Consiglio di Stato Sez. VI n. 5302 del 13 luglio 2021
Beni culturali.Rapporto, nella valutazione della portata di un vincolo culturale, fra motivazione del vincolo e mappale allegato al decreto impositivo del vincolo stesso
 
L’ambito oggettivo di estensione del vincolo culturale non si ricava esclusivamente dalla sua motivazione; ciò in quanto in sede di motivazione, l’Amministrazione può limitarsi a menzionare, anche a titolo esemplificativo, soltanto alcuni degli elementi caratteristici da cui può desumersi il particolare valore storico-artistico del relativo immobile, inteso nel suo insieme


Pubblicato il 13/07/2021

N. 05302/2021REG.PROV.COLL.

N. 08792/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8792 del 2020, proposto da
Ministero per i Beni e le attività culturali e per il turismo, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio-Area Metropolitana Venezia e Prov. Belluno Padova e Treviso, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Comune Di Padova non costituiti in giudizio;
Omnia S.r.l., rappresentato e difeso dall'avvocato Emiliano Bandarin Troi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) n. 00694/2020, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Omnia S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2021 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Attilio Barbieri dell'Avvocatura Generale dello Stato e Emiliano Bandarin Troi in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame il Ministero odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 694 del 2020 del Tar Veneto, recante accoglimento dell’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dalla odierna parte appellata, in qualità di proprietaria di un’area retrostante l’immobile denominato palazzo “Martinengo” a Padova, al fine di ottenere l’annullamento del diniego alla richiesta di autorizzazione ex art. 21 co. 4 del D.lgs. 42/2004, prot. num. 13625 del 28 maggio 2019. In particolare il Tar aveva accolto il gravame all’esito dell’interpretazione restrittiva del vincolo diretto esistente in loco, come non esteso all’area pertinenziale retrostante al palazzo predetto, interessata dall’intervento edilizio proposto.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, il Ministero appellante censurava la sentenza impugnata deducendo i seguenti motivi di appello:

- error in iudicando, manifesta illogicità, della motivazione della sentenza appellata, in quanto oggetto del vincolo è l’intero mappale n. 2, le cui varie porzioni sono unite fra loro del simbolo grafico dell’ “S rovesciata”, il che risulta dalle mappe risalenti al 1929.

La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello. Venivano altresì riproposti i motivi dichiarati assorbiti in prime cure, ai sensi dell’art. 101 comma 2 cod proc amm:

- contraddittorietà e perplessità, genericità del provvedimento avversato, motivazione illogica e contraddittoria, violazione del principio di proporzionalità, non avendo tenuto conto della situazione di fatto dell’area interessata;

- eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto sotto altro profilo, contraddittorietà, violazione degli artt. 10, comma 3, 13 e 45 d.lgs. 42/2004, illegittimità per motivazione postuma, carenza di potere, violazione dell’art. 96 Cost, per accertata assenza di vincolo indiretto e per insussistenza dei presupposti del vincolo diretto;

- sviamento sotto altro profilo, motivazione contraddittoria sotto altro profilo, carenza di potere/incompetenza sotto altro profilo, avendo il diniego il fine di tutelare la quinta edilizia rappresentata in generale dall’intero ambito urbano ed in particolare da via Moro;

- incongruenza della motivazione, contraddittorietà rispetto ai concreti presupposti di fatto, travisamento, per l’incongruenza della motivazione rispetto al presupposto vincolistico in essa richiamato ed il malcelato tentativo di far valere con il diniego una sorta di vincolo implicito su altre aree;

- genericità, carenza dei presupposti sotto altro profilo, contraddittorietà della motivazione rispetto al presupposto vincolo storico-artistico, perplessità, poiché la motivazione è dichiaratamente riferita alla pretesa tutela di beni ulteriori rispetto a quelli oggetto dei predetti vincoli esistenti;

- violazione degli artt. 20 comma 8 dPR 380 del 2001, 14 bis della l. 241 del 1990, 96 Cost., del principio di proporzionalità sotto altro profilo, per mancato ricorso al modulo procedimentale della conferenza di servizi.

