TAR Campania (NA), Sez. VII, n. 5262, del 10 ottobre 2014
Beni Ambientali.Antenne televisive e compatibilità paesaggistica

L’installazione di antenne televisive in qualsiasi zona del territorio comunale, ai sensi dell’art. 86 DLgs. 259/2003, va intesa in senso urbanistico-edilizio, mentre da un punto di vista paesaggistico detta realizzabilità non può prescindere dal giudizio concreto di compatibilità paesaggistica, demandato all’autorità preposta alla tutela del vincolo, secondo il procedimento dettato ratione temporis in via transitoria dal disposto dell’art. 159 D.lgs. 42/04. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05262/2014 REG.PROV.COLL.

N. 07162/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7162 del 2007, proposto da: 
Elettronica Industriale S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difeso dagli avv. Ezio Maria Zuppardi, Maria Sala, Claudio Sala, con domicilio eletto presso Ezio Maria Zuppardi in Napoli, viale Gramsci n.16;

contro

Comune di Castellammare di Stabia, non costituito;
Ente Parco Regionale dei Monti Lattari, non costituito; 
Regione Campania, Giunta Regionale della Campania -A.G.C. Demanio e Patrimonio, non costituita; 
Comune di Vico Equense, non costituito;

nei confronti di

Reti Televisive Italiane S.p.A., non costituita;
Prima Tv S.p.A. , non costituita;

per l'annullamento,

del provvedimento prot.n. 54832 del 18/09/2007 con la quale il Dirigente dell’Ufficio Edilizia Privata del Comune Castellamare di Stabia ha denegato l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di una nuova postazione televisiva in localita' Monte Faito;

della nota prot. 44756 del 19/07/2007 di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza;

del parere espresso dalla Commissione BB.AA. nella seduta del 15/05/2007 (non direttamente conosciuto);



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 luglio 2014 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato in data 23 novembre 2007 e depositato il successivo 10 dicembre la società Elettronica Industriale, titolare delle concessioni ministeriali per l’esercizio delle reti televisive nazionali “Canale 5, Italia 1, Retequattro” ha impugnato il provvedimento prot. n. 54832 del 18/09/2007 con il quale il Dirigente dell’Ufficio Edilizia Privata del Comune Castellamare di Stabia ha denegato l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di una nuova postazione televisiva in localita' Monte Faito e i relativi atti presupposti, ovvero la nota prot. 44756 del 19/07/2007 di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza ed il parere espresso dalla Commissione BB.AA. nella seduta del 15/05/2007.

2. A sostegno del ricorso deduce in fatto di detenere in località Monte Faito due distinte infrastrutture per la trasmissione di segnali radiotelevisivi, regolarmente autorizzate, situate nei Comuni di Castellamare di Stabia e di Vico Equense, e di avere presentato, in considerazione dell’impossibilità delle predette postazioni a garantire condizioni tecniche operative tali da assicurare un efficiente servizio pubblico, istanza di autorizzazione ai sensi del Dlgs. 259/03 e della L.R. n. 14/01, per la realizzazione di una nuova infrastruttura destinata ad ospitare i ripetitori dei digitali televisivi di pertinenza della ricorrente e delle emittenti televisive analogiche, attualmente collocate presso le due postazioni televisive site in località Monte Faito e destinate ad essere smantellate a seguito della realizzazione del nuovo impianto.

2.1. In relazione alla presupposta istanza di rilascio di parere paesaggistico, il Comune di Castellamare di Stabia trasmetteva alla ricorrente la nota prot. 44756 del 19/07/2007, di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, motivata in riferimento al giudizio espresso dalla Commissione BB.AA. nella seduta del 15/05/2007, cui la ricorrente replicava con la presentazioni di controdeduzioni ex art. 10 bis l. 241/90.

2.2. Il Comune, non condividendo le argomentazioni esposte nella memoria ex art. 10 bis l. 241/90, con il provvedimento prot.n. 54832 del 18/09/2007 denegava in via definitiva l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione dell’impianto di cui è causa.

