Il Sistri come patrimonio statale?

di Alberto PIEROBON

(Pubblicato in Gazzetta enti locali on line – 10 maggio 2011)

 


Com’è noto il Sistri sembra poggiarsi su una più evoluta, rispetto a quella cartacea (del registro, del formulario, del Mud), strumentazione di controllo della tracciabilità dei rifiuti, tale da consentire, tra altro, una più efficace lotta alla cosiddetta “ecocriminalità”. Come abbiamo segnalato nel nostro precedente intervento le pratiche, le procedure, gli adempimenti di cui trattasi verranno disaminati in prossimi scritti. Qui ci interessa attenzionare il lettore su alcune questioni e impressioni che sorgono da una prima lettura delle diverse “fonti” (non giuridiche) del Sistri che sembrano dare diverse configurazioni anche alla parte “sanzioni” (non scollegabile dalla parte cosiddetta “fisiologica”).


Gli esordi dell’iniziativa Sistri, come ricordiamo tutti, sono stati accompagnati dall’agitazione di questi “simboli” e delle preoccupazioni criminali (questioni invero che “girano” da tempo e anche in altri settori (1)).

Quel che forse va un po’ ridimensionata è l’idea per la quale il Sistri interverrebbe (nel suo atteggiarsi ad una sorta di “Panocticon”) a mo’ di risolutore dei bubboni gestionali e altre distorsioni che allignano nel mondo dei rifiuti.


Pervero, a noi pare (come avremo modo di evidenziare in successive analisi), che il Sistri porti in sé diverse logiche, aventi effetti “laterali”. Per esempio quanta importanza ha lo ius fisci nel Sistri? Quanto rilievo assume nella topografia dei soggetti e delle attività “assoggettate” al Sistri imporre un certo ordine e una certa visione delle cose e delle leggi di queste cose? Rimane, all’ingresso, la parola d’ordine della legalità, che segnala una esigenza alla quale, in parte qua, viene data “una” soluzione attraverso un determinato sistema di regole codicistiche e decretative, ma non solo.


In effetti una prima complicazione (sulla quale necessariamente dovremo ritornare) è data dalle cosiddette “fonti” della disciplina Sistri che non sono solo quelle “ufficiali”, o se vogliamo dire quelle a cui siamo adusi, quelle per intenderci “cartacee”, bensì esse si… ampliano a (più corpose, più complesse, più ispessite) “non fonti” alle quali l’operatore deve (si badi) necessariamente (e molto) abbeverarsi.


Tra queste “nuove” fonti citasi:

  • il Manuale operativo (di p. 85);
  • la Guida utenti  Produttori (di p. 232);
  • la Guida utenti Trasportatori (di p. 226);
  • la Guida recuperatori- smaltitori (di p. 163);
  • il portale del sistri (www.sistri.it) con le sue comunicazioni e altro;
  • le FAQ (risposte alle domande più frequenti) sempre nel predetto sito;
  • il sistema informatico.

Va evidenziato come le Guide siano state inserite nel sito da pochissimi giorni, che l’ultima versione del Manuale operativo sia del 26 aprile 2011, che debba altresì rincorrersi quanto viene inserito nel portale istituzionale del Sistri e le faq (quindi dovendo avere una diligenza quotidiana e una pazienza biblica nel “digerire” tutta questa fluida disciplina).
Quindi non si tratta più di una lettura “giuridica”, per utilizzare bene il Sistri occorre porsi in una disposizione d’animo passiva dove si segue un “percorso” informatico che, se guardato nell’insieme, è un vero e proprio dedalo di passaggi, ma che si semplifica se si guarda al dato frammentato, alla singola fase, alla operazione per sé stessa (svincolata dagli altri attori).


Rimangono, ovviamente (e lo vedremo bene) le casistiche “critiche” che dovranno essere revisionate, se non  modificate dal sistema, fintantoché il Sistri riuscirà (?) a “coprire” e/o “mimare” la gestione nelle sue svariate alchimie. Ma queste strutture hanno un loro “pensato”.


