Cass. Sez. III n. 18913 del 3 maggio 2018 (Ud 8 nov 2017)
Presidente: Di Nicola Estensore: Aceto Imputato: Calabrò ed altri
Beni culturali.Individuazione persona offesa dal reato
È inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto di archiviazione emesso “de plano” dal giudice per le indagini preliminari, senza che al denunciante, che aveva chiesto di esserne informato, sia stato notificato l'avviso della richiesta di archiviazione proposta dal pubblico ministero per l'infondatezza di una notizia di reato relativa a contravvenzioni urbanistico-edilizie e in materia di tutela dei beni culturali, perché persona offesa in questi casi è esclusivamente la pubblica amministrazione, titolare dell'interesse protetto.
RITENUTO IN FATTO
1. I sigg.ri Riccardo Pramaggiore e Stefano Viola, ricorrono per l’annullamento del decreto del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Novara che ha ordinato l’archiviazione del procedimento penale iscritto nei confronti di Francesco Calabrò e Francesco Mirabelli per i reati di cui agli artt. 110, cod. pen., 71, d.P.R. n. 380 del 2001 e 169, lett. a), d.lgs. n. 42 del 2004.
1.1. Con unico motivo eccepiscono la nullità del provvedimento impugnato perché viziato dalla omessa notifica della richiesta di archiviazione di cui avevano chiesto di essere informati, ai sensi dell’art. 408, comma 2, cod. proc. pen., in quanto proprietari dei beni oggetto di intervento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. I ricorsi sono inammissibili
3. L'articolo 408, comma 2, cod. proc. pen., dispone che l'avviso della richiesta di archiviazione sia notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, dichiari di volerne essere informata.
3.1. Nel caso di specie, non risulta essere stato notificato alcun avviso ai ricorrenti, sebbene ne avessero fatto richiesta in sede di denuncia-querela.
3.2. Tuttavia, la norma processuale impone l’avviso a favore della persona offesa che non si identifica con quella danneggiata dal reato, in quanto la prima costituisce un elemento che appartiene alla struttura del reato, mentre il danneggiato è portatore di interessi connessi alle conseguenze privatistiche dell'illecito penale (Sez. 5, n. 4116 del 28/01/1983, Bortolotti, Rv. 158854). In altre parole, la persona offesa dal reato deve essere individuata nel soggetto titolare dell'interesse direttamente protetto dalla norma penale la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l'essenza dell'illecito (Sez. 6, n. 21090 del 24/02/2004, Soddu, Rv. 228810).
3.3. Ne consegue che il soggetto che assume di avere subito un pregiudizio dalla edificazione abusiva non è persona offesa dal reato, ma solo danneggiata, in quanto parte offesa è esclusivamente la pubblica amministrazione, che è titolare degli interessi attinenti alla tutela territorio protetti dalla norma incriminatrice (Sez. 3, n. 6229 del 14/01/2009, P.O. in proc. Celentano ed altri, Rv. 242532; Sez. 3, n. 36352 del 23/04/2015, n.m.; Sez. 3, n. 19996 del 14/12/2016, dep. 2017, Menna ed altri, n.m.). Nei procedimenti per reati urbanistici e paesaggistici, infatti, persone offese sono solo gli enti nella cui sfera ricade il territorio pregiudicato dall'intervento abusivo; per cui il privato, che assuma di essere danneggiato, non è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione (Sez. 3, n. 35312 del 19/05/2016, Aprea, Rv. 267533). Come, dunque, affermato da questa Corte, nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie compete solo all'ente comunale la qualifica di parte offesa stante il diritto di ogni ente pubblico al riconoscimento, al rispetto e all'inviolabilità della propria posizione funzionale, così come del diritto alla realizzazione e alla conservazione di un ordinato sviluppo di un predeterminato assetto urbanistico, che sono compromessi dagli illeciti urbanistici (Sez. 3, n. 26121 del 12/04/2005, Rosato, Rv. 231952). Nemmeno il reato d'abusivo intervento su beni culturali (previsto dall'art. 169, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) ha carattere plurioffensivo, in quanto il bene tutelato è esclusivamente l'interesse strumentale al preventivo controllo da parte dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo.
3.4. Il danno subito dal proprietario dell’immobile oggetto di intervento abusivo non ha natura penalistica poiché pregiudica situazioni giuridiche soggettive che sono del tutto estranee allo scopo della incriminazione delle condotte ritenute lesive dell’interesse della pubblica amministrazione e per la cui consumazione non è richiesta né è necessaria alcuna ulteriore indagine. Tant’è che lo stesso privato titolare del bene può rendersi autore (come avviene nella stragrande maggioranza dei casi) delle medesime condotte oggi ascritte a terze persone, senza che l’assenza del danno privatistico condizioni la sussistenza del reato e privi le relative condotte del danno (o del pericolo di danno) che la loro incriminazione intende prevenire.
3.5. Il dovere di realizzare le opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, ed a struttura metallica, secondo le modalità e i criteri stabiliti dall’art. 64, d.P.R. n. 380 del 2001 è posto a tutela della pubblica incolumità, non del diritto di proprietà. E’ escluso, dunque, che il privato proprietario dell’immobile oggetto degli interventi abusivi previsti dagli artt. 71 e 72, d.P.R. n. 380 del 2001, possa essere considerato persona offesa del reato. Allo stesso modo, la necessità di ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di opere e lavori sui beni culturali di cui all’art. 10, d.lgs. n. 42 del 2004, ed il divieto di procedervi in assenza, è posto a tutela del patrimonio culturale, la cui tutela e valorizzazione <<concorrono a preservare la memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura>> (art. 1, comma 2, d.lgs. n. 42 del 2004). E’ estranea alla “ratio puniendi” la tutela del diritto di proprietà dell’immobile, oggetto di specifica tutela mediante l’incriminazione delle condotte previste dall’art. 635, cod. pen., che, molto significativamente, contempla, come circostanza aggravante, l’ipotesi del danneggiamento della cosa di interesse storico o artistico.
3.6. È perciò inammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto di archiviazione emesso “de plano” dal giudice per le indagini preliminari, senza che al denunciante, che aveva chiesto di esserne informato, sia stato notificato l'avviso della richiesta di archiviazione proposta dal pubblico ministero per l'infondatezza di una notizia di reato relativa a contravvenzioni urbanistico-edilizie e in materia di tutela dei beni culturali, perché persona offesa in questi casi è esclusivamente la pubblica amministrazione, titolare dell'interesse protetto.
3.7. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 08/11/2017.