Cass. Sez. III n. 21948 del 25 maggio 2016 (Cc 17 feb 2016)
Pres. Ramacci Est. Liberati Ric. Cesarano
Urbanistica. Compatibilità paesaggistica ed incidenza sull'ordine di demolizione
Deve ritenersi privo di rilievo riguardo all'ordine di demolizione disposto in relazione al reato urbanistico l'intervenuto rilascio dell'accertamento di compatibilità ambientale, che ha influenza solamente sul diverso ed autonomo obbligo di rimessione in pristino di cui all'art. 167 d.lgs. 42/2004.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 25 febbraio 2014 il Tribunale di Torre Annunziata ha respinto l'istanza di C.M., di sospensione dell'ordine di demolizione emesso dal Pubblico Ministero in esecuzione della sentenza del Pretore di Torre Annunziata del 13 ottobre 1997, divenuta irrevocabile il 1 dicembre 1997 (che aveva riconosciuto il C. responsabile dei reati di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c, L. n. 421 del 1985, art. 1 sexies e art. 734 c.p.), ritenendo sufficientemente determinata l'ingiunzione a demolire del Pubblico Ministero ed irrilevante la dichiarazione di compatibilità ambientale rilasciata dal Comune di Massa Lubrense il 29 gennaio 2014.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso l'imputato mediante il suo difensore, affidato a tre motivi, così riassunti entro i limiti previsti dall'art. 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo ha denunciato insufficienza della motivazione, per la inconferenza della giurisprudenza di legittimità richiamata dal Tribunale, relativa al condono paesaggistico e non alla compatibilità paesaggistica posta a fondamento della istanza.
2.2. Con il secondo motivo ha prospettato violazione ed erronea applicazione di legge in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 167, sulla base del rilievo che l'accertamento della compatibilità paesaggistica determina il venir meno ex post della abusività dell'intervento edilizio.
2.3. Mediante il terzo motivo ha denunciato violazione di legge per essere riservata alla sola autorità amministrativa l'emissione dell'ordine di demolizione delle opere abusive realizzate anteriormente al 28/11/1997.
3. Il Procuratore Generale nella sua requisitoria ha concluso per il rigetto dei ricorso, evidenziando la insufficienza della dichiarazione di compatibilità paesaggistica ai fini della sospensione o della revoca dell'ordine di demolizione, trattandosi di atto amministrativo non incompatibile con la demolizione, e l'estraneità del terzo motivo alle questioni trattate nel provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata l'insufficienza della motivazione in ordine alla incidenza sul mantenimento dell'ordine di demolizione della richiesta di rilascio dell'accertamento di compatibilità paesaggistica, e della successiva emissione dello stesso, la doglianza risulta dei tutto generica, in quanto il ricorrente non ha precisato, come pure sarebbe stato suo onere, in dipendenza del principio di autosufficienza dei ricorso, la natura e l'entità delle opere abusive, nè, soprattutto, il contenuto del provvedimento richiesto e successivamente ottenuto, con la conseguente inammissibilità della censura, che a causa della sua genericità non consente di compiere alcuna verifica in ordine alla congruità ed alla correttezza della motivazione del provvedimento impugnato, non essendo stati sufficientemente indicati i motivi di ricorso oggetto di insufficiente risposta da parte del primo giudice, nè le carenze, incongruenze, illogicità o manchevolezze di tale provvedimento.
Va comunque ricordato che la presentazione dell'istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica per gli abusi commessi entro il (OMISSIS) (L. 15 dicembre 2004, n. 308, art. 1, comma 37) non determina la sospensione del procedimento penale in difetto di un'espressa previsione legislativa, non potendosi nemmeno estendere alla disciplina del condono paesaggistico l'effetto sospensivo previsto dalla disciplina del condono edilizio introdotta dal D.L. n. 269 del 2003 (convertito con modifiche in L. n. 326 del 2003), attesa la mancanza di qualsiasi collegamento tra le due discipline (Sez. 3, n. 37311 del 03/07/2007, Dottorini, Rv. 237384; conf. Sez. 3, n. 1442 del 06/11/2012, Pallone, Rv. 254265). Inoltre neppure l'avvenuto rilascio di tale accertamento è vincolante per il giudice penale, che dispone comunque del potere-dovere di valutare la sussistenza dei requisiti di sanabilità dell'abuso, in quanto compete sempre al giudice l'accertamento dei presupposti di fatto e giuridici legittimanti l'applicazione del cosiddetto condono ambientale (Sez. 3, Sentenza n. 27750 del 27/05/2008, Serro, Rv.
