Consiglio di Stato Sez. II n. 3257 del 9 aprile 2024
Rifiuti.Custode giudiziario ed obblighi di rimozione

La responsabilità alla rimozione dei rifiuti grava sul custode giudiziario di immobile sottoposto a pignoramento immobiliare, quando all’interno dell’immobile pignorato si trovino rifiuti da inviare a smaltimento; la circostanza che il custode giudiziario non assuma formalmente la custodia di tali rifiuti, oltre che essere indifferente ai fini della consumazione dell’illecito, contribuisce, semmai, ad aggravare la posizione del custode dell’immobile pignorato, che in tal modo assume un atteggiamento di dichiarato e voluto disinteresse verso i rifiuti, che per questo divengono “abbandonati” e “incontrollati”. 

Pubblicato il 09/04/2024

N. 03257/2024REG.PROV.COLL.

N. 04743/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4743 del 2019, proposto da
-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Gratteri, Franco Modena, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Tavarnelle Val di Pesa, non costituito in giudizio;
Comune di Barberino Tavarnelle, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fausto Falorni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 18;

nei confronti

-OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Fabrizio Niccoli, Edoardo Burelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 01604/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- e di -OMISSIS- e di Comune di Barberino Tavarnelle;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 10 gennaio 2024 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati Modena Franco e Falorni Fausto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Oggetto del presente giudizio è l'ordinanza n. 4 del 16/5/2018 con cui il Sindaco del Comune di Tavarnelle Val di Pesa ha ordinato all'-OMISSIS- S.r.l., in solido con i proprietari, signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, “la rimozione, l'avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti presenti all'interno e nelle pertinenze dell'immobile adibito a capannone sito in Via Signorelli 11/14 – Loc. Sambuca a Tavarnelle Val di Pesa, e il conseguente ripristino dello stato dei luoghi, inclusa l'effettuazione delle verifiche atte a comprovare le condizioni di integrità ambientale del sito che ha ospitato l'attività”, entro 180 dalla notifica del provvedimento.

2. L’immobile in questione era, ed è ancora, di proprietà del sig. Gioilli, ma era utilizzato dalla di lui moglie, signora -OMISSIS-, per lo svolgimento dell’attività di “pulimentatura e argentatura di metalli preziosi e comuni”, che richiedeva trattamenti galvanici con utilizzo di liquidi tossici.

3. In data 17.4.2007, nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare promossa nei confronti del sig. -OMISSIS-, l’immobile veniva sottoposto a pignoramento immobiliare e dato in custodia all’-OMISSIS- S.r.l. in persona del Sig. Camillo -OMISSIS-: l’effettiva consegna dell’immobile al sig. -OMISSIS- avveniva, tramite consegna delle chiavi, il 6.2.2009: in tale occasione la signora -OMISSIS-, presente alla consegna, dichiarava a verbale che lasciava in loco beni e attrezzature varie di proprietà della società, precisando che la “pi” si era fatta “carico dello sgombero totale, compreso liquidi nocivi ivi lasciati”

4. Due anni dopo, a seguito di una segnalazione, l’ARPAT e la Polizia Municipale effettuavano un sopralluogo, constatando che i beni aziendali erano ancora tutti presenti in loco, ivi compresi i contenitori contenenti rifiuti tossici. L’ARPAT, pertanto, trasmetteva all’Amministrazione comunale il rapporto chiedendo l’emissione di un’ordinanza ex art. 192 del D. L.vo 152/2006, “al fine di imporre al soggetto detentore dell’immobile la rimozione e lo smaltimento di tutti i materiali di rifiuto”.

5. Con nota in data 11.5.2012. prot. n. 4359, il Responsabile del Servizio Assetto del Territorio – U.O. Ambiente del Comune di Tavarnelle Val di Pesa, comunicava alla Nuova Galvanica di -OMISSIS-

Adriana ed all’ISVEG “l’avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e 8 della L. 241/90 ... volto all’emissione di ordinanza per la rimozione, l’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed il ripristino dello stato dei luoghi secondo quanto previsto dall’art. 192, comma 3, del D.Lgs. 152/2006 e all’effettuazione delleeventuali verifiche atte a comprovare le condizioni di integrità ambientale del sito che ha ospitato l’attività”.

