Consiglio di Stato Sez. VI n. 4181 del 26 aprile 2023
Urbanistica.Impossibilità della sanatoria in zona vincolata

Quando si è in presenza di un vincolo paesaggistico (o culturale), l’istituto dell’accertamento di conformità può essere solo l’eccezione, considerando rigorosamente le restrizioni previste dal legislatore, in base alla particolare rilevanza costituzionale attribuita da esso ai beni ambientali e paesaggistici, in quanto la garanzia degli stessi non è solo fine a sé stessa, ma anche strumentale alla preservazione di beni fondamentali come la salute e la vita. Nel confronto tra l’interesse pubblico all’utilizzazione controllata del territorio e l’interesse del privato alla sanatoria prevale l’interesse pubblico al ripristino della legalità. Si può quindi affermare che il paesaggio, come bene oggetto di tutela, non è suscettibile né di reintegrazioni, né di incrementi, e ciò giustifica una disciplina particolarmente rigorosa e rispettosa del disposto dell’art. 9 della Costituzione.


Pubblicato il 26/04/2023

N. 04181/2023REG.PROV.COLL.

N. 08787/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8787 del 2019, proposto da
S.G.A.P.U. Società Gestione Alberghi Pensioni Umbre di Ambrosi & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Biamonte, Francesco Tramontano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Biamonte in Roma, via Pistoia 6;

contro

Comune di Perugia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luca Zetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Stefania Pazzaglia in Roma, piazza dell'Orologio 7;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Grazia Petrini, rappresentata e difesa dall'avvocato Mario Rampini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone n.44;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) n. 473/2019, resa tra le parti, per l’annullamento: 1) della nota 2016/00237419 del 21.12.2016, a firma del Dirigente U.O. Edilizia Privata del Comune di Perugia, recante il diniego di esercizio dell’autotutela del provvedimento n. 2016/211603; 2) del provvedimento 2016/0211603 U.O. Edilizia Privata Comune di Perugia, recapitato l’1.12.2016.; 3) del provvedimento con cui l’Amministrazione comunale intimata ha ritenuto procedibile l’istanza di accertamento, pur trattandosi di opere soggette a vincolo paesaggistico, prive del relativo nulla osta, e in ordine alle quali viene richiesto illegittimamente ex post e in sanatoria il parere della Soprintendenza in violazione dell’art. 167 d.lgs. 42/2004; 4) del titolo abilitativo formatosi mediante S.C.I.A. finalizzato all’accertamento di conformità delle opere realizzate senza titolo abilitativo in Perugia al Corso Vannucci n. 97 – 81;

5) del provvedimento di accertamento della compatibilità paesaggistica ex art. 136 d.lgs. 42/2004.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti, per l’annullamento: 1) della nota 07228/2017 del 12.1.2017, con la quale il Comune di Perugia ha comunicato alla signora Petrini il parere favorevole – con prescrizioni – della Commissione Architettonica per la Qualità e il paesaggio e viene espressamente riconosciuta la conformità dell’intervento alle norme di tutela del vincolo ambientale e la insussistenza del danno, ritenendo non necessaria la riduzione in pristino, in quanto, secondo la prospettazione dell’Amministrazione, la modifica apportata non inciderebbe sui valori tutelati, in uno al parere favorevole della medesima Commissione Architettonica; 2) del parere favorevole della Commissione Architettonica per la Qualità e il Paesaggio del Comune di Perugia; 3) della nota prot. 0220945/2016 recante la trasmissione – con parere favorevole – della pratica alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria; 4) del provvedimento già impugnato con cui l’Amministrazione comunale intimata ha ritenuto procedibile l’istanza di accertamento, pur trattandosi di opere soggette a vincolo paesaggistico, prive del relativo nulla osta, e in ordine alle quali viene richiesto illegittimamente ex post e in sanatoria il parere della Soprintendenza in violazione dell’art. 167 d.lgs. 42/2004; 5) del parere favorevole della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria ex artt. 167 e 181 d.lgs. 42/2004 prot. 10885/2016, già impugnato, acquisito al protocollo 2016/242810 Comune di Perugia, con il quale le opere realizzate vengono ritenute «compatibili con i valori di tutela paesaggistica in quanto per tipologia, contenuti, entità e particolare ubicazione esse non incidono significativamente sull’assetto percettivo e panoramico riscontrabile da principali punti di osservazione e vie principali»; 6) del titolo abilitativo formatosi mediante S.C.I.A. finalizzato all’accertamento di conformità delle opere realizzate senza titolo abilitativo in Perugia al Corso Vannucci n. 97 – 81;

