fine della determinazione della giurisdizione sulla relativa impugnazione.
Quanto, poi, alla terza accezione di autotutela sopra accennata, in essa rientra certamente anche la capacità dell\'autorità di irrogare sanzioni amministrative. Il concetto di autotutela in tale ampio modo inteso è dunque idoneo a ricomprendere anche la fattispecie che qui interessa, ma non a contrapporsi a quello di sanzione amministrativa (essendo quest\'ultimo compreso nel primo): dunque, anche ad accoglierlo, non rivestirebbe alcuna utilità al fine di una eventuale distinzione del provvedimento che qui interessa dagli altri provvedimenti sanzionatori, tale da condurre al riconoscimento della giurisdizione amministrativa.
3. IL CONCETTO DI «SANZIONE AMMINISTRATIVA»
Sgomberato il campo dall\'equivoco riferimento all\'autotutela, resta piuttosto da verificare, al fine del riconoscimento o meno della giurisdizione del giudice ordinario, se debba necessariamente parlarsi di sanzione amministrativa accessoria nell\'accezione delineata dal codice della strada o se vi sia spazio ermeneutico per ricostruire la fattispecie come quella di un provvedimento amministrativo non meglio individuato - o, se si vuole, di un provvedimento vincolato a contenuto sfavorevole per il privato - ma non sanzionatorio in senso proprio.
Sul punto, si deve prendere atto dell\'esistenza di almeno due orientamenti sul concetto di «sanzione amministrativa»: una tesi «ontologica» della sanzione amministrativa, per la quale è tale ogni adozione di un provvedimento sfavorevole al privato da parte dell\'autorità in conseguenza della violazione di un precetto, e una più restrittiva tesi «finalistica» della sanzione amministrativa, per la quale è tale il solo provvedimento punitivo dell\'autore della violazione e non già quello mirante al ripristino d\'interessi sostanziali lesi con l\'infrazione (4).
È chiaro, infatti, che l\'orientamento della Cassazione sopra ricordato resiste se si accede alla prima tesi, mentre non altrettanto può dirsi se si sposa la seconda, trattandosi nel caso in esame di provvedimento recante un ordine ripristinatorio.
Quest\'ultima impostazione - si noti - risulterebbe anche avvalorata, dal punto di vista soggettivo, dal dato che il provvedimento in discorso reca condanna al ripristino «in solido» verso l\'autore della violazione, che ben può ritenersi colpevole e meritevole di sanzione, e il proprietario o possessore quale soggetto eventualmente distinto dal l\'autore del fatto, del quale non è richiesta la colpa e verso cui non si vede pertanto di quale «sanzione» debba parlarsi (salvo sposare una ricostruzione in termini di responsabilità oggettiva contraria ai principi della stessa l. n. 689 del 1981) (5).
In ogni caso, distinguere tra l\'autore della violazione e il proprietario o possessore, per affermare nel primo caso la giurisdizione del giudice ordinario e nell\'altro quella del giudice amministrativo sarebbe, all\'evidenza, la peggiore delle interpretazioni possibili, non essendo di certo questa la volontà del legislatore, che ha accomunato la posizione di entrambi tali soggetti.
Sembra piuttosto da accogliere, in riferimento alla posizione del proprietario o possessore del suolo privato, una ricostruzione in termini di obbligazione civile solidale per l\'adempimento della sanzione amministrativa - sempre che di sanzione vogliasi parlare - sul modello dell\'art. 6 della l. n. 689 del 1981, pur con la significativa differenza della mancata ammissione della prova della contraria volontà, il che conduce a ben vedere a una responsabilità oggettiva «di posizione».
Tutto ciò detto, in merito all\'alternativa sopra delineata sul concetto di sanzione amministrativa, sembra potersi affermare che, in presenza di una disposizione di diritto positivo (l\'art. 211 cod. strada) la quale espressamente definisce come «sanzione accessoria» il provvedimento che ordina la rimessione in pristino, ogni discussione sulla astratta possibilità di attribuire natura sanzionatoria a un provvedimento recante un siffatto ordine dovrebbe sopirsi. È, in altre parole, il legislatore ad aver sposato la concezione più ampia in materia di sanzioni amministrative.
