Cass. Sez. III n. 1301 del 12 gennaio 2017 (Ud.9 nov. 2016)
Presidente: Cavallo Estensore: Scarcella Imputato: La Manna e altro
Aria.Getto pericoloso di cose e permanenza solo eventuale

Il reato di getto pericoloso di cose ha di regola carattere istantaneo e, solo eventualmente, natura permanente, essendo ravvisabile la permanenza solo quando le illegittime emissioni siano connesse all'esercizio di attività economiche e legate al ciclo produttivo.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 8/04/2014, depositata in data 6/06/2014, il tribunale di Ancona dichiarava gli attuali ricorrenti colpevoli del reato di cui all'art. 674 c.p. e, con il concorso di attenuti generiche, li condannava al pagamento della somma di 120 Euro di ammenda ciascuno, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile ed assegnando una provvisionale di 3000,00 Euro, in relazione a un fatto contestato come commesso, secondo le modalità esecutive e spazio temporali meglio descritte nell'imputazione il (OMISSIS).

2. Hanno proposto congiunto ricorso per cassazione i due imputati, a mezzo del comune difensore fiduciario cassazionista, deducendo quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Deducono, con il primo motivo, il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per violazione dell'art. 162 bis c.p. e correlato vizio motivazionale.

In sintesi la censura investe la sentenza impugnata in quanto, sostengono i ricorrenti, l'ordinanza emessa l'11 aprile 2013 dal GIP sarebbe illegittima; detto provvedimento aveva rigettato la richiesta di oblazione "permanendo le conseguenze denunciate di cui all'imputazione"; diversamente, si sostiene, non ricorrevano le condizioni per il diniego della richiesta (difettando le condizioni ostative di cui all'art. 162 bis c.p., comma 2 o le condizioni soggettive di cui agli artt. 99, 104 o 105 c.p.), e l'ordinanza sarebbe altresì affetta dal vizio di motivazione, non essendo il giudice in possesso di elementi per valutare la gravità del reato nè per affermare che non fossero venute meno le conseguenze dello stesso.

2.2. Deducono, con il secondo motivo, il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per violazione di legge e correlato vizio motivazionale di travisamento probatorio.

In sintesi la censura investe la sentenza impugnata in quanto, sostengono i ricorrenti, il giudice avrebbe erroneamente affermato che esisteva una lieve pendenza tra i due appezzamenti di terreno; ciò non risponderebbe al vero per come è emerso in sede istruttoria; si sarebbe quindi basata la decisione su un dato inesistente, con conseguente integrazione del vizio di travisamento probatorio.

2.3. Deducono, con il terzo motivo, il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per violazione dell'art. 162 bis c.p. e correlato vizio di mancanza ed illogicità della motivazione.

In sintesi la censura investe la sentenza impugnata in quanto, sostengono i ricorrenti, perchè il reato possa dirsi integrato i presunti sversamenti di acque reflue avrebbero dovuto protrarsi per un apprezzabile lasso di tempo e senza interruzioni; diversamente sarebbe emerso che il terreno era completamente asciutto all'atto del sopralluogo e, quindi, il reato non sussisterebbe dovendo avere la condotta illecita carattere continuativo, laddove il fatto si sarebbe verificato una volta sola, per come emerso dall'istruttoria e dalla stessa imputazione; il giudice non avrebbe nemmeno valutato le prove addotte dalla difesa, così incorrendo nel vizio di omessa valutazione di prova decisiva.

2.4. Deducono, con il quarto motivo, il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e), sotto il profilo della mancanza ed illogicità della motivazione.

In sintesi la censura investe la sentenza impugnata in quanto, sostengono i ricorrenti, la motivazione della sentenza sarebbe errata laddove ha riconosciuto la provvisionale, sostenendo che la parte civile non avrebbe dimostrato la sussistenza del danno, ma ne avrebbe solo richiesto la liquidazione in sede di discussione; in assenza di tali elementi non avrebbe mai dovuto il giudice riconoscere il diritto al risarcimento del danno nè la somma a titolo di provvisionale.

3. Con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte in data 24/10/2016, l'Avv. Pizzimenti ha proposto due motivi nuovi.

3.1. In particolare, ha dedotto con il primo motivo, il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per violazione dell'art. 111 Cost., comma 6, e dell'art. 192 c.p.p., commi 1 e 2, e correlato vizio motivazionale.

In sintesi la censura investe la sentenza impugnata in quanto, sostengono i ricorrenti pel tramite del difensore, che il giudice avrebbe emesso il provvedimento di condanna, quanto alla valutazione delle prove, sulla scorta delle dichiarazioni della p.o. P. (ud. 27/01/2014) e di altri due testi (testi B. e G.); si censura, in particolare, la circostanza di non avere il giudice attribuito alcuna rilevanza alle dichiarazioni testimoniali dei testi Pa., Gr. ed A. (delle cui deposizioni vengono riportati brevi stralci) nonchè l'esclusione delle ulteriori testimonianze ( M. e Ma.); inoltre, si duole la difesa dei ricorrenti del mancato ricorso da parte del P.M. all'incidente probatorio, in quanto si sarebbe reso necessario per cristallizzare la prova del fatto illecito, essendo la casa ed il luogo del fatto soggetti a modificazione non evitabile.

