Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 834, del 12 febbraio 2013
Urbanistica.Lottizzazione abusiva e annullamento d'ufficio di una concessione in sanatoria

Dato che la lottizzazione, a differenza dall’abuso singolo, è infatti tale da implicare ex sé un negativo impatto urbanistico, l'annullamento d'ufficio di una concessione in sanatoria illegittima non necessita di un'espressa e specifica motivazione sul pubblico interesse, consistendo questo nell'interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica. L’insuscettibilità legale di una lottizzazione materiale spontanea di essere oggetto della sanatoria è dunque una delle tipiche ipotesi nelle quali il richiamo all’interesse pubblico alla tutela della pianificazione ed al ripristino della legalità, è di per sé sufficiente per rendere legittimo l'esercizio del potere di autotutela. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

N. 00834/2013REG.PROV.COLL.

N. 07959/2008 REG.RIC.

N. 07960/2008 REG.RIC.

N. 07961/2008 REG.RIC.

N. 07962/2008 REG.RIC.

N. 07963/2008 REG.RIC.

N. 07967/2008 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7959 del 2008, proposto da: 
Sivilli Maria Antonietta, rappresentato e difeso dall'avv. Felice Eugenio Lorusso, con domicilio eletto presso Eugenio Felice Lorusso in Roma, via Cola di Rienzo 271; Sivilli Francesco, Misciagna Maria, Sivilli Angela;

contro

Comune di Palo del Colle, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Minunno, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;

nei confronti di

Pascazio Francesco, Eredi di Lorusso Giovanni;




sul ricorso numero di registro generale 7960 del 2008, proposto da: 
Sivilli Maria Antonietta, rappresentato e difeso dall'avv. Felice Eugenio Lorusso, con domicilio eletto presso Eugenio Felice Lorusso in Roma, via Cola di Rienzo 271; Sivilli Francesco, Misciagna Maria, Sivilli Angela;

contro

Comune di Palo del Colle, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Minunno, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;

nei confronti di

Pascazio Francesco, Eredi di Lorusso Giovanni;




sul ricorso numero di registro generale 7961 del 2008, proposto da: 
Sivilli Maria Antonietta, rappresentato e difeso dall'avv. Felice Eugenio Lorusso, con domicilio eletto presso Eugenio Felice Lorusso in Roma, via Cola di Rienzo 271; Sivilli Francesco, Misciagna Maria, Sivilli Angela;

contro

Comune di Palo del Colle, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Minunno, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;

nei confronti di

Pascazio Francesco, Eredi di Lorusso Giovanni;




sul ricorso numero di registro generale 7962 del 2008, proposto da: 
Vamar S.a.s., rappresentato e difeso dall'avv. Felice Eugenio Lorusso, con domicilio eletto presso Eugenio Felice Lorusso in Roma, via Cola di Rienzo 271;

contro

Comune di Palo del Colle, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Minunno, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;

nei confronti di

Pascazio Francesco, Eredi di Lorusso Giovanni;




sul ricorso numero di registro generale 7963 del 2008, proposto da: 
Societa' Vamar in A.S., rappresentato e difeso dall'avv. Felice Eugenio Lorusso, con domicilio eletto presso Eugenio Felice Lorusso in Roma, via Cola di Rienzo 271;

contro

Comune di Palo del Colle, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Minunno, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;

nei confronti di

Pascazio Francesco, Lorusso Giovanni;




sul ricorso numero di registro generale 7967 del 2008, proposto da: 
Sivilli Maria Antonietta, rappresentato e difeso dall'avv. Felice Eugenio Lorusso, con domicilio eletto presso Eugenio Felice Lorusso in Roma, via Cola di Rienzo 271; Sivilli Francesco, Misciagna Maria, Sivilli Angela;

contro

Comune di Palo del Colle, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Minunno, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;

nei confronti di

Pascazio Francesco, Lorusso Giovanni;

per la riforma

quanto al ricorso n. 7959 del 2008:della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari: Sezione III n. 01692/2007, resa tra le parti, concernente concessione edilizia in sanatoria

quanto al ricorso n. 7960 del 2008: della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari: Sezione III n. 01693/2007, resa tra le parti, concernente concessione edilizia in sanatoria

quanto al ricorso n. 7961 del 2008: della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari: Sezione III n. 01694/2007, resa tra le parti, concernente concessione edilizia in sanatoria

quanto al ricorso n. 7962 del 2008:della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari: Sezione III n. 01695/2007, resa tra le parti, concernente concessione edilizia in sanatoria

quanto al ricorso n. 7963 del 2008:della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari: Sezione III n. 01696/2007, resa tra le parti, concernente concessione edilizia in sanatoria

quanto al ricorso n. 7967 del 2008: della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari: Sezione III n. 01703/2007, resa tra le parti, concernente concessione edilizia in sanatoria



Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2012 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Felice Eugenio Lorusso e Giuseppe Minunno;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Gli odierni appellanti, la moglie Misciagnia Maria ed i figli, sono tutti aventi causa del defunto Giuseppe Sivilli, il quale aveva realizzato abusivamente diversi capannoni industriali lungo la strada statale n. 96 nel Comune di Palo del Colle, in una zona che era tipizzata dal Piano di Fabbricazione come “E1 “Attività primaria- verde agricolo” (e quindi destinata all’agricoltura, all’allevamento, ad industrie estrattive ed eventuali depositi di carburante).