4. LA RICONDUCIBILITÀ DEL PROVVEDIMENTO IN ESAME ALL\'ART. 211 COD. STRADA
Resta invece sul tappeto l\'altra questione, adombrata all\'inizio, circa la riconducibilità del provvedimento in esame all\'art. 211 cod. strada sopra citato. Essa rappresenta a ben vedere, alla luce di quanto finora detto, l\'unico vero nodo interpretativo rilevante al fine della soluzione della questione di giurisdizione.
A tale questione, a rigore, dovrebbe rispondersi negativamente, non potendosi ravvisare nell\'art. 23 comma 13-bis cod. strada nessun richiamo, né esplicito né implicito, all\'articolo 211 del medesimo codice e comunque alla forme procedimentali e alla disciplina da quest\'ultimo indicate. Anche l\'interpretazione analogica pare da escludere, non sussistendo alcuna lacuna nel sistema, bensì solo un\'alternativa in punto di qualificazione giuridica e di giurisdizione.
Potrebbe anche notarsi che il comma 13-bis dell\'art. 23 sopra riportato prevede un\'ulteriore sanzione pecuniaria a carico dei soggetti inadempienti all\'ordine di rimessione in pristino: il che forse stride con la configurazione di tale ordine quale sanzione «accessoria» alla sanzione pecuniaria comminata per l\'infrazione originaria (l\'affissione della pubblicità), potendo piuttosto indurre a ritenerlo un provvedimento autonomo, non sanzionatorio in senso stretto, dalla cui inottemperanza discende non a caso un\'apposita distinta sanzione pecuniaria.
Infine non può negarsi qualche rilevanza anche all\'argumentum a contrario(6) facente leva sulla precedente espressa configurazione come «sanzione amministrativa accessoria» dell\'ordine in esame, non ripresa dal legislatore dell\'ultima riforma che ha condotto all\'attuale formulazione dell\'art. 23 della legge in discorso.
Ad ogni buon conto, la questione di giurisdizione non è mai drammatica giacché in fondo, pur con differenze a volte rilevanti, un giudice vale l\'altro (7). Bene ha fatto, in definitiva, il tribunale del merito ad osservare il pur malfermo precedente del giudice della giurisdizione.
NOTE
(1) Cass., sez. un., 6 giugno 2007, n. 13230; Cass., sez. un, 17 luglio 2006, n. 16129.
(2) Cfr. Tar Marche 12 agosto 2005, n. 957; Tar Liguria 27 maggio 2005, n. 744; Tar Lombardia 1 dicembre 2003, n. 5470.
(3) Cfr., tra la vasta letteratura amministrativistica in materia, CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2007, 1180 ss., al quale si rimanda per ulteriori indicazioni dottrinali.
(4) Cfr. sulle due tesi, per tutti, R. GALLI - D. GALLI, Corso di diritto amministrativo, 2004, 1210 ss. Per l\'impostazione più restrittiva, in giurisprudenza, Cass., sez. un., 14 ottobre 2004, n. 20254. Un\'opinione in qualche modo intermedia (GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1993, 1254; BENVENUTI, voce Autotutela, in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 537) discorre nel caso in esame di provvedimenti sanzionatori- esecutivi, nell\'ambito, comunque, di una concezione ampia della sanzione, con la particolarità che quest\'ultima non è, secondo tale impostazione, necessariamente legata alla commissione di un illecito amministrativo. R. GALLI - D. GALLI, op. cit., 1233 s., ripercorrendo questa tesi, discorrono di «ordini repressivi».
(5) Per l\'esclusione della possibilità che una sanzione amministrativa trovi applicazione «indipendentemente da ogni elemento di colpa» si veda C. cost. 4 marzo 1999, n. 49.
(6) Cfr. le sentenze già citate alla nt. 2.
