Cass. Sez. III n. 18535 del 11 maggio 2011 (CC 23 mar. 2011)
Pres.De Maio Est. Petti Ric.Impagliazzo ed altri
Urbanistica.Ordine di demolizione dell'intero manufatto abusivo
L'ordine di demolizione dell'intero manufatto abusivo, impartito dal giudice per la violazione della normativa edilizia, assorbe quello disposto per la violazione della normativa antisismica, in quanto la demolizione totale del fabbricato sottrae qualsiasi valutazione all'Ufficio Tecnico della Regione, autorità amministrativa competente all'esecuzione di quest'ultimo, dovendo il manufatto essere comunque eliminato dal territorio. (In motivazione la Corte ha precisato che eventuali problemi di competenza e coordinamento si pongono in caso di ordine di demolizione parziale del fabbricato, nel qual caso spetterà al giudice dell'esecuzione fissare i limiti della competenza dell'A.G.).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di
consiglio
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 23/03/2011
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 617
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere - N. 25246/2010
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
difensore di Impagliazzo Luigi, nato ad Ischia il 15 dicembre del 1969;
Di Meglio Raffaella, nato ad Ischia il 22 ottobre del 1972;
Impagliazzo Michele Leonardo, nato a Lacco Ameno il 20 agosto del 1941;
avverso l'ordinanza del tribunale di Napoli sezione distaccata di Ischia del 15 aprile del 2010;
Udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
Letta la requisitoria del Procuratore generale dott. Francesco Mauro Iacoviello il quale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO
Il tribunale di Napoli, sezione distaccata di Ischia, con sentenza del 5 aprile del 2006, pronunciata sull'accordo delle parti, disponeva tra l'altro la demolizione delle opere realizzate in Casamicciola Terme alla via Montecito. Divenuta irrevocabile la sentenza, il Procuratore della Repubblica ha ingiunto la demolizione. Gli interessati hanno proposto incidente di esecuzione al fine di ottenere la revoca (in via principale) ovvero la sospensione (in via subordinata), dell'ordine di demolizione lamentando la mancata considerazione, da parte del Pubblico Ministero che aveva ingiunto la demolizione, della pendenza di istanze di condono, presentate sia a norma della L. n 47 del 1985, art. 31 che art. 32.
Il tribunale ha respinto l'istanza trattandosi di opera non condonabile ed ha aggiunto che la non condonabilità dell'opera rendeva inapplicabile la cosiddetta Legge casa (L.R. Campania n 19 del 2009).
Ricorrono per cassazione gli imputati sulla base di due motivi. Con il primo motivo deducono l'illegittimità dell'ingiunzione a demolire del pubblico ministero perché la competenza spettava all'Ufficio Tecnico della Regione Campania trattandosi d'intervento realizzato in zona sismica ed emesso a norma della L. n 64 del 1974, art. 24 ora D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 100 testo unico sull'edilizia.
Con il secondo motivo deducono la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 31 e della L.R. Campania n. 19 del 2009, artt. 4, 6, 12 e 13. Sostengono che il tribunale aveva omesso di considerare che erano state presentate due domande di condono: una a norma della L. n. 47 del 1985, art. 31 e l'altra a norma della L. n. 326 del 2003, art. 32. Inoltre con la L.R. Campania n 19 del 2004 si era consentito in deroga agli strumenti urbanistici l'ampliamento fino al 20% della volumetria esistente degli edilizi residenziali uni - bifamiliari e comunque degli edifici non superiori ai mille metri cubi. L'intervento anzidetto può essere realizzato su unità abitativa costituente la prima casa nella fattispecie era stato documentato che i ricorrenti abitano nella casa oggetto dell'ingiunzione. Con memoria aggiuntiva si è contestata l'affermazione del Procuratore generale in ordine all'asserita mancanza d'interesse relativamente alla competenza in materia di demolizione. CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va respinto perché infondato.