Non vogliamo portare l’operatore a questioni “intellettuali”, il Sistri di primo acchito è tecnica è operatività in senso stretto dove gli operatori si limitano a svolgere (da manuale) una parte, un frammento di un sistema, così deresponsabilizzandosi (almeno in prima battuta vedasi l’art. 188 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ss.mm. e ii. d’ora in poi “codice ambientale”).


Solamente ove si voglia riflettere sulle “categorie” che vengono (implicitamente o meno) impiegate dal Sistri, ovvero comprendere questo sistema ma per poi giudicarlo con altre categorie, si fuoriesce dall’ambito “manualistico”, entrando in quello per così dire… “intellettuale”, dove anche se i Manuali, le Guide, le comunicazioni del portale, il sistema informatico cambiano (come accade) rimane un “metodo” di lettura, di analisi, financo decisionale. Decisionale nel senso che si potrebbe ipotizzare di disintonizzare la complessiva gestione proprio pensando all’effetto Sistri: il che è accaduto, per esempio, riguardo ai rifiuti pericolosi (toner, neon, ecc.) prodotti da enti o uffici che, grazie a contratti di noleggio di fotocopiatori, oppure di manutenzione globale, hanno “spostato ” agli effetti Sistri la produzione (e anche il soggetto produttore) al soggetto manutentore (che internalizzerà questa attività di servizio entro i corrispettivi previsti dal nuovo contratto, manlevando la controparte per quanto riguarda la gestione di questi rifiuti).
Tornando, senza voler svolgere una operazione teorica, bensì di comprensione e di rivisitazione dei concetti giuridici (e della gestione concreta dei rifiuti), alle categorie presupposte, a noi pare che il sistema, in prima battuta, “veda” (e si attivi) solo le violazioni formali (perlopiù sanzionate amministrativamente), rimanendo ferma la possibilità di attivare, da parte degli organi di polizia, eventuali attività di indagine, investigative, eccetera.


Gli accademici o i burocrati che non hanno mai avuto le “unghie nere”, credono di conoscere questi aspetti (anche dai colloqui con gli operatori) ma questo loro “sapere”, che non entra nel particolare, nel dettaglio operativo che ha numerose sfumature, spesso non consente loro di fornire “altre” (più fondate) soluzioni pratiche. Altri si fermano a discorsi moralistici o idealistici, contrapponendo le idee tra “si al Sistri” e “no al Sistri”. Ma questa posizione manichea è una iattura culturale prima che giuridica,che può occultare altri interessi extra Sistri.


Un sistema di tracciabilità dei rifiuti (come quelli finanziari, societari, eccetera) di per sé, come “concetto-valore”, va acclamato, perorato, incentivato. Ma, occorre capire al pratico, come un qualsivoglia sistema di tracciabilità (e quind’anche il Sistri) persegua i tanto evocati fini della lotta alla criminalità (2) e della tutela della salute e dell’ambiente. Secondo la nostra modesta opinione, all’attuale chi meglio conosce questi aspetti sono sempre gli operatori dalle “unghie nere” e i loro collaboratori.


Tornando all’idea della legalità connessa al Sistri essa sembra affermarsi, veementemente, dalla illegalità di chi non accetta l’idea del Sistri o di chi non si “sistritizza”.
Di converso viene surrettiziamente affermato che il Sistri legalizza quanto finora era illegalizzato.


Siamo, quindi, al “momento” dove si intende aumentare, inserire, migliorare, eccetera la legalità dei comportamenti afferenti la gestione dei rifiuti per il tramite (dell’avvio) del Sistri? Ma cosa significa questo?


Perché, attenzione, rimane prima da definire cosa si intende per legalità? Posto che il concetto di “legalità” è cangiante, variabile, non fissabile con un “a-priori”, va storicizzato, relativizzato, riferito a un qualche modello.


Mentre la tracciabilità dei rifiuti come ripristinatore di legalità è funzionale allo scopo, il Sistri qui sembra incepparsi per varie considerazioni.
Il primo, di buon senso, che gli organi di controllo (ma anche gli altri soggetti) conoscono bene: una procedura softwaristica non può ingabbiare il reale. Il Sistri ha una sua visione riduzionistica della realtà, un suo sotteso “ordine”. Ma la complessità della realtà,come sappiamo, sfugge alla razionalizzazione. Cioè il reale non si fa sussumere nel Sistri (come in nessun altro software: si veda per esempio la gestione di una banca che non è rappresentata e/o controllabile dai documenti di bilancio, relazioni, e software vari) (3).


