Cass. Sez. III n. 37601 del 18 ottobre 2021 (UP 15 lug 2021)
Pres. Galterio Est. Liberati Ric. Fusco
Rifiuti.Discarica e mutamento dell’organo amministrativo dell’ente nel cui interesse è stata realizzata e gestita

Il mero mutamento dell’organo amministrativo non comporta il venir meno degli obblighi gravanti sul gestore relativi alla fase post operativa della discarica, con la conseguenza che tale evenienza non determina neppure il cessare della permanenza della condotta, che coincide con il venir meno della situazione di antigiuridicità per rilascio dell'autorizzazione amministrativa, rimozione dei rifiuti o bonifica dell'area, o con il sequestro che sottrae al gestore la disponibilità dell'area, o, infine, con la pronuncia della sentenza di primo grado.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 7 ottobre 2019 la Corte d’appello di Brescia, provvedendo sulle impugnazioni proposte dagli imputati nei confronti della sentenza del 13 settembre 2017 del Tribunale di Bergamo, con la quale, per quanto rileva in base ai ricorsi proposti, Andrea Fusco e Pier Luca Locatelli erano stati condannati, Fusco alla pena di un anno e otto mesi di arresto e 4.000,00 euro di ammenda e Locatelli alla pena di un anno e otto mesi di arresto e 15.000,00 euro di ammenda, in relazione a tre contestazioni del reato di realizzazione di discarica abusiva di rifiuti speciali non pericolosi, provenienti da lavori di scavo e di realizzazione di una galleria stradale, ai sensi dell’art. 256, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006, nei comuni di Carvico, Villa d’Adda e Bergamo, oltre che al risarcimento dei danni in favore dei comuni costituiti parte civile e al ripristino e alla bonifica dello stato dei luoghi, ha dichiarato non doversi procedere in relazione al reato relativo alla discarica realizzata in Comune di Bergamo perché estinto per prescrizione, revocando le statuizioni civili in favore del Comune di Bergamo, rideterminando le pene per le residue imputazioni in sette mesi di arresto e 3.500,00 euro di ammenda per Fusco e in un anno e quattro mesi di arresto e 12.500,00 euro di ammenda per Locatelli, revocando il beneficio della sospensione della pena riconosciuto a Fusco e confermando nel resto la sentenza impugnata.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Andrea Fusco, affidato a un unico articolato motivo, mediante il quale ha denunciato un vizio della motivazione e l’errata applicazione dell’art. 158 cod. pen., con riferimento alla individuazione del termine da cui deve decorrere la cessazione della condotta esigibile in capo all’imputato e quindi alla mancata pronuncia di estinzione del reato per prescrizione sin dal primo grado di giudizio, per essere divenuta inesigibile qualsiasi condotta da parte degli imputati dalla data del sequestro del Gruppo di aziende facenti capo alla Locatelli Geometra Gabriele S.p.a. e quindi in tale data cessata la permanenza del reato.
Ha esposto che sia nel corso del giudizio di primo grado innanzi al Tribunale di Bergamo, sia con autonomo motivo d’appello, aveva eccepito l’estinzione dei reati contestatigli per prescrizione, in considerazione della cessazione della permanenza di tali reati dalla data del commissariamento della società amministrata dal ricorrente, e cioè dal 25 maggio 2012, in quanto nell’ambito di altro procedimento, il 27 maggio 2012, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia aveva disposto la misura cautelare di cui all’art. 45, comma 3, d.lgs. n. 231 del 2001, nei confronti della società Locatelli Geometra Gabriele S.p.a., capogruppo dell’intero Gruppo Locatelli, di cui faceva parte la Locatelli Lavori S.p.a. (controllata al 99,7% dalla Locatelli Geometra Gabriele S.p.a.); con tale provvedimento era, tra l’altro, stato disposto che il commissario avrebbe proseguito l’attività d’impresa, con la gestione degli appalti e delle forniture pubbliche in corso, adottando i modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, cioè reati ambientali; in ottemperanza a tale provvedimento tutte le attività dell’intero Gruppo Locatelli dal maggio 2012 erano state gestite dal commissario giudiziale; in seguito, il 7 luglio 2012, il Tribunale di Bergamo aveva nominato un commissario giudiziale anche per la Locatelli Lavori S.p.a.; dunque dal maggio 2012 nessun imputato aveva più avuto la possibilità di intervenire nella gestione di tali aziende, né di provvedere a eseguire condotte di ripristino, bonifica o gestione dei siti, inesigibili in conseguenza di detto provvedimento cautelare.
