Corte europea: terre da scavo su terreni agricoli: rifiuti, sottoprodotti o EoW?

di Gianfranco AMENDOLA

pubblicato su rivistadga.it. Si ringeraziano Autore ed Editore.

Corte di giustizia UE, Sez. I 17 novembre 2022, causa C‑238/21 - Arabadjiev, pres. ed est.; Medina, avv. gen. - Porr Bau GmbH c, Bezirkshauptmannschaft Graz-Umgebung.

Sanità pubblica - Rifiuti - Direttiva 2008/98/CE - Art. 3, par. 1 - Art. 5, par. 1 - Art. 6, par. 1 - Materiali di scavo - Nozioni di «rifiuto» e di «sottoprodotto» - Cessazione della qualifica di rifiuto.

L’articolo 3, punto 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, devono essere interpretati nel senso che: ostano a una normativa nazionale in forza della quale materiali di scavo non contaminati, rientranti, ai sensi del diritto nazionale, nella classe di qualità più elevata, - devono essere qualificati come «rifiuti» sebbene il loro detentore non abbia né l’intenzione né l’obbligo di disfarsene e tali materiali soddisfino le condizioni previste all’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva per essere qualificati come «sottoprodotti», e - perdono tale qualifica di rifiuto solo quando siano direttamente utilizzati come sostituti e il loro detentore abbia soddisfatto criteri formali irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente, qualora questi ultimi abbiano l’effetto di compromettere il conseguimento degli obiettivi di detta direttiva.

1. - Premessa. La sentenza che si annota merita di essere segnalata soprattutto perché riassume in modo chiaro normativa e giurisprudenza comunitarie relative alle (non facili) nozioni generali di «rifiuto», «sottoprodotto» e «fine rifiuto (Eow)», dando, peraltro, anche se con riferimento alla normativa vigente in Austria, alcune indicazioni specifiche per terre da scavo destinate a terreni agricoli.

La questione di fatto è presto detta. Su loro richiesta, una impresa di costruzioni aveva fornito ad alcuni agricoltori austriaci materiali da scavo non contaminati, di qualità elevata, per il loro utilizzo su suolo agricolo. Si è, quindi, posto, dinanzi alle autorità di settore ed al Tribunale amministrativo regionale, il problema di valutare se tali materiali dovessero essere considerati rifiuti, sottoprodotti o prodotti dopo-rifiuto alla luce della normativa austriaca particolarmente restrittiva (specie per EoW), la quale, proprio per questo, secondo il giudice remittente, poteva essere ritenuta contrastante con quella comunitaria.

In sostanza, quindi, il quesito cui la Corte di giustizia doveva rispondere veniva così sintetizzato dal giudice del rinvio: «se l’articolo 3, punto 1 1, l’articolo 5, paragrafo 1 2, e l’articolo 6, paragrafo 1 3, della direttiva 2008/98 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale materiali di scavo non contaminati, rientranti, in forza del diritto nazionale, nella classe di qualità più elevata, da un lato, devono essere qualificati come “rifiuti”, sebbene sia accertato che essi rientrino nella nozione di “sottoprodotti” e, dall’altro, perdono tale qualifica di rifiuto solo quando sono direttamente utilizzati come sostituti e il loro detentore soddisfa criteri formali irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente».

Appare, pertanto, evidente che il giudice del rinvio, alla luce della normativa comunitaria, riteneva non trattarsi di rifiuti e dubitava della legittimità della normativa austriaca, la quale giunge a conclusione opposta avendo adottato criteri diversi, di tipo formale, ritenuti irrilevanti con riferimento ai fini che si propone il legislatore comunitario.

2. - Rifiuti, sottoprodotti e EoW nella giurisprudenza della Corte di giustizia. Preliminarmente, la Corte di giustizia ricorda che, comunque, ai sensi del ‘considerando’ 11 della direttiva 2008/98, la qualifica di rifiuto dei suoli escavati non contaminati e di altro materiale allo stato naturale utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati dovrebbe essere esaminata in base alla definizione di rifiuto e alle disposizioni sui sottoprodotti o sulla cessazione della qualifica di rifiuto ai sensi della medesima direttiva. Principio, peraltro recepito dall’Italia nel TUA, art. 185, comma 4 secondo cui «il suolo escavato non contaminato e altro materiale allo stato naturale, utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati, devono essere valutati ai sensi, nell’ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a)4, 184bis5 e 184ter6» 7.

In primo luogo, quindi, la Corte di giustizia sintetizza la sua giurisprudenza 8 sulla nozione di «rifiuto», definito dalla normativa comunitaria come «qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi», ricordando subito che la qualifica di «rifiuto» deriva anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato del termine «disfarsi», e va esaminata tenendo conto dei seguenti chiarimenti:

a ) l’espressione «disfarsi» deve essere interpretata alla luce dell’obiettivo della direttiva 2008/98 che, ai sensi del suo ‘considerando’ 6, consiste nel ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l’ambiente, nonché dell’art. 191, par. 2, TFUE, a tenore del quale la politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata, in particolare, sui princìpi della precauzione e dell’azione preventiva. Ne consegue che il termine «disfarsi» e dunque la nozione di «rifiuto», ai sensi dell’art. 3, punto 1, della direttiva 2008/98, non possono essere interpretati in modo restrittivo;

b ) più in particolare, l’esistenza di un «rifiuto», ai sensi della direttiva 2008/98, va accertata alla luce del complesso delle circostanze, talune delle quali possono costituire indizi dell’esistenza di un’azione, di un’intenzione o di un obbligo di disfarsi di una sostanza o di un oggetto, tenendo conto che, tra le circostanze che possono costituire indizi del genere, figura il fatto che la sostanza considerata sia un residuo di produzione o di consumo, ossia un prodotto che non sia stato ricercato in quanto tale, e il cui eventuale utilizzo deve avvenire in condizioni particolari di prudenza a causa della pericolosità per l’ambiente della sua composizione;

c ) dalla giurisprudenza della Corte risulta, inoltre, che il metodo di trasformazione o la modalità di utilizzo di una sostanza non sono determinanti per stabilire se si tratti o meno di un «rifiuto» e che la nozione di «rifiuto» non esclude le sostanze né gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica 9;

d ) particolare attenzione deve, invece, essere rivolta alla circostanza che la sostanza o l’oggetto di cui trattasi non presenti o non presenti più alcuna utilità per il suo detentore, cosicché tale sostanza o tale oggetto costituisce un ingombro di cui tale detentore cerchi di disfarsi. Ove ricorra effettivamente tale ipotesi, sussiste il rischio che detto detentore si disfi della sostanza o dell’oggetto in suo possesso con modalità atte a cagionare un danno ambientale, in particolare mediante abbandono, scarico o smaltimento incontrollati;

e ) a questo proposito, il grado di probabilità di riutilizzo di una sostanza o di un oggetto senza operazioni di trasformazione preliminare costituisce un criterio utile al fine di valutare se essi costituiscano o meno un rifiuto ai sensi della direttiva 2008/98. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza o l’oggetto di cui trattasi, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di un tale riutilizzo è alta. In un’ipotesi del genere, la sostanza o l’oggetto di cui trattasi può essere considerato non più come un ingombro di cui il detentore cerchi di «disfarsi», bensì come un autentico prodotto.

Si giunge così alla nozione di «sottoprodotto» che – è bene ricordarlo – è stata autonomamente elaborata proprio dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, e poi, solo in un secondo momento, è stata recepita dalla normativa comunitaria.

