Consiglio di Stato Sez. IV n. 5911 del 15 dicembre 2017
Rifiuti.Deposito incontrollato e recinzione del fondo

L'obbligo di diligenza va valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, con la conseguenza che va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato; in tale ottica la mancata recinzione del fondo, con effetto contenitivo dubitabile, atteso che non sempre la presenza di una recinzione è di ostacolo allo sversamento dei rifiuti, non può comunque costituire di per sé prova della colpevolezza del proprietario, rappresentando la recinzione una facoltà e non un obbligo .


Pubblicato il 15/12/2017

N. 05911/2017REG.PROV.COLL.

N. 02316/2017 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2316 del 2017, proposto dalla Regione Calabria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Ferdinando Mazzacuva, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Morabito in Roma, via Matteo Boiardo;

contro

Comune di Simeri Crichi, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Aldo Aloi, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni Pasquale Mosca in Roma, corso D'Italia, 102;

nei confronti di

Amministrazione Provinciale di Catanzaro, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Roberta Chiarella, Federica Pallone, con domicilio eletto presso lo studio Vincenzo Annibale Larocca in Roma, via Ruffini 2/A;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la CALABRIA – Sede di CATANZARO- SEZIONE I n. 2506/2016.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Simeri Crichi e dell’ Amministrazione Provinciale di Catanzaro;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati Milana su delega di Mazzacuva, Mosca su delega di Aloi e Larocca su delega di Chiarella e Pallone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 2506 del 19 dicembre 2016 il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria – Sede di Catanzaro - ha respinto il ricorso proposto dalla parte odierna appellante Regione Calabria teso ad ottenere l’annullamento della ordinanza del Sindaco del Comune di Simeri Crichi del 19 febbraio 2016, n. 7 impositiva dell’obbligo di rimuovere i rifiuti rifiuti abbandonati nell’alveo del fiume Alli, in corrispondenza del ponte sulla strada provinciale n.13, lungo la stradina in sterrato parallela al fiume, nonché al ripristino dello stato dei luoghi.

1.1. La Regione odierna appellante aveva lamentato la mancanza di contraddittorio prodromica all’emanazione del provvedimento, mancanza che si sarebbe riverberata in un difetto di istruttoria quanto:

a) alla titolarità del diritto di proprietà o di un altro diritto reale o di un diritto personale di godimento sull’area in cui sono abbandonati i rifiuti;

b) all’imputabilità della violazione all’amministrazione regionale.

2. La Provincia di Catanzaro si era costituita in giudizio chiedendo di essere estromessa dal processo, mentre il Comune di Simeri Crichi si era costituito in giudizio chiedendo la declaratoria di inammissibilità, ovvero la reiezione del ricorso in quanto infondato.

3. Il T.a.r. con la impugnata decisione ha innanzitutto affermato il difetto di legittimazione passiva dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, che nella vicenda controversa non aveva svolto alcun ruolo attivo, estromettendola dal processo.

3.1. Nel merito, la sentenza gravata ha:

a) richiamato il disposto di cui all’art. 192 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152;

b)rilevato che il Comune di Simeri Crichi aveva invitato la Regione Calabria (in particolare, il Dipartimento Bilancio e Patrimonio – Settore Demanio e il Dipartimento Ambiente e Territorio) a prendere parte al sopralluogo, tenutosi il 4 febbraio 2016, volto a individuare i luoghi in cui si era verificato l’abbandono incontrollato di rifiuti e che in ogni caso, sebbene svoltosi, in assenza di rappresentanti dell’amministrazione regionale, il sopralluogo, il verbale di questo era stato trasmesso alla Regione (e in particolare ai due Dipartimenti già citati), dal che discendeva che semmai era stata la Regione Calabria a sottrarsi colpevolmente al contraddittorio che il Comune di Simeri Crichi aveva invece correttamente istaurato;

c) escluso la fondatezza di vizii di merito, in quanto:

