Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2997, del 16 giugno 2015
Urbanistica.Compatibilità della destinazione impressa alla zona ed alle aree in essa ricomprese, con la struttura, la morfologia e l'andamento del territorio
Secondo condivisibile giurisprudenza amministrativa che, sebbene resa in costanza dell’antevigente legislazione è pienamente traslabile alla fattispecie per cui è causa, secondo cui: “nel prevedere l'obbligo del comune, ricadente in zona dichiarata sismica , le disposizioni di cui all'art. 13, L. n. 64 del 1974, e 10, L. 9 maggio 1988 n. 27 regione Lombardia, di richiedere il parere all'ufficio del genio civile (oggi regione) sui piani regolatori anteriormente all'adozione della relativa deliberazione, non può che essere interpretato nel senso che tale parere deve anche intervenire anteriormente all'adozione medesima. Tale previsione si conforma all'esigenza secondo cui, deve essere valutata la compatibilità della destinazione impressa alla zona ed alle aree in essa ricomprese, con la struttura, la morfologia e l'andamento del territorio in sede di programmazione di primo e secondo livello. Ciò e conforme al principio generale, per cui il parere che accede all’atto dispositivo sarebbe inutile ove reso o pervenuto non antecedentemente al secondo. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 02997/2015REG.PROV.COLL.
N. 05125/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5125 del 2013, proposto da:
Alfacomm Srl, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Pizzutelli, con domicilio eletto presso Paola Ramadori in Roma, Via Marcello Prestinari, 13;
contro
Consorzio Per Lo Sviluppo Industriale di Frosinone;
nei confronti di
Le Lame Srl, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. Alfredo Zaza D'Aulisio, Antonio Volanti, con domicilio eletto presso Antonio Volanti in Roma, piazza della Liberta 10;
Grass 2006 Srl, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. Alfredo Zaza D'Aulisio, Claudio Varrone, Andrea Gemma, Antonio Volanti, con domicilio eletto presso Antonio Volanti in Roma, piazza della Liberta 10;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. del LAZIO – Sezione Staccata di LATINA - SEZIONE I n. 00209/2013, resa tra le parti, concernente rimodulazione del piano particolareggiato - ris.danni
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Le Lame Srl e di Grass 2006 Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 marzo 2015 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli Avvocati Vincenzo Pizzutelli, Antonio Volanti in proprio e su delega dell'avvocato Alfredo Zaza D'Aulisio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale del Lazio– Sede Staccata di Latina - ha deciso un complesso ricorso di primo grado corredato da numerosi motivi aggiunti proposto dalla Alfacomm S.r.l.
La vicenda processuale può essere così sintetizzata.
Con il ricorso originario la ricorrente principale, Alfacomm S.r.l., aveva impugnato la deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio per lo Sviluppo Industriale di Frosinone n. 114 del 31 luglio 2009.
Attraverso la suddetta deliberazione il detto Consorzio aveva stabilito che la precedente deliberazione n. 115 del 19 giugno 2006 e la convenzione ad essa successiva, recante conferimento alla Alfacomm S.r.l. dell’incarico di rimodulazione del Piano Particolareggiato attinente al Centro Servizi n. 1 (struttura da realizzare nel Comune di Frosinone, in località Mola dei Frati), con successiva assegnazione alla predetta società di n. 2 lotti del Centro Servizi, già individuati quali lotti “B” e “C”, dovessero essere intese nel senso della piena ed incondizionata discrezionalità del Consorzio di assegnare, all’esito della definitiva rimodulazione ed efficacia del Piano Particolareggiato, tutti i lotti in esso compresi in conformità al vigente regolamento delle assegnazioni.
Ad avviso della originaria ricorrente principale invece, a fronte di tutta una serie di obblighi da essa assunti con la citata convenzione (sottoscritta il 19 luglio 2006), il Consorzio avrebbe assunto l’impegno di assegnare alla società i predetti due lotti di terreno, che comunque la società stessa avrebbe dovuto pagare in via separata.
Essa era quindi insorta avanzando, altresì, domanda di risarcimento dei danni.
Con motivi aggiunti depositati il 25 febbraio 2010 la Alfacomm S.r.l. aveva impugnato la deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio n. 156 del 29 ottobre 2009, recante la decisione di avviare il procedimento preordinato all’annullamento d’ufficio della precedente deliberazione n. 40 del 2 marzo 2007 – con la quale era stato adottato il Piano Particolareggiato per il Centro Servizi n. 1 – in quanto assunta in carenza del preventivo parere sulla compatibilità sismica dell’opera, ex art. 89 del d.P.R. n. 380/2001 (già art. 13 della l. n. 64/1974).
Il detto parere infatti – di tenore positivo – era stato fornito dalla Regione Lazio solo successivamente alla citata deliberazione di adozione.
Con i motivi aggiunti la società aveva, altresì, impugnato la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento d’ufficio suindicato, sul rilievo della piena legittimità del parere favorevole reso in base all’art. 89 del d.P.R. n. 380/2001 dalla Regione Lazio, e sull’irrilevanza del suo intervento in un momento posteriore all’adozione del Piano Particolareggiato (sostenendo che il predetto parere non recava nessun rilievo sostanziale al contenuto del Piano stesso, ma si limitava a dettare prescrizioni di ordine generale relative ai successivi interventi edilizi).
Con ulteriori motivi aggiunti, depositati il 22 marzo 2010, la ricorrente principale aveva impugnato la deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio n. 9 del 1° febbraio 2010, attraverso la quale il Consorzio aveva provveduto all’annullamento in autotutela della precedente deliberazione n. 40/2007, di adozione del Piano Particolareggiato, in considerazione della “natura di tutela pubblica e di interesse generale della normativa antisismica violata” (l’art. 89 del d.P.R. n. 380 cit.), nonché dell’inclusione dell’area interessata tra quelle ad elevato rischio sismico. Essa aveva altresì formulato domanda di risarcimento dei danni.
Le controinteressate Grass 2006 S.r.l. con socio unico e Le Lame S.r.l. con socio unico, avevano proposto plurimi ricorsi incidentali.
Il Tar ha in primo luogo evidenziato –in punto di ordine di esame delle questioni- che appariva opportuno omettere il preventivo esame dei ricorsi incidentali “paralizzanti” (Ad Plen. n. 4 del 7 aprile 2011) stante la inammissibilità ed infondatezza del mezzo principale e dei motivi aggiunti.
Ha quindi partitamente esaminato questi ultimi ed ha sostenuto che il ricorso originario, fosse in parte manifestamente inammissibile e per il resto manifestamente infondato mentre i motivi aggiunti depositati in data 25 febbraio 2010, erano manifestamente inammissibili ed i motivi aggiunti depositati in data 22 marzo 2010, manifestamente infondati.
In particolare, quanto al ricorso originario (avversante la deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio 31 luglio 2009, n. 114 – verbale n. 9,) il Tar ha sostenuto che esso era volto a censurare un atto del tutto discrezionale, di mero indirizzo, inidoneo a cagionare una lesione diretta ed attuale alla sfera giuridica della Alfacomm S.r.l.: la impugnazione risultava, pertanto, inammissibile per carenza di interesse a ricorrere.