(7) Sulle differenze tra il sindacato del giudice ordinario e quello del giudice amministrativo in materia di atti sanzionatori, e sul loro progressivo assottigliamento sulla scorta dell\'evoluzione giurisprudenziale, cfr. CORBO, voce Sanzioni amministrative, Il diritto - Il sole 24 ore, XIV, Milano, 2008, 64 ss.
Fabrizio di Rubbo
Procuratore dello Stato
SOMMARIO: 1. Natura dell\'ordinanza in esame e contesto normativo. - 2. I diversi orientamenti dei tar. - 3. Il concetto di «sanzione amministrativa». - 4. La riconducibilità del provvedimento in esame all\'art. 211 cod. strada.
1. NATURA DELL\'ORDINANZA IN ESAME E CONTESTO NORMATIVO
La sentenza che si annota aderisce ad autorevoli precedenti della Corte di Cassazione (1) in cui si è affermata la natura di sanzione accessoria - rispetto alla sanzione pecuniaria altrettanto prevista dalla normativa - dell\'ordinanza che dispone la rimozione dei cartelli pubblicitari a seguito di indebita affissione, prevista dall\'art. 23 comma 13 bis d.lg. n. 285 del 1992 (codice della strada), con il conseguente riconoscimento della inerenza a diritti soggettivi e della giurisdizione ordinaria. Quest\'ultima è configurata in ambito stradale dall\'art. 211 d.lg. n. 285 del 1992 - che disciplina le sanzioni amministrative «accessorie» - e, più in generale, dall\'art. 22-bis l. n. 689 del 1981 che, come noto, sancisce la giurisdizione del giudice ordinario in materia di sanzioni amministrative.
Al fine dello scrutinio di tale orientamento occorre prendere le mosse dalla ricognizione del primo dei due articoli da ultimo citati, il quale, invero, così recita: «Nel caso in cui le norme del presente codice dispongono che da una violazione consegua la sanzione accessoria dell\'obbligo di ripristino dei luoghi, ovvero l\'obbligo di rimozione di opere abusive, l\'agente accertatore ne fa menzione nel verbale di contestazione da redigere ai sensi dell\'art. 200 o, in mancanza, nella notificazione prescritta dall\'art. 201. Il verbale così redatto costituisce titolo anche per l\'applicazione della sanzione accessoria. Il ricorso al prefetto contro la sanzione amministrativa pecuniaria si estende alla sanzione accessoria [...]». L\'ultimo comma dispone poi che «L\'opposizione di cui all\'art. 205 [ossia quella proposta di fronte al giudice ordinario contro la sanzione amministrativa pecuniaria] si estende alla sanzione accessoria».
Estremamente utile è il raffronto della suddetta disposizione con il citato art. 23, comma 13 bis, del medesimo codice della strada, il quale invece così dispone: «In caso di collocazione di cartelli, insegne di esercizio o altri mezzi pubblicitari privi di autorizzazione o comunque in contrasto con quanto disposto dal comma 1, l\'ente proprietario della strada diffida l\'autore della violazione e il proprietario o il possessore del suolo privato, nei modi di legge, a rimuovere il mezzo pubblicitario a loro spese entro e non oltre dieci giorni dalla data di comunicazione dell\'atto. Decorso il suddetto termine, l\'ente proprietario provvede ad effettuare la rimozione del mezzo pubblicitario e alla sua custodia ponendo i relativi oneri a carico dell\'autore della violazione e, in via tra loro solidale, del proprietario o possessore del suolo. Chiunque viola le prescrizioni indicate al presente comma e al comma 7 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 4.144 a euro 16.576; nel caso in cui non sia possibile individuare l\'autore della violazione, alla stessa sanzione amministrativa è soggetto chi utilizza gli spazi pubblicitari privi di autorizzazione».
Come si può facilmente notare dal contenuto delle disposizioni appena citate, non v\'è affatto certezza che la seconda sia riconducibile all\'ambito di riferimento della prima.