7) del provvedimento di accertamento della compatibilità paesaggistica ex art. 136 d.lgs. 42/2004; 8) del parere di istruttoria tecnica favorevole del Comune di Perugia; per quanto riguarda i secondi motivi aggiunti, per l’annullamento della nota n. 82 dell’1.3.2019, recante l’accertamento di compatibilità paesaggistica (istanza 120427/2016).


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Grazia Petrini, del Comune di Perugia e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2023 il Cons. Thomas Mathà e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Biamonte, Francesco Tramontano e Luca Zetti;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in esame, la SGAPU – Società gestione Alberghi Pensioni Umbre di Ambrosi & C. S.a.s., impugna la sentenza 5 agosto 2019 n. 473, con la quale il TAR per l’Umbria ha respinto il suo ricorso (ed integrato da due motivi aggiunti) proposto avverso una pluralità di atti, ed in particolare avverso:

- la nota del Comune di Perugia 2016/00237419 del 21.12.2016, recante il diniego di esercizio dell’autotutela del provvedimento n. 2016/211603;

- il provvedimento del Comune di Perugia 2016/0211603 del 1.12.2016, con il quale veniva considerata procedibile l’istanza di accertamento per conformità;

- il titolo abilitativo formatosi mediante S.C.I.A. e finalizzato all’accertamento di conformità delle opere realizzate senza titolo abilitativo in Perugia al Corso Vannucci n. 97 – 81;

- il provvedimento di accertamento della compatibilità paesaggistica ex art. 136 del d.lgs. 42/2004;

- la nota 12 gennaio 2017 n. 7228, con la quale il Comune di Perugia comunicava il parere favorevole – con prescrizioni – della Commissione Architettonica per la Qualità e il Paesaggio riconoscendo la conformità dell’intervento alle norme di tutela del vincolo ambientale e la insussistenza del danno, ritenendo non necessaria la riduzione in pristino, in quanto la modifica apportata non inciderebbe sui valori tutelati, come confermato dal parere favorevole della Commissione Architettonica;

- il parere favorevole della Commissione Architettonica per la Qualità e il Paesaggio del Comune di Perugia;

- la nota prot. 0220945/2016 recante la trasmissione – con parere favorevole – della pratica alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria;

- il provvedimento già impugnato con cui l’Amministrazione comunale intimata ha ritenuto procedibile l’istanza di accertamento, pur trattandosi di opere soggette a vincolo paesaggistico, prive del relativo nulla osta, e in ordine alle quali viene richiesto illegittimamente ex post e in sanatoria il parere della Soprintendenza in violazione dell’art. 167 del d.lgs. 42/2004;

- il parere favorevole della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria ex artt. 167 e 181 del d.lgs. 42/2004 prot. 10885/2016, già impugnato, acquisito al protocollo 2016/242810 Comune di Perugia, con il quale le opere realizzate venivano ritenute «compatibili con i valori di tutela paesaggistica in quanto per tipologia, contenuti, entità e particolare ubicazione esse non incidono significativamente sull'assetto percettivo e panoramico riscontrabile da principali punti di osservazione e vie principali»;

- il titolo abilitativo formatosi mediante S.C.I.A. finalizzato all’accertamento di conformità delle opere realizzate senza titolo abilitativo in Perugia al Corso Vannucci n. 97 – 81;

- il provvedimento di accertamento della compatibilità paesaggistica ex art. 136 d.lgs. 42/2004;

- il parere di istruttoria tecnica favorevole del Comune di Perugia;

- la nota n. 82 del 1.3.2019, recante l’accertamento di compatibilità paesaggistica (istanza 120427/2016).