3.2. In particolare, ha dedotto con il secondo motivo, il vizio di cui all'art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), per violazione dell'art. 185 c.p. e correlato vizio motivazionale quanto all'esistenza ed alla liquidazione del danno e conseguente assegnazione della provvisionale.

In sintesi viene ad essere reiterata la censura già esposta nel quarto motivo di ricorso originario, ribadendo che l'istruttoria non avrebbe fatto emergere un qualsivoglia danno nè la sua portata nè tantomeno il legame causale tra l'evento dannoso e il comportamento colpevole dei ricorrenti; ciò inciderebbe anche sulla decisione di assegnazione della provvisionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili per manifesta infondatezza.

5. Ed invero, quanto al primo motivo, lo stesso è inammissibile non essendo ricorribile il provvedimento oggetto di impugnazione, nè dunque può nemmeno prospettarsi il medesimo davanti a questa Giudice di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione.

E' pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, infatti, che è inammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che abbia respinto la domanda di oblazione ai sensi dell'art. 141 norme att. c.p.p., comma 4, in quanto nessun mezzo di impugnazione è previsto avverso tale provvedimento, dal quale non deriva alcun effetto preclusivo della riproposizione della istanza (Sez. 1, n. 21441 del 21/02/2001 - dep. 25/05/2001, Bancallaro G, Rv. 219023). Nè, nel caso in esame, ricorrono le condizioni richiamate dalle Sezioni Unite di questa Corte nella nota sentenza Autolitano ed altro (Sez. U, n. 7645 del 02/03/2006, Autolitano ed altro, 233029), che impone al giudice di attivare il meccanismo di cui all'art. 141 c.p.p., comma 4 bis, anche all'esito dell'istruttoria dibattimentale, ma solo nel caso in cui l'imputato, nel corso dell'istruttoria dibattimentale, abbia presentato istanza di oblazione subordinata ad una diversa e più favorevole qualificazione giuridica del fatto, dalla quale discenda la possibilità di essere ammesso all'oblazione stessa, ed il giudice abbia effettivamente proceduto a tale modifica.

6. Anche il secondo motivo è inammissibile, in quanto si tratta di censura puramente contestativa. Il ricorrente trascura inoltre di confrontarsi con il principio secondo cui in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purchè specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014 - dep. 03/02/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774).

Le argomentazioni offerte dal tribunale sono dunque del tutto coerenti con la logica e si appalesano quindi immuni dai denunciati vizi che, diversamente, nascondono il tentativo del ricorrente - attraverso la denuncia di vizi motivazionali - di manifestare un dissenso rispetto alla ricostruzione dei fatti ed alla valutazione delle risultanze probatorie operata dal giudice, operazione vietata in questa sede.

Si ribadisce, e non potrebbe essere altrimenti, che l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte, v.: Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997 - dep. 02/07/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944). A ciò si aggiunge che gli accertamenti (giudizio ricostruttivo dei fatti) e gli apprezzamenti (giudizio valutativo dei fatti) cui il giudice del merito sia pervenuto attraverso l'esame delle prove, sorretto da adeguata motivazione esente da errori logici e giuridici, sono sottratti al sindacato di legittimità e non possono essere investiti dalla censura di difetto o contraddittorietà della motivazione solo perchè contrari agli assunti del ricorrente; ne consegue che tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., lett. e), non rientrano quelle relative alla valutazione delle prove, specie se implicanti la soluzione di contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni, l'indagine sull'attendibilità dei testimoni e sulle risultanze peritali, salvo il controllo estrinseco della congruità e logicità della motivazione (tra le tante: Sez. 4, n. 87 del 27/09/1989 - dep. 11/01/1990, Bianchesi, Rv. 182961). Controllo, in questa sede, agevolmente superato dalla sentenza impugnata.

A ciò va, infine, aggiunto, da un lato, che in tema di valutazione della prova testimoniale, l'attendibilità della persona offesa dal reato è una questione di fatto, che ha la sua chiave di lettura nell'insieme di una motivazione logica, che non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni (Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015 - dep. 19/02/2015, Cammarota e altro, Rv. 262575), ciò che va escluso nel caso di specie e, dall'altro, che non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011 - dep. 25/05/2011, Tosto, Rv. 250362).