Il predetto Giuseppe Sivilli era stato per questo condannato per il reato di lottizzazione abusiva di cui all’articolo 20, lettera C.) della legge n.47 1985 con confisca degli stessi (sent. n. 77/1988 e n. 50002/94).

Tra il 1992 del 2000 il Comune aveva poi rilasciato diversi provvedimenti di concessione in sanatoria, per cui in conseguenza di tale circostanza, il giudice dell’esecuzione penale aveva restituito agli appellanti la titolarità dei manufatti confiscati.

Oltre 10 anni dopo, insediatosi il Commissario straordinario a seguito dello scioglimento dell’Amministrazione, il Comune aveva annullato in via di autotutela tutte le concessioni in sanatoria già rilasciate, adducendo a fondamento di tale decisione l’insanabilità per legge dei fabbricati perché facenti parte di una lottizzazione abusiva.

Con i rispettivi appelli di cui in epigrafe i ricorrenti impugnano le diverse sentenze del Tar Puglia cui sono stati respinti i ricorsi diretti avverso l’annullamento in autotutela delle predette concessioni in sanatoria.

Gli appelli, del tutto identici, sono affidati alla denuncia di nove coincidenti rubriche di gravame relative alla violazione degli articoli 7 e segg. della legge n. 241/1990 e dell’articolo 30, 7° comma del d.p.r. n. 380/2001; dei principi generali in materia di autotutela e dei principi di governo del territorio di cui alla legge 28 febbraio 1985 n. 47; e dei principi del buon andamento, trasparenza, ed imparzialità dell’azione amministrativa.

In tutti i giudizi il Comune di Palo del Colle si è ritualmente costituito versando in giudizio alcuni atti del procedimento e confutando analiticamente le tesi dei ricorrenti.

Con memoria per la discussione e con la relativa replica, le parti hanno puntualizzato le proprie argomentazioni.

Con atto di rinuncia notificato in data 13 giugno 2011 l’appellante Francesco Sivilli ha dichiarato, in seguito alla sua elezione al consiglio comunale, di voler rinunciare al gravame.

Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

____ 1.§. Ai sensi dell’art. 70 del c.p.a. deve disporsi la riunione degli appelli di cui in epigrafe, essendo evidente la connessione oggettiva e soggettiva di tutti i gravami.

___2. Preliminarmente deve essere dichiarata processualmente irrilevante la dichiarazione del solo appellante Francesco Sivilli, il quale essendo stato eletto al consiglio comunale ha per parte sua notificato specifiche rinunce su tutti i ricorsi di cui sopra.

Al riguardo si deve ricordare che, in base all'art. 84 del codice del processo amministrativo (e già prima l' art. 46 del Regio Decreto 17 agosto 1907, n. 642, di approvazione del regolamento di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), l'abbandono del ricorso è rimesso a colui che agisce.

Ma l’abdicazione a far valere le proprie ragioni deve essere reale e non meramente formale. Pertanto, anche in presenza delle prescritte formalità, spetta comunque al giudice verificare che l’effetto della rinuncia, dal lato sostanziale, sia effettivamente quello di determinare la definitività della situazione così come risulta cristallizzata alla sentenza, anteriormente alla proposizione dell’appello.

In caso di appello collettivo – proposto cioè “uno actu” da una pluralità di soggetti, ciascuno pro-quota, avverso la stessa sentenza sulla base di un identico ed indistinto interesse sostanziale dedotto in giudizio -- non può avere alcun rilievo la singola rinuncia, qualora non sia possibile rinvenire alcuna sostanziale distinzione delle singole posizioni per il carattere di inscindibilità oggettiva del contendere.

L’unitarietà ontologica degli interessi dedotti a fondamento dell’azione rende infatti evidente come, in ogni caso, il soggetto “rinunciante”, finirebbe comunque per avvantaggiarsi dell’eventuale accoglimento degli appelli e quindi dell’annullamento delle sentenze qui impugnate.

In tali ipotesi si deve perciò concludere che le iniziative formalmente abdicative della pretesa assunte da uno dei ricorrenti non sono realmente in grado di estinguere il giudizio nei soli suoi riguardi.