Invero, mentre sul piano della ratio non è dubbio che la disposizione da ultimo riportata, che prevede l\'ordine di rimozione del mezzo pubblicitario, sia astrattamente ascrivibile alla categoria dei provvedimenti recanti l\'ordine di rimessione in pristino dei luoghi a cui fa riferimento l\'art. 211 cod. strada, sul piano della concreta disciplina dei modi attraverso i quali l\'autorità ingiunge al privato tale ordine si riscontrano delle sostanziali differenze. Queste ultime consistono nel mancato richiamo, da parte dell\'art. 23 comma 13-bis in discorso, del procedimento previsto dal codice della strada per l\'irrogazione delle sanzioni amministrative (i «modi di legge» ivi previsti in luogo di tale procedimento sembrano infatti doversi ricondurre a quelli generali di cui alla l. 241 del 1990) e delineato, in riferimento alle sanzioni accessorie, dall\'art. 211 in parte sopra citato.
Tali considerazioni, in definitiva, lasciano oltremodo aperta la questione della riconducibilità dell\'ordine di rimessione in pristino in esame alla categoria delle sanzioni «accessorie» previste dal codice della strada.
Il dilemma implica ovvie ricadute in tema di giurisdizione, giacché, nel caso in cui si accogliesse la soluzione negativa, verrebbe a mancare il supporto normativo (appunto il suddetto art. 211 d.lg. n. 285 del 1992, che per le sanzioni accessorie prevede l\'ordinario modello di opposizione a sanzione amministrativa) della giurisdizione del giudice ordinario.
2. I DIVERSI ORIENTAMENTI DEI TAR
Posta in tali termini la questione, si è detto brevemente della risposta ad essa data dalla Corte di Cassazione.
La sentenza in esame rende tuttavia conto dell\'esistenza di un differente orientamento di alcuni tribunali amministrativi regionali (2) secondo il quale sussiste invece nel caso in esame la giurisdizione del giudice amministrativo, per non essere il provvedimento che ordina la rimessione in pristino una sanzione accessoria a quella pecuniaria, bensì un autonomo provvedimento di autotutela.
Orbene, se l\'alternativa ermeneutica fosse realmente quella appena prospettata, non occorrerebbe particolare sforzo per aderire alla tesi della Cassazione. Al riguardo, alle argomentazioni contenute nella sentenza in commento si può aggiungere quella per cui in nessuna accezione è dato utilmente parlare di autotutela nel caso in discorso.
Infatti - premesso che la nozione è di enunciazione dottrinale - è noto che per autotutela amministrativa s\'intende (3), alternativamente o cumulativamente a seconda delle diverse opinioni (e prescindendo qui da ogni sottile variante), sia la potestà dell\'amministrazione di revocare o modificare il provvedimento dalla stessa originariamente posto in essere, sia il generale potere della medesima amministrazione, da sempre discusso (e oggi definitivamente escluso dall\'art. 21-ter l. n. 241 del 1990) di mandare ad esecuzione coattiva i propri provvedimenti, sia, in via ancor più generale, ogni ipotesi in cui sussista in capo all\'amministrazione la potestà di risolvere autoritativamente i conflitti.
Ebbene, lasciando da parte la prima accezione che qui non rileva, in merito alla seconda c\'è da dire che neppure essa si attaglia al caso in esame, annidandosi anzi un equivoco nel relativo richiamo. Infatti non v\'è questione, qui, dell\'esecuzione coattiva del provvedimento dell\'autorità (pure prevista dalla legge nell\'ipotesi in esame a seguito dell\'inottemperanza del privato), bensì semplicemente della natura di sanzione accessoria o meno del provvedimento stesso di rimessione in pristino, al fine della determinazione della giurisdizione sulla relativa impugnazione.
