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APPUNTI SULLA FIGURA DELL’ISPETTORE AMBIENTALE.
di Cristiano Bruno, dottore in giurisprudenza, Ufficio Contenzioso Polizia Locale di Treviso.

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1 - L’ispettore ambientale è un pubblico ufficiale? Fuorviante accostamento alla figura dell’ausiliare del traffico nell’ambito di una rigorosa ricerca di una soluzione al quesito.

Si diffonde sempre più la tendenza da parte di enti locali (in particolare, Comuni e loro Consorzi) di istituire corpi con finalità di controllo sull’osservanza di norme sanzionate in via amministrativa in materie fortemente specializzate[1].

Il modello preso a riferimento, in modo più o meno consapevole, per la creazione di tali organi, è spesso quello degli ausiliari del traffico di cui alla L. c.d. Bassani bis n. 127 del 1997.

Fonti talvolta autorevoli[2] individuano, anzi, in modo esplicito nella figura degli ausiliari del traffico il prototipo dei controllori “di nuova generazione”, tra cui il soggetto del cui profilo ci si vuole in questa sede occupare: il c.d. ispettore ambientale.

E’ pienamente legittimo un accostamento siffatto tra le due figure? Il quesito è suscettibile di tradursi nel seguente interrogativo fondamentale: possono gli ispettori ambientali, alla stregua degli ausiliari del traffico, considerarsi pubblici ufficiali dotati di propri ed autonomi poteri di accertamento, redazione e contestazione dei verbali?

Una rigorosa impostazione del problema mette in luce che tra gli ausiliari del traffico e gli ispettori ambientali non vi è alcuna diretta discendenza.

Sotto un certo punto di vista, l’ausiliare del traffico, in quanto figura oggi tipizzata dal legislatore, è infatti la negazione della possibile esistenza di soggetti che, al contrario, sono privi di una specifica legge istitutiva[3].

Neppure è lecito sostenere, come talora impropriamente si dice, che il ruolo dell’ispettore ambientale trovi giustificazione normativa nell’articolo 13 della L. 689/1981.

Quand’anche sia certamente esatto ritenere che gli “organi addetti al controllo” di cui al precitato articolo costituiscono una categoria aperta nella quale possono riconoscersi anche figure di nuovo conio, resta insoluto, all’evidenza, il problema di risalire alla norma (o al principio) che legittima l’istituzione di tali soggetti.

Si ribadisce che l’articolo 13 della L. 689/1981 non è la norma che legittima la creazione di nuove figure ispettive, ma è, in modo assai più limitato, una disposizione tesa a disciplinare e regolare i poteri degli organi deputati all’accertamento degli illeciti amministrativi: una norma, in sostanza, che, per l’individuazione delle categorie di organi addetti al controllo, non può che rinviare implicitamente ad altre norme o principi.

Quanto sopra chiarito, tra l’ausiliare del traffico e l’ispettore ambientale corre una differenza di natura considerevole, che preme da subito sottolineare.

Infatti, mentre al primo è assegnata una funzione di vigilanza in un ambito di competenza prettamente statale, vale a dire in materia di polizia stradale (materia attinente all’ordine pubblico e alla sicurezza), l’ispettore ambientale svolge funzioni di controllo in una materia invece di competenza locale: la tutela del territorio e la gestione dei rifiuti.

Il terreno elettivo in cui ausiliari del traffico e ispettori ambientali esercitano le funzioni loro proprie segnala il diverso fondamento e la diversa origine dei rispettivi poteri, come in seguito verrà meglio evidenziato.

Per ora interessa avvertire che l’accostamento della figura degli ispettori ambientali a quella degli ausiliari del traffico fa sorgere immediati dubbi e difficoltà, soprattutto allorché ci si interroga sulla natura e sui poteri di accertamento dei primi.

Tornando, dunque, al quesito di partenza: sono, dunque, gli ispettori ambientali pubblici ufficiali, così come si tende ad ammettere con riferimento agli ausiliari del traffico?

Richiamata nuovamente all’attenzione la circostanza che i poteri e le competenze degli ausiliari del traffico sono regolamentati dalla legge, è utile rammentare che gli stessi venivano e impiegati ed operavano già in epoca anteriore alla legge Bassanini bis.

