Il traffico illecito di rifiuti industriali può integrare diverse fattispecie di reati.
di Stefano DELIPERI
I Giudici penali cagliaritani stanno esaminando in questi anni, nei vari gradi di giudizio, un ingente traffico illecito di rifiuti industriali provenienti dai poli di Portovesme e di San Gavino Monreale.
Si tratta di indagini condotte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari e dai Carabinieri del N.O.E. confluite nel procedimento penale n. 5890/2007 G.I.P. (R.N.R. 2923/2007) e concernenti circa 15 mila tonnellate di rifiuti con elevati tenòri di zinco, nichel, piombo, cadmio, rame, solfati, floruri prodotti dalle lavorazioni degli impianti della Portovesme s.r.l. smaltiti illecitamente in cave del Cagliaritano e, addirittura, nella realizzazione di riempimenti stradali e piazzali degli ospedali cittadini.
La scelta di alcuni indagati in favore del rito abbreviato ha condotto alle condanne statuite con sentenza Tribunale di Cagliari n. 328 del 28 febbraio 2012, sostanzialmente confermata da sentenza Corte d’Appello di Cagliari, Sez. II, 1 marzo 2013, n. 322. La Corte Suprema di cassazione, con sentenza Sez. III, 8 ottobre 2014, n. 2738 ha dichiarato estinto per prescrizione un reato, rinviando ad altra Sezione della Corte d’Appello cagliaritana quanto ad altre ipotesi di reato e alla quantificazione della pena. Il 30 aprile 2015 si aprirà, quindi, l’udienza presso la Sez. I della Corte d’Appello del distretto sardo.
I restanti indagati hanno optato per il rito ordinario.
Il Tribunale di Cagliari, in composizione monocratica, ha emesso la sentenza n. 1 del 26 febbraio 2015 (udienza 7 gennaio 2015) con la quale sono stati condannati tre fra imprenditori e analisti (assolti invece tre camionisti) per aver realizzato sistematiche e continuative attività di gestione, trasporto e cessione rifiuti non autorizzate (art. 260 del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.), due discariche abusive di rifiuti industriali misti pericolosi (art. 256, comma 3°, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.), numerosi trasporti di rifiuti misti pericolosi non autorizzati (art. 256, comma 1°, lettera b, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.) e molteplici conferimenti non autorizzati di rifiuti misti pericolosi con false dichiarazioni su natura, composizione fisico-chimica e destinazione (art. 258, comma 4°, del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.).
I requisiti per l’integrazione delle fattispecie penali contestati sono stati ritenuti sussistenti, in particolare è stata evidenziata, oltre alla “quantità ingente dei rifiuti coinvolti” e “il carattere abusivo della gestione, sia sotto il profilo formale, che sotto quello sostanziale”, la chiara “esistenza di una complessa organizzazione, stabilmente preordinata al compimento delle … attività, consistente nel coordinamento di almeno tre società (la Portovesme, quale produttrice dei rifiuti, la GAP SERVICE, quale gestrice dello stallo, ove i medesimi venivano provvisoriamente depositati, nonché quale intermediaria tra la Portovesme e la Tecnoscavi, e, quast’ultima, quale trasportatrice e destinataria dei rifiuti stessi); nell’approntamento di mezzi (autocarri, macchine per l’effettuazione del carico, disponibilità di immobili ove stoccare il materiale) e nell’impiego di personale dipendente delle società stesse, per l’esecuzione delle operazioni a cui ciascuna era adibita”.
Un traffico illecito di rifiuti pericolosi particolarmente lucroso in danno dell’ambiente e della salute pubblica ora venuto meno, fortunatamente.
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