Cass. Sez. III n. 14779 del 24 marzo 2017 (Ud 7 dic 2016)
Presidente: Amoresano Estensore: Renoldi Imputato: Italiani ed altri
Beni ambientali. Accertamento di compatibilità paesaggistica subordinato all’esecuzione di opere

L'accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 181, commi 1-ter e 1- quater, D.Igs. n. 42 del 2004 può avere ad oggetto le sole opere già in origine assentibili perché compatibili con il paesaggio; pertanto, quando il rilascio avvenga a condizione della esecuzione di determinati interventi ripristinatori, non può farsi luogo all'applicazione della fattispecie richiamata, avendo la stessa autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ritenuto che l'intervento fosse in origine idoneo a compromettere i valori protetti

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 28/01/2015 il Tribunale di Pesaro condannò Anna Italiani, Paolo Bonopera e Anselmo Galeazzi, la prima alla pena di un anno e sei mesi di reclusione e, gli altri due, a quella di un anno e tre mesi di reclusione in relazione ai reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 31, 44, comma 1, lett. c) del d.p.r. n. 380 del 2001 (capo a), 181, comma 1-bis d.lgs. n. 42 del 2004 (capo b), nonché, la sola Italiani per il reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. b) del d.p.r. n. 380 del 2001 (capo c).
Secondo quanto emerso in sede di primo giudizio, infatti, i tre imputati erano stati ritenuti responsabili - Italiani e Bonopera in qualità di committenti e Galeazzi di esecutore materiale - di avere realizzato, senza titolo, una strada interpoderale della lunghezza di 100 metri circa e con una larghezza compresa tra 2.90 e 1.80 metri, all'interno della proprietà Italiani per un tratto conducente ad un manufatto di tale proprietà, in parte insistente anche sulla particella 364 di proprietà della confinante Giampaoli. Tale strada, avente un tracciato rettilineo di ingresso e prosecuzione del percorso a ferro di cavallo, aveva, infatti, determinato una trasformazione permanente dello stato dei luoghi, in quanto costituente nuovo tracciato, in parte ricoperto con materiale inerte; opera realizzata con sbancamenti e taglio di piante e, inoltre, ricadente, quantomeno in parte, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico quale zona boscata.
Inoltre, Anna Italiani, nella stessa qualità, aveva proseguito i lavori indicati al capo a) dell'imputazione, in particolare nell'area contraddistinta al foglio n. 50 e al mappale 795 nonostante l'adozione, da parte del responsabile del Servizio edilizia privata del Comune di Pesaro, dell'ordinanza di sospensione dei lavori n. 133 del 1/02/2012, notificata in data 7/02/2012; sicché era stata condannata anche per la contravvenzione di cui all'art. 44, comma 1, lett. b) del d.p.r. n. 380 del 2001.

2. Avverso la sentenza di primo grado proposero appello i tre imputati, deducendo in primo luogo l'erronea qualificazione dei fatti contestati al capo b) ai sensi del comma 1-bis dell'art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004, anziché della contravvenzione prevista dal comma 1 dello stesso articolo; in seconda battuta la mancata acquisizione di una prova adeguata circa il fatto che il tracciato realizzato fosse nuovo e non preesistente; quindi, con riferimento a Italiani e Bonopera, la loro estraneità alla realizzazione delle opere ricadenti nella particella 364, asseritamente commissionate dai proprietari Girombelli e Giampaoli per mettere in sicurezza l'area dopo le forti nevicate dell'inverno; e, ancora, il mancato riconoscimento della efficacia estintiva della sanatoria intervenuta in relazione alle opere eseguite nelle particelle 795 e 119 della proprietà Italiani, contestandosi, in particolare, la pronuncia di primo grado in relazione alla creazione di superfici utili ostative alla sanatoria; e, infine, la mancata concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena, da accordare previa riduzione del trattamento sanzionatorio in concreto irrogato.

