Cass. Sez. III n. 4081 del 28 gennaio 2008 (Ud. 22 Nov. 2007)
Pres. Vitalone Est. Fiale Ric. Cestari
Urbanistica. Pertinenza (legnaia)

La nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera - che abbia comunque una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale e non sia parte integrante o costitutiva di altro fabbricato - preordinata ad un'oggettiva esigenza dell' edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell' edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell‘immobile cui accede. La strumentalità rispetto all'immobile principale, ossia la relazione funzionale con la costruzione preesistente, deve essere in ogni caso "oggettiva", cioè connaturale alla struttura dell' opera. e non può desumersi, a differenza di quanto consente la nozione civilistica di pertinenza. esclusivamente dalla destinazione soggettivamente data dal proprietario o dal possessore, sicché non può ricondursi alla nozione in esame l'edificazione di un manufatto che, asseritamente destinato a legnaia, consenta invece, per natura e struttura. una pluralità di destinazioni e sia logicamente ed economicamente utilizzabile in altro modo che non sia quello di servire l'immobile al quale accede.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Salerno, con sentenza del 24.11.2006, confermava la sentenza 28.11.2005 del Tribunale monocratico di Sala Consilina, che aveva affermato la responsabilità penale di C. G. in ordine al reato di cui:

- al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), (per avere realizzato, in assenza del prescritto permesso di costruire, una baracca con telaio in legno e tompagnatura in lamiera zincata - acc. in (OMISSIS), il (OMISSIS)) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, la aveva condannata alla pena condizionalmente sospesa - di giorni sei di arresto ed Euro 4.000,00, di ammenda, con Ordine di demolizione delle opere abusive.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la C., la quale ha eccepito:

- violazione di legge per l'illegittimo diniego di rinnovazione del dibattimento, al fine di assumere quale teste C.A., la cui escussione era stata ritenuta superflua dal Tribunale in seguito a rinuncia del P.M.;

- l'incongruità del disconoscimento della "natura pertinenziale" dell'opera realizzata, sottratta, per tale sua caratteristica, dal regime del permesso di costruire;

- l'illegittimità della disapplicazione del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Montesano sulla Marcellana, in data 17.11.2006, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, in quanto sarebbe stata incongruamente ritenuta la non condonabilità dell'opera.


MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso deve essere rigettato, perchè infondato.

1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, il principio di disponibilità della prova, affermato dall'art. 190 c.p.p., comma 1, si accompagna, secondo quanto previsto nella medesima disposizione, all'attribuzione al giudice della facoltà di escludere le prove manifestamente superflue o irrilevanti. Spetta quindi al giudice, già all'inizio del dibattimento, la valutazione in ordine alla non manifesta inconducenza o irrilevanza delle prove dedotte dalle parti:
valutazione che presuppone un apprezzamento di merito il quale sfugge al sindacato di legittimità allorquando abbia formato oggetto di apposita motivazione, che abbia dato ragione del provvedimento adottata sul punto dal giudice attraverso una spiegazione immune da vizi logico - giuridici (vedi Cass. Sez. 6^, 1.6.1994, n. 6422; Sez. 1^, 16.7.1992, n. 8045).

Il potere del giudice, poi, di revocare l'ammissione di prove "superflue" in base alle risultanze dell'istruttoria dibattimentale, riconosciuto dall'art. 495 c.p.p., comma 4, è ben più ampio di quello, riconosciuto dall'art. 190 c.p.p., all'inizio del dibattimento, di non ammettere le prove "manifestamente" superflue o irrilevanti, in considerazione del diverso grado di conoscenza della regiudicanda che caratterizza i due distinti momenti del processo (vedi Cass. Sez. 6^, 19.11.2002, n. 38812).

Nella fattispecie in esame il Tribunale ha fatto un uso legittimo del potere conferitogli dall'art. 495 c.p.p., comma 4, allorchè si consideri che il C., maresciallo dei vigili urbani, è uno degli accertatoli dell'illecito edilizio ed appare assolutamente razionale e congrua la motivazione adottata circa l'irrilevanza dell'audizione dello stesso dopo l'avvenuta escussione del geometra comunale che aveva congiuntamente proceduto al medesimo accertamento.

1.2 Nel vigente codice di procedura penale la rinnovazione dell'istruzione nel giudizio di appello ha natura di istituto eccezionale rispetto all'abbandono del principio di oralità nel secondo grado, ove vige la presunzione che l'indagine probatoria abbia raggiunto la sua completezza nel dibattimento già svoltosi.