Gli odierni ispettori ambientali, privi come sono di una disciplina di riferimento, dunque, apparirebbero simili più agli addetti alla sosta operanti prima della legge sopra citata che alle attuali figure sorte ex art. 17, commi 132 e 133 L.127/1997.

Occorre però altresì ricordare che la giurisprudenza antecedente alla legge n. 127/1997 attribuiva agli ausiliari del traffico solo una limitata (e giuridicamente debole, dal punto di vista probatorio) facoltà di segnalazione degli illeciti agli organi competenti, ponendo tali operatori press’a poco sullo stesso piano di qualsiasi privato cittadino dallo spirito volenteroso e collaborativo.[4]

Neppure si revocava in dubbio che gli stessi soggetti non avessero alcuna competenza in punto di contestazione degli illeciti e redazione dei verbali ai sensi di cui all’articolo 2700 c.c.

E’ davvero a questo tipo di figura, antecedente alle innovazioni introdotte con la Bassanini bis, che si vuole assimilare l’ispettore ambientale?

Non v’è chi non veda che una soluzione siffatta, da un punto di vista funzionale e organizzativo, sarebbe poco utile e poco soddisfacente per l’ente che decida di istituire il profilo professionale in esame.

Vale dunque la pena di accantonare il parallelo poco proficuo (ai fini che interessano) tra l’ispettore ambientale e l’ausiliare del traffico, virando in un’altra direzione.

2- Alla ricerca del fondamento normativo della figura: spunti dalla decisione della Corte costituzionale n. 28 del 12 febbraio 1996.

L’irrintracciabilità di una norma che disciplini espressamente funzioni e compiti dell’ispettore ambientale pone la questione di stabilire in che modo sia possibile altrimenti attribuire alla figura in esame dignità di pubblico ufficiale, con conseguenti autonomi poteri di accertamento e contestazione dei verbali ex artt. 13 e 14 L. 689/1981.

A tal fine, trattandosi di una di una figura di emanazione degli enti locali, sarà importante ed anzi decisivo stabilire se le funzioni affidate al tale soggetto rientrino o meno nella titolarità (o quantomeno nella sfera di competenza delegata) delle pubbliche amministrazioni di riferimento.

E’ doveroso, dunque, partire dalla considerazione che la materia della tutela del territorio e le funzioni relative alle fasi di gestione, raccolta e smaltimento dei rifiuti appartengono alla competenza degli enti locali (Comuni, Province, loro Consorzi etc…).

Nella misura in cui tali materie e/o funzioni possano dirsi proprie di questi enti, si potrà conseguentemente riconoscere in capo agli stessi la possibilità di creare apposite figure di controllo specializzate

L’affermazione di cui sopra è il risultato del percorso logico-argomentativo che, di seguito, ci si propone, come meglio saremo capaci, di descrivere.

Stante la complessità delle tematiche trattate, ci si appoggerà, soprattutto, all’autorevolezza delle riflessioni esposte dalla Corte costituzionale, in particolare, nella sentenza n. 28 del 12.02.1996, che appare in grado di fornire - come si vedrà - un’utile traccia di ragionamento.

Con tale sentenza, dunque, la Consulta si preoccupava di censire il problema relativo alla costituzionalità delle norme degli articoli 4,5,e 6 della legge regionale 29.01.1987 dell’Emilia Romagna (applicazione di sanzione amministrativa a carico dei viaggiatori dei servizi pubblici di linea sprovvisti di valido documento di viaggio) secondo le quali il direttore dell’Azienda trasporti consorziali, nella cui sfera di attività avviene l’infrazione, riceve il rapporto ed emette l’atto che irroga la sanzione amministrativa (i cui proventi sono poi devoluti alla medesima azienda speciale).

Quanto sopra veniva sottoposto al sindacato della Consulta sotto il profilo del principio di ragionevolezza e di imparzialità amministrativa (articoli 3 e 97 Cost.), nonché alla stregua della ripartizione costituzionale all’epoca vigente delle competenze statali, regionali e locali.