3. Con sentenza del 5/07/2016 la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riqualificò i fatti indicati al capo b) dell'imputazione ai sensi dell'art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, per l'effetto rideterminando la pena inflitta i tre imputati in sei mesi di arresto e 33.000,00 euro di ammenda per Italiani, nonché in cinque mesi di arresto e 32.000 euro di ammenda per Bonopera e Galeazzi; pena condizionalmente sospesa.

4. Avverso la sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione i tre imputati. La sostanziale identità delle questioni poste, consente una indicazione riassuntiva della maggior parte dei motivi.

4.1. Con un primo motivo Italiani e Bonopera deducono la mancanza, contraddittorietà, o manifesta illogicità della motivazione con riguardo alle testimonianze oggetto dell'istruttoria e delle relative considerazioni effettuate dalla Corte d'appello.
Le testimonianze assunte in dibattimento, del Capitano Bacchiani, dell'Architetto Gravili e di Camaroli, attesterebbero che la strada interpoderale fosse già esistente prima degli interventi eseguiti dagli imputati nel 2012.
Il particolare, il Capitato Bacchiani avrebbe affermato che già prima della realizzazione della strada, sarebbe stato presente un sentiero in terra battuta che, con il passare del tempo, sarebbe stato assorbito dalla vegetazione; sicché sarebbe manifestamente illogica la sentenza di secondo grado nella parte in cui minimizzerebbe come semplici "frammenti del discorso espositivo" le considerazioni, non smentite, del principale teste di accusa.
Sotto altro profilo, la sentenza avrebbe illogicamente affermato l'irrilevanza della tesi difensiva secondo cui sarebbe stata presente una servitù di passaggio per l'accesso alla particella 364 (di proprietà Giampaoli-Girombelli), atteso che l'esistenza di una servitù di passaggio avrebbe implicato l'esistenza di una strada per esercitare tale diritto.
Illogica sarebbe, altresì, la parte motivazione in cui si sostiene che gli imputati avessero uno specifico interesse alla realizzazione di una viabilità aggiuntiva con andamento a ferro di cavallo, "destinata probabilmente a ricongiungersi al tratto di ingresso di proprietà Italiani", atteso che, esaminando la mappa dei luoghi, sarebbe evidente che la strada a ferro di cavallo non avrebbe nulla a che fare con la proprietà Italiani, non migliorando affatto la viabilità per gli imputati e terminando il proprio percorso nella proprietà Girombelli-Giampaoli, a cui avrebbe consentito l'accesso, peraltro unico.

4.2. Con il suo primo motivo di ricorso, Galetzi sottolinea, per un verso, l'omessa valutazione delle prove che, come nel caso delle dichiarazioni di Maurizio Lisi, proprietario dell'appezzamento di terreno prospiciente la proprietà Giampaoli/Girombelli, avrebbero dimostrato che la strada era preesistente.
Inoltre, non sarebbe stata valutata la relazione dell'agronomo, Mario Bongarzoni, il quale avrebbe riferito che Galeazzi aveva eseguito gli interventi nel rispetto delle preesistenze in termini botanici e planoaltimetrici, per ciò che concerne la morfologia del suolo naturale e nel rispetto della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, senza peraltro operare modifiche permanenti allo stato dei luoghi. Il tecnico avrebbe anche specificato che sarebbe "normale", nella pratica forestale, eseguire la pulizia delle piste già esistenti per mantenerne la praticabilità.