3. Ciò posto, la società ricorrente, ritenendo l’atto di diniego ed i relativi atti presupposti illegittimi, li ha impugnati, articolando in cinque motivi di ricorso diverse censure di violazione di legge (art. 3 l. 241/90, art. 86 e 87 Dlgs. 259/2003, art. 142 Dlgs. 42/2004 e L.R. n. 35/87 E2, lett. H) norme generali di salvaguardia, parco regionale dei Monti Lattari) e di eccesso di potere sotto svariati profili.

3.1. Segnatamente parte ricorrente ha dedotto:

- il difetto di istruttoria e di motivazione in merito all’applicazione del disposto degli art. 86 e 87 del Dlgs. 259/2003, non avendo l’Amministrazione considerato che l’impianto di cui è causa, in quanto assimilabile alle opere di urbanizzazione primaria, era compatibile con qualunque destinazione urbanistica e paesaggistica (primo motivo);

- la genericità della motivazione in ordine al contrasto dell’impianto de quo con il contesto paesistico, anche in considerazione del rilievo che, nella prospettazione attorea, ad intervento ultimato l’unica modifica percepibile del paesaggio consisterebbe nella postazione televisiva costituita da un fabbricato di un solo piano fuori terra e da un traliccio metallico, assimilabile all’impianto esistente sulla medesima porzione di terreno. Assume inoltre parte ricorrente l’illegittimità dell’osservazione del Comune in relazione all’irrilevanza della rimozione – rappresentata dalla ricorrente in sede di controdeduzioni ex art. 10 bis - della postazione sita in altro Comune, ancorchè confinante, determinata dall’intervento di cui è causa, in considerazione del rilievo che il Comune, nelle proprie funzioni di subdelega nella tutela del paesaggio, avrebbe dovuto esprimere una valutazione omnicomprensiva in merito all’assetto complessivo di Monte Faito e del Parco dei Monti Lattari (secondo motivo di ricorso);

l’errata applicazione del disposto dell’art. 142 Dlgs. 42/2004 e delle norme Generali di Salvaguardia del Parco Regionale dei Monti Lattari, che, a differenza di quanto dedotto dall’Amministrazione, non precluderebbero l’intervento di cui è causa, non comportando gli stessi un vincolo di inedificabilità assoluta (terzo motivo);

l’illegittimità del diniego, per non avere l’Amministrazione esaminato la possibilità di interventi a mitigazione dell’impatto visivo, non istaurando all’uopo un contraddittorio procedimentale (quarto motivo);

la violazione del disposto dell’art. 87 Dlgs. 259/2003, qualora il provvedimento gravato debba intendersi quale atto di diniego dell’istanza di autorizzazione alla realizzazione dell’impianto di cui è causa e non come atto di diniego del nulla osta paesaggistico, sulla base del rilievo della mancata indizione della conferenza di servizi prevista dai commi 6 e 7 del richiamato art. 87.

4. In data 20 giungo 2014 la società ricorrente ha prodotto memoria difensiva, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

5. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza del 24 luglio 2014.

6. In via preliminare va qualificato il provvedimento gravato il quale - come evincibile dal complesso della motivazione e dall’oggetto indicato - va inteso come atto di diniego dell’istanza di rilascio di nulla osta paesaggistico per la realizzazione dell’impianto di cui è causa e non come atto di diniego dell’istanza di autorizzazione di cui all’art. 87 Dlgs. 259/2003, rispetto alla quale si porrebbe come preliminare, in ipotesi di dissenso dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, l’indizione della conferenza di servizi, ex art. 87 comma 6 D.P.R. 380/01.

6.1. A ciò consegue l’infondatezza del quinto motivo di ricorso, del resto avanzato solo in via cautelativa da parte ricorrente, nell’ipotesi di ritenuta qualificazione del provvedimento impugnato come atto di diniego definitivo dell’istanza ex art. 87 Dlgs. 259/2003.

7. Ciò posto, in aderenza al costante orientamento giurisprudenziale in materia, l’atto de quo non può che essere qualificato quale atto espressivo della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione comunale - quale autorità subdelegata nella materia della tutela ambientale – nella valutazione della compatibilità paesaggistica dell’intervento di cui è causa.

