EOW Inerti. Una riflessione sulle procedure di miscelazione alla luce della risposta del MASE del 15 ottobre 2025

di Oreste PATRONE

Con il decreto ministeriale 28 giugno 2024, n. 127, il Legislatore ha ridefinito la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto per i rifiuti inerti da costruzione e demolizione [e per altri inerti] stabilendo i criteri per la produzione di un aggregato recuperato utilizzabile come sostituto ecologico della tradizionale materia prima, per gli scopi specifici previsti dall’Allegato 2 [articolo 4, comma 1]. In questo contesto è emerso un punto critico, riguardante la miscelazione dei rifiuti ammessi prima dell’operazione di recupero. In particolare, ci si è chiesti se quella miscelazione andasse considerata un’operazione autonoma soggetta a autorizzazione [operazione R12] oppure potesse essere inclusa nel processo di recupero.

Il quesito su miscelazione e autorizzazioni: cosa è stato chiesto

L’interpello, presentato ai sensi dell’art. 3-septies del D.Lgs. 152/2006 dalla Provincia di Campobasso, ha chiesto chiarimenti al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica sul fatto che, in un impianto autorizzato ai sensi del decreto 127/2024 per la produzione di aggregato recuperato, la miscelazione dei rifiuti ammessi costituisse un’operazione distinta, da autorizzare come R12, oppure fosse parte integrante del processo di recupero.

Il quadro normativo di riferimento

Il DM 127/2024 stabilisce che solo determinati rifiuti inerti — quelli non pericolosi derivanti da costruzione e demolizione o altri inerti di origine minerale, come individuati nell’Allegato 1 — possono essere utilizzati per la produzione di aggregato recuperato. Il regolamento dettaglia procedure di controllo in ingresso, vincoli di stoccaggio e di messa in riserva, nonché le modalità di trattamento e trasformazione [frantumazione, vagliatura, separazione, selezione, eventualmente miscelazione], purché il materiale finale rispetti i requisiti di qualità indicati.

Parallelamente, la normativa sui rifiuti — in particolare l’articolo 184-ter del D.lgs. 152/2006 — consente che, una volta rispettati certi criteri di recupero, i rifiuti possano cessare di essere tali. Inoltre, l’operazione R12 [scambio di rifiuti in attesa di trattamento] resta definita come opzione per pretrattamenti quando non sia prevista altra operazione R più appropriata.

La risposta del MASE

Con il parere reso nell’ambito dell’interpello [prot. 190663 del 15 ottobre 2025], il Ministero ha chiarito che, per gli impianti che operano secondo il decreto 127/2024, l’operazione di recupero finalizzata alla cessazione della qualifica di rifiuto può includere la miscelazione dei rifiuti ammessi. Di conseguenza, quella miscelazione non richiede una specifica autorizzazione R12 né genera automaticamente una nuova classificazione del rifiuto.

Il Ministero sottolinea, però, che l’utilizzo è consentito solo per i rifiuti non pericolosi espressamente elencati nel decreto e che la miscelazione non può avvenire durante la fase di messa in riserva [R13]: in quella fase, i materiali devono essere stoccati in aree separate per tipologia, per preservarne la tracciabilità e l’idoneità al successivo trattamento; fermo restando che, come già evidenziato anche in contributi precedenti, alcune operazioni di omogeneizzazione funzionali al recupero — pur svolte fisicamente nelle aree di messa in riserva — appartengono, nella sostanza, alla fase di trattamento e non a un’autonoma operazione R12.

A ben vedere, il chiarimento del MASE risolve la questione dal punto di vista formale, ma lascia scoperto un punto essenziale: se la miscelazione non può avvenire in R13, in quale fase operativa dovrebbe avere luogo, considerando che il decreto non individua spazi intermedi tra la messa in riserva e le operazioni di trattamento vero e proprio? Il rischio è che la distinzione si riduca a un dato meramente topografico — “non nel piazzale di stoccaggio, ma pochi metri più in là” — senza offrire una risposta realmente funzionale alla gestione del processo, né definire entro quali limiti temporali il materiale così predisposto possa considerarsi già avviato alla fase di recupero

Su questo aspetto, mi ero già espresso in senso critico in un precedente contributo, rilevando come in molti casi l’unione dei cumuli — impropriamente definita miscelazione — sia già, nella sostanza, parte integrante del processo di recupero.

La risposta del MASE chiarisce giustamente che la miscelazione dei soli rifiuti ammessi non necessita di un’autorizzazione R12 dedicata; tuttavia, non indica dove tale miscelazione debba avvenire, se non inferendone implicitamente la collocazione a valle della R13 e a monte del processo di trattamento. Ma questa distinzione resta concettualmente fragile: in assenza di una definizione operativa chiara, molti passaggi che nella pratica rappresentano l’avvio del trattamento continuano ad avvenire fisicamente all’interno dell’area classificata come messa in riserva. Una cosa è vietare la miscelazione come forma di commistione incontrollata, altra cosa è impedire quelle fasi di predisposizione che partecipano pienamente alla logica del recupero.