Secondo la Corte, infatti, in determinate situazioni, una sostanza o un oggetto derivante da un processo di estrazione o di fabbricazione che non è principalmente destinato a produrlo, può costituire non tanto un rifiuto, ma un sottoprodotto, in quanto il detentore non cerca di «disfarsene» ma intende sfruttarlo o commercializzarlo – altresì eventualmente per il fabbisogno di operatori economici diversi da quello che l’ha prodotto – a condizioni ad esso favorevoli, in un processo successivo, purché tale riutilizzo sia non soltanto possibile ma certo, non richieda una trasformazione preliminare e intervenga nel corso del processo di produzione 10. Nozione, come si è detto, recepita nella direttiva vigente, ove l’art. 5, comma 1 («sottoprodotti»), dispone che «gli Stati membri adottano misure appropriate per garantire che una sostanza o un oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto non sia considerato rifiuto, bensì sottoprodotto se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a ) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o;

b ) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

c ) la sostanza o l’oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione e

d ) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana».

Condizioni che vengono, ovviamente, riportate nella sentenza in esame, la quale, significativamente, sottolinea soprattutto – ma su questo torneremo – l’importanza della certezza del riutilizzo 11, e conclude evidenziando che la qualità di «sottoprodotto» e la qualifica di «rifiuto» si escludono reciprocamente.

Resta da considerare la problematica del fine-rifiuto (EoW). A questo proposito, la Corte di giustizia inizia, ovviamente, dal dettato comunitario, ricordando che, ai sensi dell’art. 6, par. 1, della direttiva 2008/98, taluni rifiuti specifici cessano di essere tali quando siano sottoposti a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio; e che la cessazione della qualifica di rifiuto è altresì subordinata a criteri specifici che devono essere elaborati conformemente a diverse condizioni: in primo luogo, la sostanza o l’oggetto di cui trattasi deve essere comunemente utilizzata/o per scopi specifici; in secondo luogo, deve esistere un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; in terzo luogo, la sostanza o l’oggetto deve soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; in quarto luogo, l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non deve portare a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana. Condizioni che possono essere oggetto di criteri dettagliati da parte della UE o, in assenza, degli Stati membri. E, proprio a proposito di questi ultimi, la Corte di giustizia evidenzia che gli Stati membri dispongono, nell’ambito previsto all’art. 6, par. 4, della direttiva, di un margine di discrezionalità quanto alla definizione di tali criteri. Tuttavia – precisa significativamente – essi devono essere definiti in modo da raggiungere i loro obiettivi senza compromettere il conseguimento di quelli della direttiva 2008/98. Così come, altrettanto significativamente, ricorda che, secondo la normativa comunitaria, un esame volto a determinare la qualità e la presenza di inquinamento o di contaminazione in materiali di scavo può essere qualificato come «operazione di controllo» rientrante nella nozione di «preparazione per il riutilizzo» (art. 3, punto 16, della direttiva 2008/98), e, conseguentemente, può essere considerato, qualora il loro riutilizzo non richieda nessun altro pretrattamento, una operazione di recupero ai fini di EoW.

3. - Il contrasto della normativa austriaca con quella comunitaria. Le conclusioni della Corte di giustizia. Se, a questo punto, si esamina la normativa austriaca di recepimento, appare evidente il contrasto con quella comunitaria, così come sopra riassunta dalla Corte di giustizia. Essa, infatti, non solo non prevede la nozione di «sottoprodotto» ma, come già si è anticipato, sancisce altresì che i materiali da scavo perdono la qualifica di rifiuto solo quando siano direttamente utilizzati come sostituti e il loro detentore abbia soddisfatto criteri formali irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente.

La Corte, in sostanza, evidenzia, invece, che nel caso di specie, si trattava di materiali di scavo che erano stati classificati, a seguito di un’analisi di qualità effettuata prima del loro reimpiego, come rientranti nella classe di qualità più elevata di materiali di scavo non contaminati, come definita dalla normativa austriaca; aggiungendo che vi era anche la certezza del loro utilizzo, visto che vi era stata una richiesta preventiva di agricoltori. E, pertanto, occorre rilevare che «l’utilizzo di terreni di sterro e di scavo sotto forma di materiali da costruzione, nei limiti in cui gli stessi soddisfano stretti requisiti di qualità, presenta un vantaggio significativo per l’ambiente in quanto contribuisce, come richiesto dall’art. 11, par. 2, lett. b), di tale direttiva, alla riduzione dei rifiuti, alla preservazione delle risorse naturali nonché allo sviluppo di un’economia circolare»; peraltro, nel pieno rispetto della gerarchia dei rifiuti stabilita all’art. 4 di detta direttiva.

Quindi, premesso che l’accertamento in concreto spetta al giudice nazionale, sembra vi siano tutti gli elementi per ritenere che non vi fosse alcuna intenzione, da parte dell’impresa produttrice, di disfarsi di questi materiali quali «rifiuti» mentre sembrano ricorrere tutte le condizioni 12 per la qualifica di «sottoprodotto». E, in ogni caso, sembrano presenti anche tutte le condizioni previste dalla normativa comunitaria per EoW, i cui obiettivi 13 sarebbero disattesi se, «nonostante il rispetto dei criteri specifici definiti conformemente alle condizioni enunciate all’articolo 6, comma 1, di tale direttiva, materiali di scavo non contaminati della classe di qualità più elevata, le cui proprietà possono servire a migliorare le strutture agricole, non fossero considerati tali da aver perso la qualifica di rifiuto a seguito di un controllo di qualità che consenta di assicurarsi dell’innocuità del loro utilizzo sull’ambiente o sulla salute umana». Né su questa conclusione potrebbe aver rilevanza la presenza di una normativa nazionale la quale colleghi la cessazione della qualifica di rifiuto al rispetto di criteri formali irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente.

4. - Alcune considerazioni con riferimento alla normativa italiana del TUA. Insomma, dalla sentenza risulta la non applicabilità della normativa austriaca in tema di rifiuti in quanto troppo restrittiva rispetto a quella comunitaria.

Se, a questo punto, diamo un rapido sguardo alla corrispondente normativa italiana, sulla nozione di «rifiuto» e «sottoprodotto» dobbiamo subito registrare una totale concordanza particolarmente evidenziata dalla giurisprudenza della Cassazione. Rinviando ad altre opere per dettagli e approfondimenti, sembra sufficiente, in questa sede ricordare per tutte un sentenza della Cassazione penale 14 , ove la Suprema Corte mette l’accento su due punti fondamentali e connessi: da un lato, la questione se si tratta di un «rifiuto» va posta con esclusivo riferimento alla figura del produttore-detentore e dall’altro, la qualifica di «rifiuto» può essere esclusa solo se – con riferimento, appunto, alla figura del produttore-detentore – vi è la prova della certezza oggettiva del riutilizzo 15 . Perché in tal caso vi è la oggettiva e matematica certezza che non si tratta di un ingombro di cui disfarsi, con conseguente pericolo per l’ambiente. Stesso ragionamento e stessa conclusione, quindi, della Corte di giustizia.

Va segnalato, tuttavia, a questo proposito che la Corte di giustizia fornisce anche alcune importanti precisazioni sulle condizioni previste per la individuazione del «sottoprodotto»: in primo luogo, proprio sul riutilizzo che, secondo la Corte, va verificato per controllare che «i quantitativi consegnati siano stati effettivamente destinati alla realizzazione di tali lavori e strettamente limitati alle esigenze» della impresa richiedente. Anzi, aggiunge, richiamando la sua giurisprudenza, che «nell’ipotesi in cui detti materiali non siano stati forniti immediatamente, si deve ammettere uno stoccaggio di una durata ragionevole che consenta il loro deposito temporaneo, fino alla realizzazione dei lavori ai quali sono destinati»; in sintonia, peraltro, con il principio enunciato dal nostro Consiglio di Stato 16, secondo cui «la qualificazione come “sottoprodotto” dipende dalla assoluta certezza e legalità del riutilizzo del materiale, dovendosi escludere la possibilità di qualificare come tale il deposito a tempo indeterminato e incontrollato di materiale abbandonato e custodito in modo improprio».

Quanto alla problematica connessa con la cessazione della qualifica di rifiuto («EoW»), si deve rilevare che, allo stato, non esistono specifici criteri attuativi per terre da scavo in sede comunitaria o nazionale, quindi, occorre fare riferimento alle condizioni generali contenute nella direttiva, recepite (anche se con qualche sbavatura e notevole elasticità per le autorizzazioni «caso per caso») dall’art. 184 ter, d.lgs. n. 152/06.