6. La signora -OMISSIS- con sentenza del 20 novembre 2014 veniva assolta dalla imputazione, ex art. 256, comma 2, del D. L.vo 152/2006, di “avere nella sua qualità di titolare della società Nuova Galvanica, abbandonato rifiuti pericolosi e non, in violazione dell’art. 192 D.l.vo 152/06”.

7. In data 23.10.2014 il Giudice dell’Esecuzione disponeva l'estinzione della procedura esecutiva, per intervenuta rinuncia di tutti i creditori, con la conseguente cancellazione della trascrizione del pignoramento e la reimmissione dell'immobile nel possesso del debitore esecutato e cioè del Sig.

-OMISSIS-.

8. A seguito di sopralluogo dell’ARPAT, eseguito il 3 agosto 2016, il Comune, ritenuta integrata la violazione del divieto di abbandono di rifiuti da parte della signora -OMISSIS- in qualità di produttore dei rifiuti, del sig. -OMISSIS- in qualità di proprietario, e da parte dell’-OMISSIS-, in qualità di detentore dei rifiuti durante tutto il periodo della custodia giudiziaria, ordinava a tutti e tre la rimozione, l’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti presenti all’interno e nelle pertinenze dell’immobile.

9. L’ordinanza veniva impugnata, con distinti ricorsi, sia dall’-OMISSIS-che dai signori -OMISSIS- e -OMISSIS-.

10. Riuniti i due ricorsi, con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana ha respinto il ricorso proposto da -OMISSIS-e ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dai signori -OMISSIS- e -OMISSIS-.

11. Avverso tale decisione ha proposto appello l’IS.ve.G.; i signori -OMISSIS- e -OMISSIS- hanno proposto appello incidentale.

12. La causa è stata chiamata all’udienza straordinaria del 10 gennaio 2024, in occasione della quale è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

13. Con il primo motivo d’appello si deduce l’erroneità della appellata sentenza per violazione degli artt. 183 e 192 del D. L.vo 152/2006, laddove la stessa ha statuito che i resti di lavorazione depositati nel capannone – id est: i liquidi nocivi depositati all’interno di fusti utilizzati durante i trattamenti galvanici – sono diventati rifiuti, giuridicamente, dopo che l’-OMISSIS-aveva assunto la custodia dello stabile: tale affermazione è stata utilizzata dal TAR per respingere il primo motivo del ricorso di primo grado, a mezzo del quale -OMISSIS-aveva rilevato di non essere responsabile dell’abbandono dei rifiuti, conseguendo da ciò che da essa non poteva essere indirizzata l’ordinanza, a meno di violare il principio “chi inquina paga”.

13.1. A fondamento del proprio ragionamento il TAR ha osservato che “sulla base delle dichiarazioni MUD (ossia i registri di smaltimento rifiuti) della ditta Nuova Galvanica, sia per il 2008 che per tutti gli anni addietro, risultasse che la stessa eliminava regolarmente i propri rifiuti e dunque che al momento dello sfratto (06.02.2009) non erano presenti rifiuti (o quantomeno rifiuti da avviare allo smaltimento) all’interno della galvanica; si trattava, dunque, di materie prime o

sottoprodotti dell’attività produttiva necessari al ciclo di lavorazione tipico della galvanica, nonché parzialmente di materiali che ancora non dovevano essere smaltiti poiché riutilizzabili. Quindi, ad esempio, le acque di lavaggio residue, pur ancora non esauste, e dunque impiegabili nel ciclo produttivo, avrebbero potuto essere smaltite, nei termini di legge, allo scadere del primo trimestre 2009. Ed infatti, in base all’art. 183, comma 1, lett. bb) del D.lgs. 152/2006, il “deposito temporaneo”, ovvero il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, è consentito per la durata di tre mesi, in alcuni casi, ovvero per quella massima residuale di un anno. Ne consegue, dunque, che l’obbligo di maltimento dei fattori produttivi presenti nell’azienda al momento dell’esecuzione dello sfratto con apposizione dei sigilli è sorto in costanza di custodia giudiziale dell’azienda stessa…”.