Con ordinanza n. 7379 del 2020 veniva accolta la domanda cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza appellata e fissata l’udienza di merito.

Alla pubblica udienza dell’8 luglio 2021 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. La presente controversia ha ad oggetto la sentenza con cui il Tar adito in prime cure ha accolto il ricorso, proposto dal proprietario dell’area interessata dall’intervento edilizio sottoposto all’autorizzazione di cui all’art. 21 d.lgs. 42 cit., avverso il conseguente provvedimento di diniego.

Il progettato intervento riguarda la realizzazione “di un nuovo edificio a destinazione residenziale tra via Euganea e via Cristoforo Moro”, successivamente alla demolizione dei manufatti preesistenti. Il diniego di autorizzazione impugnato in prime cure e la relativa motivazione si basano sul rilievo che il vincolo storico e artistico gravante su palazzo “Martinengo” si estende anche all’area retrostante.

Il Giudice di primo grado ha accolto il gravame sul preliminare presupposto della non estensione del vincolo all’area in questione, sulla scorta dell’interpretazione restrittiva dello stesso vincolo. Non venivano esaminate le restanti censure.

2. L’appello del Ministero è fondato.

3. In linea di fatto, dall’analisi della documentazione in atti emerge che i decreti di vincolo hanno ad oggetto il palazzo Martinengo, con espresso e specifico riferimento all’intero mappale n. 2, le cui varie porzioni sono unite fra loro del simbolo grafico dell’ “S rovesciata”, il che risulta dalle mappe risalenti sin dal 1929.

3.1 In assenza di qualsiasi elemento che, negli atti impostivi di vincolo, preveda alcuna limitazione rispetto al mappale interessato ed all’intero compendio, non può condividersi l’interpretazione restrittiva, o meglio riduttiva, adottata dal Tar.

3.2 Se già in termini fattuali l’esame della documentazione conferma la omogeneità del contesto soggetto a vincolo, senza che emergano concreti segni tali da giustificare la riduzione fatta propria dal Tar, in linea di diritto l’invocata interpretazione restrittiva riguarda – diversamente da quanto reputato dalla sentenza impugnata - gli aspetti applicativi e gli effetti del vincolo stesso (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez VI sentenze nn. 1266 del 1998 e 4198 del 2011), non potendosi giungere, con tale opzione ermeneutica, a ridurre (e quindi innovare in pare qua) ciò che è specificamente individuato come bene vincolato nella sua estensione materiale.

3.3 Pertanto, se un’interpretazione rigorosa e non estensiva si giustifica in caso di concreti dubbi sull’effettiva estensione del vincolo, nel caso di specie il diretto e specifico riferimento all’intero palazzo ed all’intero mappale escludono la sussistenza dei predetti dubbi.

3.4 In proposito, come ancora di recente evidenziato dalla sezione (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 4 novembre 2020, n. 6794), non si può invero ritenere che l’ambito oggettivo di estensione del vincolo debba ricavarsi esclusivamente dalla sua motivazione. Ciò in quanto in sede di motivazione, l’Amministrazione può limitarsi a menzionare, anche a titolo esemplificativo, soltanto alcuni degli elementi caratteristici da cui può desumersi il particolare valore storico-artistico del relativo immobile, inteso nel suo insieme.

3.5 Nel caso di specie, se per un verso i decreti di vincolo fanno riferimento al palazzo nella sua interezza nonché all’intero mappale 2, per un altro e concorrente verso il contesto interessato, comprensivo dell’area (non a caso pertinenziale al palazzo) in questione, appare unitario, con conseguente coerente riferimento all’intero mappale.

3.6 Né va taciuto che il provvedimento impugnato in prime cure è un diniego ad una istanza di autorizzazione ex art. 21 d.lgs. 42 cit., presentata dalla stessa società odierna appellata, quindi nella presumibile consapevolezza della sussistenza del vincolo.

