Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5292, del 4 novembre 2013
Urbanistica.Variante di piano generale territoriale (PGT)

Compete al consiglio comunale la valutazione ulteriore, necessaria a giustificare sul piano urbanistico una deroga, per il caso singolo, alle regole poste dallo strumento vigente. A fronte della richiesta del privato di ampliare un impianto industriale, l'art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998 non consente di ipotizzare alcuna abdicazione dell’amministrazione resistente alla sua istituzionale potestà pianificatoria, sì da rendere l'approvazione della variante pressoché obbligatoria, restando al contrario integra per l'organo consiliare la possibilità di discostarsi motivatamente dalla determinazione iniziale adottata. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 05292/2013REG.PROV.COLL.

N. 02934/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2934 del 2013, proposto da
Trafilati Martin s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Massari e Ilaria Romagnoli, con domicilio eletto presso Ilaria Romagnoli in Roma, via Livio Andronico, n. 24;

contro

il Comune di Cologne, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Paola Ramadori, Fiorenzo Bertuzzi, Silvano Venturi e Gianpaolo Sina, con domicilio eletto presso Paola Ramadori in Roma, via Marcello Prestinari, n. 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – BRESCIA, SEZIONE I n. 2018/2012, resa tra le parti, concernente approvazione variante al piano delle regole del p.g.t. - demolizione manufatti.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Cologne;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 il Cons. Vito Carella e uditi per le parti gli avvocati Romagnoli e Buccellato per delega di Ramadori;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

I.- L’appellante Trafilati Martin s.p.a., che nel suo ciclo di produzione dei laminati semilavorati ferrosi genera vari scarti usualmente stoccati per lo smaltimento in container depositati in diversi punti dei piazzali esterni allo stabilimento, realizzava abusivamente tettoie con coperture mobili della consistenza di 312 mq. per porre rimedio ai rilievi formulati dall’ARPA-Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (nello specifico, ristrutturazione/adeguamento delle aree di stoccaggio dei container con idonee coperture contro gli eventi atmosferici).

Il comune di Cologne (BS) ha negato alla società istante il permesso di costruire in sanatoria perché concernente opere edili non ammissibili in base alla vigente disciplina urbanistica di zona (soltanto manutenzione ordinaria e straordinaria) e, di conseguenza, le ha ordinato la rimozione di tali abusi.

La medesima società ha quindi presentato al Comune istanza di modifica della predetta disciplina urbanistica in relazione alla variante di piano generale territoriale (PGT) in corso di redazione, nel contempo chiedendo proroga del termine per il ripristino, successivamente all’eventuale approvazione della variante stessa.

L’amministrazione comunale, che nella variante adottata ha inserito all’art. 25-bis delle norme tecniche di attuazione (N.T.A. al Piano delle Regole) un’apposita disposizione particolare (secondo cui “è possibile realizzare tettoie adiacenti ai fabbricati esistenti della Trafilati Martin spa finalizzate esclusivamente alla tutela ambientale, entro il limite massimo di mq. 320 di SC”), in sede di approvazione definitiva, con la deliberazione consiliare n. 1 del dell’11 gennaio 2012, ha motivatamente eliminato questa previsione, in accoglimento delle osservazioni presentate da taluni cittadini e previe controdeduzioni richieste alla parte interessata.

II.- In primo grado la società ricorrente ha chiesto l’annullamento della citata delibera consiliare n. 1 del 11 gennaio 2012, di approvazione della variante al piano delle regole di PGT, nonché dell'ordinanza di demolizione del 10 marzo 2011 e dell'atto di sospensione della sua efficacia di data 9 dicembre 2011.

Il Tribunale amministrativo regionale, con la sentenza impugnata, constatata la mancata impugnazione del diniego del permesso di costruire in sanatoria e rilevata l’intempestività nei confronti dell’ordinanza di demolizione, ha rigettato il ricorso e compensato le spese di lite, nel rilevo che il comune abbia fatto nel caso di specie legittimo uso del potere discrezionale al medesimo spettante in sede di pianificazione urbanistica.

III.- Con il gravame d’appello in esame, integrato da domanda cautelare e affidato ad unico articolato motivo per violazione di legge (art. 13 legge regionale Lombardia 11 marzo 2005, n. 12) nonché per eccesso di potere (sviamento della causa tipica, illogicità, irrazionalità), la società appellante ha chiesto la riforma di detta sentenza, riproponendo la censura urbanistica di cui all’impugnazione originaria ed espressamente rinunciando al motivo avverso gli atti di ripristino.

