TAR Veneto Sez. III sent. 4027 del 18 dicembre 2007
Rifiuti. Ampliamento discarica
annullato il diniego all’autorizzazione per ampliare la discarica, la domanda deve essere valutata appunto alla stregua della disciplina in vigore fino al momento in cui la sentenza è stata notificata.
Rifiuti. Ampliamento discarica
annullato il diniego all’autorizzazione per ampliare la discarica, la domanda deve essere valutata appunto alla stregua della disciplina in vigore fino al momento in cui la sentenza è stata notificata.
Ricorso n. 787/06 Sent. n. 4027/07
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della L. 27 aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione terza, con l’intervento dei signori magistrati:
Angelo De Zotti Presidente
Marco Buricelli Consigliere
Angelo Gabbricci Consigliere, relatore
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio introdotto con il ricorso 787/06, proposto da Fornaci del Sile S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. ti Tassetto e Zambelli, con domicilio eletto presso il loro studio, in Venezia Mestre, via Cavallotti 22;
contro
la Provincia di Treviso, in persona del presidente pro tempore, non costituito in giudizio;
e nei confronti
del Comune di Roncade (Treviso), in persona del sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
A. Per l’annullamento:
1) del provvedimento 1 febbraio 2006, n. 2974, con cui la Provincia di Treviso ha denegato l’autorizzazione alla realizzazione di una discarica di II categoria, tipo A;
2) degli atti antecedenti, presupposti, preordinati, preparatori, consequenziali ovvero comunque connessi.
B. Per la condanna dell’Amministrazione provinciale di Treviso al risarcimento dei danni derivanti dai provvedimenti impugnati, stabilendo i criteri in base ai quali l’Amministrazione dovrà proporre, ex art. 35 d. lgs. 80/98, il pagamento di una somma per il risarcimento dei danni stessi.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
visti gli atti tutti della causa;
udito all’udienza del 25 ottobre 2007 (relatore il consigliere avv. A. Gabbricci), l’avv. Avino in sostituzione di Zambelli per la parte ricorrente;
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.1. Nel 1997 Fornaci del Sile S.p.A. presentò alla Provincia di Treviso un progetto per l’ampliamento di una discarica di seconda categoria tipo A (paragrafo 4.2.3.1. della deliberazione interministeriale 27 luglio 1984), in esercizio nel territorio del Comune di Roncade, località Musestre, sull’area catastalmente censita a fg. 33, mapp. li 25, 57, 75. 76, 77, 135 e 136.
1.2. La Provincia rifiutò l’autorizzazione con determinazione dirigenziale 14 febbraio 2001, impugnata innanzi a questo Tribunale con il ricorso 869/01: la contestuale istanza cautelare fu accolta, e riavviata così la procedura.
1.3. In questa nuova fase, la Provincia classificò il progetto come equiparabile a quello per una nuova discarica, applicando quanto stabilito dall’art. 32, IV comma, lett. a), l.r. 3/00.
Avverso tale ultima determinazione furono allora proposti motivi aggiunti, decisi insieme al ricorso principale con la sentenza 10/02 di questa Sezione, la quale respinse, anzitutto, proprio questi ultimi.
La stessa sentenza stabilì, inoltre, che le discariche 2 A dovevano osservare dagli edifici circostanti le distanze di cui all’art. 32 della l.r. 3/00, come aveva ritenuto l’Amministrazione; accolse tuttavia il ricorso, affermando che la Provincia, anziché negare l’autorizzazione, l’avrebbe dovuta rilasciarla, prescrivendo il rispetto delle distanze dagli edifici contermini, “s’intende, previo accertamento della sussistenza degli ulteriori presupposti normativamente richiesti”.
1.4. Il nuovo procedimento, successivo alla sentenza, terminò con un ulteriore diniego, fondato questa volta sul parere della commissione tecnica per l’ambiente, cui seguì un nuovo ricorso (215/03), deciso con la sentenza n. 878/05, depositata il 10 marzo 2005, la quale annullò tanto il diniego quanto il parere tecnico presupposto.
