Trasporto dei rifiuti e profili di responsabilità aziendale

di Andrea DEL PRETE

Indice : 1. Iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali; 2. Gestione e classificazione dei rifiuti; 3. Trasporto dei rifiuti e responsabilità del trasportatore; 4. Ripartizione interna delle responsabilità; 5. Responsabilità ex D. Lgs 2001 n. 231: reati-presupposto ambientali, MOG e sistemi di gestione ambientale; 6. Art. 318 bis D.Lgs. 152/2006: meccanismo agevolato di estinzione delle contravvenzioni ambientali meno gravi.

Introduzione

Il trasporto dei rifiuti è un tema quanto mai attuale e articolato. Se fino a pochi decenni fa in Italia non era percepita né socialmente né politicamente la necessità di gestire i rifiuti con una logica di efficienza e sostenibilità, oggi di fronte alla prospettiva di una irreversibile crisi ambientale il ciclo dei rifiuti è al centro dell’attenzione pubblica. Ciò ha portato da un lato alla nascita di una recente normativa volta a punire chi gestisce in modo fraudolento i rifiuti creando un danno all’ambiente e alla salute delle persone, dall’altro alla concezione di una visione economica completamente nuova del rifiuto che, partendo dal riuso e dal riciclo dei materiali, punta ad autorigenerarsi in maniera circolare.

Questa evoluzione che ha visto il rifiuto passare da materiale inutile a fonte energetica e di riutilizzo, ha comportato la differenziazione delle modalità di raccolta e smaltimento sia domestiche che aziendali innalzando in modo esponenziale la domanda di gestione dei rifiuti.

Ecco perché oggi quello del trasporto e della logistica dei rifiuti è un settore di fondamentale importanza sul quale è opportuno investire, anche perché se i rifiuti urbani generano spostamenti di ambito per lo più regionale, i centri per la raccolta dei rifiuti speciali spesso sono a centinaia di chilometri dal luogo di produzione, se non addirittura all’estero e quindi il trasporto di rifiuti è diventato sempre di più anche un’attività di lungo raggio.

Si tratta però di un settore estremamente complesso e delicato. E’ complesso perché le documentazioni e le procedure da seguire sono tante, così come tante e diverse sono le tipologie di rifiuti. E’ delicato perché le merci gestite richiedono accortezze speciali in quanto espongono a rischi elevati, al punto che le sanzioni, almeno quando si tratta di rifiuti pericolosi, assumono anche rilevanza penale.

1. Iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali

Le imprese che svolgono talune attività di gestione dei rifiuti, tra cui il trasporto, sono obbligate all'iscrizione al c.d. Albo nazionale dei gestori ambientali (Albo) 1 . Esso riveste un'importante funzione di selezione e di qualificazione di taluni soggetti che, per ottenere l'iscrizione, devono dimostrare il possesso di determinati requisiti soggettivi, di idoneità tecnica e di garanzie finanziarie. Requisito indispensabile è anche la nomina di un “Responsabile Tecnico”, ossia il soggetto che ha il compito di porre in essere azioni dirette ad assicurare la corretta organizzazione della gestione dei rifiuti.

L'Albo è stato istituito dal D.Lgs 152/06 e succede all'Albo nazionale gestori rifiuti disciplinato dal D.Lgs 22/97. E’ stato costituito presso il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ed è articolato in un Comitato Nazionale, con sede presso lo stesso ministero, e in Sezioni regionali e provinciali, con sede presso le Camere di commercio dei capoluoghi di Regione e delle province autonome di Trento e Bolzano. Al Comitato Nazionale sono affidate funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività delle Sezioni regionali, le quali hanno il compito di iscrivere le imprese. Tali funzioni si manifestano con l'emanazione di deliberazioni, direttive e circolari e mediante le decisioni sui ricorsi proposti avverso i provvedimenti adottati dalle Sezioni.

In applicazione delle suddette disposizioni comunitarie, il legislatore impone oggi l'iscrizione all'albo alle imprese di cui all’art. 212 c. 5 del TUA (Testo Unico Ambientale), selezionate in base alla loro attività in tutte le tipologie di rifiuti gestite, distinte come segue:

- imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto dei rifiuti;

- imprese che effettuano attività di bonifica dei siti;

- imprese che effettuano attività di bonifica dei beni contenenti amianto;

- imprese che effettuano attività di commercio e intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi.

L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e costituisce titolo per l'esercizio dell'attività di raccolta, trasporto, commercio e intermediazione dei rifiuti, mentre per le imprese che effettuano trasporto “in conto proprio” il limite è innalzato a 10 anni 2 . (recentemente sono stati esclusi dall'obbligo di iscrizione all'Albo gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, produttori iniziali di rifiuti, per il trasporto dei propri rifiuti effettuato all'interno del territorio provinciale o regionale dove ha sede l'impresa).

Le attività sottoposte all’iscrizione sono state suddivise in diverse categorie a loro volte suddivise in sottocategorie e classi a seconda dell’attività svolta e della tipologia e quantità dei rifiuti trattati. Le principali sono:

  • Cat 1 : raccolta e trasporto di rifiuti urbani e assimilati;

  • Cat 2 bis: produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta, trasporto dei propri rifiuti, nonché dei produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti 30 kg o 30 litri al giorno;

  • Cat 3 bis: distributori e installatori di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE);

  • Cat 4: raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi;

  • Cat 5: raccolta e trasporto rifiuti pericolosi;

  • Cat 6: imprese che effettuano il solo esercizio di trasporti transfrontalieri di rifiuti;

  • Cat7:operatori logistici presso le stazioni ferroviarie, gli interporti, gli impianti di terminalizzazione, gli scali merci e i porti;

  • Cat 8: intermediazione e commercio di rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi;

  • Cat 9: bonifica dei siti;

  • Cat 10: bonifica di beni contenenti amianto.

Le iscrizioni alle categorie 4 e 5 consentono l’esercizio delle attività di cui alle categorie 2 bis e 3 bis se lo svolgimento di queste ultime attività non comporta variazioni della categoria, della classe e della tipologia di rifiuti per le quali l’impresa è iscritta.

Per ogni iscrizione deve essere indicato il Responsabile Tecnico, l’elenco dei veicoli autorizzati (n. targa, n. telaio e categoria) 3 e i codici CER 4 dei rifiuti che possono essere da questi trasportarti.