Nel fattispecie in esame, in assenza di atti di rinuncia all’eredità o comunque di definitiva cessione dei cespiti immobiliari da parte del Francesco Sivilli, era dunque evidente come la sua rinuncia, finiva per avere un carattere meramente formale, e quindi processualmente irrilevante, in quanto probabilmente diretta artificiosamente ad evitare l’applicazione dell'art. 63 co. 1° , n. 4, ovvero dell’art.47,III° co. del T.U. di cui al d.lg. n. 267/2000, nella parte in cui prevedono che non può ricoprire la carica di consigliere o assessore comunale colui che ha una lite pendente con il comune, e sia parte di un procedimento civile od amministrativo con l’amministrazione.

Non essendosi quindi effettivamente verificata la reale separazione tra posizione in giudizio e interesse materiale effettivamente fatto valere pro-quota dal Sivilli, la sua dichiarazione di rinuncia lascia dunque intatto nei suoi riguardi una condizione essenziale dell’azione, quale nella specie l’interesse processuale personale, attuale e concreto.

Il che, in definitiva sul punto, impedisce al Collegio di dichiarare l’estinzione del giudizio nei suoi confronti.

___3. Nel merito del contendere devono essere esaminate prioritariamente le censure di cui al primo, quarto motivo, sesto e settimo motivo, identici per tutti gli appelli.

___3.1. Con una prima rubrica, e con l’ultimo profilo della nona censura gli appellanti deducono l’erroneità delle ragioni addotte a sostegno dal comune e, in primo luogo, l’assenza di un obbligo dell’amministrazione di attivare il procedimento di autotutela, anche in ragione dell’affidamento che i destinatari avrebbero fatto nei provvedimenti di sanatoria.

Erroneamente il Tar avrebbe invece riconosciuto legittima l’esigenza di ripristinare la legalità e di rimediare all’abusiva trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni. Per gli appellanti la giurisprudenza del Consiglio di Stato avrebbe invece costantemente affermato che i provvedimenti di annullamento, in quanto attività discrezionali, possono essere legittimi solo in presenza di interessi pubblici concreti ed attuali, diversi dal mero ripristino della legalità, tali da giustificare il particolare sacrificio imposto al privato. La relativa motivazione avrebbe dovuto contenere l’indicazione delle specifiche esigenze compromesse dalla permanenza dei provvedimenti.

Nel caso particolare, sotto il profilo procedimentale, sarebbe stata del tutto errata la premessa, concernente l’illegittimità delle concessioni edilizie rilasciate in sanatoria e non sarebbe stata indicata la norma violata e l’interesse pubblico leso. L’amministrazione comunale, con il rilascio delle concessioni annullate, avrebbe determinato negli eredi Sivilli un legittimo affidamento, per cui la valutazione, circa la prevalenza dell’interesse pubblico che con l’interesse privato, avrebbe dovuto essere effettuato in maniera rigorosa.

L’autotutela sarebbe possibile soltanto nelle ipotesi di lavori non ancora eseguiti. La stessa giustizia penale avrebbe disposto la restituzione dei manufatti accertando la loro compatibilità o comunque la loro sanabilità. Di qui l’illegittimità d atti di autotutela intervenuti moltissimi anni da rilascio delle concessioni in sanatoria.

Infine il Comune, con evidente disparità di trattamento, non avrebbe mai annullato le altre concessioni edilizie rilasciate in sanatoria concernenti abusi su suoli immediatamente adiacenti.

L’assunto va complessivamente respinto.

In linea generale, tenendo conto dei valori espressi dall'art. 97 cost., l'esercizio dei poteri amministrativi di annullamento in autotutela di precedenti statuizioni illegittime non ha affatto natura eccezionale, in quanto la p.a. ha il potere - dovere di emanare l'atto di annullamento, anche al solo fine di evitare che si consolidino situazioni di fatto illegalmente costituitesi, qualora siano veri e propri esempi di diseducazione civile (arg. ex Consiglio Stato sez. V 24 febbraio 1996 n. 232).

Quindi se non sussiste alcun obbligo assoluto per l'Autorità emanante di procedere in via di autotutela all'annullamento d'ufficio di un provvedimento da essa adottato, ciò non toglie che l’esercizio di tale facoltà sia rimessa alla discrezionale considerazione del merito degli interessi pubblici in gioco (arg. ex Consiglio Stato Sez. IV 04 marzo 2011 n. 1414; Consiglio di Stato sez. IV 10 agosto 2011 n. 4770).

Proprio in relazione all'ampiezza delle valutazioni discrezionali affidate all'organo è stato osservato che è legittimo il comportamento dell’Amministrazione che, seppure tardivamente, emendi la propria precedente condotta, conformando la propria azione al rispetto concreto della legge. Ciò perché l'art. 21-nonies L. 7 agosto 1990 n. 241 non fissa un termine ultimo oltre il quale l'esercizio dell'attività di autotutela risulti illegittima, lasciando all’Amministrazione la valutazione della ragionevolezza in ordine alla tempistica della vicenda (cfr. Consiglio di Stato sez. VI 27 febbraio 2012 n. 1081). Ciò a maggior ragione qualora (come nel caso in esame) il tempo trascorso dalla prima concessione di sanatoria sia stato utilizzato per ampliare e consolidare la lottizzazione abusiva.