13.2. Secondo l’-OMISSIS-la signora -OMISSIS- ha volontariamente abbandonato tutto quanto presente nello stabilimento, poi rinvenuto dall’ARPAT nel corso dei successivi sopralluoghi, e sarebbe in conseguenza di tale atteggiamento “abdicativo” della proprietà dei beni essi sarebbero automaticamente divenuti “rifiuto” ai sensi dell’art. 183, primo comma, lett. a) del D. L.vo 152/2006, secondo cui costituisce rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”; i rifiuti, quindi si erano venuti a configurare prima che -OMISSIS-ne assumesse la custodia.

14. Con il secondo motivo d’appello -OMISSIS-contesta, invece, la statuizioni del TAR secondo cui gravavano sulla appellante “obblighi di custodia dei fattori produttivi” che “facevano capo all’ISVEG che aveva la disponibilità materiale dell’immobile in questione.”.

14.1. Secondo l’appellante il TAR avrebbe frainteso il ruolo istituzionale di -OMISSIS-, che è solo quello di custodire beni pignorati: nella specie solo l’immobile era soggetto alla procedura esecutiva, e quindi alla custodia, unitamente ai relativi frutti civili, pertinenze e accessori. I beni lasciati nello stabile dalla signora -OMISSIS-, di contro, non erano oggetto della procedura esecutiva.

L’appellante ha anche osservato di essere tenuta all’osservanza delle direttive impartite dal giudice dell’esecuzione, che si limitano alla manutenzione ordinaria dell’immobile.

L’appellante ha anche richiamato sia la giurisprudenza che esclude che il curatore fallimentare debba rispondere degli obblighi incombenti sul fallito, in particolare obblighi attivi finalizzati alla bonifica da fattori inquinanti, sia la giurisprudenza che pone a carico del creditore procedente le spese immanenti alla realizzazione dello scopo proprio dell’esecuzione forzata, tra le quali possono annoverarsi le spese necessarie alle operazioni di smaltimento di rifiuti.

15. Con il terzo motivo d’appello è impugnato il capo della appellata sentenza in cui il TAR afferma che “il soggetto che in base al verbale di consegna del 6 febbraio 2009 ha assunto l’obbligo dello sgombero dell’immobile da tutte le attrezzature ivi presenti, compresi i liquidi nocivi, ed indicato con l’abbreviazione di “pi”, non può che essere la “parte istante”, che nella fase di immissione in possesso, è stata l’Istituto oggi ricorrente, atteso che la liberazione dell’immobile, come certifica il relativo verbale, è avvenuta “a richiesta dell’Avv. Francesco Gaviraghi procuratore domiciliatario di -OMISSIS- Camillo”, il quale operava in nome e per conto dell’ISVEG”.

15.1. Osserva l’Istituto appellante che il sig. -OMISSIS- aveva presenziato alla consegna in qualità di collaboratore esterno, quindi era privo di poteri di rappresentante dell’Ente come pure del potere di vincolarlo all’osservanza di obblighi; la partecipazione dell’avvocato Gaviraghi era, invece, in funzione di difesa della procedura, il quale - e non già l’-OMISSIS-– era stato autorizzato dal G.E. a procedere alle operazioni di sgombero e bonifica: le relative spese, infatti, sono state anticipate dal creditore procedente.

16. Con un quarto motivo d’appello l’Istituto appellante contesta la statuizione del TAR secondo cui l’inerzia dell’-OMISSIS-nel depositare la richiesta, al G.E., di autorizzazione alla bonifica, non vale a scriminare una condotta che è illecita in base all’art. 192 del D. L.vo 152/2006.; il TAR ha rilevato che l’appellante solo nel giugno 2012 ha depositato la prima istanza al G.E. finalizzata ad autorizzare la bonifica del sito, pertanto è evidente che l’-OMISSIS-è rimasto inerte per ben tre anni.

Secondo l’appellante, l’Istituto non aveva alcun obbligo di attivarsi, proprio perché esso non aveva la custodia di tali beni; pertanto la responsabilità dell’Istituto non può discendere dall’inerzia mantenuta.