I) non appariva rilevante, la questione relativa all’esistenza, in capo alla Regione Calabria, del diritto di proprietà o di un altro diritto reale o di un diritto personale di godimento sull’area su erano stati accumulati i rifiuti in quanto l’ampia formulazione legislativa (“in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area”) consentiva un’interpretazione estensiva della norma, per cui alla rimozione dei rifiuti era tenuto, oltre al responsabile dell'abbandono o del deposito dei rifiuti, anche il proprietario del bene o chi ne avesse a qualunque titolo la disponibilità;

II) era stato accertato ( verbale di sopralluogo del 4 febbraio 2010) che i rifiuti si trovavano lungo una stradina sterrata che si trovava all’interno dell’alveo del fiume Alli, cui correva parallela e l’area rientrava nell’ambito del demanio fluviale, la cui gestione spettava alla Regione Calabria che, avendo compiti di gestione del demanio fluviale, aveva la giuridica disponibilità dell’area;

III) il proprietario o del titolare di altro diritto reale cui la “violazione sia imputabile a titolo di dolo o di colpa” rispondeva della rimozione, e tale era la situazione riscontrabile: ciò che rilevava era la sussistenza di uno stato di negligenza, e non importava se il proprietario dell’area fosse un soggetto pubblico o un soggetto privato:

d) posto che dal verbale del 4 febbraio 2010 risultava che l’abbandono e il deposito incontrollato dei rifiuti era agevolato dalla presenza della stradina sterrata, alla quale, pur non trattandosi di strada aperta al pubblico transito, era possibile accedere agevolmente e senza alcun controllo, dalla mancata regolamentazione dell’uso della stradina (la quale, peraltro, rappresentava anche una criticità nel contesto del piano di sicurezza per il caso di rottura della diga del Passante) discendeva la negligenza che consentiva di imputare alla Regione Calabria l’abbandono e il deposito incontrollato dei rifiuti di cui al provvedimento impugnato che, pertanto, era immune da vizi.

4. L’ amministrazione regionale originaria ricorrente rimasta soccombente, ha impugnato la suindicata decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico, e, dopo avere riepilogato le principali tappe infraprocedimentali della vicenda contenziosa (pagg. 1-3- dell’atto di appello) ha riproposto le censure di primo grado, deducendo che:

a) sussisteva la violazione infraprocedimentale denunciata in primo grado in quanto, dal tenore della convocazione fatta dal Comune di Simeri Crichi datata 1 febbraio 2016, inviata ad un elevato numero di amministrazioni pubbliche ed avente ad oggetto “rifiuti abbandonati nell’alveo del Fiume Alli in località Alli-Apostello”, con le quali tutte le Amministrazioni in indirizzo venivano invitate a presenziare al sopralluogo sul sito in argomento, si evinceva che la stessa non conteneva neanche i requisiti minimi richiesti dal suindicato art. 7 della Legge n. 241/1990, apparendo in realtà una convocazione interistituzionale tra enti, al fine di chiedere la collaborazione su una problematica indiscutibilmente di rilievo sociale;

a1) il contraddittorio imposto dalla norma avrebbe dovuto invece essere incentrato sulla verifica della sussistenza di due presupposti primari: la titolarità di un diritto di proprietà, ovvero di altro diritto reale o personale di godimento in capo al soggetto cui far gravare la responsabilità in solido; l’accertamento che le violazioni fossero imputabili a titolo di dolo o di colpa; nulla di tutto ciò era contenuto nell’avviso;

b) l’art. 192 del d. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, , escludeva, in linea di principio, qualsiasi forma di responsabilità oggettiva del proprietario ed a carico della Regione non era contestabile alcunchè: semmai, l’esistenza di una stradina sterrata che permetteva l’accesso incontrollato di chiunque nell’alveo del fiume Alli, utilizzata, tra l’altro, per il deposito dei rifiuti in argomento, avrebbe dovuto far ricadere la responsabilità sull’Amministrazione Comunale, non avendo la stessa adempiuto al proprio dovere di sorveglianza;

c) la Regione Calabria con la legge regionale del 12 agosto 2002 n. 34 (recante “Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali”) aveva provveduto al riordino delle funzioni nelle materie stabilite dal D. Lgs. 112/1998 e l’art. 89 prevedeva che alla Regione pertenevano le funzioni di programmazione, di indirizzo, di coordinamento e di controllo mentre ai comuni spettavano i compiti di polizia idraulica e di piccola manutenzione delle aree del Demanio Idrico: unico responsabile della condizione di degrado, semmai, era il comune che per liberarsi delle proprie responsabilità aveva coinvolto la Regione.