2.1 La presente controversia concerne alcuni interventi edilizi realizzati dalla controinteressata Grazia Petrini sul lastrico solare di un fabbricato posto a Perugia in Corso Vannucci n. 97, area soggetta a vincolo ai sensi del d.lgs. n. 42/2004. Attraverso un solaio inclinato con travi in ferro ed elementi in laterizio, la sopraelevazione del tetto e la parziale chiusura di un terrazzo venivano realizzati: un accesso al terrazzo; un lucernaio; un camino; un montacarichi in muratura nei pressi della porta di accesso; una pergola; un manufatto in muratura per caldaia e boiler per acqua calda e ripostiglio (il tutto catastalmente identificato al foglio 402, particella 595 sub 46, a seguito di un nuovo attestamento del 2002 al foglio 402, particella 392, sub. 18).

2.2 Il Comune di Perugia adottava l’ordinanza n. 21 del 29.6.2016, contestando tali opere.

2.3 In data 30.6.2016, prot. 119117 la signora Petrini depositava una S.C.I.A. in sanatoria n. 1915/17 per l’accertamento della conformità relativa alle opere realizzate ed oggetto di ordinanza di demolizione n. 21/2016.

2.4 Il Comune di Perugia, con una nota del 29.7.2016 (prot. 0138537), sospendeva la procedura e richiedeva approfondimenti sulla titolarità del bene. Successivamente, con ulteriore nota del 16.11.2016 (prot. 0211603), il Comune riteneva superati i dubbi in ordine alla legittimazione e proseguiva la procedura.

2.5 Seguiva una diffida della SGAPU all’esercizio dei poteri di autotutela (protocollata dal Comune con prot. 2016/232945), che l’ente locale respingeva però con nota n. 2016/0237419 del 21.12.2016.

2.6 Proseguendo nel procedimento, il Comune di Perugia con la nota 07228/2017 del 12.1.2017 comunicava all’istante il parere favorevole (con prescrizioni) della Commissione Architettonica per la Qualità e il paesaggio, e con la nota prot. 0220945/2016 trasmetteva detto parere alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria per la sua valutazione di competenza.

2.7 L’adita Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria con nota prot. 10885/2016 (protocollo 2016/242810 del Comune di Perugia) riscontrava la richiesta con parere favorevole (sebbene con prescrizioni) in merito alle opere di cui alla SCIA.

2.8 In seguito a tale parere la signora Petrini integrava la documentazione, che veniva trasmessa dal Comune di Perugia alla Soprintendenza (nota n. 48029 del 22.2.2019).

2.9 Il Comune si esprimeva quindi conclusivamente in maniera favorevole alla compatibilità paesaggistica delle opere (provvedimento n. 82/2019), mentre la Soprintendenza con nota n. 5667 del 22.3.2019 sospendeva il parere in attesa della definizione del contenzioso, medio tempore istaurato dal vicino.

3. La società B4 di Ambrosi e c. sas (predecessore di diritto dell’odierna appellante SGAPU, che al civico n. 97 di Corso Vannucci gestisce l’Hotel “Locanda della Posta”) aveva gravato tutti gli atti, contestando che la signora Petrini non sarebbe legittimata alla regolarizzazione degli illeciti, in quanto non titolare del bene, e asserendo che non avrebbe reso dichiarazioni veritiere. La società oggi appellante sosteneva, inoltre, che le opere non sarebbero suscettibili di autorizzazione postuma (in quanto avrebbero comportato nuovi volumi) e che il Comune avrebbe assentito in maniera illegittima ai lavori sotto il profilo paesaggistico, in quanto la Soprintendenza non si era ancora pronunciata in via definitiva.