7.1 Il Collegio al riguardo non ignora i più recenti approdi giurisprudenziali, pure condivisi dalla Sezione, secondo i quali i più moderni sviluppi del dibattito giurisprudenziale hanno da tempo chiarito come il peculiare scrutinio giurisdizionale di tali valutazioni tecnico discrezionali è ambito diverso da un anacronistico privilegio riservato all’amministrazione (o a certi settori dell’amministrazione), dovendosi per contro ritenere “che l’effettività della tutela giurisdizionale sia garantita solo attraverso un sindacato, anche sull’esercizio della c.d. discrezionalità tecnica, che non sia meramente estrinseco, limitato ad una verifica dell’assenza di palesi travisamenti o di manifeste illogicità. Infatti, svanita l’equazione discrezionalità tecnica – merito insindacabile a partire dalla sentenza n. 601/99 della IV Sezione del Consiglio di Stato, il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici della p.a. può oggi svolgersi in base non al mero controllo formale ed estrinseco dell'iter logico seguito dall'autorità amministrativa, bensì in base alla verifica diretta dell'attendibilità delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo, potendo il giudice utilizzare per tale controllo sia il tradizionale strumento della verificazione, che la CTU (Cons. Stato, VI, n. 2001/2006)”. (Consiglio di Stato, sez. VI, decisione 9 novembre 2006 n. 6607).

7.2. Peraltro pure in tale rinnovata ottica (Consiglio di Stato, VI, 1° ottobre 2002, n. 5156), deve ritenersi che, allorché il giudizio dell’amministrazione, in punto di ricognizione dei presupposti di fatto di una fattispecie, sia ancorato a valutazioni tecnico-scientifiche afferenti una delle cc.dd. scienze inesatte, la naturale pluralità di soluzioni, tutte parimenti plausibili e coerenti sul piano della logica e della ragionevolezza, non consente, in presenza del rispetto degli standards di logicità e di coerenza della decisione, una mera sostituzione di valutazioni soggettive - tutte in tesi rispondenti a detti criteri, che condurrebbe non alla sostituzione di una scelta illegittima con una scelta legittima, ma alla semplice preferenza accordata in sede giurisdizionale ad una delle varie, possibili soluzioni, tutte collocate nell’area della legittimità provvedimentale - ma presuppone comunque che il giudizio espresso avvenga nel rispetto delle leggi scientifiche di settore. Da ciò la non sindacabilità di apprezzamenti tecnici che siano, alla stregua delle leggi di copertura e del procedimento applicativo seguito, attendibili da un punto di vista intrinseco, seppure rientranti nell’ambito dell’opinabilità.

7.3. Ciò posto, i motivi di ricorso, di sostanziale reiterazione delle deduzioni contenute nella memoria ex art. 10 bis l. 241/90, in ordine alle quali il Comune ha motivatamente risposto con il provvedimento impugnato, non sono meritevoli di accoglimento.

8. Quanto alla prima censura, con cui parte ricorrente deduce che l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto del fatto che gli impianti de quibus sono assimilabili alle opere di urbanizzazione primaria ex art. 86 Dlgs. 259/03 e quindi realizzabili in qualunque parte del territorio nazionale, va osservato che come correttamente argomentato dall’Amministrazione, questo non vuol dire che debba ritenersi che la compatibilità paesaggistica sia prevista ex lege in riferimento a qualunque sito, tanto è vero che l’art. 86 comma 4 Dlgs. 259/2003 fa salve le disposizioni a tutela dei beni paesaggistici e storico artistici, contemplate dal Dlgs. 42/2004 e, per quanto riguarda specificatamente la zona de qua, dalla l.r. n. 35/87.

8.1. Ed invero la realizzabilità degli interventi de quibus in qualsiasi zona del territorio comunale, ai sensi del richiamato art. 86 DLgs. 259/2003, va intesa in senso urbanistico-edilizio, mentre da un punto di vista paesaggistico detta realizzabilità non può prescindere dal giudizio concreto di compatibilità paesaggistica, demandato all’autorità preposta alla tutela del vincolo, secondo il procedimento dettato ratione temporis in via transitoria dal disposto dell’art. 159 Dlgs. 42/04.