Ha richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la permanenza del reato di creazione e gestione di discarica abusiva cessa con la privazione della disponibilità dell’area da parte dell’agente, in quanto rompendo il legame tra costui e la cosa, comporta inevitabilmente la cessazione della permanenza dell’azione od omissione delittuosa (si richiama la sentenza n. 22826 del 2007), e il principio secondo cui, in ogni caso, quando, in concreto, il soggetto agente si trovi nell’impossibilità di effettuare le operazioni di bonifica o ripristino richieste, l’azione delittuosa deve considerarsi conclusa, criticando la contraria affermazione della Corte d’appello di Brescia, fondata sulla differenziazione tra il sequestro dell’area e il commissariamento del Gruppo Locatelli e gli altri provvedimenti adottati dal Tribunale di Milano, ritenuti dai giudici di merito inidonei a far cessare il rapporto tra gli amministratori come persone fisiche e le discariche che gli stessi avevano realizzato; ha sottolineato che le due discariche abusive erano state realizzate agendo in rappresentanza della Locatelli Geometra Gabriele S.p.a. (di cui Locatelli era presidente del consiglio di amministrazione e Fusco legale rappresentante), in relazione al contratto d’appalto concluso da tale società per la costruzione della Galleria Pascera, implicante anche la gestione dei relativi materiali di scavo, evidenziando anche che i detriti erano di proprietà della società, che le aree erano condotte in locazione dalla medesima società, con la conseguenza che vi erano precisi vincoli contrattuali che impedivano a soggetti terzi rispetto alla società di operare su tali aree per rimuovere i detriti e bonificarle, attività cui si era, invece, obbligata la società e al cui compimento non potevano, invece, essere considerati obbligati i ricorrenti per le ragioni anzidette, con la conseguente erroneità della affermazione di una loro responsabilità anche per la fase di ripristino ambientale e bonifica.
Ha pertanto concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata, la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione e la revoca delle statuizioni civili.

3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso la medesima sentenza anche Pier Luca Locatelli, affidandolo a due motivi.
3.1. In primo luogo, ha denunciato anch’egli l’errata applicazione degli artt. 158 cod. pen. e 45, comma 3, d.lgs. n. 231 del 2001, lamentando la mancata dichiarazione di estinzione dei residui reati per prescrizione, nonostante la verificazione di un evento, il commissariamento dell’impresa amministrata dal ricorrente, che lo aveva posto nella impossibilità di compiere qualsiasi attività di gestione volta a eliminare la situazione antigiuridica, con la conseguente cessazione della permanenza della condotta, erroneamente esclusa dalla Corte d’appello, che pure aveva richiamato il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui ogni situazione che faccia venire meno, per ragioni giuridiche o di fatto, la disponibilità dell’area adibita a discarica abusiva in capo al gestore determina la cessazione della permanenza.
Ha richiamato le vicende societarie della Locatelli Geometra Gabriele S.p.a. (alla quale nel 2005 era subentrata la Salini Locatelli S.r.l. nell’appalto con la Provincia di Bergamo per l’esecuzione della variante stradale di Carvico e la realizzazione della relativa galleria, con il conseguente subentro anche negli obblighi relativi alla discarica dei materiali di risulta, con il conferimento, in data 2 febbraio 2007, di procura speciale a Pier Luca Locatelli per la gestione di tale appalto, revocata il 9 marzo 2012, con il venir meno da tale data di ogni forma di partecipazione, collaborazione e ingerenza del ricorrente nella Salini Locatelli, che già nel 2008 aveva acquistato tutte le quote della Locatelli Geometra Gabriele), nonché il commissariamento in data 25 maggio 2012 di tutte le aziende del Gruppo Locatelli, che aveva determinato, in relazione a tutti e tre i siti interessati dalle discariche, una situazione di assoluta indisponibilità, non solo relativamente all’area, ma che si estendeva all’azienda in sé considerata, ai mezzi, agli strumenti, alla gestione operativa, alle aree utilizzate dall’impresa ai fini della propria attività. Nonostante ciò la Corte d’appello aveva escluso che il commissariamento fosse assimilabile al sequestro dell’area, benché tale provvedimento determini una vera e propria espropriazione dei poteri direttivi e gestionali sui beni e sui mezzi aziendali, che vengono assunti, in via esclusiva, dal commissario, con il conseguente venir meno in capo agli organi sociali, dunque al ricorrente, dei poteri di gestione, che si esplicano necessariamente mediante l’apprestamento di un’area e l’attivazione di una organizzazione di persone, cose, macchine e strumenti, e presuppone una potestà di intervento, una autonomia decisionale e operativa e la diretta disponibilità di mezzi, strumenti e aree.