L’art. 30 del D.P.R. 380/2001 (e in precedenza all’art. 18 L. 47/85) costruisce la lottizzazione abusiva come un illecito permanente ed insanabile, al fine manifesto:

-- di garantire un’ordinata pianificazione urbanistica,

-- di salvaguardare il corretto sviluppo degli insediamenti abitativi e dei correlativi standard compatibili con la finanza pubblica e con il vivere civile;

-- di assicurare un effettivo controllo da parte del Comune titolare della funzione di pianificazione al fine di (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 07 giugno 2012 n. 3381).

Ciò premesso, alla luce di tutti gli atti di causa e della stessa cartografia versata in atti dal Comune, devono condividersi pienamente le conclusioni del TAR circa la sussistenza dei requisiti procedimentali, codificati nell'art. 21 nonies L. 7 agosto 1990 n. 241, per l’esercizio del potere di annullamento dei titoli edilizi in questione

Le concessione in sanatoria appaiono infatti il frutto di indebite influenze estranee sull’attività amministrativa del Comune: come emerge dai rapporti della Polizia Municipale la quale aveva rilevato come il tecnico cui era stata affidata dal Comune l’istruttoria delle pratiche di sanatoria era lo stesso che, in precedenza, era stato incaricato della redazione dei collaudi, delle perizie giurate, degli accatastamenti ecc…; il quale aveva addirittura firmato alcune concessioni in sanatoria, quale responsabile dell’U.T.C. (cfr. pag. 5 rapporto n. 94 del 24.6.2002).

Non vi sono pertanto dubbi sulla nell'insanabile illegittimità originaria dei titoli in questione per la sussistenza di una lottizzazione abusiva (dettagliatamente documentata nelle relazioni della Polizia Municipale del 24.6.2002 e del 6.7.2004).

Gli abusi progressivamente realizzati sui suoli di proprietà concernevamo infatti:

“1) corpo di fabbrica E realizzato nel 1978 in difformità alla CE con una maggiore superficie di mq. 109,21;

2) corpi di fabbrica A-B-C-D-F, realizzati tra dicembre 1985 e marzo 1986, per cui sono state rilasciate le impugnate concessioni in sanatoria rispettivamente: n. 327 del 6.8.1992 per condono edilizio relativo ai capannoni D e F; n. 1755 per i capannoni A-B-C ;

3) il capannone G realizzato senza concessione appena ricevuto il parere, peraltro sottoposto a condizione, della CEC;

4) i capannoni R ed il capannone S, per i quali fu rilasciata concessione in sanatoria n. 208 del 24.1.2000;

5) i fabbricati e le strutture indicate con le lettere T, H, I, L, M, N edificati nel 1995.

In conseguenza della precedente condotta illecita del loro dante causa, protrattasi lungamente nel tempo, non può pertanto configurarsi alcuna legittima aspettativa a favore dei relativi responsabili e dei loro aventi causa.

Le costruzioni abusive -- o come qui sanate in virtù di titoli non conformi alla vigente normativa urbanistico-edilizia-- costituiscono un illecito di tipo permanente a fronte del quale non vale la buona fede del privato dovendosi ritenersi che sia "in re ipsa" la sussistenza del pubblico interesse al ripristino dello stato della legalità violata (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 23 febbraio 2012 n. 1041).

Dato che la lottizzazione, a differenza dall’abuso singolo, è infatti tale da implicare ex sé un negativo impatto urbanistico, l'annullamento d'ufficio di una concessione in sanatoria illegittima non necessita di un'espressa e specifica motivazione sul pubblico interesse, consistendo questo nell'interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica(Consiglio di Stato sez. IV 30 luglio 2012 n. 4300).

Nel caso in esame quindi le motivazioni degli atti di auto-annullamento dei provvedimenti in sanatoria erano state fondatamente affidate al rilievo per cui l’intervento abusivo, complessivamente considerato, costituiva una fattispecie dichiaratamente qualificata come insanabile dalla normativa statale ed era stata oggetto di una specifiche condanne penali.

L'esercizio del potere di autotutela da parte dell'Amministrazione era dunque assistito da un interesse pubblico ed attuale direttamente connesso alla necessità eliminare l’ incidenza negativa sulla zona circostante, della illegittima trasformazione del territorio derivante da una lottizzazione abusiva composta da ben 15 edificazioni artigianali, oltre al piazzale pavimentato di oltre 8000 mt., ai reti ed ai muri di cinta, alla strada ecc. --.

L’insuscettibilità legale di una lottizzazione materiale spontanea di essere oggetto della sanatoria è dunque una delle tipiche ipotesi nelle quali il richiamo all’ interesse pubblico alla tutela della pianificazione ed al ripristino della legalità, è di per sé sufficiente per rendere legittimo l'esercizio del potere di autotutela (arg. ex Consiglio Stato sez. VI 30 luglio 2003 n. 4391);

Anche perché contrariamente a quanto vorrebbero i ricorrenti, il legislatore dell'art. 21 nonies , L. 7 agosto 1990 n. 241, non ha ritenuto di dover recepire il paradigma di creazione giurisprudenziale relativo all’insufficienza del solo richiamo al ripristino della legalità violata per l’esercizio del potere di autoannullamento. Si deve perciò escludere che il principio che, nelle situazioni ordinarie, pure costituisce espressione di civiltà giuridica, possa essere applicarsi in aree caratterizzati da situazioni di generalizzato e diffuso disprezzo della legalità, e che per tale via possano essere considerati prevalenti gli “interessi illegittimi” dei privati, interessati al mantenimento di consistenti situazioni di vasto abusivismo, rispetto all’interesse pubblico generale dello Stato e dei suoi cittadini al corretto sviluppo del territorio.

In definitiva, correttamente la sentenza impugnata ha concluso per la legittimità della rimozione dei provvedimenti di sanatoria illegittimamente concessi.

___ 3.2. Con il quarto motivo ed il settimo motivo si lamenta la mancata notifica dei provvedimenti a tutti i proprietari.

Erroneamente il Tar avrebbe in particolare ritenuto infondata la denunciata irregolarità nell’adempimento, da parte del Comune, degli obblighi di natura partecipativa. La comunicazione di avvio del procedimento ed il definitivo provvedimento sarebbero stati notificati alla sig.ra Maria Misciagna solo in qualità di avente causa di Giuseppe Sivilli (e dunque soltanto in relazione al 50% della proprietà), ma non quale comproprietaria a pieno titolo del restante 50% dei beni oggetto di causa, e neppure quale contitolare anche della concessione edilizia annullata. Inoltre del tutto contraddittoriamente il comune avrebbe restituito gli oneri concessori pagati dalla predetta signora. Il difetto della comunicazione di annullamento della concessione in sanatoria alla signora Misciagna quale contitolare della concessione determinava anche l’illegittimità della restituzione degli oneri.

L’assunto è privo di pregio.

L'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ex art. 7, l. 7 agosto 1990 n. 241 è strumentale alle esigenze di conoscenza effettiva e, conseguentemente, di partecipazione all'azione amministrativa da parte del soggetto nella cui sfera giuridica l'atto conclusivo è destinato ad incidere, in modo che egli sia in grado di influire sul contenuto del provvedimento.

Come la Sezione ha più volte avuto modi di sottolineare, le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente. Pertanto quando l'interessato sia venuto a conoscenza dell'apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti, si deve dare prevalenza ai principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa. Quello che rileva procedimentalmente è che la comunicazione di avvio di cui all’art. 7, L. 7 agosto 1990 n. 241 vi sia stata concretamente effettuata al destinatario (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 16 Mar 2012 n. 1497; Consiglio di Stato sez. IV 18 Apr 2012 n. 2286 ; Consiglio di Stato sez. IV 17 settembre 2012 n. 4925, Consiglio di Stato sez. IV 15 dicembre 2011 n. 6618; ecc.).

Nel caso in esame la Sig. Maria Misciagna aveva ricevuto l’avviso, ed aveva avuto la possibilità di partecipare al procedimento, sia qualità di erede che di contitolare delle concessioni in sanatoria annullate.

Al riguardo esattamente il TAR annota che l’Amministrazione aveva instaurato con gli interessati un puntuale contraddittorio, nel corso del quale erano state rappresentate tutte le ragioni che evidenziano il contrasto dell’invasivo intervento edilizio con la disciplina urbanistica dell’area (note dei difensori firmate anche dai ricorrenti del 2.12.2003 e del 24.12.2003 e la risposta del Comune con nota in data 11.3.2004 prot. 18433-19509/2003).

In definitiva dunque tale formalità non vizia il procedimento di autotutela ed il provvedimento di restituzione degli oneri in quanto lo scopo, cui tende la comunicazione di avvio, era stato comunque raggiunto in concreto.

___ 3.3. Con il sesto motivo si lamenta che erroneamente il Tar avrebbe ritenuto infondati i motivi aggiunti diretti avverso il provvedimento con cui, richiamando la sentenza penale n. 77/1288 a carico del defunto Sivilli, si ordinava ricorrenti di sospendere ogni attività di lottizzazione delle aree. Tale provvedimento sarebbe infatti viziato

___3.3.1. da illegittimità derivata dagli altri profili di cui sopra;

___3.3.3. dall’omissione di una ulteriore comunicazione di avvio del procedimento, specifica per la lottizzazione abusiva;

___3.3.3. dall’inutilità a tal fine della comunicazione di avvio del procedimento di annullamento delle concessioni in sanatoria, in quanto afferente il primo sarebbe stato un procedimento autonomo e distinto da quello di cui all’articolo 30 del d.p.r. 380/2001.

La comunicazione andava effettuata per tutti procedimenti destinati a sfociare in provvedimenti diversi.

Sulla scia delle considerazioni di cui ai punti che precedono i profili devono essere disattesi.

In relazione alla riconosciuta legittimità degli atti di annullamento delle concessioni in sanatoria deve denegarsi l’illegittimità derivata dei provvedimenti di sospensione della lottizzazione.

Non era poi necessaria alcuna ulteriore comunicazione di avvio dato che la comunicazione del 19 novembre 2003 relativa all’annullamento in sanatoria espressamente faceva riferimento alla sussistenza di una lottizzazione abusiva ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. n.280 cit. .

___4. Devono invece essere dichiarati inammissibili il secondo, terzo, quinto, ottavo e nono motivo che non sono diretti a censurare le sentenze impugnate, ma si limitano a riproporre le doglianze del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti esaminati dal TAR.

Ai sensi dell'art. 101, c.p.a. l' appello -- atto preordinato non alla semplice revisione della pronuncia del primo giudice, ma alla ripetizione del processo -- infatti deve contenere la contestazione delle argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado, e non limitarsi alla mera riproposizione delle argomentazioni già svolte nel ricorso di primo grado.

Nell'attuale sistema di giustizia amministrativa, il giudizio di appello non è un iudicium novum, per cui la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dall'appellante attraverso l’enunciazione di specifici motivi diretti ad incrinare il fondamento logico-giuridico della sentenza (cfr. infra multa: Consiglio Stato sez. IV 09 ottobre 2010 n. 7384; idem sez. IV 27 Dicembre 2011 n.6863; idem sez. IV 13 Luglio 2011 n.4240; idem sez. V 30 novembre 2012 n. 6116; idem sez. III 13 settembre 2012 n. 4877; idem sez. V 06 settembre 2012 n. 4717; idem sez. VI 15 maggio 2012 n. 2772).

Di qui l’inammissibilità dei motivi di cui sopra.

Tuttavia per ragioni di giustizia sostanziale, in relazione al rigetto degli altri appelli inter partes introitati alla medesima Camera di Consiglio, si deve rilevare che – anche sulla scia delle considerazioni che precedono -- tutti i predetti motivi sono comunque infondati.

___4.1. Quanto al secondo motivo contrariamente a quanto vorrebbero gli appellanti la motivazione degli atti di autotutela impugnati in primo grado è congrua ed logica. A tal fine era infatti sufficiente anche solo il riferimento alla legge 47/85 ed all’insanabilità degli abusi commessi perché questi sarebbero parte di una lottizzazione abusiva per la realizzazione “… sulla stessa aria e/o su aree adiacenti… di altri manufatti-capannoni e piazzare di disimpegno in assenza di preventivo titolo autorizzativo… in zona agricola”.

E’ poi errato che nei provvedimenti gli altri capannoni abusivi non sarebbero stati nemmeno individuati, data la motivazione “per relationem perfectam” con i dettagliatissimi rapporti della Polizia Municipale .

Nè è stata fornita (nemmeno in questa sede) alcuna prova dell’assunto per cui i capannoni avrebbero realmente rispettato gli indici ed i parametri di riferimento della Zona di intervento introdotti, successivamente agli abusi, con le varianti al Regolamento edilizio di cui alla delibera del consiglio comunale n. 132/75 e n. 15/1989 con cui la stessa amministrazione aveva elevato l’indice di fabbricabilità per realizzare “capannoni e manufatti connessi con l’agricoltura” .

La vasta entità lottizzatoria degli abusi precedentemente realizzati faceva sì che la successiva modifica dell’indice fondiario risultasse essere una sopravvenienza giuridicamente irrilevante.

E’ poi infondata l’affermazione per cui, nel caso, non vi sarebbe stato alcuno stravolgimento del territorio perché i manufatti sarebbero stati destinati all’attività agricola ed occuperebbero superficie minima dei relativi lotti.

Gli appellanti peraltro non forniscono neanche riscontri della destinazione ad attività connessi con l’agricoltura delle costruzioni: al contrario, salvo forse per un frantoio e una vendita trattori, per tutti gli altri casi si tratta di utilizzi a fini artigianali e/o commerciali del tutto differenti (es. ditta di trasporti, officina di un fabbro, una tipografia, gabinetto fotografico, ditta di produzione di sacchi in PVC, negozio di divani, e di strumenti musicali, ecc.: cfr. allegato alla nota della Polizia Municipale del 6.7.2004).