9. A ciò consegue anche l’infondatezza del terzo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente deduce che le norme a tutela della zona de qua, ovvero le previsioni del P.U.T. e le norme generali di salvaguardia del Parco Regionale dei Monti Lattari non prevedano un vincolo di inedificabilità assoluta, in quanto il Comune non ha posto le norme de quibus come ostative in astratto alla realizzabilità di infrastrutture di telecomunicazione, ma ha in concreto espresso un giudizio di non compatibilità paesaggistica dell’intervento progettato da parte ricorrente con il contesto paesistico di pregio, salvaguardato dalle norme a tutela di tale zona territoriale, con la conseguenza, che secondo quanto ritenuto dall’Amministrazione, la realizzazione di un impianto, di notevole impatto visivo come quello di cui è causa, si tradurrebbe in un vulnus ed in una deroga al vincolo paesaggistico gravante sulla zona de qua.

9.1. Osserva infatti al riguardo il Comune che “il progetto per la realizzazione della nuova postazione televisiva in località Monte Faito è un intervento che prevede la costruzione di un edificio di tre piani con una superficie di ben mq. 330, per allocare le apparecchiature elettroniche e delle antenne ubicate su una torre, da realizzare con struttura reticolare metallica avente un altezza di ben ml. 70, in acciaio zincato con una base di mt. 6,5 mt. 6,5 con relativo piano di plinto di fondazione. Per la realizzazione di detti interventi necessita uno sbancamento di notevole entità che modifica definitivamente ed irreversibilmente la morfologia dell’area dell’intervento”.

10. Ciò posto, va esaminato il secondo motivo di ricorso, con cui la società ricorrente lamenta il difetto di motivazione del gravato provvedimento in ordine al contrasto dell’impianto de quo con il contesto paesistico, anche in considerazione del rilievo che, nella prospettazione attorea, ad intervento ultimato l’unica modifica percepibile del paesaggio consisterebbe nella postazione televisiva costituita da un fabbricato di un solo piano fuori terra e da un traliccio metallico, assimilabile all’impianto esistente sulla medesima porzione di terreno, in considerazione del rilievo che gran parte dell’intervento si presenterebbe come interrato.

10.1. Il motivo va disatteso.

10.2. Ed invero va in primo luogo rimarcato che le dimensioni dell’intervento, correttamente evidenziate dall’Amministrazione, anche in considerazione dell’altezza della struttura reticolare metallica, non possono che comportare un notevole vulnus al pregio panoramico dell’area de qua, con la conseguenza che il giudizio espresso dall’Amministrazione deve considerarsi anche da un punto di vista intrinseco attendibile.

10.3. In secondo luogo va osservato che irrilevante è quanto dedotto da parte ricorrente in merito al carattere interrato della maggior parte dell’intervento.

10.3.1. Ciò sia in considerazione del rilievo che proprio il carattere interrato determina il notevole sbancamento messo in evidenza dal Comune che del rilievo che, anche a volere tenere conto del sole modifiche irreversibili dell’intervento, anche i volumi interrati hanno rilevanza paesaggistica, come più volte messo in evidenza dalla Sezione.

Il Consiglio di Stato ha al riguardo precisato, in riferimento alla realizzazione di una piscina in zona sottoposta a vincolo paesaggistico “Anche con riguardo all'incidenza sul piano volumetrico la realizzazione di manufatti con scavo nel sottosuolo - indipendentemente dal conteggio del volume agli effetti degli indici di edificabilità secondo la disciplina riconducibile al singolo strumento urbanistico - dà luogo ad un nuovo e diverso assetto dei luoghi e determina l'asservimento a diversi utilizzi (quali il deposito, il rimessaggio, le attività di diporto nel caso di piscina) resi possibili dalla nuova costruzione” (Consiglio di Stato sez. VI 12/01/2011 n. 110), affermando inoltre “Non soccorre alle ragioni dell'appellato l'assenza di verticalizzazioni peculiari al manufatto con destinazione a piscina e l'affermata inidoneità dello stesso ad introdurre una nuova volumetria.