3.2. Con un secondo motivo ha lamentato un vizio della motivazione sempre a proposito della individuazione del termine di cessazione della permanenza dei reati contestati, anche a causa del travisamento di quanto dichiarato dall’imputato nel corso del suo esame (circa i rapporti tra il Gruppo Locatelli e il Gruppo Salini).
Ha sottolineato, in particolare, l’errata considerazione della portata del contratto di subappalto concluso tra la Salini Locatelli e la Locatelli Geometra Gabriele, che riguardava la sola esecuzione dei lavori e non anche la proprietà e la responsabilità della gestione dei materiali di risulta, e anche della procura conferitagli dalla Salini Locatelli, che difettava di qualsiasi dovere o potere in relazione ai materiali di risulta o ai rifiuti, nonché di quanto dichiarato dall’imputato nel corso del suo esame innanzi al Tribunale di Bergamo all’udienza del 19 luglio 2016, che riguardava l’emergenza frana del cantiere di via Fara in Bergamo e i rapporti all’interno del Gruppo Locatelli.
Ha quindi ribadito che ogni concreta possibilità gestoria in relazione ai materiali rinvenuti a Carvico e Villa d’Adda era venuta meno dal luglio 2008, a seguito della cessione di tutte le quote nella Salini Locatelli, e, in ogni caso, dal 14 marzo 2012, con la revoca della procura conferitagli da tale società, ovvero dal commissariamento ex art. 45, comma 3, d.lgs. n. 231 del 2001, intervenuto in data 25 maggio 2012, con la conseguenza che la permanenza del reato di discarica abusiva doveva ritenersi cessata in ragione di tali eventi, dunque anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado.
Ha pertanto concluso chiedendo anch’egli l’annullamento della sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione e anche delle statuizioni civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Entrambi i ricorsi, esaminabili congiuntamente in considerazione della sostanziale sovrapponibilità delle censure con essi formulate, tutte relative alla individuazione del momento di cessazione della permanenza del reato contestato ai ricorrenti e alla conseguente estinzione per prescrizione dello stesso, che sarebbe avvenuta anteriormente alla pronuncia della sentenza di primo grado, sono infondati.

2. Come già più volte osservato da questa Corte, anche nella precedente sentenza (n. 12970 del 2015) resa nella medesima vicenda, di annullamento con rinvio della sentenza di proscioglimento per prescrizione pronunziata il 2 aprile 2014 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bergamo, l'art. 256, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006 sanziona la realizzazione e la gestione di discarica abusiva al di fuori dei casi contemplati dall'art. 29 quattuordecies, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006; la fattispecie incriminatrice è, dunque, formulata attraverso il rinvio a due elementi normativi extrapenali, il concetto di discarica e quello di gestione, la cui nozione e disciplina sono contenute nel d.lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, recante la "attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti"; l'art. 2, comma 1, lett. g), di tale d.lgs. n. 36 del 2003, definisce la discarica come un'area "adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno (...) sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno", in tal senso distinguendo la discarica da altre attività di gestione.