Ogni integrazione o cancellazione dei veicoli per il trasporto deve essere comunicata alla Sezione Regionale assieme all'attestazione di idoneità tecnica del nuovo mezzo e in seguito un’apposita Commissione, valutata la correttezza della domanda, emana un provvedimento di modifica dell’iscrizione.

2. Gestione e classificazione dei rifiuti.

Il quadro normativo riguardante la gestione dei rifiuti è principalmente costituito dalla parte quarta del “Testo Unico Ambientale” (D. Lgs. 152/2006), dalla Direttiva “quadro” 2008/98/CE recepita tramite il D. Lgs. 205/2010 e dalle direttive europee sui rifiuti UE 2018/851 e sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio 2018/852 che hanno apportato le più recenti e significative modifiche al TUA.

Ai sensi dell’art. 183 del D.lgs 152/2006 con il termine gestione vengono indicate “la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione e il controllo di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commercio o intermediario”, mentre il rifiuto è definito come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.

Pertanto quello che rileva ai fini della qualificazione di rifiuto è sempre e solo la volontà o l’obbligo di disfarsene senza che assuma rilievo che le sostanze o gli oggetti siano o meno suscettibili di riutilizzazione economica 5 .

La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto. Ai sensi dell’art. 184- ter “un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;

c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.” 6

Secondo la normativa vigente i rifiuti vengono distinti in:

- urbani e speciali, in base all’origine;

- pericolosi e non pericolosi, secondo le caratteristiche della pericolosità.

La definizione di rifiuti urbani è stata oggetto di un’importante riforma ai sensi del Decreto Legislativo 116/2020 7 , il quale ha modificato la parte del d.lgs. 152/2006 dedicata alle norme generali sui rifiuti e imballaggi, oltre ad inserisce importanti novità, tra cui il rafforzamento del sistema della responsabilità estesa del produttore di beni (EPR) artt. 178-bis e 178 ter e la prevenzione della produzione di rifiuti (art. 180).

Con il d. lgs. 116/220 la definizione di «rifiuti urbani» è stata spostata dall’art. 184 all’art. 183, (nuova) lettera b ter); ed è stata riscritta facendo un misto tra la precedente definizione italiana e quella di cui alla direttiva n. 851 del 2018.

In particolare è stata interamente eliminata l’attuale formulazione dell’art. 184, comma 2, lett. b), secondo cui sono considerati rifiuti urbani « i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a) (che riguarda i rifiuti domestici), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lettera g)». Quei rifiuti, cioè, che, in realtà, non sono urbani all’origine ma diventano ad essi assimilati qualora rientrino nei criteri qualitativi e quantitativi per l’assimilazione fissati dallo Stato (art. 195, comma 2, lett. e)) 2 , e vengano, poi, dichiarati, in concreto, assimilati, tramite regolamenti comunali che, sulla base di questi criteri, ne determinino quantità e qualità (art. 198, comma 2, lett. g)). Contestualmente, l’art. 1, commi 23 e 24, d.lgs. n. 116/2020 abroga espressamente sia l’art. 195, comma 2, lett. e), sia l’art. 198, comma 2, lett. g), ed elimina ogni altro riferimento normativo a rifiuti assimilabili e assimilati.

Al loro posto, tra i rifiuti urbani vengono inseriti, come da direttiva, «i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti [rispetto alla lettera a), e cioè non provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione] che sono simili, per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies»; aggiungendo, quindi, rispetto alla direttiva, due allegati (L-quater e L-quinquies) tutti italiani.

Sempre nello stesso articolo 183 è stato introdotto il punto b-quinques, che specifica che la nuova definizione di rifiuti urbani non pregiudica la ripartizione delle responsabilità in materia di gestione dei rifiuti tra gli attori privati e pubblici. L'assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani comporta che nella percentuale di rifiuti che, da direttiva europea, l’Italia dovrà destinare al riciclo potranno essere considerati sia i rifiuti urbani che quelli industriali, mentre non va ad impattare sul soggetto che può gestire il rifiuto. Inoltre, è stato modificato il comma 10 dell'articolo 238 relativo alla tariffa, che introduce la possibilità di gestire i rifiuti urbani sia al Gestore individuato dal Comune (per quanto riguarda le utenze non domestiche), che ad altri operatori presenti sul mercato (come garantito dalla normativa vigente), escludendo tali utenze dal pagamento della componente tariffaria rapportata alla quantità di rifiuti conferiti.

I rifiuti vengono invece classificati come “pericolosi” qualora rappresentino un pericolo effettivo o potenziale per la salute dell’uomo o per l’ambiente. In particolare è pericoloso il rifiuto che presenta una o più caratteristiche di cui all’allegato D della parte IV del presente decreto (art 183 comma 1 lettera b)) 8 .

Al fine di uniformare a livello europeo la classificazione dei rifiuti e per favorire il monitoraggio da parte degli stati membri delle azioni di gestione degli stessi, con la decisione della Commissione Europea 2000/532/CE, del 3 maggio, è stato istituito il c.d. “Catalogo Europeo dei rifiuti” (CER) periodicamente aggiornato in funzione dei progressi produttivi e tecnologici, nel quale vengono compresi la maggior parte dei rifiuti esistenti, ad ognuno dei quali è assegnato un cd. “codice CER”.

Quest’ultimo viene attribuito ad ogni classe di rifiuto secondo la disciplina dettata dalla parte IV del TUA fermo restando che l’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell’elenco non significa automaticamente che esso sia un rifiuto 9 . Lo sarà solo se rientrerà nel concetto di rifiuto di cui all’art. 183 comma 1 lettera a).

Il codice CER è composto da tre coppie di cifre di cui: la prima, denominata “classe”, identifica la fonte che ha generato il rifiuto, ossia il settore produttivo di provenienza del rifiuto (attualmente ne sono previste 20); la seconda, denominata “sottoclasse”, identifica il processo e/o lavorazione che ha originato il rifiuto all’interno del settore produttivo di provenienza; la terza individua la singola tipologia di rifiuto.

Considerata la necessità di conoscere il processo produttivo da cui ha origine il rifiuto, la normativa impone al produttore/detentore 10 l’assegnazione del codice CER, procedendo come segue: egli dovrà in primis identificare la fonte produttiva consultando i titoli dei capitoli da 01 a 12 o da 17 a 20; se nessuno di questi capitoli si presta alla corretta classificazione del rifiuto, dovrà esaminare i capitoli 13,14 e 15; se anche questi codici risultano adeguati dovrà applicare il capitolo 16 (rifiuti non specificati altrimenti nell’elenco); se nemmeno il capitolo 16 è applicabile occorre utilizzare il codice 99 (rifiuti non altrimenti specificati) preceduto dalle cifre del capitolo che corrisponde all’attività produttiva 11 .

