LEGAMBIENTE
E WWF
DOCUMENTO CONGIUNTO SUI
RIFIUTI
Le
associazioni ambientaliste Legambiente e WWF di Reggio Emilia, Parma e Piacenza
esprimono la loro preoccupazione per la strada imboccata dal sistema di gestione
dei rifiuti a livello territoriale nord emiliano.
Se
a livello nazionale assistiamo da alcuni anni al tentativo di modificare e
stravolgere l’applicazione del Decreto Ronchi, in sede locale va registrato un
progressivo e allarmante venire meno del ruolo politico dei soggetti preposti al
governo del problema rifiuti: da un lato quello delle Province, con
l’impoverimento di valore dei principali strumenti programmatori
di settore, i PPGR (i Piani Provinciali di Gestione dei Rifiuti) e
dall’altro dei Comuni sempre più privi di spinta propositiva e appiattiti
sulle posizioni aziendali.
All’interno
di questo quadro a maglie larghe trovano spazio accordi, decisioni, e scelte
operative che corrispondono sempre più ad interessi economici e sempre meno
alle esigenze della collettività, ponendosi fuori da una corretta
pianificazione e dal controllo democratico.
Tra
i segnali critici che contribuiscono a creare questo quadro bisogna citare:
1.
I risultati di raccolta
differenziata apparentemente mediocri (ma anche elevati come nel caso di
Piacenza e Reggio) che se relazionati ai quantitativi pro-capite effettivamente
smaltiti testimoniano una mancanza di efficacia nel ridurre le pressioni di
inceneritori e discariche; emblematico il caso di Reggio che pur con una R.D. di
quasi il 40% continuava a smaltire nel 2001 417 kg per abitante o Piacenza
capoluogo, che a fronte di una RD nel 2002 del 38%, continuava a produrre 642 kg
per abitante, ben lontani dai risultati di altre realtà italiane di punta (si
confronti ad esempio coi 312 kg/abitante/anno della regione Veneto)
2.
il consolidarsi di politiche
aziendali delle ex-municipalizzate (oggi divenute multyutility) sempre più
condizionate da logiche di mercato e caratterizzate da una visione impiantistica
della gestione dei rifiuti (in preoccupante similitudine col settore energetico)
Tale filosofia, che parte dalla coda e non dalla testa del problema, genera
il paradosso di imprese che guadagnando agevolmente sullo smaltimento entrano in
conflitto con gli obiettivi di contenimento dei rifiuti e di raccolta
differenziata;
3.
la riapertura l’allargamento e
la trasformazione di discariche che hanno ormai esaurito la propria
funzione, contribuendo ad acuire uno scontro social che si presenta sempre più
diffuso;
4.
il diffondersi di sistemi di
raccolta meccanizzati funzionali alle politiche già citate ma difficilmente
conciliabili con strategie di raccolta differenziata efficaci, in particolare
modo quelle domiciliari
5.
la condivisione completa, o il
quantomeno il recepimento passivo, di tali strategie aziendali da parte di
molti Comuni anche importanti;
6.
la carenza di impianti a bassi
impatti e funzionali al recupero dei rifiuti, in particolare modo quelli di
compostaggio; particolarmente emblematico è il caso dell’impianto di
compostaggio di Mezzani, in provincia di Parma, non ancora entrato in funzione.
7.
Il profilarsi dell’unione delle
ex municipalizzate locali in una grossa multiutility sovraprovinciale che,
riducendo il peso percentuale delle quote possedute dai singoli Comuni, crea il
pericolo di un grosso sistema monopolistico di gestione di servizi pubblici
sempre meno indirizzabile con strumenti politici.
8.
Il segnale di questo impoverimento
di controllo democratico è testimoniato dall’accordo “clandestino”
siglato pochi mesi fa tra i Comuni e le aziende di Parma e Reggio Emilia in
antitesi a logiche di democrazia e trasparenza.
