Cass. Sez. III n. 35128 del 19 settembre 2024 (UP 3 lug 2024)
Pres. Ramacci Rel. Di Stasi Ric. Polito
Urbanistica.Realizzazione pista motocross

Integra un illecito edilizio l'esecuzione, in assenza del permesso di costruire, di interventi finalizzati a realizzare un'area adibita a pista per motocross, in quanto, pur non consistendo in un'attività di edificazione in senso stretto, comporta una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 25/09/2020, il Tribunale di Vibo Valentia dichiarava Polito Fabio responsabile del reato di cui all’art. 44 d.P.R. n. 380/2001- perché in assenza di titolo abilitativo realizzava alla frazione Mantineo-loc. Martà del Comune di Cessaniti, su un’area catastalmente identificata al f.l0 7 p.lle 136 e 18, mediante operazioni di sagomatura di circa 1900 mq, un cambio di destinazione d’uso, trasformando il terreno agricolo in pista adibita a percorso per motocross - e lo condannava alla pena di euro 2.000,00 di ammenda con confisca del terreno in sequestro.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Polito Fabio, a mezzo del difensore di fiducia, articolando cinque motivi di seguito enunciati. 
Con il primo motivo deduce errata applicazione degli artt. 22, 23 ter, 37, 44 d.P.R. n. 380/2001.
Argomenta che erroneamente era stato ritenuto il reato contestato, in quanto, l’art. 23-ter d.P.R. n. 380/2001 prevede che il mutamento di destinazione debba comportare l’assegnazione dell’immobile ad una diversa categoria funzionale fra quelle elencate dalla stessa norma; nella specie, la realizzazione della pista costituiva attività non incompatibile con il mantenimento della originaria destinazione agricola dell’immobile.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione all’art. 44 d.P.R. n. 380/2001.
Argomenta che il Tribunale non aveva esposto le ragioni ed indicate le emergenze probatorie in base alle quali le operazioni di sagomatura del terreno integrassero il mutamento di destinazione d’uso; in tal modo la motivazione era carente in ordine alla configurabilità del reato contestato.
Con il terzo motivo deduce errata applicazione dell’art. 44 d.P.R. n. 380/2001 in ordina alla disposta confisca dell’area.
Argomenta che il Giudice di merito, con straripamento dei poter giurisdizionali, aveva applicato una sanzione non prevista per il reato contestato, ma solo per il diverso reato di lottizzazione abusiva.
Con il quarto motivo deduce violazione degli artt. 44 d.P.R. n. 380/2001, 240 cod.pen. e 7 CEDU, lamentando che la confisca aveva avuto ad oggetto un bene di proprietà di un terzo estraneo al reato, come risultante dal provvedimento di sequestro del 28/11/2017 in atti.
Con il quinto motivo deduce violazione degli artt. 125, comma 3, e 546 lett. e) cod.proc.pen., lamentando che la confisca dell’area era stata disposta in difetto di motivazione sulla natura (facoltativa o obbligatoria) e sui relativi presupposti applicativi.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I primi due motivi di ricorso, che si trattano congiuntamente perché entrambi afferenti all’affermazione di responsabilità, sono manifestamente infondati.
Il Giudice di merito, in aderenza alle risultanze istruttorie e con apprezzamento di fatto adeguatamente motivato ed immune di censure in sede di legittimità, ha accertato che il ricorrente aveva realizzato, in terreno nella sua disponibilità, una pista da motocross, mediante operazioni di sagomatura che avevano modificato il profilo naturale e mutato la destinazione d’uso del terreno, che originariamente aveva destinazione agricola. 
Conseguentemente, è stato correttamente ritenuto integrato il contestato reato di cui all’art. 44 d.P.R. n. 380/2001.
Va richiamato il consolidato insegnamento di legittimità secondo il quale il d.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. e), assoggetta a permesso di costruire non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comportano comunque una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica (cfr. Sez. 3, n. 28457 del 30/04/2009 Rv. 244569 - 01; Sez. 3, n. 14044 del 22/03/2005 Rv. 231522 - 01).