Neppure si sarebbe potuto sostenere che l’impugnazione della deliberazione de qua dovesse considerarsi ammissibile in quanto proposta unitamente all’impugnazione delle note del Consorzio del 30 luglio 2009, prot. nn. 3134 e 3138, recanti la restituzione (ossia la reiezione, allo stato) delle richieste di assegnazione presentate dall’Alfacomm S.r.l. in relazione, rispettivamente, al lotto “B” ed al lotto “D” del Centro Servizi n.1 e delle connesse polizze fideiussorie.
Dette note non erano atti consequenziali rispetto alla deliberazione n. 114 cit., giacché adducevano a fondamento della “restituzione” (rigetto) della richiesta di assegnazione una motivazione totalmente autonoma rispetto all’indirizzo espresso nella succitata deliberazione.
Non si fondano sull’affermazione della discrezionalità del Consorzio nel procedere all’assegnazione dei lotti del Centro di Servizi e, pertanto, sulla negazione della vincolatività delle previsioni al riguardo dettate dal punto n. 3 della convenzione stipulata tra il Consorzio e l’Alfacomm S.r.l. il 19 luglio 2006 (come sostenuto dalla società): ma sul distinto argomento dell’impossibilità di procedere ad assegnare i lotti prima del completamento dell’iter di approvazione del Piano Particolareggiato rimodulato e del suo recepimento ad opera del Comune di Frosinone.
L’impugnazione delle note consortili del 30 luglio 2009 non valeva in alcun modo a rendere ammissibile il ricorso in esame, nella parte in cui questo aveva ad oggetto la deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio n. 114/2009 cit.
Il mezzo introduttivo, invece, nella parte in cui avversava le citate note era. ad avviso del Tar, manifestamente infondato: era infatti palese la priorità logica dell’attività di pianificazione attinente alla struttura in esame, denominata Centro Servizi n. 1 e da realizzare nel Comune di Frosinone, rispetto all’assegnazione dei lotti previsti dalla struttura stessa. Corretta era quindi la decisione del Consorzio di non trattenere le richieste di assegnazione dei lotti, fino all’approvazione del Piano Particolareggiato (come rimodulato), ma di provvedere subito sulle stesse, respingendole ( decisione di provvedere sotto altro profilo, doverosa, in quanto rispettosa dell’obbligo di provvedere ex art. 2 della l. n. 241/1990).
Peraltro la stessa convenzione del 19 luglio 2006 aveva previsto al punto n. 3 l’impegno del Consorzio di assegnare i lotti “solo dopo che il Piano Particolareggiato, così come rimodulato dalla Società, avrà ottenuto l’approvazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio e sarà stato recepito dal Comune di Frosinone”.
Doveva poi affermarsi l’assenza di qualunque contraddittorietà rispetto alle precedenti note consortili del 2007 e del 2008, con cui era stato richiesto il rinnovo delle polizze fideiussorie, attesa la priorità logico-giuridica del completamento del procedimento di pianificazione rispetto all’assegnazione dei lotti ricompresi nella struttura interessata.
Ad avviso del Tar, poi, erano inammissibili i motivi aggiunti depositati dall’Alfacomm S.r.l. 25 febbraio 2010 rivolti avverso la deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio n. 156 del 29 ottobre 2009 – verbale n. 14, recante avvio del procedimento di annullamento della precedente deliberazione (n. 40/2007) di adozione del P.P. relativo al Centro Servizi n. 1, nonché avverso la relazione e l’integrazione del parere legale, su cui risultava basata la deliberazione n. 156 cit., ed avverso la nota consortile di comunicazione dell’avvio del suddetto procedimento di annullamento d’ufficio.
Trattavasi infatti di atti infraprocedimentali e non direttamente lesivi essi erano impugnabili solo unitamente al provvedimento conclusivo di annullamento, (che, tuttavia, al tempo della proposizione dei motivi aggiunti (non risultava ancora adottato).
Stessa sorte spettava (alla luce di consolidati principi giurisprudenziali)all’impugnazione della nota del Presidente del Consorzio del 18 novembre 2009, recante avviso di avvio del procedimento di annullamento d’ufficio della deliberazione n. 40 del 2007.
Il Tar ha infine scrutinato i motivi aggiunti depositati dalla Alfacomm S.r.l. il 22 marzo 2010, avversanti la deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio 1° febbraio 2010, n. 9, nonché gli atti a questa presupposti e connessi.
Con detta deliberazione il Consorzio aveva disposto l’annullamento in autotutela della deliberazione n. 40/2007, recante adozione del Piano Particolareggiato attinente alla struttura (Centro Servizi n. 1) per cui è causa: il relativo gravame rappresentava il vero “cuore” della causa.
Esso è stato partitamente scrutinato dal Tar, e disatteso.
Il primo giudice ha infatti respinto il primo motivo escludendo alcuna illegittimità derivata dalla precedente deliberazione consortile n. 114/2009, gravata con il ricorso originario ( attesa l’inammissibilità di quest’ultimo).
Ha dichiarato palesemente infondato il secondo motivo (cui la Alfacomm S.r.l. ivi si doleva della mancata interruzione del procedimento di annullamento in autotutela da parte del Consorzio, in conseguenza della presentazione, ad opera della società, di ricorso per motivi aggiunti avverso la precedente deliberazione consortile n. 156 del 2009): la proposizione di una iniziativa giurisdizionale (per di più rivelatasi infondata) non privava l’Amministrazione del potere/dovere di provvedere.
Ha quindi preso in esame il terzo macromotivo,di natura sostanziale.
Ivi si lamentava che il Consorzio avesse deliberato di annullare in autotutela la deliberazione di adozione del Piano Particolareggiato, sebbene: 1) fossero passati tre anni dalla stessa; 2) non esistesse alcuna ragione di interesse pubblico tale da giustificare l’autoannullamento; 3) vi fosse un interesse della medesima Alfacomm S.r.l. alla conservazione di detta deliberazione e dei suoi effetti.
Più in particolare, la originaria ricorrente aveva sostenuto che:
a) il periodo trascorso di tre anni sarebbe stato troppo lungo e tale da costituire un termine irragionevole per l’esercizio del potere di autoannullamento, tanto più a fronte dell’intervenuto parere favorevole della Regione sul Piano adottato, emesso ai sensi dell’art. 89 del d.P.R. n. 380/2001;
b) l’invocazione della normativa (anti)sismica a supporto della deliberazione di autoannullamento sarebbe stata pretestuosa, alla luce dell’ora visto parere favorevole della Regione ex art. 89 cit. e tenuto conto che la zona interessata dall’insediamento da realizzare non era ad alto rischio sismico e non era ricompresa nella zona di protezione del Piano di vulnerabilità redatto dall’Autorità di Bacino dei Fiumi Liri e Garigliano, sicché, in definitiva, non sussisteva alcun interesse pubblico all’annullamento della deliberazione di adozione del P.P.;
c) l’approvazione della variante generale al P.R.T. dell’A.S.I., essendo posteriore alla deliberazione di adozione del Piano Particolareggiato, non poteva avere nessun effetto su quest’ultima (la quale, in ogni caso, ne rispettava le prescrizioni);
d) la deliberazione di autoannullamento sacrificava ingiustamente l’interesse della originaria ricorrente al mantenimento del P.P. da essa rimodulato (su incarico conferitole dal Consorzio con la convenzione del 19 luglio 2006), ormai adottato e munito del parere favorevole ex art. 89 del d.P.R. n. 380/2001, che, peraltro, coincideva con l’interesse del Consorzio a promuovere lo sviluppo industriale del territorio, trattandosi dello scopo per cui il Consorzio stesso era stato istituito, e quindi a promuovere il Piano Particolareggiato;
e) qualora fosse emersa una violazione di legge per la tardiva acquisizione del parere regionale ex art. 89 cit., questa era imputabile solamente al Consorzio (il quale ha adottato il P.P.);
f) sarebbe stato violato l’art. 21-nonies della l. n. 241/1990, nella parte in cui prevedeva la possibilità di convalida degli atti annullabili, mentre la deliberazione impugnata avrebbe totalmente trascurato siffatta possibilità.