5. In data 10.4. 2017 la provincia di Catanzaro si è costituita ribadendo la circostanza che essa non aveva svolto alcun ruolo, e chiedendo di essere estromessa dal processo, rilevando altresì che il capo della sentenza di primo grado che l’aveva estromessa era rimasto inimpugnato.

6. In data 28.4.2017 il comune di Simeri Crichi si è costituito depositatndo una articolata memoria ed ha chiesto la reiezione dell’appello in quanto infondato, deducendo che:

a) non sussisteva alcun vizio infraprocedimentale, in quanto l’art. 192 del d.Lgs. n. 15272006 prevedeva che gli accertamenti in ordine alla responsabilità dell’inquinamento venissero effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo: ciò era avvenuto, e tale segmento procedimentale esauriva l’obbligo di partecipazione dei controinteressati;

b)sussisteva la negligenza (colpa) della regione Calabria riposante nell’avere consentito che i rifiuti venissero abbandonati sul demanio fluviale;

c) la terza censura (secondo cui erano stati attribuiti alla Regione Calabria oneri e adempimenti che in realtà competevano al Comune in

forza dell'art. 89, comma 1, lett. c) della L.R. n. 34/2002) era inammissibile, in quanto nuova, ed infondata, in quanto la regione Calabria svolgeva in materia una attività di coordinamento.

7. Alla camera di consiglio del 4 maggio 2017 fissata per la delibazione della domanda di sospensione della provvisoria esecutività dell’impugnata decisione la Sezione,con la ordinanza cautelare n. 1869 del 5.5.2017 ha accolto il petitum cautelare, alla stregua delle considerazioni per cui..” Rilevato che l’appello prospetta delicate problematiche in punto di fumus, con precipuo riferimento alla effettiva spettanza in capo all’appellante regione Calabria della custodia e “gestione” del sito (tenuto conto della circostanza che non è stato contestato che il soggetto proprietario è il Comune appellato);

rilevato che l’interesse dell’appellante può essere adeguatamente soddisfatto dalla sollecita fissazione del merito della causa ad una udienza da celebrarsi nel quarto trimestre del 2017; ”.

8. In data 15.11.2017 il comune di Simeri Crichi ha depositato una memoria facendo presente che non era contestato che l’alveo del fiume ove era avvenuto il deposito incontrollato appartenesse alla regione Calabria, che la stessa fosse il gestore del demanio fluviale, e che il deposito incontrollato era avvenuto a cagione dell’omessa regolamentazione dell’utilizzo della stradella/trazzera che correva parallela al fiume.

9.Alla odierna pubblica udienza del 5 dicembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato e va accolto nei sensi di cui alla motivazione che segue, con conseguente riforma dell’impugnata sentenza, accoglimento del ricoro di primo grado, ed annullamento degli atti impugnati.

11. In via preliminare, va dato atto della avvenuta estromissione dal processo di appello della Provincia di Catanzaro, da ritenersi peraltro intimata per mero errore nell’odierno grado di giudizio, visto che essa era già stata estromessa dal processo di primo grado con la impugnata sentenza, e che il relativo capo della pronuncia non era stato appellato.

1.2.Seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), in ordine logico è prioritario l’esame della eccezione di parziale inammissibilità del ricorso in appello, con riferimento al terzo motivo che –secondo il comune appellato- sarebbe nuovo in quanto non proposto in primo grado.