E allora appare subito evidente che, se la normativa austriaca, in materia di terre e rocce da scavo, pecca per eccessiva rigidità, quella italiana brilla per l’eccesso esattamente opposto. Rinviando ad altre opere per dettagli e approfondimenti 17 , sembra sufficiente ricordare che già nel 2007 il nostro Paese era stato condannato, con riferimento alla disciplina delle terre da scavo contenuta nella l. 21 dicembre 2001, n. 443 per «il rilancio delle attività produttive», dalla Corte di giustizia in quanto «è giocoforza constatare che tali disposizioni finiscono per sottrarre alla qualifica di rifiuto, ai sensi dell’ordinamento italiano, taluni residui che invece corrispondono alla definizione sancita dall’art. 1, lett. a), della direttiva» 18 . E che negli anni successivi si assisteva, sempre con lo stesso intento e senza alcun coordinamento, ad un frenetico accavallamento di modifiche normative, culminate nel 2017 nel d.p.r. n. 120 ( Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell’art. 8 del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 novembre 2014, n. 164 ), che tuttavia, nonostante consti di ben trentuno articoli e dieci allegati, non sembra sia stato sufficiente a chiarire la situazione normativa se appena cinque mesi dopo, il 10 novembre 2017, la Direzione generale sui rifiuti del Ministero dell’ambiente era costretta ad emanare una circolare intitolata « Disciplina delle matrici materiali di riporto - chiarimenti interpretativi »19. In conclusione, comunque, limitatamente all’oggetto del presente lavoro, sembra opportuno ricordare che attualmente il nostro Paese considera terre e rocce da scavo non soggette, ai sensi dell’art. 185, alla normativa sui rifiuti anche il materiale da scavo «interpretato» facendo ricorso alla nozione, tutta italiana, delle «matrici materiali di riporto», per cui la esclusione dell’art. 185 TUA relativa al materiale «non contaminato e allo stato naturale» viene a comprendere anche terre da scavo non allo stato naturale ma, purché non vengano superati certi limiti, contaminate da rifiuti di origine antropica con materiali artificiali di ogni tipo, dal calcestruzzo alla vetroresina. Insomma, con buona pace della normativa comunitaria, si è introdotta una nuova esclusione dalla disciplina dei rifiuti per la terra da scavo contenente rifiuti; con la conseguenza che alcuni rifiuti possono essere gestiti senza gli obblighi e i divieti relativi.

Tornando al caso in esame, appare opportuno evidenziare, a questo punto, che la decisione della Corte di giustizia in commento esclude l’applicazione della normativa sui rifiuti richiamando più volte la circostanza che, secondo la normativa nazionale, si trattava di «materiali di scavo classificati, a seguito di un’analisi di qualità effettuata prima del loro reimpiego, come rientranti nella classe di qualità più elevata di materiali di scavo non contaminati, come definita dalla normativa austriaca, in particolare nell’ambito del piano federale di gestione dei rifiuti, che prevede requisiti specifici riguardanti la riduzione delle quantità di rifiuti, dei loro inquinanti e dei loro effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute umana» 20. Alla stessa conclusione liberatoria giunge la normativa italiana anche se si tratta di materiali da scavo contaminati da rifiuti antropici di vario genere. Che ne direbbe la Corte di giustizia, la quale richiede testualmente che vengano, invece, «soddisfatti stretti requisiti di qualità»?

Gianfranco Amendola

1 Definizione di «rifiuto».

2 Nozione di «sottoprodotto».

3 «Cessazione della qualifica di rifiuto» (EoW).

4 «Rifiuto».

5 «Sottoprodotto».

6 «Fine rifiuto».

7 Come si vede, l’Italia ha aggiunto «nell’ordine» specificando, così che la valutazione va fatta seguendo una precisa «gerarchia». In proposito e su tutta la problematica in esame, ci permettiamo rinviare, da ultimo, anche per richiami, al nostro Diritto penale ambientale, Pisa, 2022, 101 e ss.

8 Per la citazione delle relative sentenze si rinvia alla pronuncia della Corte di giustizia in esame.

9 «Il sistema di sorveglianza e di gestione istituito dalla direttiva 2008/98 intende, infatti, riferirsi a tutte le sostanze e a tutti gli oggetti di cui il proprietario si disfa, anche se essi hanno un valore commerciale e sono raccolti a titolo commerciale a fini di riciclo, di recupero o di riutilizzo».

10 «Come la Corte ha dichiarato, non sarebbe, infatti, in alcun modo giustificato assoggettare alle disposizioni della direttiva 2008/98, volte ad assicurare che le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti siano eseguite senza mettere in pericolo la salute umana e senza che vengano usati procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente, sostanze od oggetti che il detentore intenda sfruttare o commercializzare in condizioni vantaggiose indipendentemente da una qualsiasi operazione di recupero».

11 «Alla luce dell’obbligo di procedere a un’interpretazione estensiva della nozione di “rifiuto”, si deve ritenere che vengano quindi prese in considerazione unicamente le fattispecie in cui il riutilizzo della sostanza o dell’oggetto di cui trattasi non sia soltanto eventuale ma certo, senza che sia necessario a tal fine ricorrere preventivamente a uno dei procedimenti di recupero dei rifiuti di cui all’allegato II della direttiva 2008/98 (...)».

12 E la Corte le esamina una per una.

13 «I quali, come risulta dai ‘considerando’ 6, 8 e 29 della stessa, consistono nel favorire l’applicazione della gerarchia dei rifiuti prevista all’articolo 4 di tale direttiva, nonché il recupero dei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero per preservare le risorse naturali e consentire l’attuazione di un’economia circolare».

14 Cass. Sez. III Pen. 2 dicembre 2014, n. 50309, Rizzi, in www.lexambiente.it, 10 dicembre 2014.

15 E pertanto, proprio in base a questi princìpi, la Suprema Corte considera rifiuti da recuperare «pallets» rotti acquistati da altra ditta per ripararli e reimmetterli sul mercato. Essi, infatti, dal punto di vista del produttore, «costituivano oggetti dei quali non era certa sin dall’inizio la loro destinazione» e dei quali il produttore si sarebbe disfatto se non fossero stati acquistati da questa altra ditta, la quale, comunque, doveva sottoporli a trattamento di recupero onde consentirne la futura commerciabilità.

16 Consiglio di Stato, Sez. IV 31 maggio 2021, n. 4145, in www.lexambiente, 6 luglio 2021

17 Per una sintetica panoramica normativa di questi interventi fino al 2013, cfr. il nostroL’apoteosi del partito delle terre da scavo, in www.lexambiente.it, settembre 2013. Più di recente, cfr. il nostro Il miracolo italiano delle terre da scavo che non sono contaminate e non sono rifiuti anche se contaminate da rifiuti , in questa Riv., 2017, n. 6, nonché Il nuovo regolamento per le terre da scavo: una «semplificazione» per gli inquinatori , in www.lexambiente.it, ottobre 2017. Da ultimo, cfr. Bertuzzi - Barbuti, Terre e rocce da scavo. Il punto sulla normativa alla luce del pacchetto «circular economy » , ivi, 22 marzo 2021 e il nostro Diritto penale ambientale, cit., 126 e ss.

18 Corte di giustizia CE, Sez. III 18 dicembre 2007, in causa C-194/05, in Racc. 2007, I-11661 e in questa Riv., 2008, 687.

19 Si ricorda che il regolamento del 2017, sopra citato precisa anche le condizioni alle quali i materiali da scavo possono essere considerati sottoprodotti (e non rifiuti) distinguendo a seconda che siano stati prodotti in cantieri di grandi dimensioni ovvero in cantieri non superiori a 6000 mc.

20 «Tale piano prevedrebbe altresì che l’utilizzo di materiali di scavo non contaminati della classe di qualità più elevata sia idoneo e consentito ai fini della rimessa in coltura e del miglioramento di terreni».

