TAR Campania (NA), Sez. VI, n. 3493, del 4 luglio 2013
Urbanistica.Recinzione con zoccolatura in calcestruzzo

La recinzione di un fondo rustico non necessita di concessione edilizia solo nel caso in cui la stessa venga attuata con opere non permanenti; il provvedimento autorizzativo è, invece, richiesto quando venga realizzata con materiale tipicamente edilizio tra cui rientra la zoccolatura in calcestruzzo. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03493/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03638/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3638 del 2008, proposto da Franci Diego, rappresentato e difeso dagli avv.ti Bruno Torre, Francesca Torre, Patrizio Parziale, con domicilio eletto presso il loro studio in Napoli, corso Umberto I, n. 58 nonché sui motivi aggiunti depositati il 09.12.2008;

contro

il Comune Di Pozzuoli, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo Starace, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, Riviera di Chiaia, 207;

per l'annullamento previa sospensiva

- dell’ordinanza di demolizione n. 18725 del 13.5.2008, notificata il 15.5.2008, con cui è stato ordinato il ripristino a propria cura e spese, delle opere abusive realizzate in Pozzuoli alla via Pisciarelli 87;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;

quanto ai motivi aggiunti:

- del silenzio rifiuto formatosi ai sensi dell’art. 36 comma 3 d.P.R. 380/2001 sulla domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata in data 09.06.2008 avente ad oggetto la realizzazione di un muro di divisione in blocchi di lapil cemento dello spessore di metri 0,20 e altezza di metri 1,30 e barriere metalliche alte mt. 1,30;

di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune Di Pozzuoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2013 la dott.ssa Emanuela Loria e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con il ricorso in epigrafe, notificato l’11 giugno 2008 e depositato il 30 giugno 2008, il signor Diego Franci impugna l’ordinanza di demolizione parimenti indicata in epigrafe che ha sanzionato la recinzione tra due proprietà, costituita da due muri intervallati da una serie di paletti di ferro, avente una lunghezza di mq. 35,00 circa e h. mt. 1,30. I muri sono stati completati di intonaco e passamano in cotto.

Sono dedotti vari motivi di eccesso di potere e violazione di legge.

Alla camera di consiglio del 16 luglio 2008 l’istanza di sospensiva è stata respinta con l’ordinanza n. 1992/2008.

Con i motivi aggiunti è impugnato il silenzio formatosi a seguito del decorso del termine di 60 giorni sull’istanza di permesso di costruire in sanatoria presentata al Comune in data 09.06.2008 ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 380/2001, per violazione dell’art. 3 legge 241/1990, e perché l’opera di recinzione sanzionata sarebbe stata da sottoporre meramente ad una D.I.A.

Il comune di Pozzuoli si è costituito in giudizio con memoria depositata il 16 luglio 2008, chiedendo il respingimento del ricorso in quanto infondato.

Alla pubblica udienza del 19 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1. Il ricorrente, con il ricorso principale, si duole per la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10, 22, 27 31 ss. del d.P.R. 380/2001, per la violazione dell’art. 97 Cost., del giusto procedimento, per difetto di istruttoria e di motivazione, per eccesso di potere per erroneo presupposto, per contraddittorietà e perplessità del provvedimento: l’assunto fondamentale è che il muro, di modeste dimensioni, divide la proprietà del ricorrente dalla proprietà aliena ed è espressione dello ius excludendi alios, trovando il suo fondamento nell’art. 841 c.c. che riconosce al proprietario il diritto di chiudere il fondo di proprietà. L’opera è pertanto subordinata alla mera denunzia di inizio attività poiché per le sue dimensioni non ha una autonoma attitudine a determinare un trasformazione urbanistica del suolo, così come ha riconosciuto anche il G.I.P. del Tribunale di Napoli che ha emesso il provvedimento di dissequestro del muro in questione in data 22 maggio 2007.