Il Tar ha partitamente confutato dette tesi ed ha disatteso dette doglianze.
Ha in proposito osservato che l’impianto impugnatorio muoveva da un assunto (non condivisibile) secondo cui il parere della Regione Lazio ex art. 89 del d.P.R. n. 380/2001, per il suo contenuto favorevole avesse dequotato il vizio procedimentale derivante dalla tardività della sua acquisizione rispetto alla deliberazione di adozione del P.P., cosicché la posteriorità del parere sarebbe stata irrilevante (o, al più, mera irregolarità del complessivo iter, senza alcun effetto sulla legittimità di questo).
Ad avviso del primo giudice detta tesi era errata per quanto riguardava sia il contenuto del parere regionale, sia la (pretesa) irrilevanza della sua posteriorità.
Sotto il profilo sostanziale, il parere della Regione di cui alla nota prot. n. D2/2S/05/22404 del 6 febbraio 2008 (doc. 1 allegato ai motivi aggiunti depositati il 25 febbraio 2010), seppure in linea di principio favorevole al progetto di Piano Particolareggiato proposto dalla Alfacomm S.r.l., aveva dettato, tuttavia, una serie di prescrizioni, tra le quali, appariva assai significativa quella contenuta al punto 5.
Il detto parere regionale, infatti, al punto 5 conteneva una prescrizione – sottolineata nel testo del parere stesso – con cui, sconsigliato l’uso di terreni con scadenti caratteristiche geomeccaniche come piano di posa delle fondazioni, si imponeva che i piani di calpestio ed eventuali strutture fondazionali di tipo continuo fossero posti almeno a mt. 1,5 al di sopra della massima escursione del livello piezometrico.
In proposito, la relazione tecnica dell’Ufficio tecnico del Consorzio, acquisita al prot. n. 3438 del 2 settembre 2009 e richiamata dall’integrazione del parere legale prot. n. 3941 del 5 ottobre 2009 aveva sottolineato come detta prescrizione, di fatto, inibisse la realizzazione di piani interrati, che, invece, erano previsti nella proposta di Piano della Alfacomm S.r.l. per gli edifici C e D, con l’impossibilità conseguente di realizzare le superfici interrate da destinare a parcheggi, così come previste, e con l’ulteriore inevitabile conseguenza della necessità di rivedere i vari indici urbanistici nel rispetto degli standard di legge in tema di verde e di parcheggi pubblici e privati.
Ad avviso del Tar, inoltre, la richiamata relazione dell’Ufficio Tecnico consortile aggiungeva un ulteriore elemento ai fini dell’intervento in autotutela del Consorzio : le problematiche di ordine geologico-idraulico che connotavano il progetto del Centro Servizi.
Infatti giacché le indagini geologiche svolte avevano evidenziato nella zona problemi di ristagno di acqua pluviale e di presenza di una falda a qualche metro dal piano di campagna ed i conseguenti studi sulla portata di piena che la rete di drenaggio nella zona avrebbe dovuto smaltire avevano condotto il Consorzio a far redigere un progetto di un canale per il drenaggio delle acque, al fine di evitare i ricorrenti allagamenti.
La rimodulazione del P.P. effettuata dall’Alfacomm S.r.l. ed adottata con la deliberazione consortile oggetto dell’intervento in autotutela (n. 40/2007) non conteneva la previsione di opere idrauliche per il drenaggio delle acque di pioggia.
Emergeva quindi, ad avviso del Tar, la manifesta illegittimità da cui era affetta la deliberazione di adozione del P.P., sia sotto il profilo sostanziale (per l’inadeguatezza delle soluzioni tecniche presentate a far fronte alle descritte problematiche degli standard ed idrauliche), sia sotto quello procedurale, attesa la rilevanza della posteriorità del parere regionale ex art. 89 cit. rispetto all’adozione del P.P. ai fini dell’illegittimità di quest’ultima.
Appariva infatti verosimile che il Consorzio, in sede di adozione del P.P., si sarebbe determinato ben diversamente, qualora avesse avuto previa conoscenza quantomeno della problematica relativa all’impossibilità di realizzare i parcheggi interrati ( conoscenza, tuttavia, resa impossibile proprio dall’avere il parere regionale seguito -e non preceduto- la deliberazione di adozione del Piano).
Il parere reso a fini antisismici dalla Regione avrebbe dovuto essere acquisito dal Consorzio prima di deliberare sull’adozione del P.P., in modo da poter addivenire ad una deliberazione ponderata in tutti i suoi elementi: pregressi orientamenti difformi sul punto relativo alla tempistica del parere da rendersi in base all’art. 89 del d.P.R. n. 380/2001 emersi in giurisprudenza dovevano essere superati attese le peculiarità della fattispecie.
L’art. 89 del d.P.R. n. 380/2001 era da considerarsi norma da cui derivava, almeno nella fattispecie analizzata, l’obbligo del Consorzio non solo di richiedere, ma anche di ottenere dalla Regione il parere a fini antisismici prima di determinarsi in ordine all’adozione del Piano Particolareggiato: ciò, per la decisiva ragione che dal parere erano derivati rilievi sostanziali in merito al Piano Particolareggiato risolvendosi la prescrizione di cui al punto 5 del parere nell’impossibilità di realizzare i piani interrati e, pertanto, i parcheggi ivi previsti.
Da tale decisiva considerazione discendeva, ad avviso del Tar, la infondatezza di tutte le ulteriori censure “di contorno” relative al dilatato lasso di tempo di adozione dell’ atto di autotutela e l’affermazione secondo cui certamente sussisteva un rilevante interesse pubblico all’adozione della delibera revocatoria.
Per altro verso, la dedotta posteriorità dell’approvazione della variante generale al P.R.T. dell’A.S.I. rispetto all’adozione del Piano Particolareggiato era del tutto irrilevante, non infirmando essa in alcun modo il valore delle problematiche geologico-idrauliche e di reperimento degli standard; parimenti appariva del tutto irrilevante che l’area interessata non fosse ad alto rischio sismico né inclusa nella zona di protezione del Piano di vulnerabilità redatto dall’Autorità di Bacino dei Fiumi Liri e Garigliano.
Anche la dedotta eventuale imputabilità al Consorzio della tardiva acquisizione del parere regionale (comunque insussistente, in quanto sarebbe stato obbligo della proponente società di munirsene) avrebbe potuto, eventualmente al più essere fonte di responsabilità per il medesimo, ma non poteva negativamente incidere sulla valutazione di legittimità dell’intervento in autotutela del Consorzio stesso.
Neppure poteva sostenersi che nel caso in esame non ricorressero gli estremi per addivenire alla convalida della deliberazione viziata, (la convalida dell’atto amministrativo viziato era predicabile solamente ove si fosse trattato di vizi non afferenti al contenuto sostanziale dell’atto stesso, come invece avvenuto nel caso di specie).