1.2.1. Osserva in proposito il Collegio che la censura è infondata in fatto, in quanto a pag. 4 del ricorso di primo grado l’appellante regione Calabria aveva invocato l’assenza di proprie competenze in materia, seppur non facendo diretto riferimento all'art. 89, comma 1, lett. c) della L.R. n. 34/2002: peraltro trattasi di una norma di legge (ed in materia opera, come è noto, il principio iura novit curia); si è quindi al cospetto di una specificazione di una doglianza già proposta in primo grado, ed essa è pertanto ammissibile.

2 Venendo al merito delle censure proposte, si osserva che:

a) la censura infraprocedimentale è infondata: la convocazione del comune dava atto di quale fosse la problematica da risolvere,e le statuizioni consequenziali adottate discendono da norme di legge: la Regione non può invocare la violazione di alcuna garanzia di rispetto del contraddittorio, e d’altro canto non può neppure invocare che la “convocazione” sia stata indirizzata ad un “ramo” dell’amministrazione regionale non direttamente competente ( a tutto concedere, era onere dell’ufficio intimato inoltrare la comunicazione al Dipartimento regionale competente); il contradidttorio si è dipanato sugli aspetti essenziali, e la regione appellante non può sindacare che esso non sia stato esteso a tematiche (effettiva titolarità dell’area) sì rilevanti, ma evincibili in via amministrativa attraverso la consultazione dei registri catastali: tutt’altro aspetto,ovviamente,concerne la legittimità –o meno- del provvedimento adottato dal comune,(il che integra il punto centrale della disamina del merito) ma sotto il profilo procedurale, l’azione amministrativa è immune da vizi, tantopiù laddove si consideri che la circostanza che i rifiuti abbandonati non fossero pericolosi non vale ad escludere che non ricorresse una situazione connotata dall’urgenza del provvedere, il che rende legittima l’omissione dell’avviso partecipativo ex art. 7 della legge n. 241/1990 ;

b) invece, proprio venendo alle censure di merito che più radicalmente contestano la legittimità del provvedimento adottato dal comune, rileva il Collegio che:

I) è incontestato che l’area per il cui tramite si è verificato il deposito incontrollato da rifiuti non sarebbe di pertinenza del comune;

II) va rammentato infatti che il presupposto della individuazione della Regione quale soggetto destinatario dell’ordinanza riposerebbe nella circostanza fattuale secondo cui i rifiuti si trovavano lungo una stradina sterrata che si trovava all’interno dell’alveo del fiume Alli, cui correva parallela e l’area rientrava nell’ambito del demanio fluviale, la cui gestione spettava alla Regione Calabria che, avendo compiti di gestione del demanio fluviale, aveva la giuridica disponibilità dell’area;

c) appare corretto rilevare però che:

I) non è contestato che la regione intimata non sia stata diretta responsabile dell’abbandono incontrollato di rifiuti;

II) ad essa si imputa una omissione di controllo sull’abbandono posto in essere da terzi;

III) per costante giurisprudenza la responsabilità ex art. 192 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 non è oggettiva, ma dolosa o colposa;

IV) quanto appunto alla responsabilità del proprietario, è stato acutamente rilevato in passato che (tra le tante, Consiglio di Stato, sez. V, 28settembre 2015, n. 4504, T.A.R. Bari,-Puglia, sez. I, 24 marzo 2017, n. 287 )“l'obbligo di diligenza va valutato secondo criteri di ragionevole esigibilità, con la conseguenza che va esclusa la responsabilità per colpa anche quando sarebbe stato possibile evitare il fatto solo sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato; in tale ottica la mancata recinzione del fondo, con effetto contenitivo dubitabile, atteso che non sempre la presenza di una recinzione è di ostacolo allo sversamento dei rifiuti, non può comunque costituire di per sé prova della colpevolezza del proprietario, rappresentando la recinzione una facoltà e non un obbligo “.