17. I motivi d’appello possono essere esaminati congiuntamente.

17.1. Si deve premettere che è effettivamente fondato il rilievo dell’appellante secondo cui i residui di lavorazione dei trattamenti galvanici non si sono trasformati, giuridicamente, in rifiuto allo scadere del primo trimestre del 2009.

17.1.1. Come ha esattamente rilevato da ls.Ve.G., l’art. 183, comma 1, lett. a) del D. L.vo 152/2006, nella versione vigente alla data del 6 febbraio 2009 (data della consegna dell’immobile al custode giudiziario) definiva rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi”; l’allegato A alla parte quarta del Codice inseriva nell’elenco i “Residui di produzione o di consumo in appresso non specificati”, i “Residui di processi industriali (a esempio scorie, residui di distillazione, ecc.)”, i “Prodotti di cui il detentore non si serve più (a esempio articoli messi fra gli scarti dell'agricoltura, dalle famiglie, dagli uffici, dai negozi, dalle officine, ecc.)”.

17.1.2. Come risulta dal verbale di consegna dell’immobile, la signora -OMISSIS-, presente nella circostanza, dichiarava “di lasciare in loco beni e attrezzature varie di proprietà della società Jolli. Non avendo la possibilità di trasferirli altrove rinuncia espressamente, lasciandoli in loco, a tutti i beni ivi esistenti”. Va precisato che l’immobile era precedentemente sede della s.n.c. -OMISSIS-, di Pietro -OMISSIS- - soggetto sottoposto alla esecuzione immobiliare - la quale aveva ceduto in affitto alla signora -OMISSIS- l’azienda ma non l’immobile (tanto è precisato nella informativa di reato del 2 febbraio 2011 di ARPAT).

17.1.3. E’ evidente che con tale affermazione, comprendente “tutti i beni ivi esistenti”, la signora -OMISSIS- ha esteso la rinuncia, manifestando in tal senso una volontà abdicativa del diritto di proprietà, anche a tutti i beni aziendali di sua proprietà, tra i quali devono annoverarsi gli scarti di lavorazione (i quali, essendo beni consumabili, non potevano essere oggetto dell’affitto d’azienda).

17.1.4. Conseguentemente proprio con riferimento ai beni oggetto del provvedimento impugnato si può affermare che nel momento in cui l’immobile veniva consegnato al custode giudiziario, essi si trasformavano – giuridicamente – in rifiuti.

17.2. Quanto sopra, tuttavia, non determina il venir meno della responsabilità del soggetto custode giudiziario.

17.2.1. Vero è che, in via di fatto, il sig. -OMISSIS- e il legale nominato dal Giudice dell’Esecuzione per questo specifico incombente, hanno accettato di prendere in consegna l’immobile senza pretendere lo sgombero immediato dei rifiuti, che sono rimasti al suo interno: da quel momento i rifiuti sono divenuti inaccessibili a chiunque, eccetto che per il custode giudiziario, il quale, pertanto, ne è divenuto possessore: si rammenta, al proposito, che “il possesso è il potere sulla cosa, che si manifesta in una attività corrispondente all’esercizio della proprietà o altro diritto reale”, e il fatto di escludere chiunque altro dall’apprensione della cosa ben può ritenersi esplicitazione di una delle facoltà tipiche del diritto di proprietà (jus excludendi alios).

17.2.2. Si può, al limite, dubitare che nel caso di specie facesse difetto, in capo al custode giudiziale, l’animus possidendi, in ragione della convinzione che solo il Giudice dell’Esecuzione avesse la facoltà di disporre dei beni: ciò è desumibile dalla relazione del 4 marzo 2009 (doc. 3 di -OMISSIS-) che il legale della procedura, avvocato Gaviraghi, inoltrava al Giudice dell’Esecuzione, rappresentando la presenza dei rifiuti, segnalando la precaria situazione igienico-sanitaria dello stabile, dovuta alla presenza di solventi, nonché la necessità di smaltire dei silos contenenti rifiuti “non tossici ma comunque speciali”; si può quindi anche ammettere che al potere di fatto esercitato sui rifiuti, esercitato dal custode giudiziario, si accompagnasse la convinzione di detenerli per conto della procedura; questo, tuttavia, non cambia il fatto che il custode giudiziario deteneva il potere di fatto sui rifiuti medesimi e per tale ragione poteva essere chiamato a rispondere della violazione dell’art. 192 del D. L.vo 152/2006.