Come già sottolineato, per quanto riguarda l’attività di traposto dei rifiuti, l’azienda al momento dell’iscrizione all’Albo deve indicare assieme all’elenco dei veicoli i codici CER dei rifiuti che possono essere da questi trasportarti depositando anche la relativa certificazione tecnica di idoneità del mezzo. Ogni eventuale integrazione dei codici CER dovrà prima passare per un’autorizzazione dell’Albo.

3. Trasporto dei rifiuti e responsabilità del trasportatore

L’ordinamento giuridico italiano sulla gestione dei rifiuti prevede l’obbligo, a carico di taluni soggetti e per certe tipologie di rifiuto, del tracciamento del loro ciclo di vita, dal momento in cui essi sono prodotti, sino alla chiusura presso opportuni impianti di recupero o smaltimento. A tal fine il legislatore ha predisposto la creazione di un modello cartaceo di gestione documentale del rifiuto 12 , fondato sulla compilazione di tre documenti: a) il registro di carico e scarico (RCS); b) il formulario di identificazione dei rifiuti (FIR); c) il modello unico di dichiarazione ambientale (MUD).

Dal 2013 al 2018 vigeva anche il “sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti” (SISTRI) che nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto sostituire il modello cartaceo. Tuttavia l’“esperimento” non ha mai centrato le aspettative e dal primo Gennaio 2019 il SISTRI non è più operativo.

L’art. 188-bis del D.Lgs. 152/2006, introdotto con il d.lgs 116/2020, ha istituito l’uso del Registro Elettronico Nazionale per la Tracciabilità dei Rifiuti (RENTRI); decreti successivi definiranno gli strumenti integrati nel RENTRI, tra cui il registro di carico e scarico e il formulario identificativo di trasporto, in formato digitale.

In attesa che il nuovo registro elettronico divenga operativo, si conferma comunque la validità dei seguenti documenti cartacei:

a)Il registro di scarico e scarico di cui all’art. 190 TUA rappresenta il documento nel quale coloro i quali producono, detengono, trasportano e smaltiscono i rifiuti a titolo professionale 13 annotano le caratteristiche degli stessi, sotto il profilo quantitativo e qualitativo. Sono invece esclusi i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che non hanno più di 10 dipendenti e le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all’articolo 212, comma 8.

Devono altresì essere rispettate determinate tempistiche di annotazione 14 e i registri vanno conservati per almeno cinque anni presso gli impianti di produzione o nel caso in cui ciò risulti eccessivamente oneroso, nel sito di produzione, nonché presso la sede legale delle imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto. In ogni caso devono essere integrati con i formulari di identificazione dei rifiuti trasportati (Il D. lgs 116/2020 ha meglio definito l’elenco dei soggetti obbligati o esonerati dalla tenuta dei registri di carico e scarico e modifica la durata di conservazione dei registri da 5 a 3 anni, così come per i formulari di identificazione dei rifiuti. Viene anche meglio esplicitata la previsione di trasmissione della quarta copia del FIR mediante l’invio per Posta Elettronica Certificata).

b)Il modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) è un modello con il quale vanno denunciati i rifiuti prodotti, smaltiti o avviati a recupero nell’anno precedente la dichiarazione che ha la funzione di controllare quanti e quali rifiuti vengono prodotti e come vengono smaltiti o avviati a recupero. I dati raccolti tramite il MUD sono utilizzati per alimentare il Catasto dei rifiuti, che assicura un quadro conoscitivo completo ed aggiornato in materia di gestione dei rifiuti 15 .

c)Il formulario di identificazione rifiuti (FIR) è il documento che deve accompagnare in ogni momento il loro trasporto al fine di garantire la tracciabilità degli stessi durante il viaggio dal produttore/detentore al destinatario finale (art. 193 TUA, “Trasporto dei rifiuti”).

In via d’eccezione viene consentito che per quantitativi limitati che non giustificano l'allestimento di un deposito dove è svolta l'attività, il trasporto dal luogo di effettiva produzione alle sede - in alternativa al FIR – venga accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante le informazioni necessarie alla tracciabilità del materiale in caso di controllo in fase di trasporto.

Il formulario deve contenere quanto meno: il nome e l’indirizzo del produttore dei rifiuti e del detentore; l’origine, la tipologia e la quantità del rifiuto; la data e il percorso dell’instradamento; il nome e l’indirizzo del destinatario.

Salvo i casi di trasporto di rifiuti urbani da parte di soggetti abilitati a tale servizio all’interno dei Comuni oggetto del servizio e di trasporto di piccole quantità di rifiuti, anche speciali, (sotto i 30 kg/litro) svolti in occasionale dal produttore stesso, la compilazione del FIR è sempre obbligatoria.

Il formulario va compilato, datato e firmato dal produttore/detentore o dal trasportatore prima dell’effettuazione del trasporto per ciascun rifiuto individuato dal codice CER e la responsabilità del contenuto è del produttore/detentore anche se compilato dal trasportatore.

Devono essere redatte quattro copie di cui la prima resta al produttore/detentore e le restanti tre vanno al trasportatore. Giunto a destinazione il trasportatore fa compilare le tre copie dal destinatario nella parte di sua competenza e gli lascia una copia. Il trasportatore trattiene per sé la terza copia. Infine il trasportatore fa avere al produttore entro tre mesi la quarta copia del formulario di identificazione debitamente vistata dal destinatario del rifiuto quale conferma dell’arrivo a destinazione del carico (trasmissione possibile anche via PEC dopo l’entrata in vigore del d.lgs 116/2020).

Solo con l’esibizione della copia da lui trattenuta al momento della consegna al trasportatore e di quella che gli è stata trasmessa dal trasportatore entro tre mesi (sei mesi nel caso di trasporto transfrontaliero), il produttore/detentore si libera dalla responsabilità per l’eventuale illiceità del trasporto, a condizione però che abbia consegnato i rifiuti ad un trasportatore regolarmente iscritto all’Albo. La responsabilità per il corretto recupero e smaltimento dei rifiuti viene invece sempre esclusa in caso di conferimento al servizio pubblico di raccolta.