Quanto, poi, alla terza accezione di autotutela sopra accennata, in essa rientra certamente anche la capacità dell\'autorità di irrogare sanzioni amministrative. Il concetto di autotutela in tale ampio modo inteso è dunque idoneo a ricomprendere anche la fattispecie che qui interessa, ma non a contrapporsi a quello di sanzione amministrativa (essendo quest\'ultimo compreso nel primo): dunque, anche ad accoglierlo, non rivestirebbe alcuna utilità al fine di una eventuale distinzione del provvedimento che qui interessa dagli altri provvedimenti sanzionatori, tale da condurre al riconoscimento della giurisdizione amministrativa.
3. IL CONCETTO DI «SANZIONE AMMINISTRATIVA»
Sgomberato il campo dall\'equivoco riferimento all\'autotutela, resta piuttosto da verificare, al fine del riconoscimento o meno della giurisdizione del giudice ordinario, se debba necessariamente parlarsi di sanzione amministrativa accessoria nell\'accezione delineata dal codice della strada o se vi sia spazio ermeneutico per ricostruire la fattispecie come quella di un provvedimento amministrativo non meglio individuato - o, se si vuole, di un provvedimento vincolato a contenuto sfavorevole per il privato - ma non sanzionatorio in senso proprio.
Sul punto, si deve prendere atto dell\'esistenza di almeno due orientamenti sul concetto di «sanzione amministrativa»: una tesi «ontologica» della sanzione amministrativa, per la quale è tale ogni adozione di un provvedimento sfavorevole al privato da parte dell\'autorità in conseguenza della violazione di un precetto, e una più restrittiva tesi «finalistica» della sanzione amministrativa, per la quale è tale il solo provvedimento punitivo dell\'autore della violazione e non già quello mirante al ripristino d\'interessi sostanziali lesi con l\'infrazione (4).
È chiaro, infatti, che l\'orientamento della Cassazione sopra ricordato resiste se si accede alla prima tesi, mentre non altrettanto può dirsi se si sposa la seconda, trattandosi nel caso in esame di provvedimento recante un ordine ripristinatorio.
Quest\'ultima impostazione - si noti - risulterebbe anche avvalorata, dal punto di vista soggettivo, dal dato che il provvedimento in discorso reca condanna al ripristino «in solido» verso l\'autore della violazione, che ben può ritenersi colpevole e meritevole di sanzione, e il proprietario o possessore quale soggetto eventualmente distinto dal l\'autore del fatto, del quale non è richiesta la colpa e verso cui non si vede pertanto di quale «sanzione» debba parlarsi (salvo sposare una ricostruzione in termini di responsabilità oggettiva contraria ai principi della stessa l. n. 689 del 1981) (5).
In ogni caso, distinguere tra l\'autore della violazione e il proprietario o possessore, per affermare nel primo caso la giurisdizione del giudice ordinario e nell\'altro quella del giudice amministrativo sarebbe, all\'evidenza, la peggiore delle interpretazioni possibili, non essendo di certo questa la volontà del legislatore, che ha accomunato la posizione di entrambi tali soggetti.
Sembra piuttosto da accogliere, in riferimento alla posizione del proprietario o possessore del suolo privato, una ricostruzione in termini di obbligazione civile solidale per l\'adempimento della sanzione amministrativa - sempre che di sanzione vogliasi parlare - sul modello dell\'art. 6 della l. n. 689 del 1981, pur con la significativa differenza della mancata ammissione della prova della contraria volontà, il che conduce a ben vedere a una responsabilità oggettiva «di posizione».
Tutto ciò detto, in merito all\'alternativa sopra delineata sul concetto di sanzione amministrativa, sembra potersi affermare che, in presenza di una disposizione di diritto positivo (l\'art. 211 cod. strada) la quale espressamente definisce come «sanzione accessoria» il provvedimento che ordina la rimessione in pristino, ogni discussione sulla astratta possibilità di attribuire natura sanzionatoria a un provvedimento recante un siffatto ordine dovrebbe sopirsi. È, in altre parole, il legislatore ad aver sposato la concezione più ampia in materia di sanzioni amministrative.