Le condotte sanzionate dall'art. 256, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006 sono, dunque, quelle di realizzazione e gestione di una discarica abusiva: secondo quanto chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 12753 del 5/10/1994, Zaccarelli, Rv. 199385), la realizzazione "consiste nella destinazione e allestimento a discarica di una data area, con la effettuazione, di norma, delle opere a tal fine occorrenti: spianamento del terreno impiegato, apertura dei relativi accessi, sistemazione, perimetrazione, recinzione, ecc.", mentre la gestione "presuppone l'apprestamento di un'area per raccogliervi i rifiuti e consiste, nell'attivazione di una organizzazione, articolata o rudimentale non importa, di persone, cose e/o macchine (come, ad esempio, quelle per il compattamento dei rifiuti) diretta al funzionamento della discarica". La differenza concettuale tra le due condotte si riflette, altresì, sulla individuazione del momento consumativo del reato, atteso che, secondo quanto precisato dalle Sezioni Unite, la realizzazione di una discarica "per la sua struttura, ricorda da vicino il reato di costruzione abusiva, che è permanente fino all'ultimazione dell'opera. Dopodiché diventa ad effetti permanenti"; la gestione, invece, "è permanente per tutto il tempo in cui l'organizzazione è presente e attiva".
La conferma di tale ricostruzione si ricava dalla definizione di "gestore" della discarica, contenuta nell'art. 2, lett. o), d.lgs. 36/2003, che lo individua nel "soggetto responsabile di una qualsiasi delle fasi di gestione di una discarica, che vanno dalla realizzazione e gestione della discarica fino al termine della gestione post-operativa compresa".
Sulla base di tale disciplina, che integra l'elemento normativo extrapenale della "gestione della discarica" contenuto nella fattispecie incriminatrice di cui all'art. 256, comma 3, d.lgs. 152/2006, la fase post-operativa, i relativi controlli e precauzioni, e il ripristino ambientale costituiscono parte del ciclo di vita della discarica e sono oggetto della disciplina autorizzatoria, così che anche la violazione della relativa disciplina integra gli estremi del reato di discarica abusiva, nella sua duplice configurazione ricordata.
Nel solco di tale ricostruzione è stato quindi affermato che, in tema di discarica, il mancato esercizio dell'attività di controllo e vigilanza della stessa, anche dopo la cessazione dei conferimenti, lungi dal rientrare in un generico obbligo di eliminare le conseguenze del reato già perfezionato ed esaurito o dall'integrare il reato ex art. 257 del d.lgs. n. 252 del 2006, relativo alla bonifica dei siti inquinati, è parte costitutiva del reato di gestione di discarica ambientale (Sez. 3, n. 32797 del 18/03/2013, Rubegni, Rv. 256663, che, in applicazione del principio, ha annullato la sentenza che aveva ritenuto di fissare la cessazione della permanenza del reato di gestione di discarica non autorizzata in coincidenza con l'ultimo conferimento; v. anche Sez. 3, n. 12159 del 15/12/2016, dep. 2017, Messina, Rv. 270354, nonché la citata sentenza di questa stessa Sez. 3, n. 12970 del 5/3/2015, Rocca e altri, non massimata, resa nella medesima vicenda); pertanto, ai fini dell'integrazione del reato di gestione di discarica non autorizzata, rientrano nella nozione di gestione anche la fase post-operativa, successiva alla chiusura, e di ripristino ambientale.
La conseguenza, in tema di individuazione del dies a quo del termine di prescrizione, è che la permanenza del reato previsto dall'art. 256, comma 3, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per la gestione abusiva o irregolare della fase post-operativa di una discarica, cessa o con il venir meno della situazione di antigiuridicità per rilascio dell'autorizzazione amministrativa, la rimozione dei rifiuti o la bonifica dell'area o con il sequestro che sottrae al gestore la disponibilità dell'area, o, infine, con la pronuncia della sentenza di primo grado (Sez. 3, n. 32797 del 18/03/2013, Rubegni, Rv. 256664).
Tale principio è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, che ha confermato che la permanenza del reato previsto dall'art. 51, comma terzo, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (oggi sostituito dall'art. 256, comma terzo, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), anche nel caso di gestione abusiva o irregolare riguardante la fase post-operativa di una discarica, cessa o con il venir meno della situazione di antigiuridicità per rilascio dell'autorizzazione amministrativa, la rimozione dei rifiuti o la bonifica dell'area o con il sequestro che sottrae al gestore la disponibilità dell'area, o, infine, con la pronuncia della sentenza di primo grado (Sez. 3, n. 39781 del 13/04/2016, Pajardi, Rv. 268236; Sez. 3, n. 45931 del 09/10/2014, Cifaldi, Rv. 260873; Sez. 3, n. 12970 del 05/03/2015, Milesi, non massimata).