Il comma 5 del nuovo testo dell’Art. 188 TUA , modificato dal D. Lvo 116/2020, stabilisce poi che tutti i produttori che conferiscono i propri rifiuti ad un impianto autorizzato in D13, D14 (Altre operazioni di smaltimento) o D15 (Deposito preliminare) 16 , per dimostrare l’esclusione della propria responsabilità dovranno non solo ricevere entro tre mesi la quarta copia del FIR, ma altresì ricevere “un’attestazione di avvenuto smaltimento”, sottoscritta dal titolare dell’impianto e dalla quale devono risultare, almeno, i dati dell’impianto e del titolare, la quantità dei rifiuti trattati e la tipologia di operazione di smaltimento effettuata.

Le copie del formulario devono essere conservate per 3 anni.

In caso di mancata o inesatta compilazione del formulario sono previste sanzioni amministrative, per quanto riguarda il trasporto di rifiuti non pericolosi, e penali, nel caso di rifiuti pericolosi, in base all’art. 258, comma 4, D.Lgs. n. 152/2006.

E’ opportuno sottolineare che il legislatore prescrive che il trasportatore non viene ritenuto responsabile per eventuali difformità dei dati tra quanto riportato nel formulario di identificazione e la loro effettiva natura e consistenza, fatta eccezione per le difformità riscontrabili con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico 17 .

Egli però è tenuto ad annotare ogni eventuale variazione. Nel caso in cui il trasportatore sia costretto a cambiare destinatario, il nuovo percorso e il nuovo destinatario, nonché i motivi della variazione, devono essere riportati nell’apposito spazio del formulario riservato alle “annotazioni”. Analogamente qualora per concrete esigenze operative o imprevisti tecnici, un trasporto venga effettuato dallo sesso trasportatore con veicoli diversi o da trasportatori diversi, gli estremi identificativi dei diversi mezzi utilizzati, dei diversi trasportatori, il nominativo del conducente e la firma di assunzione di responsabilità dovranno essere riportati nelle “annotazioni” 18 . In caso di trasbordo parziale del carico su un mezzo diverso effettuato per motivi eccezionali, il trasportatore dovrà emettere un nuovo formulario relativo al quantitativo di rifiuti conferito al secondo mezzo di trasporto (art. 193 TUA comma 12).

Nell’ipotesi di respingimento parziale del carico è il destinatario che deve informare il produttore/detentore della mancata accettazione e il trasportatore o il destinatario devono emettere un nuovo formulario per le quantità che saranno rispedite. Nel caso invece di respingimento totale il destinatario deve indicare i motivi del respingimento nel formulario e accordarsi con il produttore per una nuova destinazione da inserire nelle annotazioni.

Così descritta la procedura del trasporto è opportuno soffermarsi sui specifici profili di responsabilità.

La giurisprudenza individua una specifica “posizione di garanzia” in capo al produttore/detentore dei rifiuti, da cui fa discendere un vero e proprio obbligo di vigilanza in ordine alla corretta gestione del rifiuto e alla corretta valutazione circa l’affidabilità del soggetto incaricato al trasporto (cd. culpa in eligendo) 19 .

In tal modo, il produttore/detentore ha il dovere di controllare l’intero percorso compiuto dal rifiuto, andando incontro a responsabilità allorquando venga meno ai suoi obblighi di controllo e vigilanza, in qualità di garante per una corretta gestione della filiera.

Manca invece una norma che definisca espressamente la figura del trasportatore, così come mancano anche delle disposizioni che indichino espressamente l’ambito e la natura della sua responsabilità, distinguendola rispetto a quella degli altri operatori del settore. Vi sono, infatti, soltanto alcune norme che riguardano direttamente il trasportatore, prevedendo gli obblighi di comunicazione sopra esaminati, mentre l’art. 193, rubricato “Trasporto dei rifiuti”, si limita a regolamentare tale attività, senza definirla.

Pur in assenza di esplicita previsione normativa, dottrina e giurisprudenza pongono a carico del trasportatore una serie di obblighi, ampliando il principio di responsabilizzazione e cooperazione sancito dal combinato disposto degli artt. 178 e 188 D.Lgs. n. 152/2006, dalla cui applicazione all’intera attività di gestione del ciclo dei rifiuti, intesa come “attività di pubblico interesse”, fanno derivare una responsabilità solidale in capo a tutti i soggetti in essa coinvolti - compreso il trasportatore - ai quali pertanto spetta il generico dovere di controllare il regolare svolgimento delle fasi successive a quella da loro svolta 20 .

Tali principi di carattere generale sono quelli di derivazione comunitaria sottesi all’intera disciplina in materia di tutela ambientale, vale a dire i principi di precauzione, prevenzione, proporzionalità, oltre al principio di “responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti”. Si precisa, inoltre, che la gestione deve avvenire secondo i criteri di efficacia, efficienza, economicità e trasparenza, cercando di assicurare il pieno rispetto dell’ulteriore, generale principio di origine comunitaria del “chi inquina paga”.

Attraverso tale interpretazione, quindi, sono stati attribuiti al trasportatore dei doveri di controllo e di vigilanza, in quanto si tratta di un soggetto che opera in una delle fasi della gestione.

Più precisamente, dottrina e giurisprudenza si sono divise circa la configurabilità in capo al trasportatore di controlli di tipo sostanziale, intesi nel senso di vigilare sul concreto svolgimento dell’attività del successivo detentore, oppure soltanto formale, con riferimento alla verifica della regolarità del formulario di identificazione dei rifiuti e del possesso delle prescritte autorizzazioni da parte del soggetto cui gli stessi sono conferiti. Da un lato appare condivisibile la scelta di coinvolgere anche il trasportatore in ordine ai profili di responsabilità dei soggetti afferenti alla gestione dei rifiuti, posto che si tratta di un soggetto che svolge un’attività per la quale è richiesta una particolare autorizzazione, quindi dovrebbe essere in grado di effettuare (per lo meno) i controlli formali in capo ai soggetti cui consegna i rifiuti 21 . Dall’altro lato, tuttavia, sarebbe opportuno che la responsabilità cui vada incontro fosse commisurata al suo reale coinvolgimento nella filiera, tenendola distinta e non equiparandola a quella di altre figure 22 .

4. Ripartizione interna delle responsabilità

L’insieme delle procedure e delle documentazioni sin qui descritte dimostrano la complessità del settore del trasporto dei rifiuti. Tali caratteristiche, unite alla gravità dei rischi ai quali si espone un’azienda dal punto di vista sanzionatorio, giustificano un altrettanto articolato quadro normativo che regola la ripartizione delle responsabilità all’interno della struttura sociale.