1.5. Dopo l’annullamento, nell’inerzia dell’Amministrazione, Fornaci le inviò una nota, datata 13 gennaio 2006, in cui, richiamata la sentenza d’annullamento 878/05, si chiedeva e diffidava “il responsabile del procedimento e dell’istruttoria, nonché il Dirigente del Settore a rilasciare senza indugio l’autorizzazione in oggetto [quella, cioè, per la discarica di II cat., tipo A] ubicata in Comune di Roncade] a favore della ditta Fornaci del Sile S.p.A.”; alla nota veniva allegata copia degli elaborati progettuali del 2002.
1.6. La Provincia rispose il seguente 1 febbraio, richiamando, anzitutto, la sopravvenuta normativa, e cioè il d. lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, nonché il decreto attuativo 3 agosto 2005, con cui era stato ridefinito il quadro normativo inerente la realizzazione e gestione delle discariche e lo smaltimento dei rifiuti nelle stesse.
Com’è dunque comprensibile, proseguiva la nota provinciale, il progetto del 2002, per cui si chiedeva l’autorizzazione, non era conforme alle ultime disposizioni, ed avrebbe dovuto pertanto “essere integrato sotto vari aspetti concernenti la realizzazione, la gestione, nonché finanziari, i cui dettagli sono meglio specificati nella già citata normativa”.
Inoltre, il sito si trovava “nei pressi di una zona SIC, contenente anche una zona ZPS, della Rete Natura 2000, esattamente la IT3240031”, sicché avrebbe dovuto essere presentata anche la valutazione d’incidenza.
La nota concludeva sollecitando la presentazione, entro sessanta giorni, dell’aggiornamento, da sottoporre alle valutazioni della commissione tecnica provinciale, cui sarebbe seguita la nuova decisione.
1.7. Non è noto al Collegio se Fornaci abbia poi depositato la documentazione richiesta, ovvero se l’Amministrazione – che non si è costituita in giudizio, sebbene ritualmente intimata - abbia assunto qualsiasi ulteriore determinazione.
La comunicazione 1 febbraio della Provincia è stata comunque impugnata con il ricorso in esame.
2.1. Il primo motivo è rubricato nella violazione ed erronea applicazione del principio tempus regit actum, nonché dell’art. 11 delle preleggi, nonché nell’eccesso di potere per illogicità della motivazione, nella violazione dell’efficacia dì una fase procedimentale già conclusa, nonché nella violazione ed elusione del giudicato.
L’affermazione, per cui il progetto andrebbe adeguato alle disposizioni sopravvenute, sarebbe appunto in contrasto con le norme ed i principi testé citati.
Infatti, i provvedimenti emessi dall’Amministrazione devono uniformarsi alle norme giuridiche, vigenti nel momento in cui vengono posti in essere: tale principio troverebbe applicazione anche nel procedimento amministrativo, sia con riguardo al provvedimento conclusivo, sia agli atti che ne definiscono le singole fasi.
In specie, invero, l’intera procedura istruttoria, finalizzata all’approvazione del progetto de quo, “si era definitivamente conclusa nel settembre 2002, con l’integrazione da parte della ditta Fornaci del Sile della documentazione progettuale richiesta dalla Provincia, dunque prima dell’entrata in vigore del d. lgs. 36/2003”.
2.2.1. Il motivo è infondato.
Invero, nel ricorso definito con la sentenza 878/05 Fornaci aveva puntualmente censurato le argomentazioni con cui l’Amministrazione aveva giustificato il proprio diniego facendo proprio il parere 12 settembre 2002 della locale commissione tecnica provinciale per l’ambiente.
Il T.A.R. ha poi ritenuto fondate tali censure, ed inadeguate le ragioni fornite dall’Ente, rilevando, tra l’altro, come in più casi queste fossero approssimative e contraddittorie: anche considerata la lunghissima istruttoria svolta, una condotta leale ed imparziale avrebbe dovuto condurre l’Amministrazione non tanto a dichiarare definitivamente inadeguato il progetto, quanto, piuttosto, ad indicare all’istante quali profili dovessero venire migliorati.