La risulta ricostruzione giuridica operata dal ricorrente in ordine alla necessità che la recinzione de qua fosse preceduta da una mera denuncia di inizio attività e non dal permesso di costruire non risulta corretta, atteso che la giurisprudenza amministrativa e anche quella della Suprema Corte di Cassazione ritiene che la realizzazione di una recinzione che presenti un elevato impatto urbanistico debba essere preceduta ai sensi della l. 10/1977 da provvedimento concessorio da parte dell’amministrazione comunale. Atto che non risulta necessario solo in presenza di una trasformazione che per l’utilizzo di materiale di scarso impatto visivo e per le dimensioni dell’interevento non comportino un’apprezzabile alterazione ambientale, estetica e funzionale. La distinzione tra esercizio dello jus aedificandi e dello jus excludendi alios va rintracciata quindi nella verifica concreta delle caratteristiche del manufatto. Sotto questo profilo si richiama l’orientamento del Consiglio di Stato, Sezione V (Cons. Stato Sez. V, 26-10-1998, n. 1537, 09-04-2013 n. 01922), secondo il quale: “La concessione edilizia non è necessaria per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno senza muretto di sostegno), in quanto entro tali limiti la recinzione rientra solo tra le manifestazioni del diritto di proprietà, che comprende lo "jus excludendi alios"; occorre, invece, la concessione, quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica”. Nello stesso senso la più recente Cons. St., Sez. V, 23 febbraio 2012, n. 976: “Necessita di concessione edilizia la recinzione di un fondo rustico realizzata con installazioni permanenti, in quanto produce una significativa trasformazione urbanistica del territorio, a prescindere dalla realizzazione di volumetrie di qualunque natura” (cfr. in aggiunta, sez. VI, 23 maggio 2011, n. 3046; sez. IV, 30 giugno 2005, n. 3555 secondo cui <<la nozione di manutenzione ordinaria è di per sé incompatibile con la realizzazione di nuovi e consistenti manufatti, quand’anche vengano destinati ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti, fermo restando che si tratta comunque di attività edilizie in senso proprio, ossia di attività di trasformazione del territorio mediante un’attività antropica tesa alla formazione di un opus espressione di ius utendi (come nel caso di specie) più che di ius aedificandi; l’elemento ontologico qualificante dell’attività di manutenzione ordinaria fa sì che gli elementi da rinnovare, integrare e mantenere in efficienza possono anche risultare diversi da quelli oggetto di intervento, con il limite che il nuovo elemento non risulti né tipologicamente né funzionalmente diverso dal precedente, non potendosi dare origine ad un quid novi>>). Uniforme appare anche la giurisprudenza della Suprema Corte (a far data da Cass. pen., 30 settembre 1988), secondo la quale: “La recinzione di un fondo rustico non necessita di concessione edilizia solo nel caso in cui la stessa venga attuata con opere non permanenti; il provvedimento autorizzativo è, invece, richiesto quando venga realizzata con materiale tipicamente edilizio tra cui rientra la zoccolatura in calcestruzzo” (cfr. in aggiunta Cass. pen., sez. III, 2 ottobre 2010, n. 41518; sez. III, 13 dicembre 2007). Nella fattispecie le dimensioni della costruzione che si estende per una lunghezza di circa 35 metri di lunghezza con altezza di metri 1,30 e le modalità costruttive (muri di intonaco e passamano in cotto intervallati da una serie di paletti di ferro) non lasciano dubbi sul fatto che si sia in presenza di un manufatto che necessita di apposito provvedimento edilizio abilitativo.

2. Con la seconda censura il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt.7 ss. della legge 241/1990 nonché della violazione del giusto procedimento.

In ragione del contenuto vincolato dell’atto impugnato, la censura va respinta, tanto più che l’interessato non ha rappresentato, neppure in sede di ricorso, argomentazioni idonee a determinare un diverso esito provvedimentale (cfr., tra le molte, T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 08 giugno 2009 , n. 1289).