Si fa riferimento, in particolare, all’applicazione delle seguenti normative:

- D.lgs. 231/2001 che prevede l’organismo aziendale denominato Organismo di Vigilanza;

- D.lgs. 81/2008 che prevede la figura del RSPP, Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione;

- D.lgs. 35/2010 che prevede la figura del Consulente per la sicurezza del trasporto di merci pericolose (ADR);

- Regolamento (CE) n. 1071/2009 che prevede la figura di Gestore del Trasporto per le imprese iscritte al REN (Registro Elettronico Nazionale) e all’Albo Nazionale Trasporto di Merci in conto terzi;

- D.M. n. 324/1991 che prevede la figura obbligatoria del Responsabile Tecnico della gestione dei rifiuti.

Con esclusione dell’Organismo di Vigilanza la cui nomina, da parte delle imprese, è discrezionale e correlata all’adozione di un modello di organizzazione e gestione secondo i criteri posti dal D.lgs. 231/2001, gli altri soggetti indicati sono figure professionali di nomina obbligata, interne od esterne all’azienda, con funzioni e responsabilità specifiche derivanti dalla disciplina della singola legge speciale che le prevede e che possono coincidere o meno con il titolare dell’impresa, quindi:

- il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) ha i dettagliati compiti previsti dall’art. 33 del D.lgs. 81/2008 in correlazione alla sicurezza sul lavoro 23 ;

- il consulente alla sicurezza del trasporto di merci pericolose (ADR) ha i dettagliati compiti e responsabilità nel trasporto e movimentazione di merci pericolose secondo quanto previsto dal capitolo 1.8.3 della normativa ADR 24 e dall’art. 11 del D.lgs. 35/2010;

- la qualifica di Gestore del Trasporto, quale “persona che gestisce in maniera effettiva e continuativa le attività di trasporto dell’impresa” costituisce requisito di idoneità professionale necessario per l’esercizio dell’attività di trasportatore di merci in conto terzi su strada ex Regolamento UE 1071/2009;

- il DM 120/2014, all’art. 12 stabilisce che “Compito del responsabile tecnico è porre in essere azioni dirette ad assicurare la corretta organizzazione nella gestione dei rifiuti da parte dell’impresa nel rispetto della normativa vigente e di vigilare sulla corretta applicazione della stessa.”

Non v’è dubbio che in un’impresa strutturata ciascuno di essi debba svolgere il proprio ruolo nei limiti del proprio ambito di responsabilità ancorché, doverosamente, in collaborazione con gli altri professionisti nell’interesse dell’impresa 25 .

Soffermandosi, ad esempio, sulla peculiare figura del Responsabile Tecnico, non si ravvede nella generale definizione del suo compito né nelle ulteriori attribuzioni di responsabilità, alcun riferimento a doveri di natura consulenziale su aspetti normativi diversi da quelli della gestione rifiuti. Esso è tenuto in via esclusiva a redigere l’attestazione dell'idoneità dei mezzi di trasporto in relazione ai tipi di rifiuti da trasportare (Deliberazione del Comitato Nazionale n. 6 del 9 settembre 2014 ) e a verificarne la permanenza. Con l’obbligo di dare, senza indugio, comunicazione al Legale Rappresentante dell’impresa e alla Sezione regionale dell’Albo dell’eventuale inidoneità dei veicoli. (Delibera del Comitato Nazionale nr. 4/2000).

Gli eventuali e riconoscibili indizi di irregolarità dei rifiuti caricati sui veicoli e le obbiettive ragioni di sospetto, che potrebbero consigliare un maggiore approfondimento sulla reale natura del carico o sulle modalità di trasporto, non dovrebbero essere valutate sulla base delle capacità del semplice conducente, ma sulla base della preparazione del Responsabile Tecnico dell’impresa di trasporto cui il conducente deve riferire ogni difformità rispetto al programma ricevuto. (Circolare del Comitato Nazionale nr. 3934/2003 ).

5. Responsabilità ex D. Lgs 2001 n. 231: reati-presupposto ambientali, MOG e sistemi di gestione ambientale

Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231 ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano la disciplina della responsabilità amministrativa delle società e degli enti collettivi.

Questo prevede la responsabilità diretta degli enti per alcuni reati (c.d. presupposto), previsti dal legislatore, commessi nell’interesse o a vantaggio degli stessi: da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso (es.: Direttore generale, Amministratore delegato, Direttore di stabilimento, Dirigenti con poteri decisionali e di spesa, ecc.), c.d. “soggetti apicali”; da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati (es.: dipendenti, collaboratori, agenti, consulenti, ecc.), c.d. “soggetti sottoposti” 26 .

Giurisprudenza e dottrina sono ormai conformi nel considerare che in materia di reati ambientali colposi il vantaggio debba essere valutato ex post nel senso di un risparmio di spesa o di tempo per non essersi adeguati alla normativa.

Tornando alla figura del Responsabile Tecnico, l’imprenditore di norma affida tale ruolo ad un soggetto estraneo all’organizzazione dell’impresa il che, sul piano della responsabilità degli enti, può generare problemi in ordine alla possibilità di qualificarli autori del reato presupposto. In detti casi, parte della dottrina propone la risoluzione della questione attraverso il ricorso al requisito della “vigilanza” di cui all’art. 5 1° co. d.lgs. n. 231/2001; l’ente potrà pertanto essere chiamato a rispondere, ricorrendo gli altri requisiti previsti dal d.lgs. n. 231/2001 27 .

La normativa prevede, oltre la pena per la persona fisica che commette il reato, l’applicazione di sanzioni in capo alla società, suddivise in sanzioni pecuniarie (unità di misura la cui entità è variabile e dipende dal potenziale economico del trasgressore) e sanzioni interdittive (l’interdizione dall’esercizio dell’attività; la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze e concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi).

Non è sufficiente un collegamento oggettivo tra reo e cooperativa ma è invece necessario dimostrare la c.d. “colpa di organizzazione” della società, ovvero il non avere predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei ad evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato.

Lo strumento che permette ad una società di esimersi dalla responsabilità amministrativa in caso di commissione di un reato-presupposto, è l’adozione e l’efficace attuazione di un Modello organizzativo e di gestione idoneo a prevenire reati previsti dal decreto, prevedendo altresì organi deputati a vigilare sul funzionamento e l’osservanza di tali regole.