Respinto e dichiarato in parte inammissibile il complesso mezzo di primo grado, il Tar ha disatteso la domanda di risarcimento dei danni avanzata dalla ricorrente principale e dichiarato l’improcedibilità di tutti i ricorsi incidentali proposti dalle controinteressate.
La odierna appellante, già ricorrente rimasta soccombente nel giudizio di prime cure ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe chiedendo la riforma dell’appellata decisione.
Ha fatto presente che con la deliberazione n. 115 del 19.6.2006 il Consorzio Asi, in accoglimento della istanza da essa presentata, l’aveva autorizzata alla rimodulazione del Piano Particolareggiato del Centro Servizi n.1, con successiva assegnazione alla medesima di due lotti, “così come verranno rimodulati”.
Con la predetta delibera era stata approvata la allegata convenzione.
Né la deliberazione di incarico, né la convenzione (circostanza non colta dal Tar) prevedevano la necessaria redazione di elaborati idraulici od idrogeologici.
La società aveva presentato detta Variante.
La Regione Lazio, successivamente, con delibera 6/2/2008 aveva espresso parere favorevole ex art. 89 del dPR 380/2001 sulla formulazione del Piano Particolareggiato siccome predisposto dall’appellante, formulando rilievi ai soli fini edilizi (come in passato era avvenuto per la precedente versione del Planovolumetrico, poi scaduto):
Nelle more la società aveva richiesto l’assegnazione provvisoria delle aree B e C del precedente piano particolareggiato, ancora vigente: esse però erano ambite anche dalle contro interessate ed appellati incidentali, le quali, pur essendosi sino a quel momento disinteressate della procedura, intervenivano nel procedimento opponendosi.
A seguito della richiesta di parere legale (nota 4.5.2009) da parte del Consorzio Asi in ordine alla legittimità del procedimento di adozione del PP, vennero adottati gli atti gravati e “soppressa” la obbligazione dedotta in convenzione di assegnare provvisoriamente due lotti all’appellante.
Così ripercorsa la fase infraprocedimentale, l’appellante ha censurato l’interpretazione che il Tar aveva reso degli artt.3,4,5, della Convenzione del 19 luglio 2006.
Ed ha sostenuto che da detti articoli si evinceva che l’obbligo di assegnazione era sorto immediatamente, e non era condizionato dall’ approvazione del Piano (siccome rimodulato) da parte del CDA del Consorzio, e dal successivo recepimento da parte del Comune di Frosinone.
Detti “eventi” mentovati nel citato art. 3 della Convenzione servivano unicamente a delimitare il momento di concreta operatività delle assegnazioni.
Ma le assegnazioni, si erano perfezionate al momento della stipula della Convenzione suddetta.
L’affermazione secondo cui il corrispondente mezzo di gravame era inammissibile in quanto l’odierna appellante era carente di legittimazione, era del tutto errata.
Ha pertanto riproposto, sulla scorta di detta premessa, le prime tre censure del mezzo di primo grado volte ad gravare la delibera n.114 del 31.7.2009 del CDA dell’Asi, e le successive note consortili n. 3134 e 3138 con cui erano state “restituite” le richieste di assegnazione dei lotti B e C avanzate dall’appellante, sostenendo che detti motivi fossero senz’altro ammissibili, ed anche fondati proprio sulla scorta delle pattuizioni (artt.3,4,5,10) di cui alla Convenzione del 19 luglio 2006.
Con la quarta censura ha riproposto la tesi della illegittimità della delibera del CDA dell’ASI n. 9 dell’1.2.2010 di annullamento in autotutela della deliberazione n. 40 di adozione del PP rimodulato.
Ne ha sostenuto il vizio di illegittimità derivata; ed ha riproposto la tesi secondo cui il procedimento avrebbe dovuto essre interrotto stante l’avvenuta proposizione da parte sua di un ricorso avverso la delibera di avviso dell’avvio del procedimenti di autotutela.
Nel merito , ha riproposto il terzo motivo aggiunto: ha contestato la tesi per cui sarebbe spettato all’appellante società munirsi del nulla-osta ex art. 89 del dPR n. 380/2001 ed ha parimenti censurato la valutazione che il Tar aveva reso della prescrizione n. 5 inclusa nel parere della Regione.
Ciò facendo presente che: il parere era comunque “favorevole”; il precedente piano particolareggiato aveva ricevuto favorevole “parere sismico” il 24 marzo 1994.
Il Consorzio, comunque, almeno a far data dal 24 marzo 1994 era a conoscenza delle problematiche sismiche, geologiche, ed idrauliche dell’area: ed il sito era identico a quello oggetto del precedente plano volumetrico approvato nel 1990.
Anche le asserzioni del Tar secondo cui le prescrizioni imposte avrebbero reso irrealizzabili gli standards (quanto alle superfici interrate da destinare a parcheggi) erano errate (pagg. 48-51 dell’appello) chiedendo l’eventuale esperimento di verificazione o CTU .
Parte appellante ha poi sostenuto la correttezza della risalente tesi per cui era sufficiente che il parere ex art.89 del dPR fosse richiesto antecedentemente all’approvazione del piano, e non era necessario che esso dovesse anche pervenire prima dell’approvazione del medesimo.
L’art. 21 nonies, infine, era certamente applicabile alla vicenda processuale per cui è causa.
Nel quinto motivo di appello ha chiesto che venissero dichiarati inammissibili perché tardivi i ricorsi incidentali proposti dalle parti contro interessate primo grado (e, conseguentemente, gli odierni appelli incidentali).
Esse non avevano impugnato la delibera 115/2006 di autorizzazione alla redazione e predisposizione del Ploanovolumetrico da parte appellante (e la annessa Convenzione) sebbene, nel luglio 2006, ne avessero richiesto copia (il che deponeva per la piena conoscenza a detta data).
Ha infine riproposto la domanda risarcitoria disattesa in primo grado.
La controinteressate hanno proposto due identici appelli incidentali, sostenendo la irricevibilità del mezzo per tardività (trattavasi di incarico di progettazione, sia pure nullo in quanto non preceduto da procedura evidenziale e “retribuito” mercè una anomala “assegnazione di aree”) per cui operava il termine dimidiato di cui agli artt. 119 e 120 del cpa (la sentenza era stata pubblicata il 7.3.2013, notificata il 23.4.2013, ed il gravame era stato notificato il 17.6.2013).
Nel merito hanno riproposto tutte le doglianze di cui ai mezzi incidentali di primo grado dichiarati improcedibili dal Tar.
Tutte le parti processuali, in vista della odierna udienza pubblica, hanno depositato scritti difensivi e memorie tese a puntualizzare le rispettive censure ed eccezioni.
Alla odierna pubblica udienza del 31 marzo 2105 la causa è stata posta in decisione dal Collegio
DIRITTO
1.L’appello principale è infondato (e, comunque, a monte, sarebbe stato inammissibile). Gli appelli incidentali sono pertanto improcedibili.
2.La infondatezza dell’appello consente di potere prescindere dalla compiuta disamina della questione (che sotto il profilo logico assumerebbe rilievo prioritario) attinente alla rituale –o meno- proposizione dell’appello principale.
2.1.Su detta questione rilevabile anche ex officio ( per cui, sebbene la stessa sia stata sollevata dalle appellanti incidentali essa non risente della dedotta eccezione di inammissibilità dei detti appelli incidentali sollevata dall’appellante principale) si osserva brevemente che la sentenza di primo grado è stata pubblicata il 7.3.2013, notificata il 23.4.2013, ed il gravame è stato notificato il 17.6.2013.