Alla luce di ciò, pur condividendo la direzione del MASE — che evita di gonfiare artificiosamente il ricorso a R12 — resta necessario interrogarsi su come distinguere, nella pratica quotidiana degli impianti, un deposito meramente conservativo da un’attività che, sebbene svolta nelle aree R13, è già funzionalmente parte dell’operazione di recupero. Senza questo chiarimento, il confine rischia di dipendere più dall’interpretazione locale che dalla norma, con conseguenze non trascurabili in termini autorizzativi e gestionali.

Le implicazioni pratiche per gli impianti

Per gli operatori che intendono produrre aggregato recuperato secondo il decreto 127/2024, la decisione ministeriale libera dalla necessità di richiedere un’autorizzazione aggiuntiva per la miscelazione [R12], semplificando quindi le procedure autorizzative. Tuttavia, non riduce la responsabilità gestionale: l’impianto deve garantire che i rifiuti miscelati siano tutti conformi alla normativa, che il processo complessivo rispetti i requisiti di qualità e che sia garantita la tracciabilità dei lotti, sia in entrata sia in uscita.

Resta altresì valida — per rifiuti non coperti dal decreto 127/2024 o per operazioni non finalizzate alla produzione di EOW — la disciplina ordinaria delle operazioni R12 o R10, secondo la situazione normativa applicabile.

I precedenti

Non è la prima volta che il MASE interviene per chiarire il perimetro operativo dei decreti EOW sui rifiuti inerti. L’interpello del 2023 rivolto dalla Provincia di Trento ne era un esempio particolarmente istruttivo. Già allora, il Ministero aveva precisato che le fasi elencate negli allegati dei decreti sono da intendersi come esemplificative e non tassative, e che ciò che realmente conta è il mantenimento della conformità del rifiuto in ingresso e della qualità dell’aggregato in uscita.

In quella sede, il MASE aveva anche ribadito che lo stoccaggio in messa in riserva deve restare rigorosamente separato per tipologia [1], mentre le operazioni di trattamento sono ammesse nella misura in cui risultano funzionali al raggiungimento dei criteri di cessazione della qualifica di rifiuto. È una linea interpretativa che mostra una continuità evidente: se nel 2023 il Ministero aveva già distinto nettamente tra obblighi di separazione in R13 e flessibilità nelle lavorazioni, l’interpello del 2025 conferma questa impostazione applicandola in modo diretto al tema della miscelazione. Il risultato è un approccio coerente, nel quale il MASE evita irrigidimenti non necessari ma tutela con fermezza la qualità del materiale recuperato, riaffermando che la miscelazione è ammissibile solo come fase interna del trattamento e mai nello stoccaggio preliminare.

Resta tuttavia irrisolta — e lo abbiamo evidenziato sopra — la questione di dove debba avvenire questa miscelazione, dal momento che il decreto non prevede uno spazio operativo intermedio tra la messa in riserva e il trattamento. Da questo punto di vista, ritengo che la posizione del MASE rischi di cristallizzare un confine più topografico che funzionale. È in questo scarto che si colloca la nostra divergenza: la miscelazione finalizzata al recupero non è un prima rispetto al trattamento, ma il suo inizio effettivo. Pretendere che avvenga altrove, senza definire dove, significa rimandare il problema anziché risolverlo.

Una riflessione conclusiva

In definitiva, con questo interpello il Ministero conferma una tendenza interpretativa volta a rendere operativo e concreto il modello dell’EOW: la miscelazione, finora vista con cautela, come fase delicata, viene riconosciuta come potenziale componente del processo di recupero, quando condotta in modo trasparente e controllato. Non si tratta di un via libera generico, ma di un bilanciamento regolamentare.

Rimangono tuttavia alcuni nodi irrisolti, legati soprattutto a un’impostazione ancora troppo formalistica di certe distinzioni operative, che non sempre riflettono la prassi reale degli impianti. Pur apprezzando l’intento chiarificatore del MASE, resta la sensazione che il quadro normativo continui a inseguire una rappresentazione ideale dei processi, lasciando in ombra quelle zone di transizione dove il recupero, nella pratica quotidiana, comincia ben prima di quanto le classificazioni autorizzative lascino intendere. È un terreno sul quale sarà necessario proseguire nella riflessione e nel confronto, affinché la disciplina dell’End of Waste possa davvero rispecchiare, invece di censurare, la dinamica concreta dei cicli di trattamento.

[1] Nel regime semplificato, la separazione si riferisce alle tipologie come individuate nei corrispondenti paragrafi degli allegati al DM 5 febbraio 1998 — categorie che comprendono più codici EER, non singole voci — con tutte le implicazioni che questo comporta nella gestione reale dei cumuli.