2.2.2. Ora, la sentenza 878/05 ha annullato sia il diniego sia il parere tecnico presupposto, ma non ha affermato che l’autorizzazione, nella fattispecie, costituisse o avesse costituito per la Provincia un atto dovuto e vincolato, che essa avrebbe comunque dovuto rilasciare a Fornaci nel momento in cui questa lo aveva richiesto.
2.2.3. In altri termini, cioè, l’effetto demolitorio della sentenza non ha ripristinato Fornaci in una preesistente e consolidata posizione di vantaggio a realizzare la discarica che il provvedimento impugnato avesse rimosso.
L’effetto conformativo della stessa decisione, dunque, non si realizza – come invece si afferma dapprima nella diffida, e poi nel ricorso – con un obbligo di provvedere ora per allora, reintegrando la parte in una situazione soggettiva preesistente di vantaggio, e rilasciando quindi senz’altro il titolo.
Ne scaturisce invece soltanto l’obbligo di rinnovare il procedimento a partire dall’ultimo atto – ovviamente discrezionale – che è stato annullato, e dunque dal parere della commissione tecnica, con il solo preciso vincolo di non potere l’Amministrazione, in questa nuova fase, riproporre obiezioni, o tenere comunque una condotta, la quale confligga con le motivazioni della sentenza.
2.2.4. Ma, con tali limiti, la domanda d’autorizzazione, ridivenuta attuale dopo l’annullamento, fa sorgere soltanto l’obbligo di provvedere nuovamente.
E poiché il nuovo provvedimento deve essere assunto oggi, ed avrà valore esclusivamente per il futuro, la domanda andrà valutata secondo la disciplina attuale e non secondo quella vigente nel momento in cui quella fu presentata.
Dunque, come affermato dalla Provincia, il progetto avrebbe dovuto essere adeguato alla nuova disciplina, o, altrimenti, non avrebbe potuto che essere respinto.
2.2.5. In generale, l’unico limite alle precedenti osservazioni – il quale, a contrario, le conferma – è quello risultante dalle elaborazioni della giurisprudenza, sebbene in materia edilizia (si veda, per un compendio delle decisioni assunte, C.d.S., IV, 10 luglio 2007, n. 3890).
Una volta annullato il diniego d’una licenza a costruire, l’Amministrazione dovrà ripronunciarsi secondo la normativa esistente al momento della notificazione della sentenza d’annullamento, poi passata in giudicato: e dunque, dopo tale notificazione, ma soltanto dopo questa, ulteriori modificazione della situazione saranno irrilevanti.
2.2.6. Ora, applicando in subiecta materia tali regole, ne consegue che, nella fattispecie, annullato il diniego all’autorizzazione per ampliare la discarica, la domanda deve essere valutata appunto alla stregua della disciplina in vigore fino al momento in cui la sentenza è stata notificata.
In specie, quando quest’ultima attività sia stata compiuta è ignoto, sebbene spettasse certamente al ricorrente di comprovarlo, a fondamento della sua censura: peraltro, anche ammesso che la notificazione sia avvenuta, ciò ha seguito il deposito della sentenza, effettuato nel marzo 2005, quando il d. lgs. 36/03 era largamente entrato in vigore.
2.3.1. È dunque definitivamente confermato che la richiesta d’integrazione, trasmessa dalla Provincia, è pienamente legittima, e del tutto conforme alle disposizioni di cui agli artt. da 8 a 17 del d. lgs. 36/03, né richiedeva una particolare motivazione.
2.3.2. Ancora, per rispondere ad altri rilievi del ricorrente, il fatto che la nuova disciplina consenta alle preesistenti discariche di II categoria, tipo A, di continuare ad operare secondo la precedente disciplina fino ad una scadenza, più volte prorogata, presuppone che queste non introducano modificazioni nel loro assetto, come invece qui s’intende fare.
Egualmente, una cosa è adeguare una discarica preesistente alla nuova disciplina ex d. lgs. 36/03, come dispone l’art. 17 di questo; altro è ampliare quella stessa discarica.