4.3. Italiani, Bonopera e Galeazzi (i primi due con il secondo motivo, il terzo con il primo) deducono, altresì, la erronea applicazione della legge penale in relazione all'applicazione dell'art. 181 d.lgs. 42/2004 e la illogicità della motivazione.
La Corte d'Appello di Ancona avrebbe erroneamente escluso che l'accertamento di compatibilità paesaggistica di cui all'art. 181, comma 1-ter, D.Igs. n. 42 del 2004 possa avere estinto il reato contestato al capo b), in quanto lo stesso sarebbe stato condizionato della esecuzione di determinati interventi di demolizione o ripristinatori, avendo la stessa autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ritenuto l'opera in origine eseguita concretamente idonea a compromettere i valori protetti. In realtà, il ripristino dello stato dei luoghi sarebbe stato proposto in data 19/07/2012 prima che venisse disposto d'Ufficio dal comune di Pesaro ed avrebbe previsto che venisse rimosso il materiale inerte (ghiaia) posto sulla stessa. L'unica precisazione compiuta dal comune di Pesaro nel permesso in sanatoria dell'11/07/2013 riguarderebbe il fatto che il ripristino della strada dovesse avvenire attraverso l'utilizzo del sistema MacAdam per configurare lo strato superficiale della strada, in sostituzione del precedente materiale inerte utilizzato. Il progetto di rìmtssione in pristino, accettato dal Comune di Pesaro, si sarebbe poi concluso con l'esecuzione dei lavori, come certificato dal Geom. Patrizio Giusti, incaricato dalla proprietà, in data 14/10/2013.
Sotto altro profilo, proprio la rimessione in pristino dello stato dei luoghi avrebbe dovuto determinare, ai sensi dell'art. 181, comma 1-quinquies, l'estinzione del reato paesaggistico, essendo essa avvenuta prima della condanna definitiva e prima che la stessa venisse disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, atteso che nell'ordinanza di sospensione lavori notificata il 7/02/2012, non sarebbe stata intimata la rimessione in pristino, verso la quale la proprietà Italiani si sarebbe, dunque, attivata spontaneamente.

4.4. Con ulteriore motivo di censura (il quarto per Italiani, il terzo per Bonopera, il secondo per Galeazzi) si deduce la mancanza, contraddittorietà, o manifesta illogicità della motivazione riguardo alla negazione delle attenuanti generiche.
La Corte d'Appello avrebbe negato le attenuanti generiche sul presupposto che Italiani e Bonopera abbiano pervicacemente continuato a realizzare interventi abusivi nonostante i precedenti accertamenti, mentre, invece, i due imputati, a seguito della sospensione lavori del 7/02/2012 si sarebbero attivati spontaneamente per la rìrnesione in pristino, formulando autonomamente un progetto volto a tal fine, depositato presso il Comune di Pesaro il 19/07/2012; ed in seguito a tale progetto il Comune e la Soprintendenza avrebbero dato parere favorevole, approvando la rímtssione in pristino prospettata dagli imputati.
Quanto a Galeazzi, il rigetto della richiesta di riconoscere all'imputato le attenuanti generiche sarebbe stato motivato sulla base di precedenti per contravvenzioni in materia edilizia e ambientale, non considerando che lo stato dei luoghi era stato ripristinato prima della fine del processo, con ciò dimostrandosi il ravvedimento del reo, circostanza che non sarebbe stata valutata dai giudici di appello. Più in generale, il giudice non avrebbe indicato gli elementi ritenuti decisivi nella scelta compiuta, incorrendo in vizio della motivazione.

4.5. Infine, la sola Italiani deduce, con il terzo motivo di ricorso, la mancanza, contraddittorietà, o manifesta illogicità della motivazione riguardo alla responsabilità in ordine al capo c) d'imputazione, avendo la sentenza contraddittoriamente ed illogicamente sostenuto che taluni lavori siano stati eseguiti dopo il 7/02/2012, data della notifica dell'ordine di sospensione, laddove alcune prove documentali dimostrerebbero che lo stato dei luoghi era rimasto immutato tra l'1/02/2012 e il 24/05/2012, sicché gli ulteriori interventi dovevano ritenersi effettuati il 31/01/2012.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati.

2. Preliminarmente occorre affrontare le questioni poste in relazione alla sussistenza dei reati contestati agli odierni imputati, con particolare riguardo alle contravvenzioni di cui ai capi a) e b).
Sul punto, si opina che le prove acquisite nel corso del dibattimento avrebbero consentito di accertare la preesistenza di una strada, secondo quanto in particolare asserito dai testi Bacchiani e Lisi.
Tale affermazione è però stata confutata dai giudici di merito, con valutazione del materiale probatorio pienamente rispondente alle relative norme processuali con motivazione del tutto logica; ciò che all'evidenza non consente a questa Corte di cimentarsi in ricostruzioni alternative della piattaforma fattuale, di stretta competenza dei precedenti gradi di giudizio. E del resto è appena il caso di rilevare che il Capitano Bacchiani, sentito all'udienza del 5/02/2014, ha reso dichiarazioni di tenore opposto alla lettura fatta dagli imputati, avendo al contrario sottolineato come se per un verso fosse logico ipotizzare la presenza, al fine di accedere al fondo, di un "piccolo terreno in terra battuta", per altro verso le foto del 2010 non rappresentassero alcun percorso, tanto da indurre il teste a parlare di realizzazione ex novo della strada.
In ogni caso, i giudici di appello hanno ben chiarito come la realizzazione di movimenti di terra per rimodellare la scarpata, l'intervento di disboscamento (che in quanto realizzato con il taglio delle piante non poteva certo essere confuso con l'abbattimento delle stesse a causa delle copiose nevicate) e il posizionamento di materiali inerti (ghiaia e detriti) avesse determinato una significativa modificazione dell'assetto del territorio, considerate le notevoli dimensioni dell'opera (lunga circa 100 metri).
Né appare fondata la deduzione difensiva secondo cui i due imputati non avrebbero avuto uno specifico interesse alla realizzazione di una viabilità aggiuntiva con andamento a ferro di cavallo, atteso che la stessa non avrebbe nulla a che fare con la proprietà Italiani. I giudici di appello hanno, infatti, chiarito che, in ogni caso, l'intervento era stato comunque realizzato, sia pure in parte, anche nell'area contraddistinta al foglio n. 50 e al mappale 795, di proprietà della Italiani e di Bonopera.

2.1. Quanto, poi, al terzo motivo di ricorso proposto da Anna Italiani, relativo alla contravvenzione contestata al capo c), anche in tal caso si invoca, da parte della ricorrente, un accertamento fattuale volto a riscontrare che il posizionamento del materiale inerte sarebbe avvenuto tra il 31/01/2012, data di un sopralluogo documentato fotograficamente, e il 7/02/2012, data in cui fu notificata la sospensione dei lavori all'imputata. Ed a riprova di tale ricostruzione, il ricorso invoca una comparazione tra le foto prodotte dalla difesa in data 1/02/2012 e quelle dell'accusa datate 24/05/2012, da cui emergerebbe che il materiale inerte è stato posato esattamente in dato giorno e ben prima del 07/02/2012. Anche in questo caso, dunque, non può che rilevarsi l'inammissibilità della censura difensiva, siccome finalizzata a realizzare una verifica in fatto non esperibile in questa sede.

3. Infondate sono, poi, le questioni con le quali i tre imputati deducono l'avvenuta integrazione di talune delle fattispecie estintive o di esclusione della punibilità previste dall'art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004.