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SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

17 novembre 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Rifiuti – Direttiva 2008/98/CE – Articolo 3, punto 1 – Articolo 5, paragrafo 1 – Articolo 6, paragrafo 1 – Materiali di scavo – Nozioni di “rifiuto” e di “sottoprodotto” – Cessazione della qualifica di rifiuto»

Nella causa C‑238/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Landesverwaltungsgericht Steiermark (Tribunale amministrativo regionale della Stiria, Austria), con decisione del 2 aprile 2021, pervenuta in cancelleria il 13 aprile 2021, nel procedimento

Porr Bau GmbH

contro

Bezirkshauptmannschaft Graz-Umgebung,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev (relatore), presidente di sezione, L. Bay Larsen, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della prima sezione, P.G. Xuereb, A. Kumin e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: S. Beer, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 marzo 2022,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Porr Bau GmbH, da M. Walcher, Rechtsanwalt;

–        per il governo austriaco, da F. Boldog, A. Kögl, A. Posch, J. Schmoll e E. Wolfslehner, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da S. Bourgois, C. Hermes e M. Ioan, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 giugno 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU 2008, L 312, pag. 3).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Porr Bau GmbH (in prosieguo: la «Porr Bau»), e la Bezirkshauptmannschaft Graz-Umgebung (autorità amministrativa del distretto di Graz e circondario) in relazione alla constatazione, effettuata da quest’ultima, secondo cui materiali di scavo scaricati su superfici agricole costituivano rifiuti.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        La direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (GU 1975, L 194, pag. 47), come modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991 (GU 1991, L 78, pag. 32) (in prosieguo: la «direttiva 75/442»), aveva come obiettivo essenziale, secondo il suo terzo considerando, la protezione della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti. La direttiva 75/442 è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti (GU 2006, L 114, pag. 9), la quale è stata a sua volta abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/98.

4        I considerando 6, 8, 11, 22 e 29 della direttiva 2008/98 enunciano quanto segue:

«(6)      L’obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe essere di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l’ambiente. La politica in materia di rifiuti dovrebbe altresì puntare a ridurre l’uso di risorse e promuovere l’applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti.

(...)

(8)      (...) Inoltre, si dovrebbe favorire il recupero dei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero per preservare le risorse naturali. (...)

(...)

(11)      La qualifica di rifiuto dei suoli escavati non contaminati e di altro materiale allo stato naturale utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati dovrebbe essere esaminata in base alla definizione di rifiuto e alle disposizioni sui sottoprodotti o sulla cessazione della qualifica di rifiuto ai sensi della presente direttiva.

(...)

(22)      (...) Per precisare taluni aspetti della definizione di rifiuti, la presente direttiva dovrebbe chiarire:

(...)

–        quando taluni rifiuti cessano di essere tali, stabilendo criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale che assicurano un livello elevato di protezione dell’ambiente e un vantaggio economico e ambientale; eventuali categorie di rifiuti per le quali dovrebbero essere elaborati criteri e specifiche volti a definire “quando un rifiuto cessa di essere tale” sono, fra l’altro, i rifiuti da costruzione e da demolizione (...). Per la cessazione della qualifica di rifiuto, l’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale.

(...)

(29)      Gli Stati membri dovrebbero sostenere l’uso di materiali riciclati (come la carta riciclata) in linea con la gerarchia dei rifiuti e con l’obiettivo di realizzare una società del riciclaggio e non dovrebbero promuovere, laddove possibile, lo smaltimento in discarica o l’incenerimento di detti materiali riciclati».

5        Il capo I di tale direttiva, intitolato «Oggetto, ambito di applicazione e definizioni», comprende gli articoli da 1 a 7 della medesima.

6        L’articolo 1 di detta direttiva è così formulato:

«La presente direttiva stabilisce misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana prevenendo o riducendo gli impatti negativi della produzione e della gestione dei rifiuti, riducendo gli impatti complessivi dell’uso delle risorse e migliorandone l’efficacia».

7        L’articolo 3 della medesima direttiva, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

1)      “rifiuto” qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi;

(...)

15)      “recupero” qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero;

16)      “preparazione per il riutilizzo” le operazioni di controllo, pulizia [o] riparazione [ai fini del recupero,] attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento;

(...)

19)      “smaltimento” qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’allegato I riporta un elenco non esaustivo di operazioni di smaltimento;

(...)».

8        L’articolo 4 della direttiva 2008/98, intitolato «Gerarchia dei rifiuti», è del seguente tenore:

«1.      La seguente gerarchia dei rifiuti si applica quale ordine di priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti:

a)      prevenzione;

b)      preparazione per il riutilizzo;

c)      riciclaggio;

d)      recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e

e)      smaltimento.

2.      Nell’applicare la gerarchia dei rifiuti di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo (...).

(...)».

9        L’articolo 5 di tale direttiva, intitolato «Sottoprodotti», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Una sostanza od oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale articolo può non essere considerato rifiuto ai sensi dell’articolo 3, punto 1, bensì sottoprodotto soltanto se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a)      è certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o;

b)      la sostanza o l’oggetto può essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

c)      la sostanza o l’oggetto è prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione e

d)      l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana».

10      Ai sensi dell’articolo 6 di tale direttiva, intitolato «Cessazione della qualifica di rifiuto»:

«1.      Taluni rifiuti specifici cessano di essere tali ai sensi dell’articolo 3, punto 1, quando siano sottoposti a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfino criteri specifici da elaborare conformemente alle seguenti condizioni:

a)      la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzata/o per scopi specifici;

b)      esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c)      la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; e

d)      l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto.

(...)

4.      Se non sono stati stabiliti criteri a livello comunitario in conformità della procedura di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono decidere, caso per caso, se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale tenendo conto della giurisprudenza applicabile. (...)»

11      L’articolo 11 della medesima direttiva, intitolato «Riutilizzo e riciclaggio», al suo paragrafo 2 prevede quanto segue:

«Al fine di rispettare gli obiettivi della presente direttiva e tendere verso una società europea del riciclaggio con un alto livello di efficienza delle risorse, gli Stati membri adottano le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:

(...)

b)      entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell’elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70% in termini di peso».

12      Tra le operazioni di recupero elencate nell’allegato II della direttiva 2008/98 figura, in particolare, quella di «[t]rattamento in ambiente terrestre a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia».

 Diritto austriaco

13      L’articolo 2, paragrafo 1, dell’Abfallwirtschaftsgesetz 2002 (legge federale sulla gestione dei rifiuti del 2002) prevede quanto segue:

«Per rifiuto si intende, ai sensi della presente legge federale, qualsiasi bene mobile,

1.      di cui il detentore abbia l’intenzione di disfarsi o si sia disfatto, ovvero

2.      la cui raccolta, stoccaggio, trasporto e trattamento come rifiuti sono necessari al fine di non pregiudicare l’interesse pubblico (articolo 1, paragrafo 3)».

14      A norma dell’articolo 5, paragrafo 1, di tale legge:

«Salvo diversamente disposto in un regolamento di cui al paragrafo 2 o in un regolamento di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, i materiali residui sono considerati rifiuti fino a quando essi o le sostanze che ne derivano sono direttamente utilizzati come sostituti di materie prime o di prodotti ottenuti a partire da materie prime primarie. In caso di preparazione per il riutilizzo ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 5, punto 6, la cessazione della qualifica di rifiuto avviene al termine di tale operazione di recupero».

 Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

15      Diversi agricoltori si sono rivolti alla Porr Bau al fine di ottenere materiali di scavo per una rimessa in coltura di suoli o per un miglioramento di superfici agricole in produzione. In quel momento, non era certo che tale impresa sarebbe stata in grado di soddisfare la loro richiesta. In seguito a quest’ultima la Porr Bau è stata indotta a selezionare un progetto di costruzione idoneo e a estrarne tali materiali. Tale società ha quindi fornito i materiali richiesti, vale a dire materiali di scavo non contaminati della classe di qualità A 1, che, in forza del diritto austriaco, è la classe di qualità più elevata per gli scavi di suolo. Conformemente a tale diritto, l’utilizzo di materiali di tal genere è idoneo per siffatti adattamenti del terreno e lecito.