La legge n. 68 del 2015, completando la riforma avviata nel 2011 in occasione del recepimento della direttiva 2008/99/CE, stante la genetica corrispondenza tra criminalità ambientale e criminalità d’impresa, ha esteso all’art. 25 undecies del d.lgs. n. 231/2001, il catalogo dei reati presupposto a tutela dell’ambiente (cd “ecoreati”).

Tra questi, soffermandosi nell’ambito del trasporto dei rifiuti, si rileva che alla lett. b) comma 2 dell’art. 25 undecies è annoverata la violazione dell’art. 256 TUA “Attività di gestione di rifiuti non autorizzata”, comma 1, lettera a), e 6, primo periodo con la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote e comma 1, lettera b), 3, primo periodo, e 5, con la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote.

L’art. 256 TUA stabilisce che: “Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1 28 , chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:

a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all'articolo 192, commi 1 e 2.

3. Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell'articolo 29-quattuordecies, comma 1, chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro.[...]

4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni.

5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all'articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b). [...]

6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all'articolo 227, comma 1, lettera b), è punito con la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600 euro a 15.500 euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti.”

Si tratta, in particolare, delle ipotesi di trasporto di rifiuti senza la relativa iscrizione all’Albo o senza il corretto formulario; della realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata; dell’inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione alla gestione di una discarica o alle altre attività concernenti i rifiuti; della miscelazione non consentita di rifiuti e del deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi.

Ai sensi dell’art. 259 Tua alla sentenza di condanna o di patteggiamento per i reati relativi al trasporto illecito di cui agli articoli 256 e 258, comma 4 (trasporto di rifiuti senza il formulario ovvero indicando nel formulario stesso dati incompleti o inesatti) consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto e l’art. 260 ter comma 4 dispone che “in caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, è sempre disposta la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato.”.

Al fine di prevenire siffatte condotte ed eventuali profili di responsabilità aziendale, la società deve dunque dotarsi di un sistema organizzativo adeguato.

A tal proposito, tuttavia, l’art. 25 undecies d.lgs. n. 231/2001 sin dalla sua originaria formulazione, non è stato raccordato con nessuna specifica norma che indichi i requisiti che deve avere il modello organizzativo ai fini dell’esonero dalla responsabilità. In materia, nonostante l’intervento riformatore del 2015, si registra infatti ancora un’omissione al rinvio ai sistemi di gestione ambientale di cui alle norme ISO 14001 e EMAS (Eco-Management and Audit Scheme), sulla falsariga dell’art. 30 d.lgs. n. 81/2008 29 .

In materia è intervenuta Confindustria che, con le Linee Guida elaborate nel 2014, ha escluso qualsiasi presunzione di idoneità del modello ai sistemi gestione in materia ambientale 30 . Si è osservato che il modello ex d.lgs. 231/2001 dovrebbe contenere ulteriori previsioni rispetto ai sistemi di gestione ambientale realizzati in base alla norma ISO 14001 e EMAS 31 dato che tali sistemi mirano ad attuare la migliore gestione dell’impresa in campo ambientale, mentre il modello organizzativo 231 si prefigge esclusivamente lo scopo di ridurre il rischio di commissione di specifici reati nell’interesse o a vantaggio dell’ente 32 . Il rischio di mancata coincidenza può in definitiva comportare che «un’organizzazione presenti un ottimo sistema di controlli generali, ma che poi nella specifica area sia mancato, ad esempio, l’aggiornamento di quelle procedure che garantiscono la corretta attuazione ed il controllo sul processo, determinando così l’inidoneità dell’intero modello» 33 . In definitiva, in assenza del dato normativo, si deve ritenere che i criteri dettati dalle norme ISO 14001 e EMAS possano costituire solamente un’importante base di riferimento, specialmente all’atto della redazione della parte speciale del modello in materia ambientale.

E’ doveroso sottolineare però che «ogni qualvolta l’integrazione di un reato dipende da una valutazione di stampo tecnico-giuridico (ad es. natura di rifiuto, deposito temporaneo di rifiuti, classificazione, ecc.) l’integrazione tra SGA e Modello 231 può essere più stringente e le procedure ISO 14001 o EMAS risultano comunque sufficienti per prevenire – anche ai fini della responsabilità da d.lgs. 231/2001 – la commissione di reati in materia. L’esempio di riferimento è proprio quello relativo alla contravvenzione di gestione non autorizzata di rifiuti, prevista dall’art. 256, d.lgs. 152/2006, fattispecie di elevata tecnicità» 34 .

In conclusione, dal punto di vista delle politiche aziendali, è lecito attendersi «un rinnovato interesse per i modelli di organizzazione che, muovendo ove presenti dalle certificazioni aziendali maggiormente diffuse (ISO 14001 ed EMAS), inglobino le regole e i protocolli necessari a far fronte ai rischi di commissione dei reati ambientali indicati nel rinnovato art. 25 undecies. Tali modelli, ove reputati idonei, potranno esimere da responsabilità l’ente, specie in relazione a condotte negligenti dei soggetti subordinati che abbiano violato regole comportamentali attinenti alla quotidiana gestione dell’ambiente, previamente inserite nel Modello di organizzazione e prevenzione dei reati (es. omesse manutenzioni programmate di dispositivi antinquinamento, errate attribuzioni di codici CER in violazione di regole interne, mancata rimozione di rifiuti oltre le tempistiche previste, ecc.). Assai meno agevole per l’ente sarà sfuggire alla responsabilità laddove il reato ambientale sia commesso dai soggetti apicali» 35 .

6. Art. 318 bis d.lgs. 152/2006: meccanismo agevolato di estinzione delle contravvenzioni ambientali meno gravi.

La riforma del 2015 sui reati ambientali ha introdotto un meccanismo agevolato di estinzione delle contravvenzioni meno gravi per i reati ambientali, sulla falsariga di quello già previsto nel settore della sicurezza sul lavoro. Esso riguarda le contravvenzioni «in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette» (così il nuovo art. 318 bis, d.lgs. 152/2006).

In sintesi tale meccanismo prevede che quando l’organo di vigilanza, nell’esercizio delle proprie funzioni di polizia giudiziaria, accerta una contravvenzione, impartisce al contravventore una apposita prescrizione per la regolarizzazione degli impianti o delle procedure, fissando un termine per l’adempimento. Il comma 4 dell’art. 318 ter Tua, pone in capo all’organo accertatore comunque l’obbligo di comunicare ai sensi dell’art. 347 c.p. la notizia di reato relativa alla contravvenzione al Pubblico Ministero. Il procedimento penale sorto a seguito della notizia di reato verrà sospeso ex art. 318 sexies Tua fino ai termini indicati per la verifica dell’adempimento. Alla fase prescrittiva segue, infatti, la fase accertativa dell’adempimento: entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’organo accertatore deve verificare se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicato.

