Cass. Sez. III n. 34754 del 13 settembre 2007 (Ud. 24 mag. 2007)
Pres. De Maio Est. Fiale Ric. Chapel
Urbanistica. Depositi di merci o di materiali su suolo inedificato

L'art. 3 comma I Lett. e), del T.U, n. 380-2001 assoggetta a permesso di costruire non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comportano comunque una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica. In particolare, il medesimo art. 3, I comma - alla lettera e.7) - considera come "nuova costruzione" la realizzazione di depositi di merci o di materiali su suolo inedificato. La subordinazione al previo rilascio del permesso di costruire, però, in ipotesi siffatte, postula in ogni caso un "quid pluris", da individuarsi, appunto, nella permanente trasformazione del suolo. Già in epoca anteriore, infatti, all'emanazione del Testo Unico non erano soggette a concessione edilizia le semplici "occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizioni di merci a cielo libero" (così l'art.7 II comma, lett, b, del D.L. n. 9-1982 che prevedeva il regime dell'autorizzazione gratuita) e ciò sul presupposto che un'opera oggettivamente finalizzata a soddisfare esigenze improvvise o transeunti non è destinata a produrre quegli effetti sul territorio che la normativa urbanistica è rivolta a regolare.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale monocratico di Aosta - con sentenza del 22.3.2006, pronunziata in esito a giudizio celebrato con il rito abbreviato condizionato - assolveva C.L., "perchè il fatto non sussiste", dalle contravvenzioni di cui;

- all'art. 44, lett. c), D.P.R. n. 380 del 2001 (per avere, in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, senza il necessario permesso di costruire, realizzato su terreno agricolo un deposito di materiali vari funzionali ad attività edilizia - acc. in (OMISSIS));

- al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (per avere realizzato l'anzidetto deposito di materiali in assenza della prescritta autorizzazione paesaggistica).

Il Tribunale rilevava che, nella specie, non risultava dimostrata la permanenza del contestato mero deposito dei materiali.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore delta Repubblica presso il Tribunale di Aosta, il quale ha eccepito che - secondo un'interpretazione letterale del D.P.R. n. 380/2001, art. 3, comma 1, lett. e.7) - il deposito di materiali costituisce intervento edilizio di nuova costruzione e come tale, ai sensi dell'art. 10 del citato decreto, necessita di permesso di costruire. Esso, inoltre, non deve essere correlato alla "esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato".

Il difensore, in data 24.4.2007, ha deposito memoria rivolta a contestare le argomentazioni del P.M..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso del P.M. deve essere rigettato, perchè infondato.

Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1 - lett. e), assoggetta a permesso di costruire non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comportano comunque una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica.

In particolare, il medesimo art. 3, comma 1 - alla lett. e.7) - considera come "nuova costruzione" la realizzazione di depositi di merci o di materiali su suolo inedificato.

La subordinazione al previo rilascio del permesso di costruire, però, in ipotesi siffatte, postula in ogni caso un "quid pluris", da individuarsi appunto nella permanente trasformazione del suolo.

Già in epoca anteriore, infatti, all'emanazione del Testo Unico non erano soggette a concessione edilizia le semplici "occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizioni di merci a cielo libero" (così il D.L. n. 9 del 1982, art. 7, comma 2, lett. b, che prevedeva il regime dell'autorizzazione gratuita) e ciò sul presupposto che un'opera oggettivamente finalizzata a soddisfare esigenze improvvise o transeunti non è destinata a produrre quegli effetti sul territorio che la normativa urbanistica è rivolta a regolare.

Va poi ribadito l'orientamento costante di questa Corte Suprema (vedi, tra le pronunzie più recenti, Cass., Sez. 3^; 29.11.2001, Zecca ed altro; 15.4.2002, P.G. in proc. Negri; 14.5.2002, Migliore; 4.10.2002, Debertol; 7.3.2003, Spinosa; 6.5.2003, Cassisa; 23.5.2003, P.M. in proc. Invernici; 26.5.2003, Sargentini; 5.8.2003, Mori;

7.10.2003, Fierro), secondo il quale il reato di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1, (già L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies e D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163) è reato di pericolo ma, pur non essendo necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente per la configurabilità dell'illecito, devono comunque escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti (soltanto) quelle che si prospettano inidonee, anche in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici.

Il giudice di merito, nella vicenda in esame, attraverso la valutazione delle prove raccolte, ha ritenuto non dimostrata la finalizzazione del deposito di merci ad una utilità prolungata nel tempo e, pertanto, ne ha escluso pure l'astratta idoneità a compromettere l'ambiente; mentre le censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione fattuale dell'episodio non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio, alla stregua di una diversa ricostruzione del fatto, e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 608 e 615 c.p.p., rigetta il ricorso del P.M..
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2007.