17.2.3. La circostanza che l’-OMISSIS-non abbia assunto formalmente un obbligo di custodia dei rifiuti medesimi, infatti, è irrilevante, ai fini dell’art. 192 del D. L.vo 152/2006, poiché la condotta sanzionata dalla norma è costituita dall’abbandono incontrollato di rifiuti senza ulteriori specificazioni, e quindi da parte di chiunque sia in posizione tale da poter evitare o prevenire l’abbandono.

17.2.4. Vale la pena richiamare il precedente di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 26 gennaio 2021, che ha affermato che anche il curatore fallimentare è soggetto passivo all’ordine di sgombero di rifiuti ai sensi dell’art. 192 D. l.vo 152/2006. Si legge in tale pronuncia, in particolare, che:

- “la responsabilità alla rimozione è connessa alla qualifica di detentore acquisita dal curatore fallimentare non in riferimento ai rifiuti (che sotto il profilo economico a seconda dei casi talvolta si possono considerare 'beni negativi'), ma in virtù della detenzione del bene immobile inquinato (normalmente un fondo già di proprietà dell'imprenditore) su cui i rifiuti insistono e che, per esigenze di tutela ambientale e di rispetto della normativa nazionale e comunitaria, devono essere smaltiti).”;

- “L'art. 3, par. 1 punto 6, della direttiva n. 2008/98/CE definisce, infatti, il detentore, in contrapposizione al produttore, come la persona fisica o giuridica che è in possesso dei rifiuti (rectius: dei beni immobili sui quali i rifiuti insistono).Non sono pertanto in materia rilevanti le nozioni nazionali sulla distinzione tra il possesso e la detenzione: ciò che conta è la disponibilità materiale dei beni, la titolarità di un titolo giuridico che consenta (o imponga) l'amministrazione di un patrimonio nel quale sono compresi i beni immobili inquinati.”;

- “Per le finalità perseguite dal diritto comunitario, quindi, è sufficiente distinguere il soggetto che ha prodotto i rifiuti dal soggetto che ne abbia materialmente acquisito la detenzione o la disponibilità giuridica, senza necessità di indagare sulla natura del titolo giuridico sottostante.”

- “Questa regola costituisce un'applicazione del principio "chi inquina paga" (v. il 'considerando' n. 1 della citata direttiva n. 2008/98/CE), nel cui ambito solo chi non è detentore dei rifiuti, come il proprietario incolpevole del terreno su cui gli stessi siano collocati, può, in definitiva, invocare la cd. 'esimente interna' prevista dall'art. 192, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006.”;

- “Né, in senso contrario, assumono rilievo le considerazioni, pur espresse dalla difesa, concernenti l'eventualità che il fallimento sia, in tutto o in parte, incapiente rispetto ai costi della bonifica. Si tratta invero di evenienze di mero fatto, peraltro configurabili anche in ipotesi riferibili a un imprenditore non fallito, o al proprietario del bene o alla stessa amministrazione comunale che, in dissesto o meno, non abbia disponibilità finanziarie adeguate. Ciò che rileva nella presente sede è l'affermazione dell'imputabilità al fallimento dell'obbligo di porre in essere le attività strumentali alla bonifica. In caso di mancanza di risorse, si attiveranno gli strumenti ordinari azionabili qualora il soggetto obbligato (fallito o meno, imprenditore o meno) non provveda per mancanza di idonee risorse. E il Comune, qualora intervenga direttamente esercitando le funzioni inerenti all'eliminazione del pericolo ambientale, potrà poi insinuare le spese sostenute per gli interventi nel fallimento, spese che godranno del privilegio speciale sull'area bonificata a termini dell'art. 253, comma 2, d.lgs. n. 152-2006.”.