La disciplina di tutela della zona, nei suoi effetti inibitori, prescinde infatti dall'elevazione o meno sul piano di campagna delle opere e dalla loro consistenza volumetrica. Il che è in linea con il tipo di prescrizione proprio di un piano paesistico il quale, a differenza di uno strumento urbanistico, non è volto al dimensionamento dei nuovi interventi, quanto alla valutazione ex ante della loro tipologia ed incidenza qualitativa. Il piano paesistico territoriale del resto - avendo una funzione conservativa degli ambiti reputati meritevoli di tutela - non può essere subordinato a scelte di tipo urbanistico, per loro natura orientate allo sviluppo edilizio e infrastrutturale”.

In senso analogo si è di recente pronunciato il Consiglio di Stato, sez. VI, con sentenza n. 4503 del 11/09/2013 - che dato vita al revirment della Sezione in tema di parcheggi pertinenziali interrati in zona sottoposta ai vincoli del P.U.T. – secondo la quale “la Sezione richiama e ribadisce in questa sede la propria consolidata giurisprudenza, per la quale – come si desume dall’articolo 167, comma 4, del medesimo Codice - hanno rilievo paesaggistico i volumi interrati e seminterrati: così come per essi è applicabile il divieto di sanatoria quando sono realizzati senza titolo (perché il comma 4 vieta il rilascio della sanatoria paesaggistica quando l’abuso abbia riguardato volumi di qualsiasi natura), così essi hanno una propria rilevanza paesaggistica per le opere da realizzare”.

10.4. Né appare condivisibile quanto dedotto dalla società ricorrente secondo la quale si presenterebbe illegittima la deduzione del Comune in merito all’irrilevanza della circostanza che la realizzazione dell’impianto di cui è causa determinerebbe lo smantellamento dell’impianto sito nel Comune di Vico Equense; ciò in primo luogo in quanto la società ricorrente nulla ha specificatamente dedotto e provato circa le dimensioni dell’impianto da smantellare e quindi circa il miglioramento nell’insieme del contesto paesistico ed in secondo luogo, in quanto come correttamente osservato dal Comune, l’impianto da smantellare rientra nel territorio di Comune confinante, con la conseguenza che un apprezzamento sul contesto paesaggistico d’insieme sul monte Faito sfuggirebbe alla competenza del Comune di Castellamare di Stabia.

Infatti se è vero che il Comune in materia paesaggistica agisce come autorità subdelegata rispetto alla Regione, la subdelega non può che essere esercitata dal Comune nei limiti della propria competenza territoriale.

Inoltre vi è da considerare che secondo costante giurisprudenza non può costituire parametro per la valutazione della legittimità dell’agere amministrativo l’adozione di atti illegittimi, come costantemente ribadito dalla giurisprudenza in relazione al sindacato dell’eccesso di potere per disparità di trattamento.

Il che vuol dire che la circostanza che l’autorizzazione paesaggistica sia stata rilasciata in altro Comune per la realizzazione di un intervento – le cui caratteristiche non sono state neppure descritte da parte ricorrente – non può costituire tertium comparationis per la valutazione della legittimità dell’atto di diniego adottato nell’ipotesi di specie e che del pari non possa assumersi la dismissione dell’altro impianto, autorizzato da altro Comune, come elemento di valutazione dell’impatto paesaggistico creato dall’impianto de quo.

11. Parimenti infondata è la deduzione contenuta nel quarto motivo di ricorso in merito all’illegittimità dell’atto di diniego per non avere il Comune proposto interventi alternativi atti a mitigare l’impatto paesaggistico in quanto, in considerazione della caratteristiche dimensionali dell’impianto de quo, correttamente descritte nel provvedimento gravato, questo avrebbe comportato una sostituzione del Comune nell’attività di progettazione; per contro sarebbe stato onere della società ricorrente in sede di controdeduzioni ex art. 10 bis l. 241/90 proporre soluzioni alternative, avendo il Comune correttamente instaurato il contraddittorio procedimentale con l’invio dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

12. In conclusione il ricorso va rigettato, stante l’infondatezza di tutte le censure.

13. La mancanza di contraddittori costituiti in giudizio esime da una pronuncia sulle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Fabio Donadono, Presidente FF

Diana Caminiti, Primo Referendario, Estensore

Luca De Gennaro, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/10/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)