16      Il 4 maggio 2018 la Porr Bau ha chiesto all’autorità amministrativa del distretto di Graz e circondario di dichiarare che i materiali di scavo da essa forniti non costituivano rifiuti e, in subordine, che i lavori previsti non costituivano un’attività soggetta ad un obbligo di versare un contributo per sito contaminato.

17      Con decisione del 14 settembre 2020, tale autorità ha constatato che detti materiali costituivano rifiuti, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della legge federale sulla gestione dei rifiuti del 2002, e che la loro qualifica di rifiuto non era cessata, per il motivo principale che non erano stati rispettati taluni criteri formali previsti dal piano federale di gestione dei rifiuti.

18      Adito dalla Porr Bau con un ricorso avverso tale decisione, il Landesverwaltungsgericht Steiermark (Tribunale amministrativo regionale della Stiria, Austria) si chiede se i materiali di scavo di cui trattasi debbano essere qualificati come «rifiuti» ai sensi della direttiva 2008/98. Inoltre, tale giudice rileva che, in tale ipotesi, esso dovrà esaminare se detta qualifica sia cessata.

19      Detto giudice sottolinea che tali materiali sono stati sottoposti ad un’operazione di controllo, in modo tale da poter essere direttamente utilizzati. Esso indica che, nel caso di specie, tali materiali sono stati utilizzati allo scopo di migliorare la struttura agricola, che esisteva un fabbisogno di materiali, che i requisiti tecnici sono stati soddisfatti e che, peraltro, non vi sono stati effetti nocivi sull’ambiente o sulla salute. Inoltre, siffatto approccio avrebbe come scopo la prevenzione dei rifiuti e la sostituzione di siffatti materiali a materie prime.

20      Il giudice del rinvio indica che, secondo il diritto austriaco, solo due attività pongono fine alla qualifica di rifiuto, vale a dire, da un lato, la preparazione per il riutilizzo mediante controllo, pulizia o riparazione e, dall’altro, l’utilizzo effettivo dei materiali considerati al fine di sostituirsi a materie prime. Per quanto riguarda i materiali di scavo, i criteri applicabili sarebbero più restrittivi, poiché la preparazione per il riutilizzo non fa cessare la loro qualifica di rifiuto. Pertanto, tale giudice considera che, secondo lo stato del diritto attualmente vigente in Austria e secondo l’interpretazione comunemente accolta, la cessazione della qualifica di rifiuto è limitata in modo contrario al diritto dell’Unione.

21      Infatti, sebbene i materiali di scavo di cui trattasi rientrino nella classe di qualità più elevata e siano idonei, a livello tecnico e giuridico, ai fini del miglioramento delle superfici agricole di cui trattasi, i criteri formali previsti dal piano federale di gestione dei rifiuti, interpretati restrittivamente, potrebbero ostare alla cessazione della qualifica di rifiuto di tali materiali.

22      In tal modo, secondo il giudice del rinvio, un’attività, quale un miglioramento di superfici agricole mediante materiali di scavo, che serve alla sostituzione di materie prime e si impone in forza della gerarchia dei rifiuti prevista dalla direttiva 2008/98, è impedita. Ciò creerebbe un incentivo, contrario agli obiettivi perseguiti da tale direttiva, ad utilizzare materie prime primarie e a mettere in discarica materie prime secondarie, come i materiali di scavo, perfettamente idonee al recupero.

23      In tali circostanze, il Landesverwaltungsgericht Steiermark (Tribunale amministrativo regionale della Stiria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, della [direttiva 2008/98] osti ad una normativa nazionale, secondo la quale la qualità di rifiuto viene meno solamente quando i rifiuti stessi ovvero materiali residui o, ancora, sostanze loro derivate siano utilizzati direttamente in sostituzione di materie prime o di prodotti ricavati da materie prime primarie o, ancora, siano stati preparati ai fini del riutilizzo.

In caso di risposta negativa alla prima questione:

2)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, della [direttiva 2008/98/CE] osti ad una normativa nazionale, secondo la quale, nel caso di materiali di scavo, un rifiuto possa cessare di essere considerato tale solo a seguito di sua utilizzazione quale sostituto di materie prime oppure di prodotti ricavati da materie prime primarie.

In caso di risposta negativa alla prima e/o alla seconda questione:

3)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, della [direttiva 2008/98/CE] osti ad una normativa nazionale, secondo la quale, nel caso di materiali di scavo, un rifiuto non possa cessare di essere considerato tale qualora non vengano rispettati in tutto o in parte determinati requisiti formali (in particolare, gli obblighi di registrazione e di documentazione), senza che ne consegua alcun effetto a livello ambientale sull’operazione compiuta, sebbene risulti che i materiali di scavo siano al di sotto dei valori limite (classe di qualità) prescritti ai fini della specifica destinazione prevista».

 Sulle questioni pregiudiziali

24      Occorre ricordare, in limine, che, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare la questione ad essa sottoposta. Inoltre, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la sua questione (sentenza del 1° agosto 2022, Uniqa Asigurări, C‑267/21, EU:C:2022:614, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

25      Spetta parimenti alla Corte pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali basandosi sulla normativa nazionale e sul contesto di fatto definiti dal giudice del rinvio, unico competente al riguardo, e fornirgli tutti gli elementi interpretativi attinenti al diritto dell’Unione che possano consentirgli di valutare la conformità di tale normativa con le disposizioni della direttiva considerata (v., in tal senso, sentenza del 10 febbraio 2022, Philips Orăştie, C‑487/20, EU:C:2022:92, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

26      Nel caso di specie, il giudice del rinvio esprime dubbi riguardo alla questione se i materiali di scavo di cui trattasi nel procedimento principale costituiscano «rifiuti», ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98. Tale giudice rileva, infatti, che uno degli oggetti della controversia di cui è investito è la questione se materiali di scavo non contaminati, rientranti, in forza della normativa nazionale, nella classe di qualità più elevata, debbano essere qualificati come «rifiuti».

27      Il governo austriaco fa valere che, in forza del diritto austriaco, quando materiali sono escavati o demoliti nel corso di un progetto di costruzione, il promotore della costruzione ha generalmente come obiettivo principale la realizzazione di tale progetto senza essere ostacolato da tali materiali, di modo che questi ultimi sarebbero rimossi dal sito in questione con l’intenzione di disfarsene.

28      La Porr Bau ritiene che ciò non si verifichi nel caso di specie e fa valere che i materiali di scavo di cui trattasi nel procedimento principale potrebbero soddisfare le condizioni previste all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/98 ed essere quindi qualificati come «sottoprodotti».

29      Nel caso in cui tali materiali dovessero nondimeno essere qualificati come «rifiuti», il giudice del rinvio indica che occorrerà assoggettare i medesimi ad un contributo per sito contaminato nonché esaminare se e, eventualmente, in quale momento, la qualifica di rifiuto di detti materiali sia cessata.

30      A tale riguardo, occorre constatare che, ai sensi del considerando 11 della direttiva 2008/98, la qualifica di rifiuto dei suoli escavati non contaminati e di altro materiale allo stato naturale utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati dovrebbe essere esaminata in base alla definizione di rifiuto e alle disposizioni sui sottoprodotti o sulla cessazione della qualifica di rifiuto ai sensi della medesima direttiva.

31      Pertanto, al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, si deve considerare che, con le sue questioni, che occorre trattare congiuntamente, tale giudice chiede, in sostanza, se l’articolo 3, punto 1, l’articolo 5, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale materiali di scavo non contaminati, rientranti, in forza del diritto nazionale, nella classe di qualità più elevata, da un lato, devono essere qualificati come «rifiuti», sebbene sia accertato che essi rientrino nella nozione di «sottoprodotti» e, dall’altro, perdono tale qualifica di rifiuto solo quando sono direttamente utilizzati come sostituti e il loro detentore soddisfa criteri formali irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente.