In caso favorevole, l’organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa e il reato si estingue. (in caso di congruo ritardo o di adempimento con modalità diverse da quelle prescritte, la somma da versare è ridotta alla metà del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa). L’imprenditore che considera illegittima la prescrizione, e che pertanto non ritiene di adempiervi, può soltanto sostenere le proprie ragioni davanti al giudice penale, il quale naturalmente ha sempre il potere di disapplicare la prescrizione se la considera illegittima.

Sorvolando le difficoltà che dottrina e giurisprudenza hanno riscontrato nell’individuare il campo di applicazione di tale meccanismo 36 , il principale interrogativo da risolvere riguarda le conseguenze per la responsabilità dell’ente nel momento in cui la persona fisica autrice del reato presupposto definisca la propria posizione attraverso il procedimento testé illustrato, determinando l’estinzione del reato ex art. 318 septies Tua.

Sul punto si registrano due orientamenti. Quello minoritario ritiene che l’estinzione del reato nei confronti dell’ente possa comunque aversi attraverso il ricorso all’art. 129 c.p.p., consentito dalla generale clausola di estensione delle norme procedurali di cui all’art. 34 d.lgs. n. 231/2001. Quello maggioritario ritiene viceversa prevalente l’operatività del principio di autonomia della responsabilità dell’ente di cui all’art. 8 d.lgs. in base al quale “la responsabilità dell’ente sussiste anche quando (…) il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia”; sulla base di tale principio, la responsabilità della persona giuridica dovrebbe ritenersi impregiudicata dalla conclusione positiva del procedimento per la persona fisica autore del reato presupposto 37 .

BIBLIOGRAFIA

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  • SARA PETELLA, Ecoreati e responsabilità degli enti, in Il nuovo diritto penale ambientale

  • MAZZACUVA-AMATI, Diritto penale dell’economia

1 L’albo è disponibile sul sito web http: //www.albonazionalegestoriambientali.it dal 3 Novembre 2004 e contiene, per ciascuna impresa, i dati anagrafici, le categorie e classi d'iscrizione, le tipologie dei rifiuti gestiti e i relativi codici dell'elenco europeo dei rifiuti. La ricerca delle imprese può essere effettuata attraverso la corrispondente ragione sociale, la sezione regionale o provinciale di iscrizione, la categoria, il codice di rifiuti.

2 Per rinnovare l’iscrizione l’impresa deve presentare cinque mesi prima della scadenza un'autocertificazione resa alla sezione regionale o provinciale, ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti la permanenza dei requisiti previsti.

3 Art. 3 (prescrizioni) n. 3) dell’Iscrizione all’Albo: “L’idoneità tecnica dei veicoli, attestata dal responsabile tecnico secondo le modalità previste dall'articolo 15 comma 3 lettera a), del D.M. 3 giugno 2014, n. 120 deve essere garantita con eventi periodici di manutenzione ordinaria e straordinaria. In particolare, durante il trasporto dei rifiuti deve essere impedita la dispersione, lo sgocciolamento dei rifiuti, la fuoriuscita di esalazioni moleste e deve essere garantita la protezione dei rifiuti trasportati da agenti atmosferici; i veicoli devono essere sottoposti a bonifiche, prima di essere adibiti ad altri tipi di trasporto e comunque, a bonifiche periodiche. Deve essere garantito il corretto funzionamento dei recipienti mobili destinati a contenere i rifiuti”.

4 Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER) è l’elenco dei codici di classificazione dei rifiuti introdotto con Decisione comunitaria della Commissione n. 2000/532/CE.

5 Cass. Pen. n. 38979/17: “Il rifiuto quale sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi non perde tale qualità in ragione di un accordo di cessione a terzi, né del valore economico ad esso riconosciuto nell’accordo stesso ciò che conta è la volontà del cedente di disfarsene, non rileva perciò che il materiale sia destinato alla commercializzazione”.

6 Art. 184-ter, comma 2: “I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto”.

7 Il decreto fa parte del recepimento nel nostro ordinamento nazionale delle direttive europee del pacchetto economia circolare, assieme ai d.lgs. 118/2020 (Pile e Raee), d.lgs. 119/2020 (Veicoli fuori uso) e d.lgs. 121/2020 (discariche).

8 Es: HP1 esplosivo, HP2 comburente, HP3 infiammabile, HP4 Irritante, HP5 nocivo, HP6 tossico, HP7 cancerogeno, HP8 corrosivo, HP9 infettivo, etc.., dove HP sta per “hazardous property”.

9 Cfr. Stefano Sassone, Vademecum dell’ambiente, p. 211.

10 Produttore di rifiuti ex art. 183 comma 1 lett f): “È il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore).”; Detentore di rifiuti ex art. 183 comma 1 lett h): “il produttore di rifiuti o al persona fisica o giuridica che ne è in possesso”.

11 Cfr. Stefano Sassone, Vademecum dell’ambiente, p. 213.

12 Dal 2013 al 2018 vigeva anche il “sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti” (SISTRI) che nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto sostituire il modello cartaceo. Tuttavia l’“esperimento” non ha mai centrato le aspettative e dal primo Gennaio 2019 il SISTRI non è più operativo.

13 In particolare: a) enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi di cui alle lettere c) e d) del comma 3 dell'articolo 184 e di rifiuti speciali non pericolosi da potabilizzazione e altri trattamenti delle acque di cui alla lettera g) del comma 3 dell'articolo 184; b) gli altri detentori di rifiuti, quali enti e imprese che raccolgono e trasportano rifiuti o che effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo e di trattamento, recupero e smaltimento, compresi i nuovi produttori e, in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell'impresa navale o ferroviaria o dell'impresa che effettua il successivo trasporto ai sensi dell'articolo 188-ter, comma 1, ultimo periodo; c) gli intermediari e i commercianti di rifiuti

14 In particolare le annotazioni devono essere effettuate: entro 10 gg lavorativi dalla produzione e dallo scarico nel caso di enti o imprese produttori iniziali di rifiuti; entro 10 gg lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti e dallo scarico dei rifiuti originati da detta attività nel caso di enti o imprese che effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo; entro 2 gg lavorativi dalla presa in carico e dalla conclusione dell’operazione di trattamento per gli enti e le imprese che effettuano operazioni di trattamento; almeno 2 gg lavorativi prima dell’avvio dell’operazione ed entro 10 gg lavorativi dalla conclusione dell’operazione per gli intermediari e i commercianti.