4. Il TAR dell’Umbria, con l’impugnata sentenza n. 473/2019, ha disatteso le avverse censure accertando:

a) la legittimazione della Signora Petrini a presentare la SCIA, in quanto aveva posto in essere le opere oggetto dell’istanza su di un cespite di cui aveva la disponibilità al momento della realizzazione degli interventi;

b) la sussistenza dei presupposti urbanistici ed edilizi per la presentazione della SCIA, data la natura di volume tecnico delle opere contestate (come qualificate dalla Soprintendenza e dal Comune di Perugia) e la conseguente riconducibilità delle stesse nella casistica di cui all’art. 167, comma 4, lettere a) e c) del decreto legislativo n. 42 del 2004;

c) la definitività del provvedimento comunale di compatibilità paesaggistica n. 82/2019, in quanto la Soprintendenza aveva richiesto soltanto l’adeguamento dei grafici progettuali circa l’arretramento del pergolato rispetto al parapetto, con ciò confermando il proprio parere favorevole reso il 21.12.2016.

Da ciò, la reiezione del ricorso.

5. Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) error in iudicando, in relazione alla legittimazione in capo alla signora Grazia Petrini a presentare la SCIA in ragione di una relazione qualificata con il bene (il TAR avrebbe omesso di valutare che l’atto di acquisto non aveva compreso il bene per il quale si controverte ed inoltre ci sarebbero state rese dichiarazioni non veritiere da parte dell’istante);

b) error in iudicando, per non aver accertato l’illegittimità della SCIA per la questione della titolarità in sé del bene (il Comune avrebbe dovuto astenersi a rilasciare il titolo abilitativo);

c) error in iudicando, per aver ritenuto che l’opera in questione – come vano tecnico – è assoggettabile a sanatoria paesaggistica ex post (il Giudice di prime cure avrebbe erroneamente accertato che l’intervento, non creando volume e superficie, è sanabile, mentre l’accertamento postumo in base all’art. 167 del d.lgs. 42/2004 non sarebbe procedibile in casi di realizzazione di nuovi volumi, anche se tecnici);

d) error in iudicando, per contraddittorietà sulla definitività della compatibilità paesaggistica sostenuta con il provvedimento n. 82/2019, considerando che la Soprintendenza non si era mai espressa conclusivamente (il Comune avrebbe ritenuto di inviare la richiesta una seconda volta, con i documenti integrati dalla Signora Petrini, proprio perché con il parere n. 10885/2016 erano state richieste delle prescrizioni e quindi da lì emergerebbe il valore non definitivo dell’atto).

6. Si è costituito in giudizio il Comune di Perugia, spiegando l’infondatezza dell’appello.

7. Si è altresì costituita la signora Grazia Petrini, che ha preliminarmente riproposto le eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado non scrutinate dal TAR ed ha comunque concluso richiedendo il rigetto dell’appello.

8. All’udienza pubblica del 20 aprile 2023, la causa è stata riservata in decisione.

9. Va esaminata preliminarmente l’eccezione di inammissibilità riproposta dalla signora Petrini, che sostiene che con l’accoglimento del ricorso della società BI 4 e poi della SGAPU non potrebbe derivare alcun vantaggio alle stesse, in quanto l’unico risultato dell’annullamento sarebbe di rimanere proprietaria di un bene gravato da opere abusive (incommerciabile e oggetto di potenziali esecuzioni in danno da parte del Comune). Dato che l’immobile era stato acquistato dalla signora Petrini successivamente alla realizzazione dei manufatti, l’accertamento di conformità sarebbe anche condizione di validità dell’atto di compravendita. L’odierna appellante era soggetto destinatario dell’ordinanza di demolizione n. 21/2016 e, qualora fosse riconosciuta proprietaria, sarebbe per l’effetto esposta alle conseguenze derivanti dal mancato adempimento ai sensi dell’art. 143, comma 3, della L.R. n. 1 del 2015. Anche se la SGAPU venisse in un secondo momento accertata proprietaria in sede civile, potrebbe sempre rimuovere le opere insistenti sulla terrazza. Il rapporto di vicinitas con il bene non sarebbe sufficiente, dovendo il ricorrente fornire anche la prova concreta del pregiudizio, cosa che SGAPU non avrebbe fatto. Le allegazioni dell’appellante sugli effetti delle opere sarebbero relativi ad interventi diversi da quelli oggetto della S.C.I.A. in sanatoria.