 Sulla qualificazione dei materiali di scavo come «rifiuto» o come «sottoprodotto»

32      L’articolo 3 della direttiva 2008/98 definisce la nozione di «rifiuto» come qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi.

33      A tale riguardo, la Corte ha ripetutamente dichiarato che la qualifica di «rifiuto» deriva anzitutto dal comportamento del detentore e dal significato del termine «disfarsi» (sentenza del 14 ottobre 2020, Sappi Austria Produktion e Wasserverband «Region Gratkorn-Gratwein», C‑629/19, EU:C:2020:824, punto 42 nonché giurisprudenza ivi citata).

34      Per quanto riguarda l’espressione «disfarsi», da una giurisprudenza costante risulta che tale espressione va interpretata alla luce dell’obiettivo della direttiva 2008/98 che, ai sensi del suo considerando 6, consiste nel ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l’ambiente, nonché dell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, a tenore del quale la politica dell’Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata, in particolare, sui principi della precauzione e dell’azione preventiva. Ne consegue che il termine «disfarsi» e dunque la nozione di «rifiuto», ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98, non possono essere interpretati in modo restrittivo (sentenza del 4 luglio 2019, Tronex, C‑624/17, EU:C:2019:564, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

35      Più in particolare, l’esistenza di un «rifiuto», ai sensi della direttiva 2008/98, va accertata alla luce del complesso delle circostanze, talune delle quali possono costituire indizi dell’esistenza di un’azione, di un’intenzione o di un obbligo di disfarsi di una sostanza o di un oggetto, ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98 (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2020, Sappi Austria Produktion e Wasserverband «Region Gratkorn-Gratwein», C‑629/19, EU:C:2020:824, punto 45 nonché giurisprudenza ivi citata).

36      Tra le circostanze che possono costituire indizi del genere figura il fatto che la sostanza considerata sia un residuo di produzione o di consumo, ossia un prodotto che non sia stato ricercato in quanto tale, e il cui eventuale utilizzo deve avvenire in condizioni particolari di prudenza a causa della pericolosità per l’ambiente della sua composizione (sentenza del 14 ottobre 2020, Sappi Austria Produktion e Wasserverband «Region Gratkorn-Gratwein», C‑629/19, EU:C:2020:824, punti 46 e 47 nonché giurisprudenza ivi citata).

37      Dalla giurisprudenza della Corte risulta, inoltre, che il metodo di trasformazione o la modalità di utilizzo di una sostanza non sono determinanti per stabilire se si tratti o meno di un «rifiuto» e che la nozione di «rifiuto» non esclude le sostanze né gli oggetti suscettibili di riutilizzazione economica. Il sistema di sorveglianza e di gestione istituito dalla direttiva 2008/98 intende, infatti, riferirsi a tutte le sostanze e a tutti gli oggetti di cui il proprietario si disfa, anche se essi hanno un valore commerciale e sono raccolti a titolo commerciale a fini di riciclo, di recupero o di riutilizzo (sentenza del 14 ottobre 2020, Sappi Austria Produktion e Wasserverband «Region Gratkorn-Gratwein», C‑629/19, EU:C:2020:824, punto 48 nonché giurisprudenza ivi citata).

38      Particolare attenzione dev’essere inoltre rivolta alla circostanza che la sostanza o l’oggetto di cui trattasi non presenti o non presenti più alcuna utilità per il suo detentore, cosicché tale sostanza o tale oggetto costituisce un ingombro di cui tale detentore cerchi di disfarsi. Ove ricorra effettivamente tale ipotesi, sussiste il rischio che detto detentore si disfi della sostanza o dell’oggetto in suo possesso con modalità atte a cagionare un danno ambientale, in particolare mediante abbandono, scarico o smaltimento incontrollati. Rientrando nella nozione di «rifiuto», ai sensi della direttiva 2008/98, tale sostanza o tale oggetto soggiace alle disposizioni di questa direttiva, il che implica che il suo recupero o il suo smaltimento dovrà essere effettuato in modo da non mettere in pericolo la salute umana e senza che vengano utilizzati procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente (sentenza del 14 ottobre 2020, Sappi Austria Produktion e Wasserverband «Region Gratkorn-Gratwein», C‑629/19, EU:C:2020:824, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

39      In proposito, il grado di probabilità di riutilizzo di una sostanza o di un oggetto senza operazioni di trasformazione preliminare costituisce un criterio utile al fine di valutare se essi costituiscano o meno un rifiuto ai sensi della direttiva 2008/98. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza o l’oggetto di cui trattasi, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di un tale riutilizzo è alta. In un’ipotesi del genere, la sostanza o l’oggetto di cui trattasi può essere considerato non più come un ingombro di cui il detentore cerchi di «disfarsi», bensì come un autentico prodotto (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2020, Sappi Austria Produktion e Wasserverband «Region Gratkorn-Gratwein», C‑629/19, EU:C:2020:824, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

40      Infatti, in determinate situazioni, una sostanza o un oggetto derivante da un processo di estrazione o di fabbricazione che non è principalmente destinato a produrlo può costituire non tanto un residuo, quanto un sottoprodotto, del quale il detentore non cerca di «disfarsi» ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98, ma che esso intende sfruttare o commercializzare – altresì eventualmente per il fabbisogno di operatori economici diversi da quello che l’ha prodotto – a condizioni ad esso favorevoli, in un processo successivo, a condizione che tale riutilizzo sia non soltanto possibile ma certo, non richieda una trasformazione preliminare e intervenga nel corso del processo di produzione (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2020, Sappi Austria Produktion e Wasserverband «Region Gratkorn-Gratwein», C‑629/19, EU:C:2020:824, punto 51 nonché giurisprudenza ivi citata).

41      Come la Corte ha dichiarato, non sarebbe, infatti, in alcun modo giustificato assoggettare alle disposizioni della direttiva 2008/98, volte ad assicurare che le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti siano eseguite senza mettere in pericolo la salute umana e senza che vengano usati procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio all’ambiente, sostanze od oggetti che il detentore intenda sfruttare o commercializzare in condizioni vantaggiose indipendentemente da una qualsiasi operazione di recupero. Tuttavia, alla luce dell’obbligo di procedere a un’interpretazione estensiva della nozione di «rifiuto», si deve ritenere che vengano quindi prese in considerazione unicamente le fattispecie in cui il riutilizzo della sostanza o dell’oggetto di cui trattasi non sia soltanto eventuale ma certo, senza che sia necessario a tal fine ricorrere preventivamente a uno dei procedimenti di recupero dei rifiuti di cui all’allegato II della direttiva 2008/98, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2020, Sappi Austria Produktion e Wasserverband «Region Gratkorn-Gratwein», C‑629/19, EU:C:2020:824, punto 52 nonché giurisprudenza ivi citata).

42      Dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/98 risulta, infatti, che un «sottoprodotto» è una sostanza o un oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza o di detto oggetto e che soddisfa un certo numero di condizioni elencate in tale articolo 5, paragrafo 1, lettere da a) a d).

43      Come risulta da tale disposizione, una sostanza o un oggetto derivante da un processo di produzione il cui scopo primario non sia la produzione di tale sostanza o di detto prodotto può essere considerato non già come un «rifiuto», ai sensi dell’articolo 3, punto 1, di tale direttiva, bensì come un «sottoprodotto» , solo se sono soddisfatte le seguenti condizioni cumulative. In primo luogo, deve essere certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o. In secondo luogo, la sostanza o l’oggetto deve poter essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale. In terzo luogo, la sostanza o l’oggetto deve essere prodotta/o come parte integrante di un processo di produzione. In quarto luogo, l’ulteriore utilizzo deve essere legale, ossia la sostanza o l’oggetto deve soddisfare, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

44      Una sostanza o un oggetto che costituisca un «sottoprodotto», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/98, non è considerato un rifiuto rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva. Pertanto, secondo tale disposizione, la qualità di «sottoprodotto» e la qualifica di «rifiuto» si escludono reciprocamente (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2020, Sappi Austria Produktion e Wasserverband «Region Gratkorn-Gratwein», C‑629/19, EU:C:2020:824, punto 71).