È ben vero che la L. n. 64 del 1974, art. 23 (ora art. 98 del Testo unico) prevedeva l'irrogazione della sanzione amministrativa demolitoria da parte dell'A.G. penale, con il decreto o la sentenza di condanna, allorché le opere fossero state eseguite in difformità dalle norme tecniche prescritte in materia di costruzioni in zone sismiche e che il successivo art. 24, precisava (ora D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 99 testo unico sull'edilizia) che la sanzione della demolizione disposta dal giudice con la sentenza o con il decreto penale di condanna competeva all'Ufficio Tecnico della Regione, ma nella fattispecie l'ordine di demolizione è stato disposto anche a norma della L. n 47 del 1985, art. 7 la cui esecuzione compete esclusivamente all'autorità giudiziaria. Orbene l'ordine di demolizione impartito dal giudice, quando riguarda l'intero manufatto assorbe quello specifico dettato per le zone sismiche, giacché una volta disposta la demolizione totale del fabbricato non v'è spazio per le valutazioni (riservate all'Ufficio tecnico del Genio Civile, relative alla conformità alle norme tecniche antisismiche dell'intero o di parte del fabbricato, dovendo lo stesso essere comunque eliminato dal territorio. I problemi di competenza e di coordinamento si possono porre allorché l'ordine del giudice sia relativo ad una parte soltanto del fabbricato. In tale situazione sarà il giudice dell'esecuzione a fissare i limiti della competenza dell'autorità giudiziaria. D'altra parte,come rilevato dal Procuratore generale, il ricorrente non ha dimostrato di avere un interesse meritevole di tutela all'esecuzione della demolizione da parte dell'Autorità Amministrativa.
Anche il secondo motivo è infondato Secondo 1' orientamento costante (cfr. tra le molte, sez. 3, sentenza n. 24665 del 15/04/2009), di questa Corte il pagamento completo e nei termini della somma versata a titolo di oblazione per la definizione dell'illecito edilizio non determina, ove sia intervenuta sentenza di condanna irrevocabile, ne' l'estinzione del reato ne' l'automatica caducazione dell'ordine di demolizione.
In materia di sanatoria edilizia, infatti, il legislatore non ha compreso l'estinzione della pena e la cessazione della sua esecuzione fra le conseguenze derivanti dall'oblazione intervenuta dopo il giudicato di condanna, in quanto preciso intendimento legislativo è stato quello di limitare l'efficacia estintiva del condono edilizio fino alle sentenza definitiva.
L'oblazione in funzione della domanda di condono non può, perciò, degradare da causa speciale di estinzione del reato a causa estintiva della pena o della sua esecuzione, se corrisposta dopo il giudicato irrevocabile; in tale ipotesi, infatti, l'avvenuta sanatoria comporta la cessazione solo di alcuni degli effetti penali della condanna, essendosi esclusa la sua computabilità ai fini della recidiva e la valutabilità della stessa come precedente ostativo alla concessione della sospensione condizionale della pena, come risulta dalla L. n. 47 del 1985, art. 38, comma 3.
La determinazione da parte dell'amministrazione comunale di congruità dell'oblazione versata non è idonea a determinare la revoca o la sospensione dell'esecuzione dell'ordine di demolizione impartito con la sentenza di condanna, in quanto soltanto a seguito del rilascio del permesso sorge in capo al giudice dell'esecuzione l'obbligo di verifica della legittimità dello stesso e della compatibilità del manufatto con gli strumenti urbanistici (Sez. 3, Sentenza n. 3988 del 03/12/2003 Rv. 227555);
Secondo quest'ultimo orientamento la sospensione può essere disposta solo allorquando sia ragionevolmente e concretamente prevedibile che in un breve lasso di tempo l'autorità amministrativa o quella giurisdizionale adottino un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con l'ordine di esecuzione (Sez. 3 n. 11051 del 30/1/2003, Rv. 224347).
Nella fattispecie il tribunale ha ritenuto inutile sospendere il procedimento trattandosi di opera non condonabile Invero secondo il consolidato orientamento di questa Corte(cfr per tutte Cass. N. 24647 del 2009) le opere realizzate in area vincolata sono insuscettibili di condono edilizio nel caso in cui l'area sia sottoposta a vincolo di inedificabilità tanto assoluta quanto relativa. Siffatta interpretazione risulta sia pure implicitamente avallata dalla Corte Costituzionale (cfr. Corte cost. n 54 del 2009 e n. 150 del 2009 nonché Sentenza n 290 del 2009) Nella decisione da ultimo citata la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo unico della L.R. Marche n 11 del 2008, il quale, tramite un'asserita interpretazione autentica della L.R. n. 23 del 2004, art. 2, comma 1, lett. a) aveva stabilito che i vincoli previsti dal D.L. n. 269 del 2003, art. 32, comma 27, lett. d) convertito nella L. n. 326 del 2003 impedivano il condono solo se comportavano inedificabiltà assoluta. Nella fattispecie nonostante siano trascorsi moltissimi anni dall'ultimazione del manufatto, non è stata ancora concessa la sanatoria.
La L.R. n. 19 del 2009 citata dal ricorrente non è applicabile alla fattispecie, in quanto l'art. 3 della citata legge dispone che gli interventi di cui agli artt. 4, 5 e 7 della medesima legge non possono essere realizzati su edifici che al momento della presentazione della denuncia di inizio attività risultino realizzati in assenza o in difformità dal titolo.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 aprile del 2011.
Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2011