7. Non miglior sorte ha il terzo motivo, che partecipa del medesimo vizio che affligge l'esaminato secondo motivo di ricorso. La soluzione cui perviene il giudice è del resto giuridicamente corretta, in quanto il reato di cui all'art. 674 c.p. è integrato anche da un unico "svernamento" e non si richiede la continuità agli effetti della sua compiuta integrazione. E' stato infatti più volte affermato da questa stessa Sezione che il reato di getto pericoloso di cose ha di regola carattere istantaneo, e solo eventualmente permanente, essendo ravvisabile la permanenza solo quando le illegittime emissioni siano connesse all'esercizio di attività economiche e legate al ciclo produttivo (v., in tal senso: Sez. 1, n. 2598 del 13/11/1997 - dep. 27/02/1998, P.M. in proc. Garbo, Rv. 209960). In ogni caso, nel presente ricorso, si svolgono censure in fatto, del tutto inammissibili in questa sede.

8. Manifestamente infondato è poi il quarto motivo di ricorso, unitamente al secondo motivo nuovo od aggiunto, in quanto la responsabilità da danno ex delicto discende dal reato stesso, essendo stato già affermato da questa Corte che l'affermazione della penale responsabilità comporta per l'imputato la responsabilità civile per il danno "ex delicto" che, pur non identificandosi con l'evento, è conseguenza necessaria dell'evento stesso (Sez. 5, n. 43363 del 21/10/2010 - dep. 06/12/2010, Mameli, Rv. 248952; in motivazione, questa S.C. ha richiamato Sez. un. civ. n. 26972 dell'11/11/2008, rv. 605489). La liquidazione del danno medesimo, peraltro, è avvenuta in base a criteri equitativi, come reso necessario nel caso in esame, avendo infatti chiarito questa Corte che è legittimo il ricorso del giudice a criteri equitativi nella quantificazione del danno risarcibile ove in esso non siano rinvenibili componenti patrimoniali suscettibili di precisa determinazione (Sez. 5, n. 43053 del 30/09/2010 - dep. 03/12/2010, Arena, Rv. 249140). Quanto all'assegnazione della somma a titolo di provvisionale, trattasi di statuizione inoppugnabile, dunque sottratta al sindacato di legittimità, essendo pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata (Sez. 3, n. 18663 del 27/01/2015 - dep. 06/05/2015, D. G., Rv. 263486).

9. Solo per completezza, si noti, l'inammissibilità dei motivi originari, rende inammissibili i motivi nuovi od aggiunti, norma applicabile anche nel giudizio di Cassazione. Ed infatti, si è correttamente affermato che il nuovo codice di rito ha unificato in un unico atto di impugnazione i due momenti, nel codice abrogato ontologicamente e temporalmente diversi, della dichiarazione e della presentazione dei motivi, ed ha affidato il controllo sull'ammissibilità dell'impugnazione soltanto al giudice "ad quem", cui sono trasmessi senza ritardo gli atti dell'impugnazione e quelli del procedimento (art. 590 c.p.p.). Essendo, dunque, l'impugnazione per il nuovo codice, "unitaria", la disposizione di cui all'art. 311, comma 4, secondo cui "nei casi previsti dai commi 1 e 2, i motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti alla Corte di cassazione prima dell'inizio delle discussione" deve necessariamente essere correlata all'altra disposizione contenuta nell'art. 593 c.p.p., comma 4 secondo cui "fino a quindici giorni prima dell'udienza possono essere presentati in cancelleria del giudice dell'impugnazione motivi nuovi..." cui subito dopo si aggiunge l'altra "L'inammissibilità dell'impugnazione si estende a motivi nuovi". Tale disposizione è di carattere generale ed è pertanto, applicabile anche al ricorso per cassazione. Ne consegue che l'indicazione di motivi generici, in violazione dell'art. 581 c.p.p., lett. c), nell'atto di impugnazione rende inammissibile il proposto gravame anche se successivamente vengono depositati motivi "nuovi", ad integrazione, nei termini di legge (Sez. 1, n. 4641 del 03/12/1991 - dep. 23/01/1992, Andricciola ed altri, Rv. 190733). Peraltro, si osserva, il primo motivo sarebbe comunque inammissibile in quanto del tutto disancorato dai motivi di ricorso originari - essendo infatti noto che i motivi nuovi proposti a sostegno dell'impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di impugnazione a norma dell'art. 581 c.p.p., comma 1, lett. a), (Sez. 6, n. 73 del 21/09/2011 - dep. 04/01/2012, Aguì, Rv. 251780) - e comunque ha natura puramente contestativa limitandosi i ricorrenti a dolersi per la presunta mancata valutazione di dichiarazioni testimoniali o ancora del mancato ricorso del P.M. all'incidente probatorio.

10. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 2000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende, cui segue la condanna in solido alla rifusione, in favore della parte civile, delle spese sostenute nel presente giudizio, liquidate in misura media, corna da dispositivo, secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonchè in solido a rifondere alla parte civile P.G. le spese sostenute nel grado, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella sede della Suprema Corte di Cassazione, il 9 novembre 2016.