17.2.5. Ritiene il Collegio che quanto affermato dalla richiamata pronuncia con riferimento al curatore fallimentare si attagli anche al custode giudiziario di immobile sottoposto a pignoramento immobiliare, quando, come nel caso di specie, all’interno dell’immobile pignorato si trovino rifiuti da inviare a smaltimento; la circostanza che il custode giudiziario non assuma formalmente la custodia di tali rifiuti, oltre che essere indifferente ai fini della consumazione dell’illecito in esame, contribuisce, semmai, ad aggravare la posizione del custode dell’immobile pignorato, che in tal modo assume un atteggiamento di dichiarato e voluto disinteresse verso i rifiuti, che per questo divengono “abbandonati” e “incontrollati”.

17.3. Le considerazioni sin qui svolte dimostrano la correttezza della decisione del primo giudice, che può essere confermata, sia pure con motivazione integrata.

17.4. In particolare risulta infondato il secondo motivo d’appello, e correlativamente risulta fondata la statuizione del TAR secondo cui in capo a Is.Ve.G faceva capo un obbligo di custodia dei rifiuti, in quanto detentrice: tale affermazione deve essere intesa nel senso che la situazione di detenzione esponeva l’appellante a rispondere dell’illecito previsto dall’art. 192 cit., e proprio per andare esente dalla responsabilità per abbandono incontrollato di rifiuti e-OMISSIS-avrebbe dovuto assumerne la custodia, attivandosi per gestire i rifiuti a norma di legge.

17.5. La statuizione di cui al paragrafo che precede è da sola sufficiente a giustificare la legittimità del provvedimento impugnato, nella parte in cui esso ordina anche a -OMISSIS-di provvedere alla rimozione dei rifiuti, avviandoli a recupero o smaltimento; per tale ragione tutti gli ulteriori motivi d’appello possono essere assorbiti, non sussistendo un concreto interesse dell’appellante alla relativa disamina.

18. L’appello principale va, conclusivamente respinto.

19. Va parimenti respinto l’appello incidentale svolto dai signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, avverso la statuizione di inammissibilità del ricorso da essi proposto in primo grado.

19.1. Tale statuizione di inammissibilità è stata determinata dalla constatazione che tale ricorso non stato notificato nei termini di rito a -OMISSIS-, che rivestiva la qualità di controinteressato, tenuto conto del fatto che i signori -OMISSIS- e -OMISSIS- ricorrevano precisamente per sentir acclarare la responsabilità esclusiva di Is.Ve.g.

19.2. Gli appellanti incidentali contestano la decisione del primo giudice deducendone l’erroneità per violazione e falsa applicazione degli art. 145 c.p.c. e 44 c.p.a., deducendo che la notifica del ricorso di primo grado a -OMISSIS-é stata tentata all’indirizzo di Firenze, Borgo Albizi n.26, trattandosi dell’unica sede legale esistente di Ivg srl come da visura Camera di Commercio, indirizzo indicato dalla medesima anche nella procura alle liti rilasciata al proprio difensore per presentare il ricorso di primo grado n. 906/2018.

19.3. Il punto è che nella relata di notifica in calce al ricorso, l’ufficiale giudiziario scrive “non ho potuto notificare perché …...Pandolfini mi dichiara che l’ISVEG da circa un anno si è trasferita in Poggio brocciolini 56 Firenze”: questa relata attesta che la notifica non è stata effettuata, cioè agli atti v’è la prova che -OMISSIS-non ha ricevuto il ricorso. Pertanto la notifica del ricorso andava tentata un’altra volta, allo stesso indirizzo o all’altro, ma doveva essere comunque effettuata, eventualmente chiedendo al primo giudice termine per rinnovarla.

19.4. In mancanza di tale notifica il ricorso dei signori -OMISSIS- e -OMISSIS- è stato correttamente dichiarato inammissibile, per mancata notifica al controinteressato.

19.5. L’appello incidentale va conseguentemente respinto.

20. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li respinge.

Condanna gli appellanti, in solido tra loro, al pagamento, in favore del Comune di Barberino Tavarnelle, delle spese relative al presente grado di giudizio, che si liquidano in €. 5.000,00 (cinquemila), oltre accessori, se per legge dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2024, celebrata in videoconferenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a., aggiunti dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia”, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:

Oreste Mario Caputo, Presidente FF

Raffaello Sestini, Consigliere

Giorgio Manca, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere

Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore