Cass. Sez. III n. 40565 del 5 novembre 2024 (CC 3 ott 2024)
Pres. Ramacci Rel. Gai Ric. Carulli
Urbanistica.Competenza per la demolizione

La modifica apportata all'art. 41 d.P.R. 380/2001 non ha affatto sottratto al giudice dell'esecuzione il potere di provvedere alla sospensione dell'esecuzione della demolizione o alla revoca del relativo ordine, quando esso risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività (fermo restando il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio) posto che si tratta di una attribuzione correlata alla esecuzione di un ordine, sia pure relativo a una sanzione amministrativa di contenuto ripristinatorio, impartito dal giudice penale con la sentenza di condanna ai sensi dell'art. 31, comma 9, d.P.R. 380/2001, in relazione al quale, dunque, secondo la regola generale stabilita dall'art. 665, comma 1, cod. proc. pen., competente a conoscere dell'esecuzione di un provvedimento è il giudice che lo ha deliberato, dunque, nel caso della demolizione di opere abusive, il giudice che ha pronunciato la sentenza di condanna (o di applicazione della pena su richiesta) per il reato di cui all'art. 44 d.P.R. 38/2001 con la quale sia stato anche impartito tale ordine.


RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 5 aprile 2024, il Tribunale di Catania, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato l’istanza di revoca/sospensione, proposta da Carulli Lorena, Ciranna Carmela e Prezzavento Giuseppe Massimiliano, dell’ordine demolizione impartito nei loro confronti con la sentenza n. 145 del Tribunale di Catania, sez. dist. di Paternò, del 12 luglio 2012, divenuta irrevocabile il 15/10/2012. 
2. Avverso tale ordinanza i condannati hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione, affidato a due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo deducono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 32 comma 2, 34 d.P.R. 380 del 2001. Il Tribunale avrebbe dichiarato il proprio difetto di competenza con riguardo alla richiesta di sospensione della demolizione in pendenza di domanda di fiscalizzazione da parte degli istanti. Il Tribunale non avrebbe così valutato l’istanza, né chiesto all’Autorità amministrativa l’esito della stessa, oltretutto non si sarebbe difronte ad un immobile del tutto abusivo, ma di una difformità parziale in quanto le opere sarebbero state realizzate in difformità della variante alla concessione. Il Tribunale non avrebbe verificato la fattibilità dell’intervento demolitorio e se la sua esecuzione non sia incompatibile e senza pregiudizio per la parte non abusiva.
2.2. Con il secondo motivo deducono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione al rispetto dell’art. 8 Cedu e alla mancanza di motivazione sulla proporzionalità, essendosi limitato il Tribunale a rilevare che non era sufficiente la circostanza che si trattasse dell’unica casa di abitazione da più di quindici anni e che il tempo trascorso non influiva su tale giudizio, non avrebbe considerato che le opere realizzate erano unicamente difformi dalla variante alla concessione edilizia.
3. Il Procuratore Generale nelle sue richieste scritte ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
Il giudice dell’esecuzione ha erroneamente declinato la propria competenza.
Dopo avere dato atto della modifica apportata all'art. 41 del d.P.R. 380/2001 dall'art. 10 bis, comma 1, del d.l. n. 76 del 2020, convertito dalla l. n. 120 del 2020, secondo cui "In caso di mancato avvio delle procedure di demolizione entro il termine di centottanta giorni dall'accertamento dell'abuso, la competenza è trasferita all'ufficio del prefetto che provvede alla demolizione avvalendosi degli uffici del comune nel cui territorio ricade l'abuso edilizio da demolire, per ogni esigenza tecnico-progettuale. Per la materiale esecuzione dell'intervento, il prefetto può avvalersi del concorso del Genio militare, previa intesa con le competenti autorità militari e ferme restando le prioritarie esigenze istituzionali delle Forze armate", ha erroneamente declinato la propria competenza a provvedere. 
2. Va, rammentato che, come affermato da Sez. 3, n. 46194 del 23/11/2021, Famao, Rv. 282239 – 01, la modifica apportata all'art. 41 d.P.R. 380/2001 non ha affatto sottratto al giudice dell'esecuzione il potere di provvedere alla sospensione dell'esecuzione della demolizione o alla revoca del relativo ordine, quando esso risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all'immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l'abusività (fermo restando il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di verificare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio (così anche Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci, Rv. 260972; conf. Sez. 3, n. 55028 del 09/11/2018, Molino, Rv. 274135), posto che si tratta di una attribuzione correlata alla esecuzione di un ordine, sia pure relativo a una sanzione amministrativa di contenuto ripristinatorio, impartito dal giudice penale con la sentenza di condanna ai sensi dell'art. 31, comma 9, d.P.R. 380/2001, in relazione al quale, dunque, secondo la regola generale stabilita dall'art. 665, comma 1, cod. proc. pen., competente a conoscere dell'esecuzione di un provvedimento è il giudice che lo ha deliberato, dunque, nel caso della demolizione di opere abusive, il giudice che ha pronunciato la sentenza di condanna (o di applicazione della pena su richiesta) per il reato di cui all'art. 44 d.P.R. 38/2001 con la quale sia stato anche impartito tale ordine.