10. L’eccezione va disattesa, essendo più che sufficiente il pregiudizio paventato dalla SGAPU. La stessa ha ribadito di essere un gestore di una attività alberghiera nel centro storico della città di Perugia, e la parziale chiusura del terrazzo con affaccio su Via del Sette ha trasformato irreversibilmente la facciata e quindi ha trasferito i carichi del nuovo manufatto alle vecchie strutture esistenti sovraccaricandole, in assenza di autorizzazioni condominiali. In disparte l’esito dall’eventuale accoglimento o rigetto della sanatoria, il proprietario soggetto dell’ordinanza di demolizione vanta sicuramente un interesse ad impugnare e non può essere qualificato come un quivis de populo. La qualità giuridica di controinteressato della SGAPU non viene meno neanche in seguito all’eventuale definitivo accertamento della proprietà della signora Petrini in sede civile (comunque ancora non avvenuto), dovendo rimanere in ogni modo la possibilità di tutelare la propria sfera giuridica da interventi realizzati nell’immediata vicinanza e che hanno modificato la sagoma e l’espetto esterno dell’immobile.

11. L’appello è fondato sull’assorbente censura contenuta nel terzo motivo dell’appello sull’accertamento in conformità paesaggistico.

12. La sentenza gravata ha accertato al punto 3.3 “la legittimità della valutazione postuma di compatibilità paesaggistica operata dalla Soprintendenza, data la natura di volume tecnico delle opere in contestazione così qualificate sia dalla Soprintendenza che dal Comune di Perugia e dunque la riconducibilità delle stesse nella casistica di cui all’art. 167, comma 4, lettere a) e c) del decreto legislativo n. 42 del 2004, a tenore del quale <<L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica; c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380>>.”

13. La parte appellante lamenta che l’Amministrazione non avrebbe invece correttamente inquadrato la tipologia delle opere e la loro consistenza ed avrebbe erroneamente considerato: i) la compatibilità con i valori paesaggistici e con la tutela del vincolo; ii) la suscettibilità di inclusione delle opere negli ambiti normativi ammessi.

14. Il TAR ha dedotto che l’opera, in quanto qualificabile come «vano tecnico», è assoggettabile alla sanatoria ex post. Il Collegio sottolinea tuttavia che bisogna distinguere il profilo urbanistico-edilizio da quello paesaggistico, proprio in ragione del dettato legislativo dell’art. 167 del d.lgs. 42/2004. Il comma 4 della predetta norma riconosce l’assentibilità ex post rigorosamente “per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”, ma non contiene un richiamo ad un “vano tecnico”.

15. Non era quindi rilevante l’osservazione della Soprintendenza e del Comune, in base alla quale la mera tipologia, i contenuti, l’entità o la particolare ubicazione delle opere non incidono significativamente sull’assetto percettivo e panoramico riscontrabile dai principali punti di osservazione e dalle vie principali, in quanto l’ambito di applicazione per una valutazione successiva non risulta aperto. Tale apprezzamento avrebbe potuto avvenire solo ex ante. Una volta che le stesse amministrazioni hanno confermato l’aumento di superfici e di volumi e la modifica della sagoma e dei prospetti (la creazione di lucernai modifica i prospetti, i nuovi manufatti configurano ulteriori volumi, l’installazione di una pergola di significative dimensioni altera la sagoma), è irrilevante se tali opere abbiano fini abitativi o meno o siano pertinenziali. La norma di tutela non individua tale parametro discretivo, ma preclude all’Amministrazione la possibilità di procedere alla valutazione di un’istanza di cui all’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, incluso l’accertamento della compatibilità paesaggistica, alla luce del combinato disposto degli art. 146 e dell’art. 167, commi 4 e 5 del d.lgs. n. 42/2004.