Il Sistri da sistema pachidermico sta vieppiù alleggerendosi, aprendosi a particolarità, assecondando talune critiche delle associazioni di categorie o lobbistiche, eccetera. Basti guardare ai casi particolari previsti per i cantieri, per i manutentori, per il conferimento ai circuiti di raccolta, alla delega delle associazioni, eccetera.


Insomma, paradossalmente, questa “liberalizzazione” del Sistri sembra cambiare le “regole” del gioco per molti, incentivando flussi fuori della tracciabilità che sono forieri di gestioni serializzate e nel complesso preoccupanti per la quantità e qualità dei rifiuti.


Per esempio per i  rifiuti prodotti in cantieri, viene prevista una modalità semplificata: i rifiuti prodotti in cantieri:

  1. la cui durata non sia superiore a sei mesi e;
  2. che non dispongano di tecnologie adeguate per l’accesso al Sistri.

Le suddette condizioni: durata e la non disponibilità di tecnologie adeguate diventano derogatorie della normativa “generale”.
La discrezionalità insita nella seconda condizione come va riempita? Il soggetto non può certo limitarsi ad affermare che è sprovvisto di un personal computer,forse occorrerà dimostrare la mancata copertura della rete, ma siamo nelle ipotesi e le maglie discrezionali si allargano. Sicuramente vedremo molti cantieri che avranno durata inferiore ai sei mesi e che non dispongono di adeguata tecnologia (4).


Altra questione, connessa (alla rovescia) al Sistri. Se l’impresa edile non utilizza il Sistri dovrà utilizzare, nei cantieri, il registro, quindi si dovrà vidimare un registro per ogni cantiere? Anche nel caso che il cantiere (per manutenzione spicciola) viene aperto per un solo giorno? Qui la complicazione gestionale (e la soluzione semplificatoria del Sistri) sembra incentivare l’adesione al Sistri (contribuendo al finanziamento del sistema tramite i previsti canoni).


Ecco, invece un altro esempio, sintomatico – almeno in apparenza – di una certa confusione, se non contraddizione, ma che può essere paradossalmente letta come un rafforzamento del sistema dal punto di vista del “controllo”. Per i rifiuti da manutenzione occorre l’iscrizione al Sistri per il trasportatore che porta i rifiuti prodotti nel sito di manutenzione fino al proprio Magazzino. Per il Manuale operativo non necessita adempiere tramite Sistri per i rifiuti portati dal manutentore, per la tratta che va dal sito di manutenzione alla sede dell’impresa, essendo qui bastevole la sola copia cartacea della Scheda movimentazione Sistri: ma, allora stiamo parlando di un rifiuto o di un non rifiuto? Siccome la disciplina non manualistica, bensì giuridica, prevede che il manutentore stabilisca successivamente (come avviene per gli AEE-RAEE) se quel materiale sia (o meno) un rifiuto, il fatto di  imporre per il trasporto la Scheda Sistri (che vale per i rifiuti) va letta come una contraddizione? Oppure essa diventa, forse, una tutela “anticipata” ( in forma “smorzata” del Sistri che si limita, appunto, alla Scheda) per evitare che taluni flussi di rifiuti “spacciati” (o in quel momento ritenuti per presunzione facilitativa) per  un materiale (non rifiuto) possano muoversi senza la tracciabilità? Ma, allora nella Scheda predisposta per i rifiuti il soggetto manutentore-trasportatore cosa dovrà scrivere? Che trattasi di non rifiuti, così da attenzionare gli organi di controllo che fermano il trasportatore, i quali organi “vedono” così (allertandosi) che si tratta di (asseriti) non rifiuti? Oppure è un “segnale” di una operazione (visto che la Scheda va custodita) che potrà essere “chiusa” successivamente dal controllori per capire se poi quel materiale è stato effettivamente gestito come tale o come rifiuto?