3.7 In tale contesto, lo stesso DM 13 agosto 1947 (ancorché per mero errore materiale indichi il mappale n. 5, che riguarda altro immobile, anziché il n. 2) ha identificato esattamente i confini del bene vincolato, nell’estensione comprensiva dell’area pertinenziale in questione; né il riferimento specifico alle peculiarità della facciata possono portare a ritenere il vincolo, chiaramente esteso a tutta l’area, limitata alla facciata.

Invero, tale riferimento si giustifica con l’ulteriore specifica rilevanza della facciata, inserita comunque sempre nel contesto globale del palazzo e delle relative pertinenze.

Come chiarito dalla sezione nel precedente recente sopra richiamato, il fatto che la motivazione del decreto impositivo del vincolo faccia specifico e prevalente riferimento ad alcune caratteristiche esterne dell'edificio, non è di per sé sufficiente per ritenere che il vincolo sia circoscritto alle sole parti ivi indicate. Anzi, la specificazione, oltre a rafforzare la motivazione del valore del bene, costituisce una ragione ulteriore della necessità di garantire un contesto di tutela adeguato anche alle singole peculiarità del bene.

3.8 D’altronde, ciò trova piena e coerente conferma nella motivazione posta a base del diniego impugnato, in cui si dettano elementi direttamente connessi al vincolo rettamente inteso. Nell’ambito del provvedimento conclusivo la p.a. ha dato compiuta dimostrazione dell'iter logico seguito, evidenziando il rilevato contrasto dell'intervento sottoposto alla sua autorizzazione rispetto ai valori culturali oggetto di tutela: “ ...La proposta progettuale consiste nella totale trasformazione dello scoperto di pertinenza di Palazzo Martinengo, resto dell'antico giardino e del brolo (così come documentati già a partire dal 1782 nella pianta del Valle), prevedendo la demolizione di tutte le strutture esistenti e la contestuale costruzione di un nuovo edificio a corte di tre piani fuori terra e due livelli interrati che, per caratteristiche dimensionali, costruttive, materiche e tipo-morfologiche indurrebbe nell'ambito tutelato una alterazione tale da incidere sui rapporti di continuità prospettica con l'edilizia storica contigua e compromettere- in modo irreversibile i valori culturali da esso veicolati. il nuovo edificio, che va ad insistere su un sedime sottoposto alle disposizioni di tutela disposte dalla Parte lI del D.Lgs. 4212004 nella sua interezza proprio perché pertinenziale e, pertanto, strettamente e indissolubilmente correlato alla prestigiosa fabbrica monumentale, non solo andrebbe ad alterare irrimediabilmente l'assetto compositivo e la consistenza spaziale e prospettica dell'ambito tutelato, ma, prevedendo la saturazione dell'area mediante il ricorso ad una tipologia 'a corte' del tutto estranea al contesto, andrebbe a contraddire la stessa logica insediativa su cui si incardina l'impianto morfologica del tessuto urbano storico…..In virtù di queste considerazioni, appare pertanto in tutta evidenza come l'operazione di saturare la quinta edilizia lungo via Moro, andando a riempire il vuoto prospettico attualmente in essere, sia non solo immotivata e poco sostenibile per ciò che attiene agli aspetti compositivi, ma soprattutto sia errata dal punto di vista culturale perché restituisce una lettura scorretta e fuorviante dei rigorosi processi che hanno governato la nascita, l'espansione e la costruzione stessa della città storica. Si ravvisa, inoltre, come la realizzazione del nuovo edificio preveda, insieme alla rimozione delle strutture precarie che nel tempo sono state realizzate all'interno del lotto a saturazione del giardino e del brolo settecenteschi, la totale demolizione della barchessa ancora esistente lungo il margine meridionale.”

4. La fondatezza dell’appello erariale, in relazione ai motivi dedotti avverso il presupposto fondativo della decisione di prime cure, impone di passare all’esame dei motivi di prime cure, non esaminati dal Tar e riproposti nella presente sede ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 101 comma 2 cit.