V) nel caso di specie, l’atto è carente di qualsivoglia elemento dimostrativo dell’elemento soggettivo e pertanto l’ordinanza impugnata è illegittima in quanto carente del momento valutativo della responsabilità dell’appellante Regione, mentre avrebbe dovuto necessariamente indicare i comportamenti quanto meno colposi della Regione Calabria causalmente collegati all’evento dannoso;

VI) sotto il profilo fattuale, non è poi trascurabile che l’esistenza di una stradina sterrata che permette l’accesso incontrollato di chiunque nell’alveo del fiume Alli, utilizzata per il deposito dei rifiuti in argomento, ha consentito il formarsi della discarica abusiva: laddove si consideri che la stradina seppure non di pertinenza dell’amministrazione comunale, ricadeva nel territorio comunale e che nessuno ha dedotto che questa fosse controllata, appare non in linea con il concetto di responsabilità “colposa” che la responsabilità venga fatta ricadere sul proprietario del sito “finale” di ricezione dei rifiuti: e comunque, si osserva, che ricadendo la stradella nel territorio comunale,ed essendo la stessa aperta al transito (non è stato dedotto né provato il contrario) non si vede in forza di quale disposizione o principio il comune si spinga ad affermare che esso fosse esonerato da qualsiasi obbligo di vigilanza sulla stessa.

3. In ultimo, appare al Collegio anche fondato anche l’argomento (che possiede portata assorbente) incentrato sulla previsione di cui all’art.89 della legge regionale della Calabria - 12/08/2002, n.34 – (“1. Ai Comuni sono attribuite le funzioni amministrative e i compiti concernenti:

a) la polizia idraulica e il pronto intervento disciplinato dal r.d. 523/1904 e dal r.d. 2669/1937, l'imposizione di limitazioni e divieti all'esecuzione di qualsiasi opera o intervento anche al di fuori dell'area demaniale idrica, qualora questi siano in grado di influire anche indirettamente sul regime dei corsi d'acqua;

b) il rilascio delle concessioni relative alle estrazioni di materiali, all'uso delle pertinenze idrauliche e delle aree fluviali e lacuali, anche ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37 in materia di tutela ambientale delle acque demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche;

c) l'esecuzione di piccole manutenzioni finalizzate alla difesa del suolo e al pronto intervento idraulico fatte salve le competenze dei Consorzi di bonifica;

d) l'approvvigionamento idrico di emergenza;

e) la vigilanza sulle aree demaniali e sulla realizzazione degli obblighi posti a carico dei concessionari, nonché l'intervento in caso di inadempienza dei predetti obblighi, salvo il diritto di rivalsa nei confronti dei soggetti inadempienti.

3. I Comuni concorrono alla pianificazione e alla programmazione in materia di tutela del reticolo idrografico e di difesa del suolo attraverso gli strumenti di pianificazione urbanistica, in conformità ai piani di bacino e agli strumenti di pianificazione territoriale.

4. Qualora i corsi d'acqua superficiali e i laghi naturali interessino il territorio di più Comuni, le funzioni amministrative di cui al presente articolo sono esercitate dai Comuni in forma associata”.).

3.1. Da tale disposizione (che il comune appellato non ha mai contestato, e della quale non è stata dedotta l’inapplicabilità, se non per motivi processuali che il Collegio ha già chiarito essere infondati) si ricava che i compiti di polizia idraulica erano attribuiti al comune, per cui anche seguendo il riparto di competenza di cui alla legge, l’ordinanza si appalesa illegittima.

4. Conclusivamente, l’appello va accolto, e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, va accolto il ricorso di primo grado, ed annullata l’ordinanza impugnata.

5. Quanto alle spese processuali del doppio grado, esse seguono la soccombenza, e pertanto l’appellato comune va condannato al pagamento delle medesime in favore della appellante Regione, nella misura che appare equo determinare in Euro tremila (€ 3000//00) oltre oneri accessori, se dovuti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado, ed annulla l’ordinanza impugnata.

Condanna l’appellato comune al pagamento delle spese processuali del doppio grado, in favore della appellante Regione, nella misura di Euro tremila (€ 3000//00) oltre oneri accessori, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Anastasi, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

Carlo Schilardi, Consigliere

Giuseppe Castiglia, Consigliere

Luca Lamberti, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Fabio Taormina        Antonino Anastasi