In particolare, viene dedotta come errata e priva di senso l’osservazione accolta, ove si consideri, da un canto, l’interesse ambientale sotteso e connesso alla prescrizione (dell’Arpa e della Provincia) nonché, dall’altro, l’irrilevanza del fatto che la linea di produzione, nella fase terminale, sia dotata di una copertura telonata per impedire il dilavamento dei residui di lavorazione in caso di pioggia; si aggiunge che il PRG del 2001 consentiva incrementi di edificabilità nella zona e, quindi, la censurata cancellazione della disposizione particolare sarebbe acritica ed apodittica sotto il profilo procedimentale e sostanziale.

Il Comune appellato si è costituito in giudizio e, con la memoria depositata il 24 giugno 2013, ha eccepito l’ampia motivazione al riguardo contenuta nella variante approvata in coerenza all’impostazione di piano, l’imputabilità solo alla società ricorrente dell’irregolarità ambientale che non può certo abilitare ad abusi edilizi, la collocabilità dello stoccaggio degli scarti all’interno dei capannoni autorizzati (mq. 11.700 più mq. 5.700, oltre mq. 1.100 di uffici rispetto ad appena mq. 320 occorrenti per l’immagazzinamento dei residui delle lavorazioni da smaltire).

IV.- Alla camera di consiglio del 2 luglio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione, per la sua definizione in forma semplificata, dopo aver sentito le parti.

DIRITTO

1.- La presente decisione viene assunta in forma semplificata, a norma del combinato disposto di cui agli artt. 60 e 74 Cod. proc. amm., dopo aver accertato la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, preavvertite le parti.

Nel processo amministrativo, infatti, l'esigenza e l'opportunità della sollecita decisione nel merito di una causa è rimessa dal legislatore al prudente apprezzamento del giudice e non alla volontà delle parti alle quali, peraltro, è riconosciuto il diritto d'essere avvertite dell'intenzione del giudice di decidere immediatamente nel merito la causa, al fine precipuo di non esaurire le loro difese sul piano della misura cautelare incidentalmente richiesta e di sviluppare pertanto le proprie argomentazione difensive anche nel merito (Cons. Stato, III, 14 marzo 2013, n. 1533).

Recita il citato art. 74 Cod. proc. amm. che, nel caso di manifesta fondatezza o infondatezza ovvero inammissibilità del ricorso nei suoi vari aspetti in rito, la motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto risolutivo, ovvero, se del caso, ad un precedente conforme.

Nella specie, la situazione di fatto è chiara nei suoi punti di riferimento e la problematica dibattuta ruota intorno a pacifici principi e consolidati precedenti giurisprudenziali in materia urbanistico-edilizia, dai quali non v’è ragione alcuna per discostarsene.

2.- La sentenza merita di essere confermata perché esente dalle censure mosse e l’appello va di conseguenza rigettato.

In punto di fatto va sottolineato come il PRG del 2001 (che consentiva nella zona incrementi di edificabilità) sia stato superato dalla variante del 2009 (prevedente per tali aree soltanto la manutenzione ordinaria e straordinaria) a suo tempo non impugnata e rispetto alla quale la variante del 2012 censurata si pone a conferma, sia pure a seguito di osservazioni ambientali promosse da privati cittadini.

Con la variante del 2009 l’amministrazione comunale ha inteso congelare (allo stato di fatto, per la loro posizione e per il rapporto visivo e ambientale che hanno con il Monte Orfano, al fine in futuro di inserirle in un piano strategico e poterle trasformare in destinazioni maggiormente compatibili con la zona residenziale) tali aree produttive poste a nord della provinciale per Bergamo, inserite in pieno centro abitato residenziale o attigue a zone adibite ad attrezzature pubbliche e quindi fonte di possibile inquinamento anche acustico.

La variante al PGT adottata nel 2011, nel confermare sostanzialmente i citati indirizzi della precedente variante, introduceva tuttavia, in contraddizione, una disposizione particolare limitata all’odierna appellante, che con il gravame persegue ora l’obiettivo di farne salvezza.

Il consiglio comunale, nel sopprimere la previsione di favore in sede di approvazione della variante, ha ritenuto “di confermare le precedenti scelte urbanistiche, sopra richiamate, in considerazione del rapporto dell' insediamento con il contesto, delle caratteristiche dimensionali rilevanti e di notevole impatto dello stesso, della tipologia produttiva di attività soggetta a Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), con particolare riferimento al rapporto con le aree residenziali limitrofe, appartenenti al centro urbano, che si sviluppa a nord della provinciale Brescia-Bergamo, ammettendo specificatamente per l'area soltanto gli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione”.

Quindi, l’abolizione dal piano approvato della singolare eccezione territoriale in contrasto alle regole proprie dello strumento è avvenuta motivatamente e non in modo acritico, mentre contraddittoria si palesa la prospettazione che gli scarti dei residui di lavorazione costituiscano linea di produzione nella fase terminale.