4.1 Preliminarmente, va peraltro evidenziato come, una volta riconosciuto che l’area in questione rientra nel vincolo diretto, perdono di rilevanza i motivi di prime cure basati sulla contestazione dell’estensione della valutazione oltre il perimetro evocato (in particolare i motivi nn. 3 e 6).

4.2 Possono poi essere congiuntamente esaminati i motivi nn. 2 e 5, tesi a contestare la incongruità della valutazione con la situazione di fatto dell’area.

4.2.1 Entrambe le censure sono infondate sotto tutti i profili invocati. Infatti, dall’analisi degli atti del procedimento e della articolata motivazione del diniego conclusivo, emerge come l’amministrazione abbia valutato espressamente ed approfonditamente proprio il contesto attuale, in termini che, oltre ad apparire coerenti allo stato dei luoghi, risultano del tutto ragionevoli, ponendosi quindi la relativa contestazione al di là dei limiti di sindacato del presente giudizio di legittimità.

4.2.2 In proposito, nel diniego impugnato vanno evidenziati i seguenti chiari ed approfonditi passaggi: “La circostanziata disamina prodotta dagli osservanti in merito alla storia edilizia delle strutture e dei manufatti che, nel corso del tempo, hanno portato alla saturazione dello scoperto di pertinenza di Palazzo Martinengo non fa che ribadire quanta dette strutture, di carattere precario e persino collabente, siano in contrasto con le esigenze di decoro e di conservazione che la natura del vincolo monumentale esistente imporrebbe in un ambito di siffatto pregio architettonico e urbanistico; è, tuttavia altrettanto evidente che, in ragione delle esigenze di tutela espresse dagli artt. 3 e 29 del D.Lgs. 42/2004, l'auspicata demolizione di tali incongrui manufatti dovrebbe avvenire nell'ottica di dar corso ad un rigoroso restauro di liberazione volta a facilitare la lettura storico-critica dell'impianto originario attraverso il recupero dell'assetto morfologico e percettivo dell'ambito pertinenziale, che, di contra verrebbe irrimediabilmente compromesso e obliterato dalla contestuale costruzione di un fabbricato di tre piani le cui dimensioni, forma e volumetria andrebbero a sovrapporsi al tessuto storico, negandone irreversibilmente relazioni e rimandi prospettici. Giova a tal proposito citare i principi sanciti dalla Carta ltaliana del Restauro (Circolare del Ministero della Pubblica Istruzione n. 117 del 6 aprile 1972), che nell' Allegato D recita: «gli interventi di restauro nei Centri Storici hanno il fine di garantire - con mezzi e strumenti ordinari e straordinari - il permanere nel tempo dei valori che caratterizzano questi complessi. II restauro non va, pertanto, limitato ad operazioni intese a conservare solo i caratteri formali di singole architetture o di singoli ambienti, ma esteso alla sostanziale conservazione delle caratteristiche d'insieme dell'intero organismo urbanistico e di tutti gli elementi che concorrono a definire dette caratteristiche». L'importanza e la specificità dell'area di intervento rispetto al Palazzo Martinengo apparivano tali che, sebbene l'ambito fosse in parte già saturato, già con il provvedimento dichiarativo del 25-07-1941 si e inteso sottoporre a tutela l'intero mappale n. 2 del foglio IX, sez. F, legandone indissolubilmente l'estensione al fabbricato padronale, tanto che il successivo Decreta Ministeriale del 13-08-1947, cosi ne descrive Ia consistenza (nel frattempo trasformato nel mappale 5 del foglio IX Sez. F): «Palazzo Martinengo sito in Provincia di Padova Comune di Padova al n. 29 di Jlia Euganea segnato in catasto al N. mapp. 5 Foglio IX sez F (Padova) di proprietà degli Eredi di Ernesta Segre ved. Da Zara [...] confinante a nord con via Euganea; a est proprietà Dalla Costa A/do-Fortunato,· a sud Caserma di S.Agostino; a ovest proprietà della ditta suddetta, perché edificio con facciata. della fine del secolo XV (pentafora ad archi rotondi, monofore sormontate da medaglioni rappresentanti personaggi romani)»; tale accurata descrizione stabilisce in maniera incontrovertibile che lo scoperto di pertinenza del palazzo non potesse in alcun modo essere scisso dalla fabbrica monumentale, identificata e descritta come da prassi nei caratteri peculiari della facciata, e che, pertanto, !'area di intervento insiste interamente all'interno del sedime sottoposto aile disposizioni della II Parte del D.Lgs. 42/2004 per effetto dei provvedimenti dichiarativi citati. Ne appare rilevante la constatazione degli osservanti in merito al fatto che la Soprintendenza nel tempo abbia rilasciato provvedimenti attraverso i quali si sia preso atto della progressiva saturazione che ha interessato detto ambito di pertinenza, visto che la stessa era in corso anche in fase con l'emanazione dei provvedimenti dichiarativi del1941 e del 1947 senza che questa influisse sulla definizione del perimetro di sussistenza del particolare interesse culturale del monumento; peraltro irrilevanti paiono i riferimenti ad altri provvedimenti autorizzativi e/o di sanatoria eventualmente riferiti a casi distinti e autonomi rispetto al presente”.