Sotto altro profilo poi l’annullamento delle concessioni in sanatoria faceva venir meno il presupposto dei provvedimenti del Giudice dell’esecuzione del tribunale di Bari di restituzione dei beni confiscati e di cancellazione delle relative trascrizione nei confronti del Comune di Palo del Colle.

Tali ordinanze, adottati in esito ai provvedimenti di concessione, non avevano un carattere propriamente decisorio, per cui in ogni caso non potevano formare “giudicato penale” idoneo a precludere i provvedimenti di autotutela all’amministrazione.

Del tutto inconferente sul piano giuridico è poi l’affermazione per cui la lottizzazione abusiva sarebbe immediatamente adiacenti ad una zona che “di fatto” avrebbe già avuto la qualificazione artigianale - industriale come provato dall’apposizione dei cartelli di “Zona industriale”.

Al contrario in sede di P.U.G. (Piano Urbanistico Generale) il Comune aveva tipizzata l’area come “D4 strutture produttive non autorizzate” ed all’art. 51 delle N.T.A. aveva previsto che, in caso di contenzioso sfavorevole agli abusivisti, l’area D4 sarebbe ex sé stata “riclassificata con la normativa indicata nelle presenti Norme per le Zone agricole di tipo E1” (come risulta meglio evidente in sede rigetto dell’appello n. 7966/2008 dei medesimi appellanti, avverso il relativo provvedimento).

Le asserite zonizzazioni “di fatto” dell’area non possono poi assumono alcun rilievo legale.

Nel quadro delle considerazioni di cui al punto 3.1. che precede, è dunque inconferente, e comunque inesatto, anche il rilievo per cui, dopo oltre un decennio, improvvisamente il Comune avrebbe intenzionalmente assunto un atteggiamento ostile nei riguardi degli appellanti, ed in totale contraddizione con il rilascio delle in sanatoria tra il 92 ed il 2000.

Le vicende che avevano portato alle condanne penali n. 77/88 e 50002/94 erano infatti fondate sulle puntuali denuncie della Polizia Municipale relative corpi di fabbrica via via abusivamente realizzati.

Privi di effetti ai fini della pretesa illegittimità degli atti di autotutela appaiono poi i rilievi per cui, al momento del rilascio delle sanatorie, il comune sarebbe stato ben consapevole della circostanza che nella zona erano stati realizzati altri manufatti e della condanna del dante causa di ricorrenti per reato di lottizzazione abusiva. Al riguardo se è vero che i provvedimenti di autotutela erano stati originati da comportamenti illeciti di alcuni impiegati del Comune in spregio alla legge ed alle sentenze del giudice penale è altrettanto vero che, con l’arrivo del Commissario Straordinario, gli appellanti avevano probabilmente perso quelle aderenze e quelle vischiosità che nel periodo delle sanatorie avevano determinato la supina adesione del Comune a tutte le relative istanze.

___4.2. Con il terzo motivo si lamenta l’illogicità e l’ingiustizia manifesta e la violazione dei principi di buon andamento da parte dell’amministrazione comunale che, con una macroscopica disparità di trattamento ed in violazione dei principi fondamentali, avrebbe rilasciato -- e non auto-annullato – a altri concessioni in sanatoria per capannoni immediatamente contigui a quello degli appellanti. Il comune avrebbe intenzionalmente penalizzato solo i ricorrenti senza risolvere la situazione urbanistica della zona, come dimostrerebbe il rigetto del piano di intervento di recupero territoriale proposta degli appellanti e respinta con delibera commissariale del 2006 dal Comune.

L’assunto è infondato.

Nel caso di edifici abusivamente insistenti nella medesima zona che sarebbero stati condonati nonostante in contrasto con un preciso e inderogabile divieto, l’eventuale illegittimità del condono non può essere può essere invocata per sostenere l'illegittimità del successivo corretto esercizio del medesimo potere (cfr. Consiglio di Stato sez. VI 27 marzo 2012 n. 1813; Consiglio Stato sez. IV 15 settembre 1998 n. 1163; Consiglio Stato sez. IV 07 aprile 2008 n. 1482).

Qui non risulta affatto dimostrata l'assoluta identità di situazioni denunciate in quanto anche la prossimità di un’area ad un’altra non esclude una differente zonizzazione urbanistica tra due zone confinanti.

La prossimità di un abuso ad una zona ove sono consentiti insediamenti di analoga natura non costituisce affatto elemento di legittimità dello stesso.