15 Cfr. Stefano Sassone, Vademecum dell’ambiente, p. 280.

16 ? Cfr., Elenco operazioni di smaltimento come nell’All.B Dlgs. 152/2006.

17 Cfr. Stefano Sassone, Vademecum dell’ambiente, p. 275.

18

19 Cfr. https://www.tuttoambiente.it/responsabilita-e-controllo-formale-delle-autorizzazioni-in- materia- di-rifiuti.

20 Cfr., Cassazione, Sez. pen. III n. 5912 del 14 febbraio 2020, con la quale la Corte ha rigettato il ricorso dell’imputato, adducendo al c.d. principio della responsabilità condivisa nella gestione dei rifiuti. In particolare nella motivazione della sentenza – che trae origine da una vicenda del 2015 – si legge “ Ciò comporta che la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti gravi su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento, essendo detti soggetti investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento dei rifiuti stessi . Occorre tener conto, infatti, dei principi generali di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nel ciclo afferente alla gestione dei rifiuti, ai sensi del combinato disposto di cui agli art. 178 e 188 , d.lg. n. 152/2006 […]

21 Con sentenza del 9 aprile 2013, n. 16209 la Corte di Cassazione ha stabilito che chi trasporta rifiuti deve considerarsi un soggetto tecnicamente competente in relazione alla tipologia di attività svolta, nella quale risulta professionalmente inserito, e non può invocare la sua completa ignoranza circa la natura di quanto trasportato o disinteressarsi del tutto della natura effettiva del carico o della sua destinazione finale. Tale sentenza va inquadrata nel più generico obbligo alla diligenza nel compito professionalmente svolto.

22 Banca dati Pluris: Nota in tema di responsabilità amministrativa e danno da disservizio, T.A.R. Veneto Venezia Sez. III Sentenza, 24/11/2009, n. 2968, Giur. It., 2010, 5, 1206.

23 Art. 33 D. lgs 81/2008: “1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:

a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale;

b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di tali misure;

c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;

d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;

e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonchè alla riunione periodica di cui all'articolo 35;

f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'articolo 36.

2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto legislativo.

3. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro.”

24 Cap. 1.8.3.3 normativa ADR: “le sue funzioni, da adattare alle attività dell’impresa, sono in particolare le seguenti:

- verificare l’osservanza delle disposizioni in materia di trasporto di merci pericolose;

- consigliare l’impresa nelle operazioni riguardanti il trasporto di merci pericolose;

- redigere una relazione annuale, destinata alla direzione dell’impresa o eventualmente a un’autorità pubblica locale, sulle attività dell’impresa per quanto concerne il trasporto di merci pericolose.”

25 Cfr., GIOVANNI TAPETTO, Considerazioni sulla figura del responsabile tecnico di gestione rifiuti e sui test di qualificazione, http://www.lexambiente.com.

26 Sulla distinzione tra soggetti apicali e soggetti sottoposti il legislatore ha utilizzato la tecnica normativa incentrata su un criterio di tipo “oggettivo-funzionale” come attestato anche dall’assimilazione dell’apice di diritto all’apice di fatto. Si definisce quindi apicale la posizione di un soggetto che formalmente ricopre la carica di sottoposto, ma che in realtà esercita funzioni di gestione e controllo. Cfr. MAZZACUVA-AMATI, Diritto penale dell’economia, pp. 27 ss.

27 Cfr. SARA PETELLA, Ecoreati e responsabilità degli enti, in Il nuovo diritto penale ambientale, p. 327.

28 L’art. 29-quattuordecies, comma 1, sanziona l’inosservanza dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA), indipendentemente dalla produzione di un danno all’ambiente. L’AIA è l’autorizzazione di cui necessitano alcune aziende per uniformarsi ai principi di integrated pollution prevention and control (IPPC) dettati dall'Unione europea dalla Direttiva IPPC n. 96/61/CE. Ai sensi di tale Direttiva (integrata dalla Dir. 2008/1/CE e dalla Dir. emissioni industriali IED, 2010/75/UE) l'autorizzazione integrata è requisito indispensabile per l'esercizio di alcune tipologie di installazioni produttive che possono produrre danni ambientali significativi.

29 Quest’ultima disposizione infatti, dopo aver individuato il contenuto minimo dei modelli organizzativi, stabilisce altresì che “in sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee Guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 novembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 di presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti”.

30 Cfr. SARA PETELLA, Ecoreati e responsabilità degli enti, in Il nuovo diritto penale ambientale, p. 327; Scarcella, Le linee guida aggiornate di Confindustria: i reati ambientali, in La responsabilità amministrativa delle società e degli enti, 2014, IV, p. 9.

31 Lo standard ISO 14001 è una norma internazionale ad adesione volontaria, applicabile a qualsiasi tipologia di Organizzazione pubblica o privata, che specifica i requisiti di un sistema di gestione ambientale; l’Eco-Management and Audit Scheme (EMAS) è uno strumento volontario creato dalla Comunità europea al quale possono aderire volontariamente le organizzazioni (aziende, enti pubblici, ecc.) per valutare e migliorare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni sulla propria gestione ambientale.

32 Cfr. SARA PETELLA, Ecoreati e responsabilità degli enti, in Il nuovo diritto penale ambientale , p. 327; SCARCELLA, Le linee guida aggiornate di Confindustria: i reati ambientali, in La responsabilità amministrativa delle società e degli enti , 2014, IV, p. 9

33 PANSARELLA, Reati ambientali: il set dei controlli a presidio, in La responsabilità amministrativa delle società e degli enti, 2012, I ed, p. 241.

34 Cfr. MARINA ZALIN, Eco-reati e Modelli Organizzativi 231, alla luce delle linee guida Fise – Assoambiente , p. 18, in www.Rivista231.it.

35 Cfr. SARA PETELLA, Ecoreati e responsabilità degli enti, in Il nuovo diritto penale ambientale, p. 328.

36 Cfr. MICAELA RAIMONDO, La responsabilità degli enti per i delitti e le contravvenzioni ambientali: Godot è arrivato?, in Diritto Penale Contemporaneo, pp. 23-24.

37 Cfr. SARA PETELLA, Ecoreati e responsabilità degli enti, in Il nuovo diritto penale ambientale, pp. 325-326.