Quanto alla nozione di gestore, questa è necessariamente collegata alla articolata nozione di discarica che si collega, a sua volta, alle varie fasi fenomenologiche della stessa (conferimento, gestione, fase post operativa), sì da rimanere in capo al soggetto anche nella fase post operativa e fino al termine della gestione stessa, ovvero fino alla procedura di chiusura con la comunicazione del provvedimento di approvazione.
Il gestore, dunque, rimane tale fino al termine della vita della discarica, che coincide con il provvedimento di chiusura in seguito agli adempimenti previsti dalla legge (Sez. 3, n. 54523 del 14/06/2016, Marinelli, Rv. 268582; nonché Sez. 3, n. 40318 del 16/06/2016, P.M. in proc. Strazzer, Rv. 267755).

3. Proprio sulla base di tali principi, ribaditi anche dalla giurisprudenza successiva, questa Corte, con la citata sentenza n. 12970 del 2015, accogliendo i ricorsi del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo e del Comune di Bergamo, ha annullato la sentenza di non doversi procedere per essere i reati estinti per prescrizione pronunciata, proprio in relazione ai reati contestati ai ricorrenti, il 2 aprile 2014 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bergamo, ribadendo l’orientamento di cui alla sentenza n. 32797 del 2013 (Rubegni), con l'ulteriore precisazione che l'attività di gestione di una discarica deve essere unitariamente considerata e comprende anche la fase post operativa e che quindi lo svolgimento di detta attività in assenza del prescritto titolo abilitativo configura il reato sanzionato dall'art. 256, comma 3 d.lgs. 152/06. Sono, pertanto, stati condivisi e ribaditi i criteri di individuazione del momento di cessazione della permanenza del reato, coincidenti con il venir meno della situazione di antigiuridicità per rilascio dell'autorizzazione amministrativa, la rimozione dei rifiuti o la bonifica dell'area o con il sequestro che sottrae al gestore la disponibilità dell'area, o, infine, con la pronuncia della sentenza di primo grado, con la conseguente erroneità della sentenza di proscioglimento impugnata, che è stata annullata con rinvio al Tribunale di Bergamo, per avere erroneamente ritenuto esaurita la condotta penalmente rilevante con l'ultimo conferimento di rifiuti (con ciò superando anche i rilievi, peraltro sollevati dai difensori dei ricorrenti per la prima volta nel corso della discussione, a proposito della contestazione, escludendo che questa fosse limitata all’ultimo conferimento di rifiuti).

4. In tale sentenza, la cui impostazione è stata condivisa dalla giurisprudenza successiva e che anche questo Collegio condivide e ribadisce, non erano, però, state considerate le vicende societarie e il commissariamento della Locatelli Geometra Gabriele S.p.a.
Al riguardo la Corte d’appello di Brescia, pur correttamente rilevando che nella precedente sentenza di questa Corte (la citata sentenza n. 12970 del 2015) non erano state affrontate le questioni sollevate dalle difese a sostegno della affermazione della cessazione della permanenza delle condotte contestate e con le altre vicende societarie che avevano visto coinvolto il Gruppo Locatelli, dunque quantomeno a far tempo dal 25 maggio 2012, ne ha escluso la rilevanza sul piano della cessazione della permanenza invocata dalle difese degli imputati, escludendo che il commissariamento della società “possa costituire un evento parificabile (sotto il profilo che qui interessa) al sequestro dell’area evocato nelle già ricordate sentenze di legittimità il commissariamento delle società del gruppo Locatelli e gli altri provvedimenti adottati dal Tribunale di Milano, e ciò perché anche al di là (e prima ancora) delle ragioni indicate dal primo Giudice, vale a tracciare una dirimente diversità il fatto che si tratti di vicende che attengono alla sfera soggettiva, mentre il sequestro ha una ben diversa e radicale portata di carattere oggettivo” (pag. 70 della sentenza impugnata).