45      A tale riguardo, la Corte ha considerato che non costituiva un rifiuto, ai sensi di tale direttiva, il coke da petrolio prodotto volontariamente, o risultante dalla produzione simultanea di altre sostanze combustibili petrolifere, in una raffineria di petrolio ed utilizzato con certezza come combustibile per il fabbisogno energetico di tale raffineria e di altre industrie. Effluenti di allevamento possono, alle medesime condizioni, sfuggire alla qualifica di «rifiuti», se vengono utilizzati come fertilizzanti dei terreni nel contesto di una pratica legale di spargimento su terreni ben identificati e se lo stoccaggio del quale sono oggetto è limitato alle esigenze di queste operazioni di spargimento (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2005, Commissione/Spagna, C‑121/03, EU:C:2005:512, punti 59 e 60 nonché giurisprudenza ivi citata).

46      Spetta al giudice del rinvio, il solo competente a valutare i fatti della causa di cui è investito, verificare se, alla luce delle considerazioni ricordate ai punti da 32 a 39 della presente sentenza, la Porr Bau avesse effettivamente l’intenzione di «disfarsi» dei materiali di scavo di cui trattasi nel procedimento principale, cosicché essi costituirebbero rifiuti, ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98.

47      Spetta, in particolare, a tale giudice verificare se detti materiali di scavo costituissero un ingombro di cui tale impresa edile cercava di disfarsi, cosicché sussisterebbe il rischio che quest’ultimo se ne disfi con modalità atte a cagionare un danno ambientale, in particolare mediante abbandono, scarico o smaltimento incontrollati.

48      Ciò premesso, spetta alla Corte fornire a detto giudice tutte le indicazioni utili alla soluzione della controversia di cui è stato investito (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2020, Sappi Austria Produktion e Wasserverband «Region Gratkorn-Gratwein», C‑629/19, EU:C:2020:824, punto 53 nonché giurisprudenza ivi citata).

49      Nel caso di specie, dagli elementi portati a conoscenza della Corte risulta che, ancor prima dell’escavazione dei materiali di cui trattasi nel procedimento principale, esisteva un’esplicita richiesta, formulata dagli imprenditori agricoli locali, di fornitura di siffatti materiali. Dopo che si sono presentati progetti di costruzione idonei, che rendevano disponibili i materiali di scavo richiesti, tale domanda avrebbe comportato un impegno, da parte della Porr Bau, di mettere a disposizione detti materiali di scavo, accompagnato da un accordo in forza del quale tale impresa avrebbe eseguito, mediante questi ultimi, lavori di rimessa in coltura e di miglioramento di terreni e di superfici agricole debitamente individuate. Simili elementi, se accertati, circostanza che spetta al giudice del rinvio stabilire, non sembrano tali da dimostrare l’intenzione dell’impresa edile interessata di disfarsi dei detti materiali.

50      Occorre pertanto esaminare se i materiali di scavo di cui trattasi nel procedimento principale debbano essere qualificati come «sottoprodotto», ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/98.

51      Spetta al giudice del rinvio verificare che tutte le condizioni previste da tale disposizione, ricordate al punto 43 della presente sentenza, siano soddisfatte.

52      Per quanto riguarda, in primo luogo, la condizione enunciata all’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva, secondo cui è certo che la sostanza o l’oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o, spetterà nella specie a tale giudice verificare che gli imprenditori agricoli interessati si siano fermamente impegnati, nei confronti della Porr Bau, a prendere in consegna i materiali di scavo di cui al procedimento principale al fine di servirsene per realizzare lavori di rimessa in coltura e di miglioramento di terreni e di superfici agricole, ma anche che tali materiali nonché i quantitativi consegnati siano stati effettivamente destinati alla realizzazione di tali lavori e strettamente limitati alle esigenze della stessa.

53      Nell’ipotesi in cui detti materiali non siano stati forniti immediatamente, si deve ammettere uno stoccaggio di una durata ragionevole che consenta il loro deposito temporaneo, fino alla realizzazione dei lavori ai quali sono destinati. Come risulta dalla giurisprudenza ricordata al punto 45 della presente sentenza, tale periodo di stoccaggio non deve tuttavia eccedere quanto necessario affinché l’impresa interessata sia in grado di adempiere i propri obblighi contrattuali (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Brady (C‑113/12, EU:C:2013:627, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

54      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la condizione prevista all’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2008/98, secondo cui la sostanza o l’oggetto deve poter essere utilizzata/o direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale, occorre ricordare che dalla decisione di rinvio risulta che i materiali di scavo di cui trattasi nel procedimento principale sono stati oggetto di un controllo di qualità attestante che si tratta di materiali non contaminati rientranti nella classe di qualità più elevata e sono riconosciuti come tali dal diritto nazionale. Spetta tuttavia al giudice del rinvio assicurarsi che tali materiali non abbiano richiesto alcuna trasformazione o trattamento prima del loro ulteriore utilizzo.

55      In terzo luogo, quanto alla condizione prevista all’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2008/98, e alla questione se detti materiali costituiscano parte integrante del processo di produzione della Porr Bau, occorre rilevare, al pari dell’avvocato generale ai paragrafi 41 e 47 delle sue conclusioni, che il suolo escavato è la conseguenza di una delle prime fasi solitamente intraprese in un’operazione di costruzione intesa come attività economica, il cui risultato è la trasformazione del terreno.

56      Per quanto riguarda, in quarto luogo, la condizione secondo cui l’ulteriore utilizzo della sostanza o dell’oggetto in questione deve essere legale, l’articolo 5, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2008/98 richiede, in particolare, che la sostanza o l’oggetto soddisfi, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porti a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

57      A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo le indicazioni contenute nella decisione di rinvio, i materiali di scavo di cui trattasi nel procedimento principale erano stati classificati, a seguito di un’analisi di qualità effettuata prima del loro reimpiego, come rientranti nella classe di qualità più elevata di materiali di scavo non contaminati, come definita dalla normativa austriaca, in particolare nell’ambito del piano federale di gestione dei rifiuti, che prevede requisiti specifici riguardanti la riduzione delle quantità di rifiuti, dei loro inquinanti e dei loro effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute umana. Tale piano prevedrebbe altresì che l’utilizzo di materiali di scavo non contaminati della classe di qualità più elevata sia idoneo e consentito ai fini della rimessa in coltura e del miglioramento di terreni.

58      Tale utilizzo è, in linea di principio, conforme agli obiettivi della direttiva 2008/98. Occorre infatti rilevare che l’utilizzo di terreni di sterro e di scavo sotto forma di materiali da costruzione, nei limiti in cui gli stessi soddisfano stretti requisiti di qualità, presenta un vantaggio significativo per l’ambiente in quanto contribuisce, come richiesto dall’articolo 11, paragrafo 2, lettera b), di tale direttiva, alla riduzione dei rifiuti, alla preservazione delle risorse naturali nonché allo sviluppo di un’economia circolare.

59      Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 73 delle sue conclusioni, si deve ritenere che l’utilizzo di materiali di scavo rientranti nella classe di qualità più elevata, ai fini della rimessa in coltura e del miglioramento di terreni agricoli, consenta di rispettare la gerarchia dei rifiuti stabilita all’articolo 4 di detta direttiva.

60      Nell’ipotesi contraria, in cui si giungesse alla conclusione secondo cui i materiali di scavo di cui trattasi nel procedimento principale costituiscono «rifiuti», ai sensi dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale la qualifica di tali materiali come rifiuti cessa solo quando essi sono direttamente utilizzati come sostituti e il loro detentore soddisfa criteri formali irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente.