Sotto altro profilo, che svilupperemo in un apposito intervento, la “postura” che viene richiesta dal Sistri ai soggetti aderenti (od obbligati) viene ad essere “capitalizzata” dallo Stato, almeno sotto tre profili:

  1. erariale, come gettito (da introitare, anche se a destinazione vincolata);
  2. di semplificazione del controllo (diminuendone teoricamente risorse e costi, grazie al sistema informatico e suoi incroci e presunzioni) ma secondo una visione “burocratica”, salvo l’attivazione del livello “penale”;
  3. di efficientizzazione del controllo, collegata ai punti precedenti, con la riduzione del controllo su strada a favore di quello d’ufficio, cartaceo (quindi anche del personale, salvo scelte selettive per i NOE, eccetera).

Il Sistri sembra quindi essere considerato una sorta di “patrimonio” che va “capitalizzato” nel tempo, che va efficientizzato, che deve “produrre” risultati non solo per lo scopo per il quale è stato creato, ma pure per creare……. “cassa”. Senza poi considerare il gettito da sanzioni amministrative pecuniarie (che non sono bruscolini) che entreranno nelle casse delle Provincie.


Ma di tutto questo parleremo nella prossima puntata.

--------
(1) Immobiliare, finanziario, societario, energetico, eccetera: insomma saremmo “impestati” di criminalità senza differenziare, se non per tipicità o modalità, il Sud dal Nord. Anzi dove al Nord il fenomeno sembra innervarsi nel tessuto socio-economico in forme più raffinate, meno evidenti però non meno temibili che al Sud…


(2) Si veda l’art. 1, comma 1116, della legge 27 dicembre 2006, n. 206 laddove si parla di “realizzazione di un sistema integrato per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti, in funzione della sicurezza nazionale e in rapporto all’esigenza di prevenzione e repressione dei gravi fenomeni di criminalità organizzata nell’ambito dello smaltimento illecito dei rifiuti”… tralasciamo la confusione tra sistema integrato (che sembra riferirsi all’intero ciclo di gestione dei rifiuti) e la criminalità riferita (nell’ambito) del solo smaltimento illecito. Ognun sa che i profitti che si realizzano sui rifiuti oggigiorno derivano soprattutto da operazioni intermedie, da fasulle produzioni, dal sistema contributivo pubblico, dai corrispettivi degli appalti (pubblici ) e loro truffe, da altri espedienti per i quali sarebbe qui un fuor d’opera intrattenersi in linea tecnica (ma lo faremo in una apposita pubblicazione richiestaci da appartenenti delle forze dell’ordine).


(3) Si dirà: ma la banca gestisce l’immateriale (il denaro) nei suoi flussi (immateriali) e qui stiamo parlando di rifiuti (materiali) che si gestiscono con attività altrettanto materiali (raccolta, trasporto, stoccaggi, trattamenti, eccetera). In realtà, come avremo modo di meglio argomentare in altra sede, anche i rifiuti seguono, si conformano, ma addirittura vengono “inventati” secondo queste logiche “immateriali”, questo è un punto fondamentale, ancora trascurato dagli esperti e studiosi.


(4) Pei cantieri, la Scheda AREA REGISTRO CRONOLOGICO e quella AREA MOVIMENTAZIONE sono compilate dal delegato della sede legale o dell’Unità locale dell’impresa. In tale ipotesi il delegato dell’impresa di trasporto stampa due copie della Scheda AREA MOVIMENTAZIONE e le consegna al conducente, che deve indicare data e ora della presa in carico dei rifiuti. Le copie sono firmate dal responsabile del cantiere temporaneo. Una copia rimane al responsabile del cantiere temporaneo e l’altra al conducente, che la riconsegna al delegato dell’impresa di trasporto. Quest’ultimo accede entro 2 giorni lavorativi al Sistri inserendo i dati relativi alla data e all’ora della presa in carico dei rifiuti. Vedasi l’art. 14, comma 4, e l’allegato III al d.m. 18 febbraio 2011 riferi to a questa categoria di soggetti/attività.