Che, poi, le due richieste, adeguamento ed ampliamento, possano confluire in un’unica progettazione, non consta sia stato escluso dall’Amministrazione provinciale, come sembra sostenere la ricorrente.
2.3.3. Infine, la Fornaci si duole che l’Amministrazione non abbia indicato nel dettaglio come il progetto avrebbe dovuto essere adeguato per rispettare la nuova disciplina.
Tuttavia, una volta accertato che variazioni erano necessarie – e non se ne può dubitare, stante l’ampiezza della riforma operata in materia con il d. lgs. 36/03, ed in difetto di puntuali censure sul punto – non si può chiedere all’Ente di sostituirsi al soggetto ordinariamente onerato di presentare quello che, di fatto, costituisce un nuovo progetto.
2.4.1. Il seguente motivo si riferisce alla richiesta provinciale di fornire, con il nuovo progetto, anche una valutazione d’incidenza ambientale: richiesta che sarebbe viziata per violazione degli artt. 6 della direttiva 92/43/CEE (relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche) e 5 del d.P.R. 357/97 (che ha attuato tale direttiva, e che è stato poi parzialmente modificato dal d.P.R. 12 marzo 2003, n. 120), nonché da eccesso di potere per carenza di presupposto e per erronea valutazione della situazione fattuale, difetto di istruttoria e carenza di motivazione.
Infatti, le disposizioni precitate prevedrebbero che solo gli interventi da realizzarsi nei siti d’importanza comunitaria (s.i.c.) e nelle zone di protezione speciale (z.p.s.) siano sottoposti alla valutazione di incidenza.
La valutazione non riguarderebbe invece gli interventi che interessano aree vicine, ma estranee all’ambito della specifica zona s.i.c. o z.s.p. individuata: e poiché quello de quo, per stessa ammissione dell’Amministrazione, andrebbe effettuato nei pressi di una zona sensibile, allo stesso non si applicherebbe la citata normativa.
D’altronde, seguita la ricorrente, l’Amministrazione non chiarisce neppure quale impatto potrebbe avere l’intervento sul s.i.c., “ragion per cui la presunta necessità della valutazione di incidenza si rivela apodittica ed indimostrata”.
2.4.2. Orbene, il vigente art. 5 del d.P.R. 357/97 stabilisce al III comma, che “i proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell’allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere” sul sito.
2.4.3. La norma chiaramente non pone alcun limite particolare, oltre al fatto che l’incidenza deve essere “significativa”: non è cioè affatto richiesto che l’intervento in questione sia inscritto nel sito, e non possa essere invece semplicemente destinato ad un’area relativamente prossima a quello, considerato anche il suo contenuto.
D’altro canto, la richiesta di uno studio d’incidenza ha, per l’appunto, la finalità di stabilire se l’intervento abbia in concreto un effetto significativo, ed eventualmente quale: non se ne presuppone invece ex ante l’esistenza.
Pertanto, se la richiesta non si presenta arbitraria od illogica – e non sono stati qui forniti al Collegio elementi sufficienti per affermarlo – questa è legittima anche se l’Amministrazione non abbia specificato quali siano gli elementi d’incidenza rilevanti, per lo meno quandi si tratti di interventi che ordinariamente hanno conseguenze sull’ambiente circostante.
2.5.1. Nell’ultimo motivo Fornaci si duole della violazione degli artt. 7 e 10 bis della l. 241/90: prima di negare l’autorizzazione la Provincia di Treviso avrebbe dovuto comunicare alla ditta Fornaci del Sile i motivi ostativi, concedendole un termine per presentare le sue controdeduzioni.
2.5.2. Ora, anzitutto è stata la stessa ricorrente a rinunciare ad una fase endoprocedimentale con la sua richiesta alla Provincia di decidere “senza indugio”: e non può ora dolersi se l’Amministrazione lo ha fatto.
In ogni caso, poi, sembra evidente al Collegio che in specie possa trovare applicazione l’art. 21 octies l. 241/90: la decisione dell’Amministrazione di non rilasciare l’autorizzazione è del tutto legittima, come si è detto, e nessun apporto procedimentale avrebbe potuto modificarla.