L'ipotesi di rinnovazione del dibattimento prevista dell'art. 603 c.p.p., comma 1, riguarda prove preesistenti o già note alla parte ed è subordinata alla condizione che il giudice di appello ritenga, secondo la sua valutazione discrezionale, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (giudizio che, se sorretto da motivazione adeguata, non è censurabile in sede di legittimità).

L'impossibilità di decidere allo stato degli atti può sussistere quando i dati probatori già acquisiti siano incerti nonchè quando l'incombente richiesto rivesta carattere di decisività nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali suddette incertezze ovvero sia di per sè oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza.

Nella fattispecie in esame la Corte di merito ha considerato inammissibile la richiesta di procedere all'audizione del maresciallo C., risultando incontestabile, per le ragioni già enunciate dal primo giudice, l'irrilevanza assoluta della prova e l'apprezzamento di merito sulla rilevanza probatoria sfugge al sindacato di legittimità allorquando (come è nel caso in esame) abbia formato oggetto di apposita motivazione immune da vizi logico giuridici.

2. La Corte territoriale legittimamente ha escluso che l'opera abusiva in oggetto costituisca "pertinenza" dell'edificio abitato dall'imputata e sito a circa 8 metri di distanza.

La nozione di "pertinenza urbanistica" ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera che abbia comunque una propria individualità fisica ed una propria conformazione strutturale e non sia parte integrante o costitutiva di altro fabbricato preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede.

La strumentante rispetto all'immobile principale, ossia la relazione funzionale con la costruzione preesistente, deve essere in ogni caso "aggettiva", cioè connaturale alla struttura dell'opera, e non può desumersi, a differenza di quanto consente la nozione civilistica di pertinenza, esclusivamente dalla destinazione soggettivamente data dal proprietario o dal possessore, sicchè non può ricondursi alla nozione in esame l'edificazione di un manufatto (come quello in oggetto) che, asseritamente destinato a legnaia, consenta invece, per natura e struttura, una pluralità di destinazioni e sia logicamente ed economicamente utilizzabile in altro modo che non sia quello di servire l'immobile al quale accede.

3. Ai fini del riconoscimento degli effetti delle procedere di "condono edilizio" esperite ai sensi delle L. n. 724 del 1994, L. n. 47 del 1985 e L. n. 326 del 2003, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema il giudice ordinario ha il potere-dovere di accertare se sussistono in concreto i presupposti essenziali per l'applicabilità della causa estintiva dei reati e, nell'eventualità in cui detti presupposti siano inesistenti, lo stesso giudice deve dichiarare non integrata la fattispecie estintiva ed adottare te conseguenti determinazioni.

L'ambito del potere di controllo del giudice ordinario è strettamente connesso all'esercizio della giurisdizione penale, sicchè il giudice medesimo nell'eseguire l'indispensabile verifica degli elementi di fatto e di diritto della causa estintiva deve accertare:

- il tipo di intervento realizzato, le dimensioni volumetriche dell'immobile e la riconducibilità di esso alle fattispecie per le quali è previsto l'effetto sanante;

- l'epoca della sua realizzazione;

- la legittimazione del soggetto istante a proporre domanda di sanatoria;

- la tempestività della domanda di sanatoria, corredata nei termini di rito dei documenti previsti per legge, e l'avvenuto "integrale versamento" della somma dovuta ai fini dell'oblazione, ritenuta congrua dall' Amministrazione comunale.

Trattasi di compiti propri dell'autorità giurisdizionale - conformi al dettato dell'art. 101 Cost., comma 2, artt. 102 e 104 Cost., comma 1, che non possono essere demandati neppure con legge ordinaria all'autorità amministrativa in un corretto rapporto delle sfere specifiche di attribuzione.

Nella vicenda che ci occupa si verte in ipotesi di opere abusive non suscettibili di sanatoria, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 32, (convertito dalla L. n. 326 del 2003), poichè si tratta di nuova costruzione non-residenziale, realizzata in assenza del titolo abilitativo edilizio, che non si sostanzia in meri ampliamenti o addizioni e costituisce un immobile integralmente abusivo: ipotesi esclusa dal condono dal citato art. 32, comma 25.

Corretto deve ritenersi, conseguentemente, l'effettuato giudizio di illegittimità del provvedimento "sanante" rilasciato dal Comune di Montesano sulla Marcellana, in data 17.11.2006, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, in quanto non può considerarsi indebita ingerenza nella sfera riservata alla discrezionalità dell'Amministrazione l'accertamento dell'integrazione della fattispecie estintiva dei reati specificati dalla legge, che necessariamente deve passare per la verifica dei presupposti legali della sanatoria speciale (per i rapporti tra amministrazione e giurisdizione nel settore dell'urbanistica vedi Cass. Sez. Unite, 19.6.1996, P.M. in proc. Monterisi).

4. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p..
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2007.