Queste scorie rappresentano invece rifiuti da smaltire in ogni caso, anche se materie prime secondarie idonee ad essere riutilizzate in altri cicli produttivi esterni, a proprie cure e nel rispetto dell’ambiente, giorno dopo giorno ovvero, nell’ attesa del loro prelievo o conferimento, da accatastare in appositi locali dello stabilimento, non già mediante stoccaggio all’aperto con inquinamento visivo e delle falde nel caso di pioggia.

Tanto comporta che la pretesa azionata, di realizzazione all’esterno dell’impianto industriale dei magazzini da adibire allo scopo, contrariamente a quanto dedotto di essere solo una appendice del macchinario ovvero mere attrezzature impiantistiche peraltro mobili, non si risolve in funzione di una salvaguardia dell’ambiente, bensì si sostanzia nell’addossare il relativo onere ambientale a danno della collettività con superamento dei vigenti indici di fabbricabilità previsti per la zona e ineluttabilmente a sacrificio dei valori e degli obiettivi della pianificazione generale.

3.-.In punto di diritto, il Collegio osserva a premessa generale come al consiglio comunale competa una valutazione ulteriore, necessaria a giustificare sul piano urbanistico una deroga, per il caso singolo, alle regole poste dallo strumento vigente.

Inoltre, a fronte della richiesta del privato di ampliare un impianto industriale, l'art. 5 del d.P.R. n. 447 del 1998 non consente di ipotizzare alcuna abdicazione dell’amministrazione resistente alla sua istituzionale potestà pianificatoria, sì da rendere l'approvazione della variante pressoché obbligatoria, restando al contrario integra per l'organo consiliare la possibilità di discostarsi motivatamente dalla determinazione iniziale adottata (Cons. Stato, IV, 31 luglio 2009, n. 4828; 27 giugno 2007, n. 3772).

Nemmeno l’appellante ha potuto legittimamente riporre, nel caso di specie, qualsiasi ragionevole affidamento o aspettativa sulla semplice adozione della disposizione particolare non approvata, poiché non rivestiva alcuna posizione differenziata e qualificata, che può sorgere solo a seguito di un piano attuativo approvato e convenzionato ovvero di un permesso di costruire già rilasciato oppure in esito a sentenza di suo annullamento o dichiarativa dell’obbligo di suo rilascio, laddove le osservazioni presentate dai privati in sede di pianificazione urbanistica non costituiscono rimedi giuridici, ma un semplice apporto collaborativo dato dai cittadini alla formazione del piano (Cons. Stato, sez. IV, 20 settembre 2000, n. 4938).

Pertanto, l’accoglimento di tali osservazioni da parte del Consiglio comunale, e per converso la soppressione della disposizione derogatoria, non richiedevano alcuna specifica motivazione mirata, nel concreto pur puntuale, esaustiva e congrua, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e ritenute in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano (Cons. Stato, IV, 6 maggio 2013, n. 2432; 3 novembre 2008, n. 5478).

Quanto poi alla ventilata violazione dell’art. 13 della legge regionale Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (in disparte dalla generica enunciazione che non consente di cogliere la reale direzione del profilo procedimentale denunziato racchiuso nell’allegazione “trattandosi invero di modifica in via autonoma del piano”, se riferita cioè alle misure di salvaguardia oppure alla ripubblicazione del piano), è sufficiente rilevare, da un canto, l’intervenuto consolidamento dell’ingiunzione a demolire e, dall’altro, come la giurisprudenza sia costante nell’escludere la ripubblicazione del piano nel caso di una modifica della destinazione impressa ad una singola area, non idonea ad alterare i criteri d'impostazione del piano adottato ma addirittura in suo contrasto (Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1477; 15 luglio 2008, n. 3518),

Alla luce delle considerazioni svolte, ne consegue dunque l'accertata infondatezza di tutti i profili di motivo con il quale si è prospettata l'illegittimità dell’ atto consiliare impugnato, coerente invece rispetto ai fini di legge e rispondente all’interesse generale, non essendo intervenuta in relazione all'area della società esponente alcuna rielaborazione complessiva del piano stesso o mutamento delle sue caratteristiche essenziali, ma soltanto una sua riconduzione nel giusto alveo della variante al PGT, nei sensi dinanzi precisati.

4.- Per le ragioni suesposte l'appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare anche in questo grado tra le parti le spese, i diritti e gli onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza del TAR Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 2018 del 27 dicembre 2012.

Compensa interamente tra le parti le spese relative all’odierno grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Aldo Scola, Consigliere

Vito Carella, Consigliere, Estensore

Claudio Contessa, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)