3. La reiezione del ricorso per la parte demolitoria comporta altresì il rigetto della domanda risarcitoria.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese di lite, non essendosi le Amministrazioni evocate costituite in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 25 ottobre 2007.
Il Presidente l’Estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della L. 27 aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione terza, con l’intervento dei signori magistrati:
Angelo De Zotti Presidente
Marco Buricelli Consigliere
Angelo Gabbricci Consigliere, relatore
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nel giudizio introdotto con il ricorso 787/06, proposto da Fornaci del Sile S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. ti Tassetto e Zambelli, con domicilio eletto presso il loro studio, in Venezia Mestre, via Cavallotti 22;
contro
la Provincia di Treviso, in persona del presidente pro tempore, non costituito in giudizio;
e nei confronti
del Comune di Roncade (Treviso), in persona del sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
A. Per l’annullamento:
1) del provvedimento 1 febbraio 2006, n. 2974, con cui la Provincia di Treviso ha denegato l’autorizzazione alla realizzazione di una discarica di II categoria, tipo A;
2) degli atti antecedenti, presupposti, preordinati, preparatori, consequenziali ovvero comunque connessi.
B. Per la condanna dell’Amministrazione provinciale di Treviso al risarcimento dei danni derivanti dai provvedimenti impugnati, stabilendo i criteri in base ai quali l’Amministrazione dovrà proporre, ex art. 35 d. lgs. 80/98, il pagamento di una somma per il risarcimento dei danni stessi.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
visti gli atti tutti della causa;
udito all’udienza del 25 ottobre 2007 (relatore il consigliere avv. A. Gabbricci), l’avv. Avino in sostituzione di Zambelli per la parte ricorrente;
ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.1. Nel 1997 Fornaci del Sile S.p.A. presentò alla Provincia di Treviso un progetto per l’ampliamento di una discarica di seconda categoria tipo A (paragrafo 4.2.3.1. della deliberazione interministeriale 27 luglio 1984), in esercizio nel territorio del Comune di Roncade, località Musestre, sull’area catastalmente censita a fg. 33, mapp. li 25, 57, 75. 76, 77, 135 e 136.
1.2. La Provincia rifiutò l’autorizzazione con determinazione dirigenziale 14 febbraio 2001, impugnata innanzi a questo Tribunale con il ricorso 869/01: la contestuale istanza cautelare fu accolta, e riavviata così la procedura.
1.3. In questa nuova fase, la Provincia classificò il progetto come equiparabile a quello per una nuova discarica, applicando quanto stabilito dall’art. 32, IV comma, lett. a), l.r. 3/00.
Avverso tale ultima determinazione furono allora proposti motivi aggiunti, decisi insieme al ricorso principale con la sentenza 10/02 di questa Sezione, la quale respinse, anzitutto, proprio questi ultimi.
La stessa sentenza stabilì, inoltre, che le discariche 2 A dovevano osservare dagli edifici circostanti le distanze di cui all’art. 32 della l.r. 3/00, come aveva ritenuto l’Amministrazione; accolse tuttavia il ricorso, affermando che la Provincia, anziché negare l’autorizzazione, l’avrebbe dovuta rilasciarla, prescrivendo il rispetto delle distanze dagli edifici contermini, “s’intende, previo accertamento della sussistenza degli ulteriori presupposti normativamente richiesti”.
1.4. Il nuovo procedimento, successivo alla sentenza, terminò con un ulteriore diniego, fondato questa volta sul parere della commissione tecnica per l’ambiente, cui seguì un nuovo ricorso (215/03), deciso con la sentenza n. 878/05, depositata il 10 marzo 2005, la quale annullò tanto il diniego quanto il parere tecnico presupposto.
1.5. Dopo l’annullamento, nell’inerzia dell’Amministrazione, Fornaci le inviò una nota, datata 13 gennaio 2006, in cui, richiamata la sentenza d’annullamento 878/05, si chiedeva e diffidava “il responsabile del procedimento e dell’istruttoria, nonché il Dirigente del Settore a rilasciare senza indugio l’autorizzazione in oggetto [quella, cioè, per la discarica di II cat., tipo A] ubicata in Comune di Roncade] a favore della ditta Fornaci del Sile S.p.A.”; alla nota veniva allegata copia degli elaborati progettuali del 2002.