In particolare, si è affermato che, materia edilizia, ai sensi delle disposizioni di cui al T.U. in materia edilizia (artt. 3 e 10 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) sono subordinati al preventivo rilascio del permesso di costruire non soltanto gli interventi edilizi in senso stretto, ma anche gli interventi che comportano la trasformazione in via permanente del suolo inedificato (Sez. 3, n. 29466 del 22/02/2012, Rv. 253154 – 01, secondo cui integra il reato previsto dall'art. 44 d.P.R 6 giugno 2001, n. 380 la realizzazione, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, di opere di spianamento e riporto di terreno; Sez. 3, n. 8064 del 02/12/2008, Rv.242741 – 01, secondo cui In tema di reati urbanistici, le opere di scavo, di sbancamento e di livellamento del terreno, finalizzate ad usi diversi da quelli agricoli, in quanto incidono sul tessuto urbanistico del territorio, sono assoggettate a titolo abilitativo edilizio; Sez. 3, n. 6930 del 27/01/2004, Rv. 227566 – 01, che, in applicazione di tale principi, ha ritenuto integrato il reato edilizio nella trasformazione di un'area di circa mq.70 da agricola a parcheggio per autovetture mediante la messa in opera di ghiaia).
E si è chiarito che integra il reato previsto dall'art. 44, lett. b), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, la realizzazione in zona agricola di un impianto sportivo (nella specie, un campo di calcio) che, per l'idoneità a mutare la destinazione d'uso dell'area, richiede il rilascio del permesso di costruire (Sez. 3, n. 19521 del 04/04/2013, Rv. 255867 – 01).
Ed è stato anche precisato che la realizzazione di un impianto sportivo in zona agricola integra la violazione dell'art. 44 lett. b), d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, atteso che la disposizione di cui all'art. 4, legge n. 493 del 1993 (ai sensi della quale gli interventi su aree destinate ad attività sportiva senza creazione di volumetria sono subordinati alla semplice denuncia di inizio attività) trova applicazione su aree già destinate ad attività sportive (Sez. 3, n. 12920 del 17/02/2016, Rv.266349 – 01).
Del resto, anche nella vigenza della precedente normativa in materia di edilizia, questa Corte aveva affermato che i lavori di sbancamento e livellamento del suolo, con movimento di terra, abbattimento di vegetazione ed ampliamento di sentieri, per realizzare una pista per motocross, sono soggetti a concessione del sindaco (Sez. 3, n. 7170 del 21/03/1980, Rv. 145527 – 01).
Va, quindi, affermato che integra un illecito edilizio l'esecuzione, in assenza del permesso di costruire, di interventi finalizzati a realizzare un'area adibita a pista per motocross, in quanto, pur non consistendo in un'attività di edificazione in senso stretto, comporta una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio.
2. I restanti motivi di ricorso, tutti afferenti al tema della disposta confisca, sono inammissibili.
Le doglianze sollevate sono articolate tutte sulla premessa che il bene confiscato è di proprietà di terzi; in tal modo si lamentano aspetti non invocabili proprio perché inerenti a diritti di soggetto diverso, quale unico titolari del diritto alla restituzione del bene (Sez. 5, n. 18508 del 16/02/2017, Rv. 270209 – 02, che ha affermato che è inammissibile per difetto di interesse il ricorso proposto avverso la confisca di un bene da parte dell'imputato del reato in riferimento al quale la confisca viene disposta, che non sia titolare o gestore del bene stesso).
3. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
4. Va dato atto che l'inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod.proc.pen., ivi compresa la prescrizione (Sez. U n. 21 del 11 novembre 1994, dep.11 febbraio 1995, Cresci; Sez. U n. 11493 del 3 novembre 1998, Verga; Sez. U n. 23428 del 22 giugno 2005, Bracale; Sez U n. 12602 del 17.12.2015, dep. 25.3.2016, Ricci).
5. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. 

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. 
Così deciso il 03/07/2024