La tempistica impugnatoria sarebbe quindi normata ex artt. 119 e 120 cpa, incidendo su un incarico di progettazione (Cons. Stato Sez. V, 21-06-2006, n. 3705).
Rectius: di contrarius actus incidente su incarico di progettazione (è questo l’oggetto del processo, in quanto anche l’appellante ammette che deliberazione n. 115 del 19 giugno 2006 avente tale oggetto era costitutiva del proprio interesse a ricorrere). Nel caso di controversia relativa all'aggiudicazione di servizi di progettazione , il termine del deposito dell'appello si deve ritenere dimidiato (e pari, quindi, a giorni quindici) applicandosi, nella specie, il disposto di cui all'art. 23 bis L. n. 1034/1971.); il termine per proporre appello è quello, dimidiato, di 3 mesi dalla pubblicazione della sentenza. Né la (medio tempore intervenuta) notifica della stessa potrebbe consentire all’appellante di sforare detto termine “lungo”.
Invero, delle due l’una: l’appello si può proporre nel termine breve decorrente dalla notifica della sentenza o nel termine lungo dalla pubblicazione.
Quest’ultimo, costituisce “barrage” finale insormontabile (Cons. Giust. Amm. Sic., 25-10-2012, n. 1019
La notificazione della sentenza non è un evento in grado di riaprire né di prorogare i termini per la proposizione dell' appello in modo da consentirne la notifica oltre il termine lungo (di un anno) decorrente dalla pubblicazione.; ma si veda anche: Cons. Stato Sez. IV, 27-01-2011, n. 629
e Cons. Stato Sez. VI, 29-01-2010, n. 385 ), non prorogabile a cagione della intervenuta notifica della sentenza medio tempore rispetto alla pubblicazione, perché così opinando si consentirebbe alle parti di obliterare il precetto in ordine alla tempestività dei termini processuali.
La giurisprudenza civile si attesta stabilmente sulle medesime posizione (arg. ex Cass. civ. Sez. II, 05-11-2013, n. 24763 “la valida notificazione della sentenza al contumace involontario, anche se intervenuta (nella specie, in uno all'atto di precetto) dopo la scadenza del termine lungo decorrente dalla pubblicazione della sentenza, è idonea a far decorrere il termine breve per proporre impugnazione, qualora sussistano sia la condizione oggettiva della nullità degli atti di cui all'art. 327, secondo comma, cod. proc. civ., sia quella soggettiva della mancata conoscenza del processo a causa di detta nullità, la relativa prova spettando al contumace, salvo il caso di inesistenza della notificazione, la quale pone a carico di chi eccepisca che la parte ebbe, di fatto, conoscenza del giudizio l'onere di fornire la relativa prova.”).
L’appello principale sarebbe quindi tardivo.
In ogni caso, come avvertito in premessa,( anche in relazione alla circostanza che non avendo il Tar proceduto ad applicare il c.d. “rito accelerato”, in teoria potrebbe porsi una problematica di errore scusabile in cui sarebbe incorso l’appellante) si evidenzia che - nel merito- il mezzo è infondato.
2.2.L’appellante censura sia le statuizioni processuali della sentenza di primo grado che quelle sostanziali.
2.2.1.Quanto a quelle processuali, si osserva quanto segue: il ricorso di primo grado introduttivo del giudizio attingeva la deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio 31 luglio 2009, n. 114 – verbale n. 9 e gli atti connessi (tra cui la richiesta di un parere legale).
2.2.2. L’appellante non aveva – né ha interesse- a gravare detto segmento amministrativo perché: o esso approda a conclusioni nel merito errate - ed allora il traslarsi di esse, quale presupposto, nell’atto revocatorio della delibera di adozione del Piano Particolareggiato implica che il soddisfacimento dell’interesse dell’appellante può ben essere soddisfatto dal gravame avverso l’atto conclusivo che le avesse fatte proprie.
O approda a conclusioni esatte, ed allora eventuali vizii procedimentali della stessa (essendosi incentrata su un parere legale ed essendosi strutturata in una manifestazione soprassessoria, ed in una non immediata deliberazione in conformità agli auspici di parte appellante, conforme, nell’esito, alla manifestazione finale) non si riverberano sull’atto finale.
Prova di ciò riposa nella stessa strutturazione dell’atto di appello, che veicola avverso il detto segmento amministrativo gli stessi vizii (tutti incentrati su una interpretazione dell’art 3 della Convenzione del 2006 intercorsa tra il Comune e l’appellante che il Collegio ritiene del tutto implausibili, per le ragioni che saranno di qui a poco chiarite) poi prospettati nei mezzi per motivi aggiunti.
Ciò, in disparte la considerazione che la predetta delibera del 2009, quantomeno nella parte in cui conferiva agli organi competenti l’incarico di approfondire la questione (della legittimità) del parere reso dalla Regione Lazio a fini sismici ai sensi dell’art. 89 del d.P.R. n. 380/2001, riservando all’esito di tale approfondimento l’adozione di eventuali ulteriori atti, previo contraddittorio con la società Alfacomm S.r.l. appare effettivamente manifestazione di una lata discrezionalità amministrativa non sindacabile se non per (non ricorrente nel caso di specie) manifesta abnormità.
2.2.3. La statuizione del Tar si appalesa pertanto corretta ciò, tanto più laddove osserva che le note congiuntamente impugnate con le quali si è disposta la “restituzione” delle richieste di assegnazione dei lotti mancano di alcun rapporto di presupposizione con la delibera 114/2009 .
Il vero è, che nel mezzo di primo grado –e nell’appello- la delibera 114/2009 e le note di restituzione, sono gravate congiuntamente, e per motivi che le accomunano, non traendo le conseguenze dalla circostanza che queste ultime recano una motivazione differenziata rispetto all’asserito “potere discrezionale” di assegnazione spettante al Consorzio.
2.2.4. Ma non volendo sottrarsi alla disamina del merito -ed anche anticipando tematiche che verranno di seguito reiterate- considerando il mezzo ammissibile nell’ottica delle censure formulate da parte appellante, si osserva che quest’ultima, reiterando considerazioni sulla forza negoziale della convezione stipulata nel 2006, prospetta sostanzialmente una congerie di argomenti (carenza di ogni potere autoritativo del Consorzio, devoluzione di ogni controversia al GO, etc) tra i quali, quello centrale, incentrato su una interpretazione dell’art. 3 della Convenzione del tutto incondivisibile, e teso all’affermazione per cui l’obbligo di assegnazione dei lotti alla stessa fosse immediato a prescindere dall’ approvazione del Piano (siccome rimodulato) da parte del CDA del Consorzio, e dal successivo recepimento da parte del Comune di Frosinone.
Quanto sostenuto dall’appellante collide in pieno con la lettera della prescrizione: “il Consorzio si impegna ad assegnare all’appellante … 2 lotti… già contraddistinti…. solo dopo che il PP… sarà recepito dal Comune..”.
Francamente non è agevole comprendere come l’appellante si possa spingere ad affermare che trattavasi di termine di efficacia, e non di prescrizione condizionante.
Tale tesi va respinta senz’altro, e con essa cade: l’affermazione per cui il Consorzio medio tempore non conservasse alcun potere; quella dell’immediato perfezionamento dell’obbligazione di assegnazione: in sostanza, l’appellante non avrebbe alcun interesse a gravare la delibera 114/2009; e soprattutto non avrebbe alcuna possibilità attraverso ciò di incidere sulle note di restituzione (semmai queste, vero atto lesivo) posto che il mezzo articolato contro queste ultime si fonda su considerazioni radicalmente errate.