La Corte territoriale ha, inoltre, sottolineato il permanere del rapporto esistente tra il Locatelli e i suoi collaboratori e le discariche, realizzate avvalendosi quale strumento della società che lo stesso amministrava, con la conseguente irrilevanza delle successive vicende di quest’ultima inidonee a elidere detto rapporto di carattere personale. E’ stato, pertanto, affermato che “nulla impediva personalmente al Locatelli (al di là che fosse o meno ancora in posizione tale da poter gestire la società che aveva dato luogo alla creazione delle discariche di Carvico e Villa d’Adda) di provvedere a eliminare la situazione antigiuridica venutasi a creare in quei siti a seguito della propria condotta, e altrettanto dicasi per il Fusco, visto che (come si avrà modo di evidenziare) anch’egli ha avuto parte nella gestione di quelle discariche” (pag. 72 della sentenza impugnata).
Sulla base di questi rilievi la Corte d’appello ha ritenuto di collocare la cessazione della permanenza in concomitanza con la pronuncia della sentenza di primo grado, in data 13 settembre 2017, escludendo di conseguenza il decorso del termine massimo di prescrizione del reato contestato agli imputati Fusco e Locatelli.

5. Va dunque osservato che il commissariamento di cui all’art. 45, comma 3, d.lgs. n. 231 del 2001, che può essere disposto in luogo della misura cautelare interdittiva di cui al primo comma della medesima disposizione, attribuisce al commissario giudiziale i poteri di cui all’art. 15 del medesimo d.lgs. 231/2001.
Tale disposizione prevede che quando sussistono i presupposti per l'applicazione di una sanzione interdittiva che determina l'interruzione dell'attività dell'ente, il giudice, in luogo dell'applicazione della sanzione, può disporre la prosecuzione dell'attività dell'ente da parte di un commissario per un periodo pari alla durata della pena interdittiva che sarebbe stata applicata, se l'ente  svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività, o se l'interruzione dell'attività' dell'ente può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio    in    cui    è    situato,   rilevanti   ripercussioni sull'occupazione; con il provvedimento con cui dispone la prosecuzione dell'attività' il giudice  indica  i compiti e i poteri del commissario, tenendo conto della  specifica attività' in cui è stato posto in essere l'illecito da parte dell'ente; nell'ambito  dei  compiti e dei poteri indicati dal giudice, il commissario cura  l'adozione e l'efficace attuazione dei modelli di organizzazione  e  di controllo idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
Sul piano strutturale la nomina del commissario si pone come una sanzione che surroga le sanzioni interdittive, finalizzata a evitare che, in determinate situazioni, l'accertamento   della   responsabilità   dell'ente   si   risolva   in   un   pregiudizio   per   la collettività.
Si tratta di una misura alternativa che conserva il carattere afflittivo, come si desume dalla durata della misura, equiparata a quella della sanzione che sostituisce, e dalla previsione della confisca dell’eventuale profitto prodotto dalla gestione commissariale (art. 15, comma 4), avente la precipua finalità di impedire che l’ente benefici degli esiti di un’attività dalla quale è stato estromesso; ciò avviene anche attraverso lo spossessamento degli organi amministrativi in favore del commissario giudiziale.

6. Nel caso in esame il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia, con decreto del 25 maggio 2012 (allegato 1 del ricorso Fusco), dispose il commissariamento della Locatelli Geometra Gabriele S.p.a., ai sensi dell’art. 45, comma 3, d.lgs. n. 231 del 2011, nominando commissario giudiziale l’Avvocato Carlo Catenaccio del Foro di Milano e attribuendogli il compito di proseguire l’attività d’impresa con la gestione, in particolare, degli appalti e forniture pubbliche in corso, nonché di adottare l’efficace attuazione dei modelli di organizzazione idonei a prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi (e cioè quelli di cui all’art. 260 d.lgs. n. 152 del 2006 e di cui all’art. 356 cod. pen.).
