Cass. Sez. III n. 1536 del 19 gennaio 2011 (Ud. 17 nov. 2010)
Pres. Ferrua Est. Rosi Ric. Brandani ed altri
Urbanistica. Prescrizioni del permesso di costruire

Si deve ritenere che sia una prescrizione di natura urbanistico - edilizia del permesso rilasciato per la realizzazione di vasche per allevamento ittico, l’inserimento dell’obbligo di riutilizzare il terreno, frutto dei lavori di escavazione, per arginatura ed opere di salvaguardia e di conferire il terreno in eccedenza nelle discariche per copertura giornaliera o per appianamento degli avvallamenti: tale obbligo, infatti, è certamente volto a tutelare l’assetto territoriale della zona incisa dall’opera autorizzata e, per la parte di terreno in eccedenza, ne impone un utile impiego in materia ambientale nella gestione della discarica dl zona. Il divieto di commercializzazione del terreno è in realtà la conseguenza della vincolatività di tale obbligo.

 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. GIULIANA FERRUA                                - Presidente
Dott. CLAUDIA SQUASSONI                           - Consigliere
Dott. MARIO GENTILE                                    - Consigliere
Dott. ALDO FIALE                                          - Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI                                 - Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) BR. FE. N. IL xx/xx/xxxx
2) VE. RO. N. IL xa/dx/xxxx
3) BA. SE.N. IL xx/ad/xxxx
- avverso la sentenza n. 184/2008 TRIBUNALE di MODENA, del 20/04/2009
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gioacchino Izzo che ha concluso per l’annullamento senza rinvio perché estinto il reato per sanatoria.
- Udito, per la parte civile, l'Avv.
- Uditi difensore Avv. Morselli Ezio che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per insussistenza del fatto o perché estinto il reato per sanatoria.


RITENUTO IN FATTO


Il tribunale di Modena, in composizione monocratica, con sentenza in data 20 aprile 2009, ha condannato Br. Fe., nella qualità di committente, Ve. Ro., nella qualità di direttore dei lavori, Ba. Se., nella qualità di titolare della ditta esecutrice dei lavori, alla pena di euro 4.000 di ammenda ciascuno, per la contravvenzione di cui all'art. 44, lett. a) del D.P.R. 380/2001, per aver violato la prescrizione del permesso di costruire due vasche per allevamento ittico, rilasciato il 3/9/2003, che stabiliva che il terreno di scavo fosse destinato prioritariamente al riutilizzo nel fondo per arginature o opere di salvaguardia, destinando invece ampi quantitativi di materiale argilloso ad una fornace al fine di utilizzo produttivo, fatto accertato in Finale Emilia il 9 agosto 2006.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:
1. Erronea applicazione della legge penale (art. 606, n. 1, lett. b) c.p.p. in relazione agli artt. 44 lett. a) D.P.R. 380/2001 e 23, c. 1, lett. b) L.R. Emilia Romagna n. 31/2002) in riferimento all'elemento materiale del reato edilizio. II giudice avrebbe inquadrato erroneamente la ritenuta violazione della prescrizione che era inserita nel permesso di costruire nell'ambito della normativa edilizia-urbanistica. Il permesso a costruire stabiliva infatti che "... la destinazione prioritaria del terreno di scavo deve essere il riutilizzo nel fondo stesso per arginature e opere di salvaguardia, con previsione di conferimento del terreno in eccedenza presso discariche, per opere di copertura e presso aziende agricole per appianare o per chiusura maceri". Se è necessario un atto concessorio di tipo urbanistico allorché la morfologia del territorio venga alterata in conseguenza di rilevanti opere di scavo, sbancamenti, livellamenti, finalizzati ad usi diversi da quelli agricoli, nel caso ora in esame, non verrebbe contestata una modifica sostanziale della morfologia del territorio, ma esclusivamente la violazione alla prescrizione relativa al conferimento di tale surplus di terreno di scavo rimasto inutilizzato (ad una fornace, anziché ad una discarica o ad altre aziende agricole), ossia un utilizzo diverso, tanto che la polizia municipale ritenne che si fosse in presenza di un'attività di gestione non autorizzata di cava e solo in seguito gli accertatori configurarono un presunto abuso edilizio per la violazione della normativa statale e delle leggi regionali di settore della Emilia Romagna. Ma tali fonti normative non contengono affatto il divieto di commercializzazione del terreno: solo la L.R. Emilia Romagna 17/91, che disciplina le cave, le torbiere e le altre attività estrattive, contiene un riferimento alla commercializzazione, ma nel diverso ambito dell'attività di estrazione di materiale dal suolo. Il caso di specie non rientrerebbe quindi nell'ambito di tale disciplina regionale, né i ricorrenti sono stati a chiamati a rispondere di tale violazione.
L'inserimento nel permesso di costruire della prescrizione dei divieto di commercializzazione del terreno (ovvero dell'obbligo di riutilizzarlo direttamente o conferirlo in discarica) non sarebbe una prescrizione di natura urbanistico- edilizia, perché non contemplata da alcuna norma in materia e l'eventuale condotta degli imputati sarebbe penalmente irrilevante, mentre un'interpretazione dell'art. 44 che includa tra le possibile violazioni anche inosservanze di modalità diverse da quelle esecutive dell'opera, violerebbe il principio di tassatività della fattispecie penale.