4.2.3 Il necessario richiamo integrale a questa parte della approfondita motivazione ne evidenzia la piena impermeabilità alle censure dedotte.

Invero, proprio la attenta ed ampia disamina svolta evidenzia come la soprintendenza abbia correttamente esaminato lo stato effettivo dei luoghi, dettando anche specifiche indicazioni su eventuali modalità alternative di recupero dei manufatti di cui all’area interessata (cfr. la parte sottolineata); con ciò andando nella direzione di quella amministrazione partecipata e coerente ai principi di efficienza e di necessaria valutazione degli interessi azionati dal privato, propri di una moderna amministrazione di tutela.

4.3 Per ciò che concerne il quarto motivo di prime cure, relativo alla presunta incongruenza della motivazione rispetto al presupposto vincolistico in essa richiamato ed al malcelato tentativo di far valere con il diniego una sorta di vincolo implicito su altre aree, se a quest’ultimo proposito vanno richiamate le considerazioni svolte circa l’effettiva estensione del vincolo diretto, comprensivo dell’area in questione, la motivazione sopra richiamata evidenzia, nei predetti limiti di sindacato, la coerenza e la congruenza della valutazione svolta nel caso de quo dalla soprintendenza, rispetto alle parimenti evidenziate esigenze di tutela dell’intero compendio soggetto a vincolo. Né l’amministrazione risulta aver sforato alcuna valutazione di carattere meramente edilizio, avendo contestualizzato tutta la propria valutazione con riferimento agli obiettivi di tutela culturale perseguiti con il vincolo e compiutamente richiamati nel diniego alla richiesta autorizzazione.

4.4 Infine, parimenti infondato è il settimo motivo, di carattere procedurale.

Invero, i moduli procedimentali invocati riguardano gli ambiti di competenza comunale. Nel caso di specie, invece, la stessa società proprietaria ha formulato la domanda di autorizzazione ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 21 cit., esaminata direttamente dalla Soprintendenza quale unica titolare della competenza in materia di vincoli storico artistici. A conferma di ciò, per l’esame delle domande in materia il successivo art 22 detta uno specifico iter procedimentale, che nel caso di specie risulta essere stato compiutamente seguito dall’amministrazione odierna appellante. Né, a fronte della motivata ed adeguata valutazione negativa svolta dall’amministrazione, l’eventuale ricorso allo strumento generale della conferenza di servizi avrebbe nella specie portato ad esiti diversi.

5. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello è fondato e va pertanto accolto; per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.

Sussistono giusti motivi, a fronte della complessità in fatto della ampia documentazione prodotta e della natura del contesto interessato, per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2021 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Hadrian Simonetti, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere, Estensore