La sentenza va in parte qua confermata.
Conclusivamente, pertanto, e quanto ai motivi di censura rubricati nelle prime 38 pagine dell’atto di appello, deve affermarsi che:
a)la censura secondo cui il Consorzio non aveva “il potere” di interpretare la Convenzione è tanto radicale, quanto errata: il Consorzio di essa convenzione era parte, e ovviamente poteva e doveva interpretarla: tutt’altra cosa è stabilire se detta interpretazione fosse – o meno- esatta, tanto che l’odierna appellante ha avversato tale interpretazione in via giudiziale,
b)la tesi secondo cui il Consorzio avesse “piena ed assoluta discrezionalità” nell’assegnazione non è esatta (le condizioni di cui all’art. 3 citato erano comunque susssistenti) ma la inesattezza di tale tesi (segnalata da parte appellante) è stata del tutto ininfluente, in quanto le delibere avversate non si sono fondate su tale asserita incondizionata discrezionalità ma su quanto si rileverà immediatamente di seguito;
c)il punto nodale è che –contrariamente a quanto ipotizzato dall’appellante –la Convenzione condizionava pienamente, nell’an, nel quando e nel quomodo, l’assegnazione dei lotti alla appellante alla previa approvazione del Piano (siccome rimodulato) da parte del CDA del Consorzio, e dal successivo recepimento da parte del Comune di Frosinone. Non essendo questo avvenuto, tutte le pretese volte ad ottenere la immediata (ed incondizionata ) assegnazione dei lotti ovvero, ancor più arditamente, a sostenere che l’assegnazione fosse “già perfezionatasi” sono palesemente destituite di fondamento, alla luce del più volte richiamato art. 3 della convezione.
2.3. Devono adesso essere esaminate le ulteriori argomentazioni critiche dell’appello: la quarta articolazione del primo motivo (pagg. 38-40 dell’appello)è in parte difficilmente comprensibile, in parte non consente di rinvenire l’ interesse che la supporta: invero ivi l’appellante si duole di una omessa statuizione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse di parte del proprio mezzo di primo grado che, comunque, anche ove resa dal Tar (che ha - come si è evidenziato nella parte in fatto- scandagliato il merito di tutte le censure) non si vede come avrebbe dovuto giovargli: il mezzo è in parte qua inammissibile, in quanto non supportato da alcun interesse
2.4.Il secondo motivo (volto a ribadire il primo motivo aggiunto di primo grado, con il quale si è censurata la illegittimità derivata della delibera n. 9/2010 rispetto alla precedente delibera n. 114/2009) è infondato in quanto, come rilevato dal Collegio, la detta delibera n. 114/2009 da un canto è immune da vizi, e per altro le note di restituzione coeve si sono incentrate su una disamina (“a prescindere” verrebbe fatto di dire) della Convenzione e soprattutto, dell’art. 3 di quest’ultima.
2.5. Avverso la delibera n. 9del 2010 vengono articolate doglianze del tutto infondate: va premesso che la tesi ( motivo n. 3) secondo cui il procedimento avrebbe dovuto essere interrotto stante l’avvenuta proposizione da parte dell’odierna appellante principale di un ricorso (secondi motivi aggiunti di primo grado)avverso la delibera di avviso dell’avvio del procedimenti di autotutela è del tutto priva di consistenza: l’Amministrazione non trova ostacolo alla prosecuzione della propria azione amministrativa dall’avvenuta presentazione di un ricorso giurisdizionale a meno che l’impugnante ottenga una sospensiva (fattispecie non verificatasi nel caso in esame, il che impone la reiezione del corrispondente mezzo) .
2.6.Quanto alle doglianze centrali (pagg. 42 e segg dell’atto di appello) due sono i punti da prendere in esame: la tesi secondo cui l’obbligazione di concedere all’appellante due lotti fosse immediatamente operativa, a prescindere dall’ approvazione del Piano (siccome rimodulato) da parte del CDA del Consorzio, e dal successivo recepimento da parte del Comune di Frosinone, e quella secondo la quale la statuizione revocatoria resa in autotutela ed incidente sul Piano adottato (id est: revoca della delibera n. 4072007) con il supporto del richiesto parere legale fosse illegittima (temi, questi, soprattutto il primo, in parte, già esplorati).
2.7.A costo di ripetersi si evidenzia -quanto alla prima di tali tesi - che la semplice lettura della Convenzione ne evidenzia l’inaccoglibilità.
Premesso che autorevole giurisprudenza di primo grado è ferma nel sostenere la tesi secondo cui (T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, 11-09-2013, n. 475) “i criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 - 1371 del codice civile devono applicarsi oltre che per l' interpretazione dei provvedimenti amministrativi anche degli accordi di cui all'art. 11 della L. n. 241 del 1990 - giusto il richiamo del comma secondo ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti "per quanto compatibili" e che, semmai,( Cons. Stato Sez. IV, 25-09-2014, n. 4812
) qualche deviazione può essere consentita soltanto in “considerazione dell'immanenza dell'interesse pubblico che diviene oggetto dell'accordo, con il quale si disciplina il contenuto discrezionale di un provvedimento amministrativo, in questo caso sostituito dall'accordo stesso” (il che certo non gioverebbe alla posizione dell’appellante)il testo della convenzione sottoscritta tra le parti non autorizza simile illazione.
Gli eventi non verificatisi (approvazione del Piano -siccome rimodulato- da parte del CDA del Consorzio, e dal successivo recepimento da parte del Comune di Frosinone) dedotti all’art. 3 della Convenzione non “servivano” unicamente a delimitare il momento di concreta operatività delle assegnazioni, ma costituivano vero e proprio sinallagma della ipotizzata assegnazione: in carenza degli stessi, non poteva darsi luogo alla prima.
2.8.Ribadito quanto sopra, in punto di interpretazione della Convenzione, quanto agli asseriti vizii attingenti la manifestazione di autotutela deve puntualizzarsi quanto segue.
Al punto 4 dell’appello (dalla fine della pag. 41 a pag. 43, volto a ribadire la fondatezza del terzo motivo aggiunto proposto in primo grado) l’appellante ipotizza una situazione assai stravagante: ammette che il piano particolareggiato, rimodulato, era stato da essa predisposto e proposto al Consorzio; ed ammette che non era munito del parere regionale ex art. 89 del dPR n. 380/2001.
Sostiene però che, da un canto la tardività del parere era irrilevante(pagg. 55-57), e dall’altro che comunque ogni eventuale “mancanza” era imputabile al Consorzio.
Ritiene il Collegio di evidenziare immediatamente che, se una logica v’è in tale argomentare (laddove si consideri il sostrato di fondo del gravame, teso a demolire una manifestazione di autotutela che è lesiva per parte appellante se ed in quanto le sottrae l’asserito “diritto” all’assegnazione delle aree di cui all’art. 3 della Convenzione) essa riposa unicamente nella prima parte della critica appellatoria (id est: quella che si risolve nell’affermazione per cui la tardività del parere sarebbe irrilevante).