 Sulla cessazione della qualifica di rifiuto dei materiali di scavo

61      Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98, taluni rifiuti specifici cessano di essere tali quando siano sottoposti a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio. La cessazione della qualifica di rifiuto è altresì subordinata a criteri specifici che devono essere elaborati conformemente a diverse condizioni. In primo luogo, la sostanza o l’oggetto di cui trattasi deve essere comunemente utilizzata/o per scopi specifici. In secondo luogo, deve esistere un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto. In terzo luogo, la sostanza o l’oggetto deve soddisfare i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispettare la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti. In quarto luogo, l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non deve portare a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

62      Il giudice del rinvio rileva che l’articolo 5, paragrafo 1, della legge federale sulla gestione dei rifiuti del 2002 prevede che la qualifica di rifiuto dei materiali residui o delle sostanze che ne derivano cessa quando tali sostanze sono direttamente utilizzate come sostituti di materie prime o di prodotti ottenuti a partire da materie prime primarie, o al termine della loro preparazione per il riutilizzo.

63      Tuttavia, per quanto riguarda i materiali di scavo, tale giudice sottolinea che detta qualifica di rifiuto cessa solo quando tali materiali sono stati utilizzati come sostituti di materie prime o di prodotti ottenuti a partire da materie prime primarie.

64      Peraltro, detto giudice rileva, da un lato, che il recupero mediante preparazione per il riutilizzo non fa cessare la qualifica di rifiuto di simili materiali. Dall’altro lato, affinché tale qualifica cessi, conformemente al piano federale di gestione dei rifiuti dovrebbero essere soddisfatti taluni requisiti formali, quali obblighi in materia registrazione e di documentazione, irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente.

65      Occorre quindi verificare se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98 osti ad una normativa nazionale in forza della quale la qualifica di rifiuto di materiali di scavo non contaminati, rientranti, in forza del diritto nazionale, nella classe di qualità più elevata cessa unicamente quando siano stati utilizzati come sostituti delle materie prime e dopo che siffatti requisiti formali siano stati soddisfatti.

66      In primo luogo, occorre rilevare che, sebbene tra le operazioni di recupero elencate nell’allegato II della direttiva 2008/98 figuri quella di «[t]rattamento in ambiente terrestre a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia», dal considerando 22 di tale direttiva risulta che, per la cessazione della qualifica di rifiuto, l’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale.

67      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 65 delle sue conclusioni, tale considerando trova la sua espressione nell’articolo 3, punto 16, della direttiva 2008/98, che definisce la nozione di «preparazione per il riutilizzo» come operazioni di «controllo, pulizia [o] riparazione», ai fini del recupero, attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento. Tale disposizione qualifica espressamente le operazioni di «preparazione per il riutilizzo» come recupero.

68      Pertanto, si deve ritenere che un esame volto a determinare la qualità e la presenza di inquinamento o di contaminazione in materiali di scavo possa essere qualificato come «operazione di controllo» rientrante nella nozione di «preparazione per il riutilizzo», come definita all’articolo 3, punto 16, della direttiva 2008/98. Di conseguenza, si può ritenere che i rifiuti oggetto di una siffatta operazione di «preparazione per il riutilizzo» siano stati sottoposti a un’operazione di recupero, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, qualora il loro riutilizzo non richieda nessun altro pretrattamento.

69      In secondo luogo, spetta al giudice del rinvio valutare se, nel procedimento principale, i criteri specifici definiti nel rispetto delle condizioni enunciate a tale articolo 6, paragrafo 1, siano rispettati al termine dell’operazione di controllo.

70      Per quanto riguarda i criteri formali previsti dal piano federale di gestione dei rifiuti ai quali sono stati sottoposti i materiali di scavo di cui trattasi nel procedimento principale, occorre rilevare che, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/98, i criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto. Inoltre, gli Stati membri dispongono, nell’ambito previsto all’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva , di un margine di discrezionalità quanto alla definizione di tali criteri.

71      Pertanto, se è vero che criteri formali come quelli menzionati dal giudice del rinvio possono risultare necessari, in particolare, al fine di garantire la qualità e l’innocuità della sostanza di cui trattasi, essi devono essere definiti in modo da raggiungere i loro obiettivi senza compromettere il conseguimento di quelli della direttiva 2008/98.

72      Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, secondo la decisione di cui al punto 17 della presente sentenza, la valutazione secondo cui la qualifica di rifiuto dei materiali di scavo di cui trattasi nel procedimento principale non era cessata era essenzialmente imputabile al mancato rispetto di criteri formali irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente.

73      Orbene, gli obiettivi previsti dalla direttiva 2008/98 rischierebbero di essere disattesi se, nonostante il rispetto dei criteri specifici definiti conformemente alle condizioni enunciate all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, materiali di scavo non contaminati della classe di qualità più elevata, le cui proprietà possono servire a migliorare le strutture agricole, non fossero considerati tali da aver perso la qualifica di rifiuto a seguito di un controllo di qualità che consenta di assicurarsi dell’innocuità del loro utilizzo sull’ambiente o sulla salute umana.

74      Infatti, se, come rileva il giudice del rinvio, il riutilizzo di simili materiali di scavo fosse ostacolato da criteri formali, che siano irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente, questi ultimi dovrebbero essere considerati in contrasto con gli obiettivi perseguiti dalla direttiva 2008/98, i quali, come risulta dai considerando 6, 8 e 29 della stessa, consistono nel favorire l’applicazione della gerarchia dei rifiuti prevista all’articolo 4 di tale direttiva, nonché il recupero dei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero per preservare le risorse naturali e consentire l’attuazione di un’economia circolare. Se del caso, siffatte misure pregiudicherebbero l’effetto utile di tale direttiva.

75      Non si può ammettere che siffatti criteri formali abbiano l’effetto di compromettere il conseguimento degli obiettivi della direttiva 2008/98. Spetta al giudice del rinvio, il solo competente ad interpretare le disposizioni del suo diritto nazionale, esaminare se ciò si verifichi nel caso di specie.

76      Da tali considerazioni discende che, qualora i materiali di scavo di cui trattasi nel procedimento principale siano stati oggetto di un’operazione di recupero e rispondano a tutti i criteri specifici definiti nel rispetto delle condizioni enunciate all’articolo 6, paragrafo 1, lettere da a) a d), della direttiva 2008/98, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, si dovrebbe ritenere che la qualifica di rifiuto di tali materiali sia cessata.

77      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 3, punto 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in forza della quale materiali di scavo non contaminati, rientranti, ai sensi del diritto nazionale, nella classe di qualità più elevata,

–        devono essere qualificati come «rifiuti» sebbene il loro detentore non abbia né l’intenzione né l’obbligo di disfarsene e tali materiali soddisfino le condizioni previste all’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva per essere qualificati come «sottoprodotti», e

–        perdono tale qualifica di rifiuto solo quando siano direttamente utilizzati come sostituti e il loro detentore abbia soddisfatto criteri formali irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente, qualora questi ultimi abbiano l’effetto di compromettere il conseguimento degli obiettivi di detta direttiva.

 Sulle spese

78      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’articolo 3, punto 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive,

devono essere interpretati nel senso che:

ostano a una normativa nazionale in forza della quale materiali di scavo non contaminati, rientranti, ai sensi del diritto nazionale, nella classe di qualità più elevata,

–      devono essere qualificati come «rifiuti» sebbene il loro detentore non abbia né l’intenzione né l’obbligo di disfarsene e tali materiali soddisfino le condizioni previste all’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva per essere qualificati come «sottoprodotti», e

–      perdono tale qualifica di rifiuto solo quando siano direttamente utilizzati come sostituti e il loro detentore abbia soddisfatto criteri formali irrilevanti ai fini della protezione dell’ambiente, qualora questi ultimi abbiano l’effetto di compromettere il conseguimento degli obiettivi di detta direttiva.

Firme