1.6. La Provincia rispose il seguente 1 febbraio, richiamando, anzitutto, la sopravvenuta normativa, e cioè il d. lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, nonché il decreto attuativo 3 agosto 2005, con cui era stato ridefinito il quadro normativo inerente la realizzazione e gestione delle discariche e lo smaltimento dei rifiuti nelle stesse.
Com’è dunque comprensibile, proseguiva la nota provinciale, il progetto del 2002, per cui si chiedeva l’autorizzazione, non era conforme alle ultime disposizioni, ed avrebbe dovuto pertanto “essere integrato sotto vari aspetti concernenti la realizzazione, la gestione, nonché finanziari, i cui dettagli sono meglio specificati nella già citata normativa”.
Inoltre, il sito si trovava “nei pressi di una zona SIC, contenente anche una zona ZPS, della Rete Natura 2000, esattamente la IT3240031”, sicché avrebbe dovuto essere presentata anche la valutazione d’incidenza.
La nota concludeva sollecitando la presentazione, entro sessanta giorni, dell’aggiornamento, da sottoporre alle valutazioni della commissione tecnica provinciale, cui sarebbe seguita la nuova decisione.
1.7. Non è noto al Collegio se Fornaci abbia poi depositato la documentazione richiesta, ovvero se l’Amministrazione – che non si è costituita in giudizio, sebbene ritualmente intimata - abbia assunto qualsiasi ulteriore determinazione.
La comunicazione 1 febbraio della Provincia è stata comunque impugnata con il ricorso in esame.
2.1. Il primo motivo è rubricato nella violazione ed erronea applicazione del principio tempus regit actum, nonché dell’art. 11 delle preleggi, nonché nell’eccesso di potere per illogicità della motivazione, nella violazione dell’efficacia dì una fase procedimentale già conclusa, nonché nella violazione ed elusione del giudicato.
L’affermazione, per cui il progetto andrebbe adeguato alle disposizioni sopravvenute, sarebbe appunto in contrasto con le norme ed i principi testé citati.
Infatti, i provvedimenti emessi dall’Amministrazione devono uniformarsi alle norme giuridiche, vigenti nel momento in cui vengono posti in essere: tale principio troverebbe applicazione anche nel procedimento amministrativo, sia con riguardo al provvedimento conclusivo, sia agli atti che ne definiscono le singole fasi.
In specie, invero, l’intera procedura istruttoria, finalizzata all’approvazione del progetto de quo, “si era definitivamente conclusa nel settembre 2002, con l’integrazione da parte della ditta Fornaci del Sile della documentazione progettuale richiesta dalla Provincia, dunque prima dell’entrata in vigore del d. lgs. 36/2003”.
2.2.1. Il motivo è infondato.
Invero, nel ricorso definito con la sentenza 878/05 Fornaci aveva puntualmente censurato le argomentazioni con cui l’Amministrazione aveva giustificato il proprio diniego facendo proprio il parere 12 settembre 2002 della locale commissione tecnica provinciale per l’ambiente.
Il T.A.R. ha poi ritenuto fondate tali censure, ed inadeguate le ragioni fornite dall’Ente, rilevando, tra l’altro, come in più casi queste fossero approssimative e contraddittorie: anche considerata la lunghissima istruttoria svolta, una condotta leale ed imparziale avrebbe dovuto condurre l’Amministrazione non tanto a dichiarare definitivamente inadeguato il progetto, quanto, piuttosto, ad indicare all’istante quali profili dovessero venire migliorati.
2.2.2. Ora, la sentenza 878/05 ha annullato sia il diniego sia il parere tecnico presupposto, ma non ha affermato che l’autorizzazione, nella fattispecie, costituisse o avesse costituito per la Provincia un atto dovuto e vincolato, che essa avrebbe comunque dovuto rilasciare a Fornaci nel momento in cui questa lo aveva richiesto.