Non certo nella seconda parte: se il parere (rectius: la tardività del parere, o la omessa tempestiva acquisizione del medesimo) è rilevante, l’omissione vizia il Piano; e se l’omissione vizia il Piano, si giustifica l’autotutela impingente sulla deliberazione n. 40/2007 di adozione del Piano, restando questione distinta –e al più rilevante soltanto a fini civilistici- quella della individuazione della responsabilità della omessa tempestiva acquisizione del parere.
Per quel che rileva in questa sede, tale angolo prospettico (appunto espresso alle pagg. 41-43 del mezzo)è del tutto neutro: se manca il parere ed il Piano è viziato, esso va annullato (essendo questione del tutto distinta e non incidente sulla immunità da vizi della manifestazione di autotutela, quella della individuazione del soggetto “colpevole” di tale lacuna); e se, come si è dimostrato prima, il recepimento del Piano da parte del Comune di Frosinone è condizione essenziale per l’assegnazione all’appellante dei lotti, tale evento sarebbe precluso all’appellante, anche se, per avventura, si dovesse accertare che la responsabilità della omessa tempestiva richiesta del Piano ricadeva per intero sul Consorzio. Non si tratta, qui, di individuare il soggetto “responsabile” di una “nullità” asseritamente non in grado di opporla (ciò si afferma per confutare quanto dall’appellante sostenuto, con riguardo alla posizione del Consorzio): si tratta di prendere atto, invece, che se un atto è nullo/illegittimo esso può –ed in determinati casi- deve essere ritirato; e se esso è condizionante di ulteriori pattuizioni, la “caduta” di questo travolge le pattuizioni consequenziali (id est: assegnazione dei lotti) a prescindere dalla distinta questione riposante nella “responsabilità” della illegittimità che ha dato causa al –doveroso- ritiro.
2.8.1.Ciò puntualizzato sotto un profilo logico preliminare, nessuna delle censure coglie nel segno.
2.8.2. Quanto alla rilevanza del parere,il Tar si è allineato alla condivisibile giurisprudenza amministrativa che, sebbene resa in costanza dell’antevigente legislazione è pienamente traslabile alla fattispecie per cui è causa, secondo cui (Cons. Stato Sez. IV, 13-04-2005, n. 1743 ): “nel prevedere l'obbligo del comune, ricadente in zona dichiarata sismica , le disposizioni di cui all'art. 13, L. n. 64 del 1974, e 10, L. 9 maggio 1988 n. 27 regione Lombardia, di richiedere il parere all'ufficio del genio civile (oggi regione) sui piani regolatori anteriormente all'adozione della relativa deliberazione, non può che essere interpretato nel senso che tale parere deve anche intervenire anteriormente all'adozione medesima. Tale previsione si conforma all'esigenza secondo cui, deve essere valutata la compatibilità della destinazione impressa alla zona ed alle aree in essa ricomprese, con la struttura, la morfologia e l'andamento del territorio in sede di programmazione di primo e secondo livello. “.
Ciò e conforme al principio generale, per cui il parere che accede all’atto dispositivo sarebbe inutile ove reso o pervenuto non antecedentemente al secondo, ed appare troncante per la reiezione della censura.
Si rammenta in proposito, poi, che la disposizione specifica di cui all’art. 89 del dPr n. 380/2001 (“1. Tutti i comuni nei quali sono applicabili le norme di cui alla presente sezione e quelli di cui all'articolo 61, devono richiedere il parere del competente ufficio tecnico regionale sugli strumenti urbanistici generali e particolareggiati prima della delibera di adozione nonché sulle lottizzazioni convenzionate prima della delibera di approvazione, e loro varianti ai fini della verifica della compatibilità delle rispettive previsioni con le condizioni geomorfologiche del territorio.
2. Il competente ufficio tecnico regionale deve pronunciarsi entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta dell'amministrazione comunale.
3. In caso di mancato riscontro entro il termine di cui al comma 2 il parere deve intendersi reso in senso negativo”), prevede al comma 3 una ipotesi di silenzio-diniego.
Ciò implica la indispensabilità del positivo riscontro sulla richiesta, e la non fattibilità di alcun intervento ove il parere medesimo non sia preventivamente reso, e con esito favorevole: ipotizzare che lo stesso possa intervenire ex post rispetto all’adozione, vuol dire obliare che in carenza del medesimo l’attività assentita è da considerare del tutto illegittima.
Senza considerare che nel caso in oggetto il parere imponeva prescrizioni di rilievo proprio in relazione alla morfologia dell’area: senza indulgere in ragionamenti ipotetici su ciò che l’Amministrazione avrebbe fatto ove detto parere fosse pervenuto prima, resta pacifico il vizio dell’azione amministrativa riposante nel non avere atteso che esso fosse stato reso e conosciuto, mentre si ripete che la “responsabilità” di tale evento resta circostanza che potrebbe al più costituire causa di controversia civilistica risarcitoria, ma non certo condizionare il giudizio sulla sussistenza dei presupposti dell’autotutela.
2.8.3.Neppure poi, ad avviso del Collegio, ha luogo interrogarsi, in via generale, sulla portata dell’art. 89 del dPR n. 380/2001, e sulla necessità, o meno, che lo stesso debba essere soltanto richiesto –ovvero invece debba pervenire – prima dell’adozione del Piano.
Premesso infatti che il Collegio ritiene che il prescritto parere debba non solo essere richiesto, ma anche pervenire, prima dell’adozione (l’articolato di legge è chiaro, differenzia i piani in relazione alla loro valenza) il Collegio condivide, infatti, la specificazione resa dal Tar, con precipuo riferimento alla particolarità della condizione di fatto ed alle problematiche geologiche insistenti sull’area.
Anche le ulteriori censure dedotte avverso il segmento revocatorio sono inaccoglibili: è in proposito corretta la tesi del Tar secondo la quale l’espresso richiamo dell’art. 21-nonies, comma 1, della l. n. 241/1990 al termine ragionevole entro cui può esser adottato l’annullamento in autotutela, deve essere considerato non in astratto, ma in rapporto allo specifico provvedimento cui si riferisce.
Il Tar ha sul punto ritenuto che: “ l’esigenza di risolvere i problemi geologico-idraulici rende certamente recessivo l’interesse al mantenimento del P.P. rimodulato.
Inoltre la posteriorità dell’approvazione della variante generale al P.R.T. dell’A.S.I. rispetto all’adozione del Piano Particolareggiato è del tutto irrilevante, non infirmando essa in alcun modo il valore delle problematiche geologico-idrauliche e di reperimento degli standard, così come, alla luce di siffatte problematiche, è del tutto irrilevante che l’area interessata non sia ad alto rischio sismico e non sia inclusa nella zona di protezione del Piano di vulnerabilità redatto dall’Autorità di Bacino dei Fiumi Liri e Garigliano.”
2.8.4.L’appellante aggredisce il corredo motivazionale della sentenza di primo grado,ed aggredisce il rilievo dato dal Tar alla prescrizione n. 5 del parere da un canto svalutando quest’ultima e per altro verso, rievocando le vicende sottese all’approvazione del PP del 1994 (pagg. 44 e 45 dell’apepllo).
2.8.5. Anche tali considerazioni non sono condivisibili e si fondano su dati ipotetici (pagg. 46 e 47: il Consorzio era certamente edotto delle particolarità dell’area, l’Ufficio Tecnico avrebbe predisposto la relazione 3438/2009 in quanto contrario a nuove prescrizioni urbanistiche perchè diretto dal progettista del precedente PP e quindi pregiudizialmente contrario al nuovo, etc).