240822; Sez. 3, n. 889 del 29/11/2011, Falconi, Rv. 251640), nella specie, come evidenziato, non allegati dal ricorrente, con la conseguente preclusione al compimento di detta indagine.
2. Analogo ordine di considerazioni può essere svolto a proposito del secondo motivo, mediante il quale il ricorrente ha denunciato violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 167, per l'errata considerazione dei rilievo dell'intervenuto accertamento di compatibilità ambientale in relazione alle opere abusive (consistenti nella realizzazione della pavimentazione in calcestruzzo e nell'ampliamento di un tratto di strada vicinale e di un viale all'interno della proprietà del ricorrente), che farebbe venir meno il carattere abusivo dell'intervento, in quanto, come sottolineato anche dal Procuratore Generale, la sentenza di condanna, di cui è stata domandata la sospensione dell'esecuzione e la revoca dell'ordine di demolizione con la stessa disposto, riguarda il reato di cui alla L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies ed il reato di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. c), ed in relazione a quest'ultimo l'accertamento di compatibilità ambientale fatto valere dai ricorrente e posto a fondamento della sua istanza risulta privo di incidenza.
All'illecito urbanistico consegue, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 9, l'ordine di demolizione delle opere abusive, indipendentemente dalla sussistenza anche di una violazione paesaggistica, cui consegue il diverso e più ampio obbligo di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, con la conseguenza che il rilascio dell'accertamento di compatibilità ambientale successivamente alla irrevocabilità della sentenza è idoneo ad incidere solamente sull'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato, previo obbligo, per il giudice dell'esecuzione, di valutarne la legittimità (Sez. 3, Sentenza n. 10396 del 04/02/2010, Capicchioni, Rv. 246348), ma non determina anche il venir meno dell'ordine di demolizione conseguente al reato urbanistico, che tutela interessi diversi, e presenta anche un carattere di minore completezza ed effettività rispetto all'ordine di rimessione in pristino in materia paesaggistica, in quanto non solo non copre tutte le ipotesi di alterazione del paesaggio, ma non comporta la reintegrazione totale del bene nell'area protetta (Sez. 3, n. 10032 del 15/01/2015, Cacace, Rv. 262753M Sez. 3, n. 862 del 22/02/1996, Pezzetta, Rv. 204601).
Deve, pertanto, ritenersi privo di rilievo riguardo all'ordine di demolizione disposto in relazione al reato urbanistico l'intervenuto rilascio dell'accertamento di compatibilità ambientale, che ha influenza solamente sul diverso ed autonomo obbligo di rimessione in pristino di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 167, con la conseguente insussistenza della violazione di legge denunciata dal ricorrente con il secondo motivo di ricorso, che risulta pertanto infondato.
3. Il terzo motivo, mediante il quale, tra l'altro, è stata richiesta una pronuncia (l'archiviazione della procedura esecutiva) che non rientra nelle attribuzioni di questa Corte, attiene alla individuazione del soggetto legittimato ad eseguire l'ordine di demolizione (che sarebbe ad avviso del ricorrente il Sindaco, con la conseguente inammissibilità della esecuzione da parte del Pubblico Ministero), ma si tratta di questione che non era stata prospettata al Giudice dell'esecuzione e di cui, quindi, risulta preclusa la deduzione nel giudizio di legittimità.
Giova comunque ricordare che la competenza in materia di esecuzione spetta in via generale al Pubblico Ministero ai sensi dell'art. 655 c.p.p., dunque anche in materia di demolizione, e che il sindaco è titolare, in materia urbanistica, di una propria competenza amministrativa concorrente, di vigilanza sull'attività urbanistico-
edilizia sul territorio comunale, che comprende il potere di procedere direttamente alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi, così come quello di deliberare, con il consiglio comunale, l'esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto a quelli sottesi alla demolizione, e quindi non può essere indicato come il soggetto incaricato dell'esecuzione dell'ordine di demolizione emanato in sede giurisdizionale (Sez. 3, n. 9139, Del Duca, Rv. 217472).
Il ricorso deve, in conclusione, essere respinto, stante l'inammissibilità del primo e del terzo motivo e l'infondatezza del secondo, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2016.