Con tale decisione, la Corte respingeva le censure di imparzialità del sistema sanzionatorio configurato dalla normativa regionale suddetta, sulla base dei seguenti (ed anche per noi, in questa sede) fondamentali rilievi:

1) La legge 689/1981 assurge a normativa fondamentale e di principio in materia di sanzioni amministrative. Dal sistema in essa delineato ed in particolare dall’articolo 17 della legge citata (inerente all’individuazione dell’autorità competente a ricevere il rapporto e ad emettere l’ordinanza ingiunzione di cui al successivo articolo 18), deriva che la potestà sanzionatrice è, di norma, conferita alle medesime autorità cui sono affidate funzioni legislative o amministrative.

2) Infatti, la legge 689/1981 “deve intendersi alla luce del principio, numerose volte affermato anche nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale la competenza sanzionatrice non attiene a una materia a sé, ma accede alle materie sostanziali rispetto alle quali svolge una funzione rafforzatrice dei precetti stabiliti dal legislatore (sent. n. 115 del 1995; sent. n. 60 del 1993; sent. n. 401 del 1992; sent. n. 123 del 1992; sent. n. 365 del 1991; sent. n. 1034 del 1988 e sent. n. 740del 1988)”. Come dire che la competenza sanzionatrice rappresenta un’aspetto strumentale della funzione di amministrazione attiva.

3) Pertanto, “è nella logica della “depenalizzazione” operata con la legge n. 689 del 1981 che le sanzioni amministrative, un tempo di natura penale e quindi di competenza dell’autorità giudiziaria, essa sì collocata in posizione disinteressata di “terzietà”, siano oggi di competenza dell’autorità amministrativa alla quale, per definizione, non è estraneo l’interesse al rafforzamento, tramite l’applicazione delle sanzioni, delle prescrizioni alla cui osservanza essa è preposta”.

A questo punto, se la potestà sanzionatrice accede alle funzioni primarie di amministrazione attiva, in quanto strumentale al rafforzamento di dette funzioni, allo stesso modo (e a fortiori) pare possibile sostenere che anche la funzione di vigilanza e il connesso potere di accertamento (che della prima costituisce l’aspetto applicativo) presentino una stretta correlazione con le materie sostanziali cui si riferiscono.

Tanto più che il potere di accertamento è legato da un nesso di strumentalità necessaria all’esercizio della potestà sanzionatrice.

Dire, quindi, che la potestà sanzionatrice e il potere di accertamento spettano in via accessoria all’ente cui appartiene (in proprio o in via delegata) la funzione di amministrazione attiva, significa ammettere poi che, di norma, non occorre alcuna previsione di legge che conferisca tali funzioni e poteri all’ente medesimo.

2.1 L’ispettore ambientale quale organo dell’ente locale

Da quanto sopra discende un’ulteriore importante sviluppo: se gli enti locali sono, di norma, titolari (nelle materie di competenza) di funzioni di vigilanza e corollari poteri di accertamento, può allora sostenersi che appartenga alla sfera della loro potestà regolamentare, ex art. 117, comma 6 Cost., statuire in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento di dette funzioni e poteri.

Si rinviene, a questo modo, nella potestà regolamentare degli enti locali il fondamento normativo della figura dell’ispettore ambientale, quale organo strumentale cui i medesimi enti possono dar vita nell’ambito della disciplina dell’organizzazione di quelle funzioni di vigilanza accessorie alle funzioni primarie, di amministrazione attiva, demandate alla loro cura.

Tale conclusione non pare potersi revocare in dubbio, ove si consideri lo stesso significato semantico del termine “organizzare”, che rinvia direttamente alla creazione ed emanazione di organi per lo svolgimento di compiti e funzioni.

E pare, inoltre, trovare un’indiretta conferma nelle parole della Corte costituzionale sopra citata, secondo cui “le ragioni generali che giustificano l’unione della competenza sanzionatrice a quella amministrativa cui la prima accede” comportano altresì “l’opportunità di non gravare su altre autorità amministrative, accollando loro una attività certamente onerosa sul piano organizzativo e, data la separazione dalle funzioni amministrative primarie, non facilmente raccordabile con esse”.

3- Conseguente accreditamento della qualifica di pubblico ufficiale

Alla luce dei risultati sopra raggiunti, può darsi certamente risposta positiva all’interrogativo inizialmente postoci, relativo alla attribuibilità della veste di pubblico ufficiale alla figura dell’ispettore ambientale.

Tale soggetto, all’evidenza, svolge le funzioni pubbliche di vigilanza e di accertamento proprie dell’ente da cui dipende.