2.8.6. Un punto deve essere espresso chiaramente: la sussistenza di problematiche idrogeologiche insistenti sull’area, costituisce dato innegabile: ed, a fronte di simili problematiche, ipotizzare in senso contrario la convalidabilità della delibera è addirittura temerario: essa era viziata nella forma (tardiva acquisizione del parere regionale) ma anche nella sostanza ( carenza di istruttoria sulla fattibilità dell’intervento e vizio oggettivo impingente su tale profilo).
La corrispondente censura va disattesa.
E per altro verso, un ulteriore –e più radicale- principio deve essere ben posto in luce, e milita in senso troncante per la reiezione di tutte le ulteriori articolazioni delle censure prospettate da parte appellante.
Quest’ultima, infatti (pagg. 43-54) si diffonde nella illustrazione di dati tecnici (e richiede anche l’espletamento di eventuale CTU) nel tentativo di dimostrare la inesattezza della tesi del Tar compendiata nelle seguenti affermazioni contenute nella sentenza (che di seguito, per comodità espositiva, si riportano): “detta, tuttavia, una serie di prescrizioni, tra le quali, per quanto qui rileva, è assai significativa quella contenuta al punto 5: il parere regionale, infatti, al punto 5 contiene una prescrizione – sottolineata nel testo del parere stesso – con cui, sconsigliato l’uso di terreni con scadenti caratteristiche geomeccaniche come piano di posa delle fondazioni, si impone che i piani di calpestio ed eventuali strutture fondazionali di tipo continuo siano posti almeno a mt. 1,5 al di sopra della massima escursione del livello piezometrico. In proposito, la relazione tecnica dell’Ufficio tecnico del Consorzio, acquisita al prot. n. 3438 del 2 settembre 2009 e richiamata dall’integrazione del parere legale prot. n. 3941 del 5 ottobre 2009 (v. allegati D ed E ai motivi aggiunti depositati il 25 febbraio 2010), sottolinea come detta prescrizione, di fatto, inibisca la realizzazione di piani interrati, che, invece, erano previsti nella proposta di Piano della Alfacomm S.r.l. per gli edifici C e D, con l’impossibilità conseguente di realizzare le superfici interrate da destinare a parcheggi, così come previste, e con l’ulteriore inevitabile conseguenza della necessità di rivedere i vari indici urbanistici nel rispetto degli standard di legge in tema di verde e di parcheggi pubblici e privati. ”.
2.8.9. Ritiene il Collegio doveroso chiarire perchè il problema sia malposto dall’appellante e perché si ritenga che le richieste di incombenti istruttorii siano superflue.
2.8.10. L’abile formulazione dell’appello compendiata alle pagg. 43 -54 del mezzo tende infatti a svalutare quale sia la portata centrale della questione: essa riposa nel vaglio in ordine alla legittimità –o meno- di una manifestazione di autotutela demolitoria, incidente su una pregressa manifestazione di potere.
Tale oggetto centrale, è del tutto obliato nella predetta porzione dell’ appello, laddove: in parte vengono poste in luce circostanze del tutto irrilevanti (id est: ciò che avvenne in occasione della adozione ed approvazione del precedente Piano: pagg. 44-47); in parte si procede ad una disquisizione nella natura del Piano da approvare, volta a svalutare il parere sismico, obliando che comunque lo stesso era necessario ex lege (unica circostanza questa, che neppure l’appellante si spinge a contestare nell’an); in ultimo, si fa risaltare la natura comunque “favorevole” del parere, svalutando le prescrizioni ivi imposte, ed ipotizzando per via giudiziale (ed attraverso CTU) un giudizio ex post sulla fattibilità dell’intervento.
E’ ben noto come la lata discrezionalità dell’amministrazione in materia, (si richiama in proposito la fortunata espressione della Dottrina secondo cui l’autotutela è il “proprium” dimostrativo della supremazia delle Amministrazioni che agiscono in regime di c.d. “diritto amministrativo”) non sia senza limiti (oggi: artt. 21 quinquies e nonies della legge n. 241/1990): il giudizio da rendere, tuttavia, non è quello –ipotizzato da parte appellante con le richieste di cui si è dato conto- ma è un altro.
Esso riposa, in un giudizio di legittimità –o meno- della detta manifestazione di autotutela, ovvero nella abnormità/illogicità della stessa alla stregua degli elementi acquisiti in atti.
Sul punto si osserva che:
a)la carenza istruttoria v’era, (parere sismico, sul quale ci si è soffermati prima), ed è innegabile: il parere doveva prevenire prima dell’adozione sia perché ciò –ritiene il Collegio- è prescritto ex lege, ma anche – e ciò rivela portata troncante- per la specificità delle problematiche insistenti sull’area;
b)la stessa parte appellante ammette che la progettazione dalla stessa ipotizzata avrebbe dovuto subire delle modifiche (ancorchè, in concreto, ne svaluti la portata);
c) le criticità dell’area erano sussistenti, sotto il profilo idrogeologico, ed erano relative proprio ad un profilo che era direttamente ricollegabile alla riscontrata carenza istruttoria.
A fronte di tutto ciò, non serve di certo provare con certezza la evidenza di possibili futuri accadimenti lesivi, come pare ipotizzare l’appellante: pare invece al Collegio che, in siffatta situazione, la scelta di prudenza dell’Amministrazione sia scevra da alcun profilo di illogicità, e risponda pienamente alle risultanze in atti al momento in cui la stessa fu adottata.
3. Tali considerazioni si pongono alla base della reiezione delle censure (e delle ulteriori istanze istruttorie).
3.1.Nè, (per fornire una partita risposta, in parte già anticipata, per il vero) alle ultime censure, l’appellante può essere seguito nella tesi espressa alle pagg. 56 e 57 del mezzo.
3.1.1. Invero, a tutto concedere, ed anche volendo obliare quanto sin qui esposto (il che non è ovviamente), sarà consentito un interrogativo: ma anche ad ammettere che il parere sismico potesse pervenire dopo l’adozione, potrebbe dirsi viziata (nei limiti di abnormità/irragionevolezza) una manifestazione di autotutela che, prendendo atto dal fatto che il parere predetto, pur “favorevole” dettava rilevanti prescrizioni manipolative, ritenesse prudente e corretto revocare la delibera di adozione resa in assenza del predetto parere?
La risposta del Collegio, sul punto –anche tenuto conto, lo si ripete, della specificità della situazione dell’aera, ben posta in luce dal Tar – è recisamente negativa, e da ciò discende la integrale reiezione del mezzo.
3.In conclusione l’appello principale è infondato (anche nella parte in cui si è articolato il petitum risarcitorio, ovviamente) dal che discende che sono improcedibili gli appelli incidentali. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
4.Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e pertanto l’appellante società deve essere condannata al pagamento delle medesime in favore delle appellate società, nella misura complessiva di euro tremila (€ 3000//00) e pari ad euro millecinquecento (€ 1500//00) per ciascuna appellata,oltre ad oneri accessori, se dovuti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, Lo respinge nei termini di cui alla motivazione che precede,e per l’effetto conferma l’appellata decisione, dichiarando improcedibili gli appelli incidentali.
Condanna l’appellante società al pagamento delle spese processuali in favore delle appellate società, nella misura complessiva di euro tremila (€ 3000//00) e pari ad euro millecinquecento (€ 1500//00) per ciascuna appellata,oltre ad oneri accessori, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Goffredo Zaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
Giulio Veltri, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/06/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)