La modifica apportata all'art. 41 d.P.R. 380/2001 citato non ha, dunque, sottratto alcuna attribuzione al giudice dell'esecuzione, ma ha solamente disciplinato il potere di intervento sussidiario, per il caso di inerzia dei comuni competenti, del Prefetto, tenendo conto della sentenza n. 196 del 2004 della Corte costituzionale, con la quale, tra l'altro, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo il comma 49 ter dell'art. 32 d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in l. 24 novembre 2003, n. 326, che attribuiva all'autorità prefettizia la competenza a far effettuare le demolizioni conseguenti ad abusi edilizi, in quanto tale disposizione sottraeva al comune la stessa possibilità di procedere direttamente all'esecuzione della demolizione, senza che vi fossero ragioni che imponevano l'allocazione di tali funzioni amministrative in capo ad un organo statale (sempre Sez. 3, n. 46194 del 23/11/2021, Famao, Rv. 282239 – 01).
4. Nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione, declinando erroneamente la propria competenza, ha omesso di esaminare la richiesta dei ricorrenti di sospensione/revoca dell’ordine di demolizione, secondo la prospettazione difensiva, in presenza di procedimento ex art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 e di opere che costituivano mera difformità dalla variante alla concessione edilizia.
5. L’ordinanza va annullata con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo esame delle istanze dei ricorrenti. 
Peraltro, nel giudizio di rinvio, il Tribunale dovrà considerare, in fatto, che gli abusi oggetto di demolizione consistevano in una nuova unità abitativa con aumento di volume e superficie mediante soprelevazione con innalzamento del colmo, rispetto a quanto previsto dalla concessione in variante (cfr. pag. 1), e dovrà applicare al caso concreto, i principi ermeneutici reiteratamente espressi dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui l’impossibilità tecnica di dare esecuzione all'ordine di demolire un manufatto abusivo senza danneggiare la parte lecita del fabbricato, oltre a dover essere dimostrata, non rileva quando dipende da causa imputabile al condannato (Sez. 3, n. 7789 del 09/02/2021, Severino, Rv. 281474; nel medesimo senso Sez. 3, n. 28740 del 27/4/2018, Ferrante, non massimata; Sez. 3 n. 51056 del 9/10/2018, Chimirri, non massimata), giacché altrimenti si consentirebbe, realizzando opere in assenza di permesso di costruire in aderenza, in appoggio o in sopraelevazione a porzioni di immobili regolarmente edificate o sanate, di evitarne la demolizione, in tal modo frustrando la necessità di ripristinare l'assetto urbanistico preesistente cui è strumentale l'ordine di demolizione.
L'unica ipotesi, diversa da quella in esame, nella quale rileva detta impossibilità tecnica di procedere alla demolizione, è quella degli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire di cui all'art. 34 d.P.R. 380/2001, i quali devono essere rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell'abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell'ufficio e, decorso tale termine, sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell'abuso. Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite a usi diversi da quello residenziale. Il provvedimento adottato dall'autorità amministrativa a norma dell'art. 34, comma 2 citato, di cosiddetta fiscalizzazione dell'abuso edilizio, trova però applicazione solo per le “difformità parziali”, che vengono tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione della conservazione di quelle realizzate legittimamente e non in caso di nuova unità abitativa con aumento di volume e superficie (Sez. 3, n. 28747 del 11/5/2018, Pellegrino, Rv. 273291; Sez. 3, n. 19538 del 22/4/2010, Alborino, Rv. 247187, conf. Sez. 3, n. 24661 del 15/4/2009, Ostuni, Rv. 244021; Sez. 3, n. 13978 del 25/2/2004, Tessitore, Rv. 228451).
All’esito del rinnovato giudizio sulle istanze di sospensione/revoca, infine, dovrà valutare, qualora non accolta l’istanza di sospensione/revoca, anche il dedotto profilo della proporzionalità, la cui disamina è allo stato assorbita dall’annullamento dell’ordinanza in accoglimento del primo motivo di ricorso.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania.
Così deciso il 03/10/2024