Cass. Sez. III Ord. 48949 del 22 dicembre 2009 (CC 12 nov. 2009  
Pres. Teresi Est. Gazzara Ric. Consiglio
Urbanistica. Sospensione condizionale della pena e ordine di demolizione del manufatto abusivo

Il beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinato all'ordine di demolizione del manufatto abusivamente realizzato, deve essere revocato in caso di inutile decorso del termine per l'adempimento, a nulla rilevando la sanatoria intervenuta successivamente alla scadenza del termine. (In motivazione la Corte ha precisato che, diversamente, ove la sanatoria intervenga prima della scadenza, il giudice dell'esecuzione deve ritenere "inutiliter datum" l'ordine, atteso l'avveramento della condizione).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. TERESI Alfredo - Presidente - del 12/11/2009
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere - SENTENZA
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - N. 1380
Dott. SARNO Giulio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 15509/2009
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Consiglio Salvatore Gaetano, nato a Lampedusa il 21/12/45, ivi res.te in via Grecale, n. 51;
Avverso la ordinanza resa dal Tribunale di Agrigento in data 4/11/08;
Visti gli atti, la ordinanza ed il ricorso;
Udite la relazione svolta |n udienza dal Consigliere Dott. GAZZARA Santi.
Osserva:

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Agrigento, quale giudice dell'esecuzione, con ordinanza del 4/11/08, ha revocato la sospensione condizionale della pena, concessa a Consiglio Gaetano Salvatore con la sentenza del Tribunale di Agrigento, resa in data 22/2/05, per inadempimento della condizione (esecuzione dell'ordine di demolizione del manufatto illecitamente realizzato) cui la stessa era subordinata. Propone ricorso per cassazione la difesa del Consiglio, osservando che per le opere oggetto dell'ordine predetto costui aveva ottenuto la compatibilità paesaggistica ed aveva presentato domanda di condono, pagando la intera oblazione prevista.
Rileva, altresì, la inesistenza di vincoli di inedificabilità assoluta e quindi la possibilità di una futura concessione in sanatoria.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha inoltrato in atti requisitoria scritta nella quale conclude per la inammissibilità del ricorso.

RILEVATO IN DIRITTO
Il ricorso si appalesa manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile. La ordinanza appare logica, corretta ed esaustiva. Si osserva che il ricorrente in sede di esecuzione non ha documentato i propri assunti (compatibilità paesaggistica, domanda di condono, pagamento della oblazione) e che, peraltro, le questioni da esso prospettate sono state già trattate nel giudizio di cognizione e non possono essere riproposte nel giudizio di esecuzione. Si rileva, inoltre, che in tema di reati edilizi, quando la demolizione dell'opera abusiva è stata imposta al condannato, ex art. 165 c.p., come condizione del beneficio della sospensione condizionale della pena, se la sanatoria dell'abuso edilizio viene definita prima della scadenza del termine imposto per la demolizione, il giudice della esecuzione deve ritenere "inutiler datum" l'ordine de quo, considerando, quindi, il condannato ammesso al beneficio senza alcuna condizione.
Nel caso, invece, la sanatoria maturi dopo la scadenza del termine per l'adempimento della ingiunzione a demolire, il giudice della esecuzione deve revocare il beneficio di cui all'art. 165 c.p., in quanto non si è verificata la condizione, e deve, del pari, revocare, su istanza di parte, la sanzione amministrativa dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva.
Da ciò si ricava, quindi, che scaduto il termine concesso per ottemperare all'ordine di demolizione, in difetto di ottemperanza, il giudice della esecuzione è tenuto solo a constatare che la condizione non si è verificata e, di conseguenza, ritenere che il condannato non è più meritevole del beneficio (Cass. 6/5/05, n. 34104), come nel caso di specie. Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, resa dalla Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il Consiglio abbia proposto il ricorso senza versare in colpa in merito alla causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell'art. 616 c.p.p, deve essere, altresì, condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2009