2.2.3. In altri termini, cioè, l’effetto demolitorio della sentenza non ha ripristinato Fornaci in una preesistente e consolidata posizione di vantaggio a realizzare la discarica che il provvedimento impugnato avesse rimosso.
L’effetto conformativo della stessa decisione, dunque, non si realizza – come invece si afferma dapprima nella diffida, e poi nel ricorso – con un obbligo di provvedere ora per allora, reintegrando la parte in una situazione soggettiva preesistente di vantaggio, e rilasciando quindi senz’altro il titolo.
Ne scaturisce invece soltanto l’obbligo di rinnovare il procedimento a partire dall’ultimo atto – ovviamente discrezionale – che è stato annullato, e dunque dal parere della commissione tecnica, con il solo preciso vincolo di non potere l’Amministrazione, in questa nuova fase, riproporre obiezioni, o tenere comunque una condotta, la quale confligga con le motivazioni della sentenza.
2.2.4. Ma, con tali limiti, la domanda d’autorizzazione, ridivenuta attuale dopo l’annullamento, fa sorgere soltanto l’obbligo di provvedere nuovamente.
E poiché il nuovo provvedimento deve essere assunto oggi, ed avrà valore esclusivamente per il futuro, la domanda andrà valutata secondo la disciplina attuale e non secondo quella vigente nel momento in cui quella fu presentata.
Dunque, come affermato dalla Provincia, il progetto avrebbe dovuto essere adeguato alla nuova disciplina, o, altrimenti, non avrebbe potuto che essere respinto.
2.2.5. In generale, l’unico limite alle precedenti osservazioni – il quale, a contrario, le conferma – è quello risultante dalle elaborazioni della giurisprudenza, sebbene in materia edilizia (si veda, per un compendio delle decisioni assunte, C.d.S., IV, 10 luglio 2007, n. 3890).
Una volta annullato il diniego d’una licenza a costruire, l’Amministrazione dovrà ripronunciarsi secondo la normativa esistente al momento della notificazione della sentenza d’annullamento, poi passata in giudicato: e dunque, dopo tale notificazione, ma soltanto dopo questa, ulteriori modificazione della situazione saranno irrilevanti.
2.2.6. Ora, applicando in subiecta materia tali regole, ne consegue che, nella fattispecie, annullato il diniego all’autorizzazione per ampliare la discarica, la domanda deve essere valutata appunto alla stregua della disciplina in vigore fino al momento in cui la sentenza è stata notificata.
In specie, quando quest’ultima attività sia stata compiuta è ignoto, sebbene spettasse certamente al ricorrente di comprovarlo, a fondamento della sua censura: peraltro, anche ammesso che la notificazione sia avvenuta, ciò ha seguito il deposito della sentenza, effettuato nel marzo 2005, quando il d. lgs. 36/03 era largamente entrato in vigore.
2.3.1. È dunque definitivamente confermato che la richiesta d’integrazione, trasmessa dalla Provincia, è pienamente legittima, e del tutto conforme alle disposizioni di cui agli artt. da 8 a 17 del d. lgs. 36/03, né richiedeva una particolare motivazione.
2.3.2. Ancora, per rispondere ad altri rilievi del ricorrente, il fatto che la nuova disciplina consenta alle preesistenti discariche di II categoria, tipo A, di continuare ad operare secondo la precedente disciplina fino ad una scadenza, più volte prorogata, presuppone che queste non introducano modificazioni nel loro assetto, come invece qui s’intende fare.
Egualmente, una cosa è adeguare una discarica preesistente alla nuova disciplina ex d. lgs. 36/03, come dispone l’art. 17 di questo; altro è ampliare quella stessa discarica.
Che, poi, le due richieste, adeguamento ed ampliamento, possano confluire in un’unica progettazione, non consta sia stato escluso dall’Amministrazione provinciale, come sembra sostenere la ricorrente.
2.3.3. Infine, la Fornaci si duole che l’Amministrazione non abbia indicato nel dettaglio come il progetto avrebbe dovuto essere adeguato per rispettare la nuova disciplina.