2. Erronea applicazione della legge penale (art. 606, n. 1, lett. b) c.p.p. in relazione all'art. 530 c.p.p., agli artt. 36 e 45 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) relativo al capo della pronuncia che ha negato l'estinzione del reato. In via subordinata i ricorrenti hanno censurato il fatto che il Tribunale, in presenza del permesso in sanatoria rilasciato dall'ufficio del comune il 18 maggio 2007 (che aveva autorizzato una diversa utilizzazione della terra di scavo) non abbia dichiarato estinto il reato a seguito di sanatoria.

3. Erronea applicazione della legge penale (art. 606, n. 1, lett. b) c.p.p., in relazione all'art. 533 c.p.p. e agli artt. 40 e 43 c.p.) in relazione all'elemento materiale ed all'elemento psicologico del reato.

Non potrebbe dirsi raggiunta "al di là di ogni ragionevole dubbio" la colpevolezza degli imputati. Innanzitutto la condotta è stata attribuita ai ricorrenti senza accertamento della destinazione del quantitativo di terreno caricato sugli autocarri, desunta unicamente dalle affermazioni rilasciate dai conducenti degli autocarri (riferite peraltro "de relato" dagli accertatori). Per quello che attiene al direttore dei lavori, il geom. Ve., l'attribuzione a titolo di colpa in vigilando contrasterebbe con i compiti di controllo e supervisione che gravano sul direttore lavori all'interno della costruzione, visto che allo stesso non può essere fatto carico di verificare anche la destinazione del materiale all'esterno.

4. Mancata assunzione di una prova decisiva (art. 606, n. 1, lett. d) c.p.p.) perché la pronuncia, senza adeguata motivazione, ha ritenuto superfluo l'accertamento tecnico sollecitato dalla difesa degli imputati. I rilievi tecnici, impostati dal geom. Ve. a sostegno della domanda di rilascio del permesso in sanatoria, oltre alle numerose bolle di consegna con destinazione varie discariche, prodotte dalla difesa ed allegate agli atti, avrebbero potuto costituire base per un più approfondito accertamento, necessario a dare contenuto all'indicazione fornita nel capo di imputazione circa la "prioritaria" destinazione del terreno frutto degli scavi.


CONSIDERATO IN DIRITTO


1. II primo motivo di ricorso non è fondato.
In base al D.P.R. n 380 del 2001, richiedono il permesso di costruire tutti gli interventi che comportano una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio comunale con perdurante modifica dello stato dei luoghi. Tra essi rientra di certo la realizzazione di grandi vasche per allevamento ittico, mediante escavazione del terreno, oggetto del presente giudizio, atteso che tale intervento rappresenta un'opera di consistente entità che comporta la trasformazione in via permanente del suolo. Tale assunto risulta in linea con la giurisprudenza di legittimità (Cfr. Sez. 3, n. 14243 del 4/4/2008, Daltri, Rv. 239663) che ha precisato:"ai fine di stabilire se i movimenti di terreno costituiscano o meno una trasformazione urbanistica del territorio, occorre valutare l'entità dell'opera che si intende realizzare, potendo gli stessi costituire sia spostamenti insignificanti sotto il profilo dell'insediamento abitativo per i quali non è necessario alcun titolo abilitativo, sia rilevanti trasformazioni del territorio, in quanto tali necessitanti il preventivo rilascio del permesso di costruire, non essendo sufficiente la mera denuncia di inizio attività." Tra l'altro, è comunque rilevante la finalità dei lavori di scavo, anche quando lo stesso non sia destinato alla edificazione di un manufatto o di altro lavoro edile; è stato infatti sottolineato che sono assoggettate a titolo abilitativo edilizio le opere di scavo, di sbancamento e di livellamento del terreno, finalizzate ad usi diversi da quelli agricoli (ad esempio turistici o sportivi), in quanto incidono sul tessuto urbanistico del territorio (in tal senso, Sez. 3, sentenze n. 8064 del 24/2/2009, PG c. Dominelli e Gagliolo; n.6930, del 19/2/2004, Iaccarino, Rv. 227566; n. 38055 del 13/11/2002, Raciti, Rv. 222849; n. 3107 del 14/3/2000, Alliata e altro, Rv. 216521).
Nel caso di specie, l'elemento materiale della fattispecie ascritta, per quello che concerne l'entità del terreno estratto con l'attività di escavazione e la destinazione di una rilevante aliquota di esso a fini commerciali, diversamente dall'utilizzo autorizzato, è stata accertata con motivazione congrua, la quale ha tenuto conto dei numerosi elementi probatori acquisiti e che si sottrae a censure di legittimità.