L’infondatezza della censura in esame discende, invero, come già ripetutamente affermato dalla sezione (cfr., tra le tante, sentenze n. 1847 del 30 marzo 2011 e n. 8776 del 25 maggio 2010) e dal giudice d’appello (cfr. Cons. Stato, sezione quarta, 5 marzo 2010, n. 1277), dalla ineluttabilità della sanzione repressiva comminata dal Comune di Pozzuoli, anche a cagione dell’assenza di specifici e rilevanti profili di contestazione in ordine ai presupposti di fatto e di diritto che ne costituiscono il fondamento giustificativo, sicché alcuna alternativa sul piano decisionale si poneva all’Amministrazione procedente.

Dirimente in senso ostativo alle pretese del ricorrente, peraltro, appaiono le previsioni di cui all’art. 21 octies della legge 241/1990, secondo cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

3. Anche i motivi aggiunti sono infondati.

Il ricorrente solleva una serie di censure formali avverso il silenzio sull’istanza di accertamento di conformità, che essa qualifica come “rifiuto”, ritenendo che esso si sia stato emesso in violazione dell’obbligo di provvedere in modo espresso e che sia viziato da difetto di motivazione.

Le doglianze sopra riportate sono prive di pregio.

La costante giurisprudenza della Sezione (cfr. tra le molte T.A.R. Campania Napoli, VI dell’8.4.2011 n. 2037, del 10.3.2011 n. 1407; 2 maggio 2008, n. 3067), come quella del Consiglio di Stato (cfr. C.d.S. n. 100/2010, n.1691/2008, n. 706/2005) qualifica il silenzio serbato dall’Amministrazione su una istanza di accertamento di conformità urbanistica ai fini del permesso di costruire in sanatoria (art. 13 L. 47/85, ora art. 36 d.P.R. 380/2001) quale atto tacito di reiezione.

La natura provvedimentale non è smentita dalla qualificazione operata dall’art. 43 della legge regionale della Campania n. 16 del 2004 in ordine al silenzio serbato dalle amministrazioni comunali (sulle ripetute domande di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380/2001), che “non può riverberare sulla disciplina processuale, di esclusiva competenza statale, posta per la tutela giurisdizionale contro il silenzio della pubblica amministrazione”, fermo che “la previsione di cui alla norma regionale si limita, di fatto, a prevedere e disciplinare un rimedio alternativo, meramente amministrativo (attivabile d’ufficio o a cura di parte), avverso la mancata pronuncia delle amministrazioni comunali sulle richieste di accertamento di conformità, senza con ciò interferire sulla qualificazione giuridica del silenzio impugnabile in sede giurisdizionale e sul relativo rito azionabile” (cfr., in tali espliciti sensi, sempre questa Sezione n. 8779 del 25 maggio 2010 e, per implicito, Cons. Stato n. 598 del 2006 cit.).

Pertanto, il silenzio-diniego formatosi a seguito del decorso del termine di 60 giorni può essere impugnato nel prescritto termine decadenziale, senza però la possibilità di dedurre vizi formali propri degli atti, quali difetti di procedura o mancanza di motivazione, non sussistendo l’obbligo di emanare un atto scritto, ripetitivo degli effetti di reiezione della istanza, disposti dal sopra richiamato art. 13.

Il diritto di difesa dell’interessato, tuttavia, non viene ad essere vulnerato dall’anzidetta limitazione all’attività assertiva, in quanto egli può dedurre (e validamente provare) che l’istanza di sanatoria sia meritevole di accoglimento per la sussistenza della prescritta doppia conformità urbanistica e paesaggistica delle opere abusivamente realizzate: operazione del tutto scevra di valutazioni discrezionali e riconducibile a mero accertamento comparativo.

Pertanto, la censure imperniate sulla elusione del presunto obbligo di provvedere e sulla carenza di motivazione non possono trovare accoglimento.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso e i motivi aggiunti vanno respinti siccome infondati.

4. Le spese del giudizio possono essere compensate in ragione dell’esito avuto dal procedimento di sequestro (provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Napoli adottato in data 22 maggio 2007).

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso, in Napoli, nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Renzo Conti, Presidente

Umberto Maiello, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 04/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)