16. Quando si è in presenza di un vincolo paesaggistico (o culturale), l’istituto dell’accertamento di conformità può essere solo l’eccezione, considerando rigorosamente le restrizioni previste dal legislatore, in base alla particolare rilevanza costituzionale attribuita da esso ai beni ambientali e paesaggistici, in quanto la garanzia degli stessi non è solo fine a sé stessa, ma anche strumentale alla preservazione di beni fondamentali come la salute e la vita. Nel confronto tra l’interesse pubblico all’utilizzazione controllata del territorio e l’interesse del privato alla sanatoria prevale l’interesse pubblico al ripristino della legalità. Si può quindi affermare che il paesaggio, come bene oggetto di tutela, non è suscettibile né di reintegrazioni, né di incrementi, e ciò giustifica una disciplina particolarmente rigorosa e rispettosa del disposto dell’art. 9 della Costituzione.

17. Questo si inserisce nella consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha espresso l’orientamento secondo il quale “l’art. 167, comma 4, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, non consente il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica a sanatoria quando il manufatto realizzato in assenza di valutazione di compatibilità abbia determinato la creazione o l’aumento di superfici utili o di volumi” (Cons. Stato, sez. VI, n. 3373/2013). In un caso sovrapponibile a questo, è stato evidenziato che “la norma richiamata [l’art. 167 del d.lgs. 42/2004, n.d.r.], al comma 4 lett. a), ammette l’accertamento di compatibilità paesaggistica unicamente per lavori “che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati” e che siano configurabili, ai sensi della successiva lett. c), in termini di “manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”. Che a fini paesaggistici abbiano rilievo i volumi interrati e seminterrati, con conseguente insanabilità degli stessi ove realizzati senza titolo, è da tempo riconosciuto in giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 11 settembre 2013, n. 4503), così come è risalente l’orientamento per il quale la piscina integri una “struttura di tipo edilizio che incide con opere invasive sul sito in cui viene realizzata, tant'è che per la sua realizzazione occorre munirsi di relativo titolo ad aedificandum” (Cons. Stato, Sez. IV, 8 gennaio 2016, n. 35).” (Cons. Stato, sez. VII, n. 3309/2023).

18. In questo senso dev’essere confermato l’orientamento di questa Sezione che ha ribadito che “per la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato hanno rilievo paesaggistico i volumi interrati e seminterrati: così come per essi è applicabile il divieto di sanatoria quando sono realizzati senza titolo (perché il comma 4 dell’art. 167 vieta il rilascio della sanatoria paesaggistica quando l'abuso abbia riguardato volumi di qualsiasi natura), così essi hanno una propria rilevanza paesaggistica per le opere da realizzare. Pertanto, per tali volumi (e per le relative superfici) si applicano i divieti di realizzare nuove opere, ovvero, in loro assenza, l'autorità competente può valutare se la modifica dello stato dei luoghi abbia una negativa incidenza dei valori paesaggistici coinvolti” (Cons. Stato, sez. VI, n. 2704/2023).

19. Proprio in un caso dove l’oggetto del contenzioso era pure un “vano tecnico”, questa Sezione aveva sottolineato che “la creazione di nuovi volumi, infatti, preclude l’applicazione del quarto comma a prescindere dalla loro qualificazione come volumi tecnici o pertinenziali, per il solo fatto dell’alterazione significativa del paesaggio; la giurisprudenza ha infatti specificato che “Il divieto di incremento dei volumi esistenti imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume” (Cons. Stato, sez. VI, n. 7584/2021).

20. Da questo discende l’illegittimità degli atti con i quali le Pubbliche Amministrazioni hanno ritenuto ammissibili l’istanza e l’intervento compatibile a livello paesaggistico.

21. Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto – in riforma della sentenza gravata – si impone l’annullamento degli atti.

22. La soccombenza determina la decisione sulle spese di lite che saranno liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza n. 473/2019 del TAR per l’Umbria, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti ivi gravati. Condanna le parti appellate (rispettivamente per un terzo) alla rifusione delle spese di lite in favore di parte appellante che liquida in € 3.000 (tremila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2023 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere

Thomas Mathà, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Thomas Mathà        Giancarlo Montedoro