3.1. Sul punto giova rilevare che dalla lettura della sentenza di secondo grado è emerso che gli imputati avevano rivolto le loro doglianze, in sede di appello, esclusivamente verso la mancata applicazione della fattispecie contemplata dall'art. 181, comma 1-ter, Digs. n. 42 del 2004, censurando che l'accertamento di compatibilità paesaggistica non avesse prodotto alcun effetto estintivo rispetto alla fattispecie contestata al capo b).
Sotto un primo aspetto, deve tuttavia condividersi la ricostruzione operata dai giudici di merito i quali hanno osservato, coerentemente con l'indirizzo consolidato della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez., 3. n. 10110 del 21/01/2016, dep. 11/03/2016, Navarra e altro, Rv. 266250; Sez. 3, n. 19081 del 24/03/2009, dep. 7/05/2009, Bucciarelli e altri, Rv. 243724), che dell'accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 181, commi 1-ter e 1- quater, D.Igs. n. 42 del 2004 può avere ad oggetto le sole opere già in origine assentibili perché compatibili con il paesaggio; e che, pertanto, quando il rilascio avvenga a condizione della esecuzione di determinati interventi ripristinatori, non possa farsi luogo all'applicazione della fattispecie invocata, avendo la stessa autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ritenuto che l'intervento fosse in origine idoneo a compromettere i valori protetti. Nel caso di specie, avendo l'autorità preposta, per ammissione degli stessi ricorrenti, condizionato l'accertamento di compatibilità alla realizzazione di un intervento di ripristino che presentasse determinate caratteristiche tecniche (quali, in particolare, la "riprofilatura del versante con sterri e riporti al fine di mantenere la conformazione originaria"), i giudici di merito hanno correttamente escluso l'operatività delle disposizioni citate.

3.2. Sotto altro aspetto, deve rilevarsi che la questione relativa alla applicabilità dell'art. 181, comma 1-quinquies, sollevata da tutti gli imputati, si configura come un "motivo nuovo", in quanto dedotto per la prima volta in questa sede, atteso che, come detto, davanti alla Corte territoriale i ricorrenti avevano lamentato, unicamente, la mancata applicazione della fattispecie di cui al comma 1-ter. Ne consegue l'inammissibilità della relativa censura, tanto più che la stessa postulerebbe degli accertamenti in fatto, non esperibili in sede di legittimità.

4. Venendo, da ultimo, alle questioni relative al mancato riconoscimento, per tutti gli imputati, delle attenuanti generiche, giova rilevare che premettere che la valutazione circa la concessione o il diniego delle circostanze di cui all'art. 62-bis cod. pen. siconfigura come un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo (v. tra le tante Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, dep. 23/11/2010, Straface, Rv. 248737; Sez. 1, n. 46954 del 4/11/2004, dep. 2/12/2004, P.G. in proc. Palmisani e altro, Rv. 230591). In questa prospettiva, il giudicante, se si determina per il diniego, non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall'imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l'uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l'indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di preponderante rilievo, avuto riguardo ai parametri di cui all'art. 133 cod. pen., senza che, peraltro, sia necessario che il giudice li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quali, tra essi, egli abbia inteso fare riferimento, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (v., ex plurimis, Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, dep. 3/07/2014, Lule, Rv. 259899).
Orbene, nel caso in esame, il giudice di merito ha ritenuto che non potessero concedersi le attenuanti generiche in considerazione dei precedenti penali di Galeazzi e, per quanto riguarda Italiani e Bonopera, per-dassenza di elementi insuscettibili di positivo apprezzamento e, anzi, per la pervicacia nella realizzazione degli interventi abusivi nonostante i precedenti accertamenti di polizia. Tali riferimenti, ritenuti concretamente indicativi della negativa personalità degli stessi imputati, adempiono pienamente, alla luce dei principi enunciati, all'obbligo di motivare sul punto (cfr. Sez. 1, n. 33506 del 7/07/2010, dep. 13/09/2010, RG. in proc. Biancofiore, Rv. 247959; Sez. 1, n. 8677 del 6/12/2000, dep. 28/02/2001, Gasparro, Rv. 218140; Sez. 1, n. 707/98 del 13/11/1997, dep. 21/02/1998, Ingardia, Rv. 209443), avendo i giudici di merito implicitamente ritenuto che il successivo intervento ripristinatorio, intervenuto dopo l'avvio del procedimento penale, non compensasse la protratta attività illecita, consumata nonostante i precedenti accertamenti sul carattere abusivo delle opere.

5. Alla stregua delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

PER QUESTI MOTIVI

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 7/12/2016