___ 4.2 .Con il quinto motivo si lamenta che l’amministrazione avrebbe illegittimamente giustificato i provvedimenti di autoannullamento con riferimento ad una vicenda penale che avrebbe interessato un soggetto diverso (il loro padre), e quindi non gli appellanti destinatari dei procedimenti de quo. L’articolo 654 c. p.p. preciserebbe che i giudizi penale di condanna si riflettono solo sui diritti civili ed amministrativi di cui sono parte gli imputati, dovendosi escludere che l’accertamento di fatti materiali in sede penale sia vincolante nei confronti di coloro che siano rimasti estranei al relativo giudizio. Il Tar Salerno al riguardo avrebbe concluso per la necessità di un’idonea istruttoria e di motivazione.

Anche tale doglianza non convince.

I poteri istituzionali dell’Amministrazione non costituitasi parte civile non possono essere incisi da accertamenti o da valutazioni del giudice penale resi in un processo al quale è rimasta estranea (cfr. Consiglio Stato sez. VI 10 dicembre 2010 n. 8705).

L’accertamento dell’illegittimità delle concessioni in sanatoria qui non discende dalla sentenza ma da un’autonoma valutazione della P.A. che, che peraltro è confortata anche dalla decisione penale. Non vi perciò alcuna estensione degli effetti del giudizio penale a soggetti estranei, in violazione dell'art. 654 c.p.p. , ma solo un’autonoma qualificazione dell'antigiuridicità evidentemente operata ai soli effetti della sussistenza dell’illegittimità della lottizzazione.

In ragione della sostanziale autonomia delle valutazioni che si compiono in sede di autotutela, il richiamo alla sentenza penale fatto dal provvedimento non comportava affatto l’estensione né della condanna e né degli altri effetti penali, a soggetti non ricompresi, ma costituisce solo una delle premesse invocate a conforto della esattezza dei presupposti dell’esercizio del relativo potere.

___ 4.3. Per il medesimo ordine di considerazioni di cui al punto 3.1. è inconferente anche l’ottavo motivo con cui si assume l’illegittimità del provvedimento perché sarebbe stato violato l’art. 30 del d.p.r. 380/2001 che consentirebbe l’adozione di sanzioni solo immediatamente al primo accertamento mentre gli atti impugnati farebbero riferimento ad una relazione del Comando vigili urbani del 30 maggio 2002, a fronte di un primo accertamento in loco da parte della polizia municipale risaliva al lontano 1986.

Inoltre si sarebbero violati sia i principi del “nè bis in idem” e di certezza dei rapporti giuridici e sia il giudicato sulle ordinanze con cui era stata revocata la confisca per effetto dei predetti sanatoria rilasciati dal comune, con ordinanze pienamente efficaci.

L’assunto va respinto.

A parte la ricordata assenza di un termine normativamente imposto per l’autotutela, il riferimento all’applicazione delle sanzioni in prossimità del “primo accertamento” è posta solamente a presidio della tempestività dell’intervento sanzionatorio della P.A. e non è affatto una norma in favore degli abusivisti.

Erroneamente gli appellanti assumono che la sanzione dell’acquisizione al patrimonio comunale di quell’articolo 30 del d.p.r. 380/2001 non avrebbe potuto essere applicata anche in tempi successivi.

Inoltre del tutto privo di riferimenti normativi, e quindi del tutto inconferente, è il richiamo in tali ambiti al principio “nel bis in idem”.

____4.4. Per il medesimo ordine di ragione va respinto il nono motivo con cui si lamenta l’insussistenza dei presupposti richiesti dall’articolo 30 del d.p.r. n. 380/2001 perché nella specie la nota del responsabile sarebbe stata firmata da un soggetto incompetente quale il responsabile del Servizio Contenzioso.

Al contrario tale atto risulta correttamente firmato dal Dirigente competente e quindi era procedimentalmente perfettamente legittimo.

____5. In conclusione:

-- il primo, quarto motivo, sesto e settimo motivo – identici per tutti gli appelli sono infondati e devono essere respinti;

-- il secondo, terzo, quinto, ottavo e nono motivo, che sono comunque infondati, devono invece essere dichiarati inammissibili.

Le spese relative a tutti i gravami, secondo le regole generali di cui all’art. 26 del c.p.a. seguono la soccombenza e, in ragione del numero degli appelli riuniti, sono liquidate a favore del Comune di Palo del Colle in € 18.000,00 oltre ad IVA e CPA a carico di tutti gli appellanti in solido.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta):

___ 1. Dispone, ai sensi dell’art. 70 del c.p.a. la riunione dei gravami.

___ 2. definitivamente pronunciando respinge gli appelli come in epigrafe proposti rispettivamente n.7959 del 2008; n.7960 del 2008; n.7961 del 2008, n. 7962 del 2008; n. 7963 del 2008; n. 7967 del 2008;

___3. Condanna tutti gli epigrafati appellanti in solido al pagamento, a favore del Comune di Palo del Colle, delle spese degli appelli di cui sopra che vengono omnicomprensivamente liquidate in € 18.000,00 oltre ad IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Gaetano Trotta, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

Oberdan Forlenza, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 12/02/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)