Infatti, alla luce di quanto sopra menzionato, si deve ritenere che sia una prescrizione di natura urbanistico-edilizia del permesso rilasciato per la realizzazione delle due vasche per allevamento ittico, l'inserimento dell'obbligo di riutilizzare il terreno, frutto dei lavori di escavazione, per arginatura ed opere di salvaguardia e di conferire il terreno in eccedenza nelle discariche per copertura giornaliera o per appianamento degli avvallamenti: tale obbligo, infatti, è certamente volto a tutelare l'assetto territoriale della zona incisa dall'opera autorizzata e, per la parte di terreno in eccedenza, ne impone un utile impiego in materia ambientale nella gestione della discarica di zona. Il divieto di commercializzazione del terreno è in realtà la conseguenza della vincolatività di tale obbligo.


2. Risulta infondato anche il secondo motivo di ricorso: nella motivazione della sentenza impugnata il giudice ha tenuto conto del permesso di costruire in sanatoria n. 24 del 18/5/2007, rilasciato dal Comune di Finale Emilia ed anche della testimonianza del dirigente dell'ufficio urbanistica di tale Comune, il quale ha chiarito che con tale permesso si era consentito il trasporto del terreno, eccedente gli scopi del riutilizzo in loco, alla discarica, al di fuori del fondo interessato ai lavori, ma che non sarebbe mai potuto essere assentibile un utilizzo a fini commerciali del terreno, posto che il sito di prelievo non poteva essere qualificato come cava ed inoltre il Comune di Castefranco Emilia non era dotato di Piano per le attività estrattive. Correttamente pertanto, il reato ascritto non poteva essere ritenuto estinto per sanatoria, essendo la stessa applicabile unicamente in relazione al conferimento del terreno in discarica.

3. II motivo di ricorso con cui è stata lamentata la mancanza della prova certa di responsabilità in capo agli imputati, in riferimento all'elemento materiale e a quello psicologico, è, del pari, infondato. Per quanto attiene all'elemento materiale valgono le considerazioni già espresse al punto 1. di questa parte motiva. Per quanto attiene poi all'elemento psicologico, la sentenza ha individuato con chiarezza le ragioni per le quali la contravvenzione sia ascrivibile, sotto il profilo della responsabilità penale, sia al committente che al realizzatore, responsabili delle attività e consapevoli della destinazione del terreno in violazione delle prescrizioni, ma anche al direttore dei lavori, il quale ne risponde a titolo di colpa, avendo omesso di verificare la conformità della destinazione del terreno frutto di scavo, prescritta nel permesso rilasciato, verifica certamente esperibile nel cantiere attivo presso il fondo in questione, mediante il controllo della documentazione di trasporto del terreno in uscita dal cantiere.

4. Anche l'ultimo motivo di ricorso non è fondato.
La sentenza impugnata ha esaustivamente motivato in ordine agli elementi probatori acquisiti nel corso dell'istruttoria dibattimentale, ritenendo raggiunta la prova che rilevante parte di terreno frutto degli scavi era stata trasportata alla fornace e quindi commercializzata, di conseguenza ha ritenuto che fosse superfluo procedere alla richiesta consulenza tecnica volta a quantificare con esattezza il terreno impiegato nei lavori di arginatura e quello trasportato alla discarica.

I ricorsi devono pertanto essere rigettati ed i ricorrenti devono essere condannati, ai sensi del disposto di cui all'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali


PQM


rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.


Così deciso in Roma, il 17 novembre 2010.

DEPOSITATO IN CANCELLERIA 19 Gen. 2011