Di talché, lo svolgimento di tali pubbliche funzioni giustifica pienamente, anche alla stregua della nozione di cui all’art. 357 del codice penale, le tesi di coloro che accreditano a tale figura la qualifica di pubblico ufficiale[5].

4- Conclusioni.

Per terminare questi brevi appunti così come si è iniziato, è ora possibile mettere in evidenza, in modo quantomeno sommario, differenze e analogie tra gli ausiliari del traffico e gli ispettori ambientali.

Orbene, la figura degli ispettori ambientali presenta spesso analogie strutturali con quella degli ausiliari: in entrambi i casi, si tratta di soggetti impiegati al servizio dei Comuni in ambiti di controllo altamente specializzati.

Tuttavia, gli ausiliari del traffico non svolgono, a differenza degli ispettori ambientali, funzioni in materia di competenza degli enti locali, bensì operano su un terreno riservato alla competenza dello Stato, in quanto attinente alla materia della polizia stradale.

Riallacciandoci a quanto già sopra accennato, sarebbe stato assai dubbio che, in materia riservata allo Stato, i Comuni avessero potuto, con propria autonoma iniziativa, svincolata da qualsiasi delega legislativa, istituire organi preposti alla contestazione di illeciti sanzionati dal codice stradale.

Occorreva, per questo, una esplicita autorizzazione legislativa, quale quella di cui alla precitata legge Bassanini bis.

A differenza degli ausiliari, dunque, gli ispettori ambientali debbono la loro esistenza (e la loro qualifica) direttamente alla potestà regolamentare propria degli enti locali in materia di organizzazione delle funzioni di cui gli stessi sono titolari in via principale o delegata.

E ci pare, questa, differenza di non poco momento.



[1] Nel Comune di Roma, il fenomeno ha dato vita alle proteste del Comandante della Polizia Locale, che ha pubblicamente lamentato la proliferazione di corpi paralleli e con competenze sovrapposte a quelle proprie della polizia municipale (v. articolo apparso su “il Giornale” n. 194 del 18.08.2006)

[2] Francesco Vergine, Comandante della Polizia Locale di Venezia, nella Relazione al Convegno nazionale di Polizia Locale di Riccione del 14-17 settembre, p. 2, ravvisa nella figura dell’ausiliare del traffico “un precedente legislativo importante”, non senza, però, mettere esattamente in rilievo che il soggetto opera “in un settore diverso” e mostrando - nel prosieguo della sua articolata disamina - di voler adoperare il raffronto in termini solo superficiali e descrittivi, come spunto per altri ragionamenti.

[3] Se ne avvede F. Vergine, op. cit., p. 10.

[4] Secondo Cassazione Sez. III, sent. n. 11949 del 25 Ottobre 1999, relativa ad un caso antecedente all’entrata in vigore della legge n. 127/1997: “La legittimità dell'accertamento di una violazione al codice della strada contestata al trasgressore dal competente comando dei Vigili Urbani non è in alcun modo inficiata dalla eventuale collaborazione prestata, in sede di rilevazione e segnalazione della violazione stessa, dai cd. "ausiliari del traffico", i quali, senza essere investiti di funzioni di polizia, operano in funzione di mera collaborazione con l'autorità municipale. Nè risulta a ciò di ostacolo il disposto, "in parte qua", della l. n. 689 del 1981, ben potendo i verbali dei pubblici ufficiali attingere il loro contenuto da segnalazioni e denunce effettuate da privati cittadini, pur senza fare, in tal caso, fede fino a querela di falso, ex art. 2700 c.c.

[5] Si da atto della spettanza all’ispettore ambientale della qualifica di pubblico ufficiale nella Bozza del Protocollo d’Intesa tra ANCI e FEDERAMBIENTE del 07.05.04, all’articolo 2 comma 2 lett. b). Per l’attribuzione della qualifica di pubblico ufficiale è altresì F. Vergine, op. cit. p. 12 ss. che risale alle medesime conclusioni attraverso un’interpretazione dell’art. 357 c.p. L’Autore mette altresì opportunamente in luce che non è sufficiente un qualunque provvedimento amministrativo per il conferimento dei poteri di accertamento e contestazione degli illeciti (alludendo probabilmente ai decreti di nomina del Sindaco), ma occorre quanto meno un atto di natura regolamentare.