4. LA RICONDUCIBILITÀ DEL PROVVEDIMENTO IN ESAME ALL\'ART. 211 COD. STRADA
Resta invece sul tappeto l\'altra questione, adombrata all\'inizio, circa la riconducibilità del provvedimento in esame all\'art. 211 cod. strada sopra citato. Essa rappresenta a ben vedere, alla luce di quanto finora detto, l\'unico vero nodo interpretativo rilevante al fine della soluzione della questione di giurisdizione.
A tale questione, a rigore, dovrebbe rispondersi negativamente, non potendosi ravvisare nell\'art. 23 comma 13-bis cod. strada nessun richiamo, né esplicito né implicito, all\'articolo 211 del medesimo codice e comunque alla forme procedimentali e alla disciplina da quest\'ultimo indicate. Anche l\'interpretazione analogica pare da escludere, non sussistendo alcuna lacuna nel sistema, bensì solo un\'alternativa in punto di qualificazione giuridica e di giurisdizione.
Potrebbe anche notarsi che il comma 13-bis dell\'art. 23 sopra riportato prevede un\'ulteriore sanzione pecuniaria a carico dei soggetti inadempienti all\'ordine di rimessione in pristino: il che forse stride con la configurazione di tale ordine quale sanzione «accessoria» alla sanzione pecuniaria comminata per l\'infrazione originaria (l\'affissione della pubblicità), potendo piuttosto indurre a ritenerlo un provvedimento autonomo, non sanzionatorio in senso stretto, dalla cui inottemperanza discende non a caso un\'apposita distinta sanzione pecuniaria.
Infine non può negarsi qualche rilevanza anche all\'argumentum a contrario(6) facente leva sulla precedente espressa configurazione come «sanzione amministrativa accessoria» dell\'ordine in esame, non ripresa dal legislatore dell\'ultima riforma che ha condotto all\'attuale formulazione dell\'art. 23 della legge in discorso.
Ad ogni buon conto, la questione di giurisdizione non è mai drammatica giacché in fondo, pur con differenze a volte rilevanti, un giudice vale l\'altro (7). Bene ha fatto, in definitiva, il tribunale del merito ad osservare il pur malfermo precedente del giudice della giurisdizione.
NOTE
(1) Cass., sez. un., 6 giugno 2007, n. 13230; Cass., sez. un, 17 luglio 2006, n. 16129.
(2) Cfr. Tar Marche 12 agosto 2005, n. 957; Tar Liguria 27 maggio 2005, n. 744; Tar Lombardia 1 dicembre 2003, n. 5470.
(3) Cfr., tra la vasta letteratura amministrativistica in materia, CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2007, 1180 ss., al quale si rimanda per ulteriori indicazioni dottrinali.
(4) Cfr. sulle due tesi, per tutti, R. GALLI - D. GALLI, Corso di diritto amministrativo, 2004, 1210 ss. Per l\'impostazione più restrittiva, in giurisprudenza, Cass., sez. un., 14 ottobre 2004, n. 20254. Un\'opinione in qualche modo intermedia (GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1993, 1254; BENVENUTI, voce Autotutela, in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 537) discorre nel caso in esame di provvedimenti sanzionatori- esecutivi, nell\'ambito, comunque, di una concezione ampia della sanzione, con la particolarità che quest\'ultima non è, secondo tale impostazione, necessariamente legata alla commissione di un illecito amministrativo. R. GALLI - D. GALLI, op. cit., 1233 s., ripercorrendo questa tesi, discorrono di «ordini repressivi».
(5) Per l\'esclusione della possibilità che una sanzione amministrativa trovi applicazione «indipendentemente da ogni elemento di colpa» si veda C. cost. 4 marzo 1999, n. 49.
(6) Cfr. le sentenze già citate alla nt. 2.
(7) Sulle differenze tra il sindacato del giudice ordinario e quello del giudice amministrativo in materia di atti sanzionatori, e sul loro progressivo assottigliamento sulla scorta dell\'evoluzione giurisprudenziale, cfr. CORBO, voce Sanzioni amministrative, Il diritto - Il sole 24 ore, XIV, Milano, 2008, 64 ss.