Ora, in considerazione del carattere personale dell’obbligo di provvedere alla fase post operativa di gestione di una discarica, che grava su chi la ha realizzata e gestita e ha quindi anche l’obbligo di provvedere lecitamente alla fase post operativa della gestione (rispetto alla quale è configurabile la responsabilità del soggetto gestore fino al completamento delle procedure di chiusura disciplinate dalla legge, cfr. Sez. 3, n. 54523 del 14/06/2016, Marinelli, Rv. 268582, cit.), deve escludersi che il solo mutamento dell’organo amministrativo dell’ente nei cui interesse la discarica sia stata realizzata e gestita, sia pure nella forma del commissariamento, abbia determinato l’impossibilità di provvedere a tale attività, giacché esso ha determinato solamente un mutamento dell’organo amministrativo, sia pure per iniziativa pubblica e con l’attribuzione di specifici compiti, che non impedisce, però, di provvedere agli adempimenti connessi alla fase post operativa.
Tali obblighi gravano, come notato, su chi la discarica ha realizzato e gestito a prescindere dal fatto di continuare a ricoprire cariche sociali nell’ente nel cui interesse tali attività siano state svolte, trattandosi di obblighi che ricadono non solo sull’ente ma anche sul soggetto che in concreto abbia gestito la discarica, come si ricava dalla ricordata nozione di gestore, contenuta nel citato art. 2, lett. o), d.lgs. 36/2003, che lo individua nel "soggetto responsabile di una qualsiasi delle fasi di gestione di una discarica, che vanno dalla realizzazione e gestione della discarica fino al termine della gestione post-operativa compresa".
Dunque, il mero mutamento dell’organo amministrativo non comporta, come del resto, sia pure implicitamente, affermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, il venir meno degli obblighi gravanti sul gestore relativi alla fase post operativa della discarica, con la conseguenza che tale evenienza non determina neppure il cessare della permanenza della condotta, che, come ricordato, coincide con il venir meno della situazione di antigiuridicità per rilascio dell'autorizzazione amministrativa, rimozione dei rifiuti o bonifica dell'area, o con il sequestro che sottrae al gestore la disponibilità dell'area, o, infine, con la pronuncia della sentenza di primo grado.
L’estraneità alla amministrazione e alla gestione dell’ente nel cui interesse venne realizzata e gestita la discarica abusiva, o l’indisponibilità della relativa organizzazione d’impresa, non escludono, dunque, la sussistenza dell’obbligo di provvedere alla fase post operativa della discarica, attraverso la richiesta della relativa autorizzazione amministrativa o l’attivazione per la rimozione dei rifiuti e la bonifica delle aree (tra l’altro di proprietà di terzi e condotte in locazione dalla società alla cui bonifica i proprietari non avevano mai posto ostacoli, lamentandosi, anzi, della mancata rimozione dei rifiuti e della mancata bonifica delle aree), che non risulta che i ricorrenti abbiano neppure tentato incontrando ostacoli o impedimenti non superabili (essendovi anzi state le richieste dei proprietari delle aree), con la conseguenza che non risultano esservi stati impedimenti al compimento delle attività doverose gravanti sui gestori della discarica in relazione alla fase post operativa della stessa.
Non vi è stata neppure, infatti, l’imposizione di un vincolo di indisponibilità sulle aree, cui la giurisprudenza ha da sempre collegato la cessazione della permanenza del reato di gestione di discarica abusiva, ma solo lo spossessamento dei precedenti organi amministrativi e l’immissione nel possesso del commissario giudiziale, che non è, evidentemente, assimilabile alla apposizione di un vincolo di indisponibilità, trattandosi di una evenienza che si verifica ordinariamente nel caso di avvicendamento degli organi amministrativi e che non comporta certamente né l’imposizione di vincoli, né l’impossibilità di procedere alle attività necessarie per compiere lecitamente e utilmente le attività connesse alla fase post operativa della gestione della discarica.

7. Devono, in conclusione, essere disattese le tesi difensive dei ricorrenti, fondate sulla cessazione della permanenza in concomitanza con il commissariamento della società per la quale avevano operato, in quanto tale evenienza non è assimilabile a nessuna di quelle che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide e ribadisce, determinano la cessazione della permanenza della condotta illecita nella fase di gestione post operativa di una discarica abusiva.
Entrambi i ricorsi devono, dunque, essere respinti e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15/7/2021