A
questi allargamenti degli orizzonti aziendali sembra corrispondere una
deregolamentazione del principio di autosufficienza di smaltimento degli ambiti
territoriali ottimali (ATO); in particolare grazie ad una semplice vagliatura
nel pre/selettore i rifiuti urbani di Parma vengono “trasformati” in rifiuti
speciali e divengono liberi di viaggiare oltre i confini provinciali, nelle
discariche reggiane o di altre province.
Queste
dinamiche sembrano in contrasto con le affermazioni di principi e
obiettivi, in più parti condivisibili, dei piani provinciali presentati
nelle tre province, che restano vincolanti essenzialmente per i soli rifiuti
urbani.
Sulla
base di queste considerazioni sembra fortemente a rischio quel sottile e
delicato equilibrio che ha portato in questi anni, e non senza difficoltà, alla
definizione di bacini territoriali omogenei per lo smaltimento dei rifiuti. Il
permanere di tale principio appare
condizione essenziale scelte di gestione basate sul consenso sociale e sulla
sostenibilità ambientale. Le associazioni firmatarie ribadiscono con forza che
ogni Comunità ha il dovere di farsi carico dei rifiuti che produce.
In
questo quadro di carenza democratica e uso distorto degli impianti, da quelli di
preselezione (strumentali all’esportazione di rifiuti urbani), a quelli di
smaltimento (in contrasto con lo sviluppo delle raccolte differenziate)
risulta difficile confrontarsi sulla
tematica della nuovi
impianti di smaltimento.
Appare
invece necessario prendere atto che occorre riaffermare percorsi decisionali in
grado di fornire garanzie ed elementi di sicurezza alla popolazione, a
cominciare dal rispetto dei vincoli della pianificazione sui rifiuti.
Diversamente le ripercussioni rischiano di essere pesanti sia sul piano dei
rapporti sociali che in termini di credibilità dell’Amministrazione pubblica.
Tenuto
conto delle precedenti valutazioni le associazioni ambientaliste Legambiente e
WWF di Reggio Emilia, Parma e Piacenza chiedono di:
1.
Riaffermare il ruolo della
politica che deve farsi portatrice degli interessi a lungo termine della
collettività e non di quelli di arricchimento delle multiutility
2.
Che i Comuni, nell’indirizzare
le scelte aziendali delle ex municipalizzate (ancora a maggioranza pubblica) privilegino il principio di tutela della salute e dell’ambiente,
prima di quello di incrementare il valore azionario di loro possesso confermare
come parametro di valutazione delle prestazioni del sistema, accanto alla % di
RD, i quantitativi di rifiuto a smaltimento e quelli realmente avviati a
riciclaggio;
3.
Che l’ampia assimilazione di
rifiuti non domestici, tradizionalmente attuata sul nostro territorio,
garantisca il controllo dei rifiuti da attività produttive, ma non diventi
l’alibi per il dimensionamento di impianti di smaltimento sempre più grandi.
4.
Che i principi di contenimento dei
rifiuti e di massimizzazione della raccolta differenziata presenti nei PPGR
attualmente in fase di discussione, diventi il perno delle politiche di gestione
dei rifiuti, relegando gli impianti di smaltimento ad un ruolo marginale.
5.
che i Comuni richiedano nei propri
contratti di servizio anche risultati di contenimento dei rifiuti e di
raccolta differenziata.
6.
che dal punto di vista gestionale
si diffondano sempre più sistemi di raccolta intensivi soprattutto per carta,
cartone, organico e scarto da cucina sul modello dei territori nazionali più
virtuosi.
7.
che si dia concreta applicazione
al principio di tariffazione che premia chi riduce e differenzia veramente i
propri rifiuti.
8.
Che si favorisca e si attui a
livello territoriale un effettivo e trasparente controllo degli impianti di
smaltimento e della gestione complessiva del ciclo dei rifiuti anche attraverso
la costituzione di organismi di controllo con la presenza determinante di
associazioni, comitati e rappresentanti dei cittadini interessati
Parma,
15 luglio 2003.