Tuttavia, una volta accertato che variazioni erano necessarie – e non se ne può dubitare, stante l’ampiezza della riforma operata in materia con il d. lgs. 36/03, ed in difetto di puntuali censure sul punto – non si può chiedere all’Ente di sostituirsi al soggetto ordinariamente onerato di presentare quello che, di fatto, costituisce un nuovo progetto.
2.4.1. Il seguente motivo si riferisce alla richiesta provinciale di fornire, con il nuovo progetto, anche una valutazione d’incidenza ambientale: richiesta che sarebbe viziata per violazione degli artt. 6 della direttiva 92/43/CEE (relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche) e 5 del d.P.R. 357/97 (che ha attuato tale direttiva, e che è stato poi parzialmente modificato dal d.P.R. 12 marzo 2003, n. 120), nonché da eccesso di potere per carenza di presupposto e per erronea valutazione della situazione fattuale, difetto di istruttoria e carenza di motivazione.
Infatti, le disposizioni precitate prevedrebbero che solo gli interventi da realizzarsi nei siti d’importanza comunitaria (s.i.c.) e nelle zone di protezione speciale (z.p.s.) siano sottoposti alla valutazione di incidenza.
La valutazione non riguarderebbe invece gli interventi che interessano aree vicine, ma estranee all’ambito della specifica zona s.i.c. o z.s.p. individuata: e poiché quello de quo, per stessa ammissione dell’Amministrazione, andrebbe effettuato nei pressi di una zona sensibile, allo stesso non si applicherebbe la citata normativa.
D’altronde, seguita la ricorrente, l’Amministrazione non chiarisce neppure quale impatto potrebbe avere l’intervento sul s.i.c., “ragion per cui la presunta necessità della valutazione di incidenza si rivela apodittica ed indimostrata”.
2.4.2. Orbene, il vigente art. 5 del d.P.R. 357/97 stabilisce al III comma, che “i proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell’allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere” sul sito.
2.4.3. La norma chiaramente non pone alcun limite particolare, oltre al fatto che l’incidenza deve essere “significativa”: non è cioè affatto richiesto che l’intervento in questione sia inscritto nel sito, e non possa essere invece semplicemente destinato ad un’area relativamente prossima a quello, considerato anche il suo contenuto.
D’altro canto, la richiesta di uno studio d’incidenza ha, per l’appunto, la finalità di stabilire se l’intervento abbia in concreto un effetto significativo, ed eventualmente quale: non se ne presuppone invece ex ante l’esistenza.
Pertanto, se la richiesta non si presenta arbitraria od illogica – e non sono stati qui forniti al Collegio elementi sufficienti per affermarlo – questa è legittima anche se l’Amministrazione non abbia specificato quali siano gli elementi d’incidenza rilevanti, per lo meno quandi si tratti di interventi che ordinariamente hanno conseguenze sull’ambiente circostante.
2.5.1. Nell’ultimo motivo Fornaci si duole della violazione degli artt. 7 e 10 bis della l. 241/90: prima di negare l’autorizzazione la Provincia di Treviso avrebbe dovuto comunicare alla ditta Fornaci del Sile i motivi ostativi, concedendole un termine per presentare le sue controdeduzioni.
2.5.2. Ora, anzitutto è stata la stessa ricorrente a rinunciare ad una fase endoprocedimentale con la sua richiesta alla Provincia di decidere “senza indugio”: e non può ora dolersi se l’Amministrazione lo ha fatto.
In ogni caso, poi, sembra evidente al Collegio che in specie possa trovare applicazione l’art. 21 octies l. 241/90: la decisione dell’Amministrazione di non rilasciare l’autorizzazione è del tutto legittima, come si è detto, e nessun apporto procedimentale avrebbe potuto modificarla.
3. La reiezione del ricorso per la parte demolitoria comporta altresì il rigetto della domanda risarcitoria.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese di lite, non essendosi le Amministrazioni evocate costituite in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 25 ottobre 2007.
Il Presidente l’Estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione