Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente  

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Atto di intervento ad adiuvandum redatto nell'interesse delle Associazioni nei ricorsi promossi dalle Regioni Toscana Umbria etc. contro la Legge Obiettivo Si ringrazia l'Avv. Corrado GIULIANO del CEAG Sicilia ECC

ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE

ATTO DI INTERVENTO

PER

L’ ASSOCIAZIONE ITALIA NOSTRA, ONLUS, con sede in Roma Via Nicolò Porpora n°22, in persona del legale rappresentante pro tempore Antonietta Pasolini dall’Onda, La LEGAMBIENTEONLUS- con sede in Roma via Salaria 403, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, sig. Ermete Realacci , L’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL WORLD WIDE FUND FOR NATURE (WWF), ONLUS, in persona del legale rappresentante Arch. Fulco Pratesi, con sede in Roma via Po 25/c, tutte rappresentate e difese dall’avv. Corrado V. Giuliano, in virtù di mandato a margine del presente atto ed elett.te domiciliate in Roma via Po 25/c

AD ADIUVANDUM

Delle Regioni Toscana, rappresentata e difesa dagli avvocati Vito Vacchi, Lucia Bora e Fabio Lorenzoni ed altre, nel ricorso per legittimità costituzionale 9 ottobre 2002, n. 68 ( in G.U. n. 45 del 13 novembre 2002)

CONTRO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI- in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’avvocatura dello Stato

PER LA DICHIARAZIONE DI ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE

dell’art. 13, commi primo, terzo, quarto, quinto, sesto ed undicesimo della legge 1 agosto 2002 n. 166 “ Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti”.

Le associazioni ambientaliste sono legittimate ad intervenire nel presente giudizio, tenuto conto che la richiamata normativa prevede procedure acceleratorie di interventi di grandissima incidenza sul territorio del Paese, frustrando il sistema di garanzie di tutela dei beni ambientali e culturali, il sistema di corretta attuazione della normativa sulla V.I.A. quale indicata nelle previsioni di diritto interno e comunitario.

Inoltre prevedendo la normativa censurata, senza le garanzie partecipative proprie dell’ordinamento regionale, l’approvazione di un programma vastissimo di opere pubbliche e la individuazione di precisi obiettivi da raggiungere da parte dell’organo di Governo, non può non riconoscersi la facoltà degli enti esponenziali di partecipare attivamente alla verifica costituzionale di essa, ed alla sua rispondenza con il parametro costituzionale (cfr. analogamente Cons. Stato Sez.V 23 ottobre 2002).

La normativa censurata inoltre deroga profondamente ad un sistema di garanzie costituzionalmente definite, primarietà dell’interesse ambientale in relazione agli altri interessi pure costituzionalmente riconosciuti, che negli anni si è formato grazie a fondamentali pronunce di questa Ecc.ma Corte Costituzionale, dai quali il legislatore si è discostato.

Centralizzando le decisioni sulle grandi infrastrutture, e lasciando le altre minori alla normativa ordinaria sui LL PP e di V.I.A., la legge Obiettivo di fatto elude il dettato costituzionale che ha assegnato proprio alle Regioni il potere di verificare nel contesto della propria programmazione la compatibilità delle nuove realizzazioni infrastrutturali, nel rispetto anche dell’attività programmatoria degli enti intermedi e locali, chiamati ad una più intima verifica di natura urbanistica, idrogeologica e di difesa del suolo, incidendo così anche sui poteri partecipativi degli enti esponenziali di interessi collettivi, che trovano nelle istanze di partecipazione locale e regionale il terreno naturale di intervento nel procedimento decisionale per la realizzazione delle opere pubbliche sul territorio .

Inoltre la lesione delle attribuzioni regionali comporta anche la soppressione del controllo partecipato alle scelte di destinazione dei suoli “ considerando che l’approvazione di detti progetti determina la localizzazione urbanistica dell’opera, la compatibilità ambientale della medesima e sostituisce ogni altro permesso ed autorizzazione comunque denominati”, sacrificando così tutte quelle norme che assicurano la verifica di natura urbanistica, idrogeologica e di difesa del suolo delle opere pubbliche, e che la legislazione regionale ha in molti casi normato con particolare attenzione agli interessi diffusi. Si pensi ad esempio alla normativa della Regione Toscana che proprio per garantire il livello locale delle scelte e della partecipazione ha trasferito ai Comuni ed alle Provincie tali funzioni amministrative.

FATTO

Con ricorso del 9.10.2002 n.68 la regione Toscana ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 13 comma primo, terzo, quarto, quinto, sesto ed undicesimo della legge 1 agosto 2002 n. 166 “ Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti”,

che modifica l’art. 1 della legge n. 443/2001, concernente l’individuazione e la realizzazione delle c.d. “ opere strategiche di interesse nazionale” ( legge già impugnata dalla regione Toscana - reg.ric. n. 11/2002- ) per la violazione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite.

La questione di illegittimità costituzionale del cit. art. 13 viene sollevata dalla regione Toscana per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost e precisamente:

A) L’art. 117 Costituzione - che attribuisce allo Stato una potestà legislativa esclusiva, nei casi tassativamente indicati nel secondo comma, ed una potestà concorrente con quella regionale nei casi di cui al terzo comma della stessa disposizione- viene violato dalle disposizioni del citato art. 13 che riguardano le modalità di individuazione, programmazione e realizzazione di opere, infrastrutture ed insediamenti produttivi definiti strategici e di preminente interesse nazionale;

B) L’individuazione delle c.d. opere strategiche e la predeterminazione della procedura per l’approvazione e per la realizzazione dei progetti concernenti le opere stesse non rientrano nell’ambito delle competenze attribuite in via esclusiva allo Stato dall’art. 117 c.2 lett. e) e lett. m) che riservano allo stato la tutela della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale;

C) Così dicasi per le materie previste al terzo comma dell’art.117 Cost., che pertanto non costituisce il fondamento costituzionale delle c.d. grandi opere, e quindi lo Stato non può disciplinare la programmazione, l’individuazione e la realizzazione di opere connesse a materie sottratte al potere legislativo statale;

D) Ove dovesse ritenersi sussistente una competenza statale sulle opere strategiche collegate a materie di cui al terzo comma dell’art.117 Cost., tale competenza dovrebbe essere esercitata solo ed esclusivamente nei limiti ammessi dallo stesso terzo comma cit. articolo. Le impugnate disposizioni invece dettano al Governo i criteri per l’emanazione di un decreto legislativo, ma con una compiuta disciplina che esclude alcuna possibilità di intervento normativo autonomo delle Regioni;

E) Non vi è alcuna legittimazione costituzionale ad un supposto interesse nazionale sotteso alle opere previste dalla normativa impugnata. Tale riferimento all’interesse nazionale è escluso dalla lettura delle norme costituzionali, oltre che dall’indeterminatezza e genericità del principio richiamato dell’interesse nazionale che “ diventerebbe un grimaldello per intaccare l’autonomia delle Regioni in tutti i settori, in spregio alla tutela affidata dall’art. 117 Cost. nuovo testo alle attribuzioni delle regioni stesse”;

F) Le citate disposizioni sono lesive anche dell’art. 118 primo comma Cost. per due ordini di motivi: 1) si violano, nel caso delle impugnate disposizioni, i criteri di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza che devono accompagnare ogni scelta del legislatore nell’attribuzione di funzioni; 2) non disciplinando l’art. 118 quale sia la fonte che deve presiedere alla distribuzione delle funzioni “ spetta alle regioni intestare le funzioni nelle materie in cui è loro riconosciuta la potestà legislativa regionale sia esclusiva che concorrente ( in tal caso nel rispetto dei principi regolatori dettati dalla legge statale);

G) Nonostante le modifiche apportate dal terzo comma dell’art. 13 l. 166/2002 - che hanno introdotto il principio per cui l’individuazione delle grandi opere avviene d’intesa con le regioni e con la conferenza unificata, anziché sulla base del loro parere- , “ non si garantisce che la introdotta intesa sia una reale forma di coordinamento paritario che pone i soggetti partecipanti sullo stesso piano in relazione alla decisione da adottare e ciò lede il principio della leale cooperazione che, in considerazione dell’incidenza della individuazione delle grandi opere con le attribuzioni costituzionalmente affidate alle regioni, imporrebbe invece una effettiva codeterminazione del contenuto dell’atto”;

H) Le disposizioni contenute nei commi 5 e 6 , che dettano i criteri al Governo per emanare il decreto legislativo che deve disciplinare le modalità di approvazione dei progetti preliminari e definitivi delle opere strategiche, “ non garantiscono in alcun modo il rispetto delle attribuzioni regionali, garantendo solamente che sia solo il Presidente della Regione, che integra il CIPE, ad esprimere un parere, con lesione delle attribuzioni regionali “ considerando che l’approvazione di detti progetti determina la localizzazione urbanistica dell’opera, la compatibilità ambientale della medesima e sostituisce ogni altro permesso ed autorizzazione comunque denominati”;

I) Viene introdotto un regime derogatorio sia per l’individuazione che per la realizzazione delle opere previste, che non prevede alcun autonomo intervento legislativo regionale nelle materie di loro competenza e limita l’esercizio delle funzioni amministrative delle Regioni e degli Enti Locali .

Altra questione sollevata è quella relativa alla violazione dei commi primo ed undicesimo del citato art. 13 l. 166/2002 dell’art. 119 Cost., infatti viene lesa l’autonomia finanziaria che l’art. 119 garantisce alle Regioni in materia di reperimento delle risorse per la realizzazione delle infrastrutture.

Tutte le descritte ed eccepite illegittimità non sono superate dalla generica frase contenuta nel terzo comma dell’art.13 (il Governo, nell’emanazione del decreto delegato, dovrebbero agire nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle Regioni).

Tutto ciò premesso in fatto il ricorso delle Regioni va accolto, e dichiarata incostituzionale la norma indicata per le seguenti ragioni di

DIRITTO

1)ILLEGITTIMITA’ DELL’ART. 13 COMMA TERZO, QUARTO, QUINTO E SESTO DELLA LEGGE N. 166/2002 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 117, 118 e 119 COSTITUZIONE.

La legge 21 dicembre 2001 n. 443, c.d. legge obiettivo, si pone in netto contrasto con il Titolo V della Costituzione modificato dalla legge costituzionale n. 3/2001. Infatti lo Stato mantiene potestà legislativa di principio e concorrente solamente nelle materie espressamente indicate dall’art. 117 Cost. ( governo del territorio, porti ed aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia).

Lo Stato con la legge obiettivo avrebbe potuto dettare soltanto i principi fondamentali, invece con la legge delega ha previsto una impropria disciplina di dettaglio, peraltro riferite a specifiche opere definite di preminente interesse nazionale.

Il dettato costituzionale vigente contrasta fortemente con la normativa impugnata dalle Regioni, che prevede invece una semplificazione ed accelerazione dell’azione dello Stato, una disciplina di dettaglio su singole opere definite di preminente interesse nazionale, anziché limitarsi ad indicare i principi fondamentali ai quali le Regioni devono attenersi nella loro potestà legislativa e programmatoria.

Inoltre un elemento che dimostra la violazione delle richiamate norme costituzionali può farsi risalire anche all’alto numero di opere definite di preminente interesse nazionale (la delibera CIPE ne prevede quasi trecento); ciò non tiene conto che solamente al giusto livello regionale e locale si possono prevedere , programmare e realizzare opere che hanno diretta influenza sul territorio e sulla popolazione.

Invece le opere strategiche vengono individuate ogni anno nel DPEF, su proposta dei Ministeri competenti , e spetterà poi al CIPE istruire, approvare, vigilare sull’esecuzione, con il supporto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, lasciando così del tutto estranei gli enti intermedi e locali, che non potranno comunque, anche nella esplicitazione delle proposte, modificare la localizzazione e le caratteristiche essenziali delle opere.

Ancora , il procedimento di affidamento ad un soggetto privato – il general contractor- di individuare costi, modalità e contenuti dei progetti delle opere individuate centralisticamente, dimostra come lo Stato non può conoscere direttamente quanto individua come strategico, ed insieme che le Regioni e gli enti locali non avranno alcun potere decisionale sulla localizzazione di opere già previste centalisticamente.

Inoltre la legge delega contrasta sotto altro profilo con la nuova articolazione dei poteri introdotta dal Titolo V della Costituzione, ed è in contrasto con la estesa potestà legislativa delle Regioni, ed in particolare con il principio che la materia dei lavori pubblici, salva l’osservanza delle direttive comunitarie , appartiene alla potestà legislativa (residuale ed esclusiva) delle regioni.

Con la normativa impugnata è stato introdotto un regime derogatorio, sia per la individuazione che per la realizzazione delle opere che non lascia spazio ad alcun tipo di autonomo intervento legislativo regionale nelle materie di competenza e che limita fortemente anche l’esercizio delle funzioni amministrative delle Regioni e degli Enti Locali nelle materia stesse. Ne consegue che le Regioni saranno costrette a subire la localizzazione delle opere determinata dallo Stato, anzi dal Governo (perché la legge non garantisce che il dissenso regionale sulle localizzazioni delle stesse costituisca motivo per individuare una localizzazione concordata con l’Amministrazione Regionale), nonché a dare un mero parere sugli aspetti di compatibilità ambientale ed idrogeologica, che comunque può benissimo essere disatteso dal CIPE ovvero dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che sostituisce a tutti gli effetti ogni atto autorizzatorio normalmente necessario in base alla procedura ordinaria.

V’è violazione anche nella previsione di affidare al governo l’attività di modifica del regolamento LL.PP., potere attribuito in via esclusiva alle Regioni, in quanto tipiche norme di dettaglio che certamente esulano da quelle a mero contenuto d’indirizzo e programmazione.

A tal proposito va fatto notare che il potere del Governo di individuare le infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici , previsto al comma 1 dell’art.1 della L.443/2001, non è soggetto a limiti di tempo , configurandosi così una vera e propria competenza ordinaria che confligge con la ripartizione dei poteri tra Stato e Regioni con la invocata L. 18 ottobre 2001 n.3.

La legge obiettivo è legge di delegazione che consente all’esecutivo di procedere alla realizzazione di una serie indeterminata di infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione del Paese”. L’individuazione di tali opere è stata affidata al Consiglio dei Ministri - mediante il conferimento di un potere non sottoposto a limiti, ed esercitabile sine die – sentita la conferenza Stato Città ed autonomie locali mediante apposito programma “su proposta dei Ministri competenti, sentite le regioni interessate, ovvero su proposta delle Regioni sentiti i Ministri competenti”, programma che viene inserito nel DPEF, con indicazione delle risorse finanziarie.

V’è un’assoluta “indeterminatezza ed un amplissimo spatium deliberandi” (C. De Rose Il regime speciale e derogatorio per i lavori pubblici previsto dalla legge obiettivo 21 Dicembre 2001 n.443 sulle infrastrutture e gli insediamenti strategici, verifiche di compatibilità comunitaria, I^ parte in Cons. Stato 2/2002 278,279) concesso al Governo nella previsione contenuta nel comma 2 dell’art.1, nella facoltà dell’utilizzo sine die di un regime speciale e derogatorio per la realizzazione delle opere pubbliche, ingenerando così l’impressione che le normali istituzioni , le normali competenze e le normali procedure non godano la fiducia del Governo e del Parlamento, e che il resto delle opere, quelle ordinarie e che non rivestono il rango del preminente interesse nazionale” rimangono in seconda linea e prive sostanzialmente dell’elemento fondante di un interesse pubblico di medesimo rango che le giustifichi.

Inoltre la stessa categoria di “preminente interesse nazionale” ne evoca altre che devono dirsi radicalmente espunte dall’ordinamento con la riforma del titolo V, e cioè quelle di “norma fondamentale di riforma economico sociale” e di “principi generali dell’ordinamento giuridico”, le quali nel sistema precedente erano posti a presidio delle esigenze unitarie.

Oggi il tratto fondamentale della riforma è rappresentato dalla equiparazione delle due potestà, statale e regionale, entrambe sottoposte paritariamente agli stessi limiti, che il nuovo art.117 1°comma identifica nel rispetto della Costituzione, dell’Ordinamento comunitario, degli obblighi internazionali.

Tale principio dell’abbandono della precedente regola costituzionale, secondo cui spetta alla legge statale, nel quadro della Costituzione, la determinazione del contenuto dei limiti della potestà legislativa regionale, trova un limite soltanto nel caso di potestà regionale concorrente (in materia diversa dai LL PP), tenuta ancora al rispetto dei principi fondamentali delle materie posti dalle leggi statali.

La radicale innovazione del titolo V conduce all’indiscusso principio secondo cui la potestà legislativa regionale non è sottoposta a nessun altro limite, a parte quelli espressamente indicati, nei quali si esprime ed attraverso i quali viene esaustivamente soddisfatto il valore dell’unità dell’ordinamento (consacrato nell’art.5 Cost.).

La più attenta dottrina non ha mancato di evidenziare che : “E’ da ritenere che a seguito della riforma siano stati eliminati anche i limiti di merito (in particolare l’interesse nazionale) dei quali oltre tutto non è rimasta alcuna traccia nemmeno nella disposizione relativa ai controlli sulle leggi regionali (cfr. il nuovo testo dell’art.127 Cost.). Si è trattato di un rilevante progresso per l’autonomia regionale, specie se si tiene presente che l’interesse nazionale è stato spesso utilizzato da codesta Ecc.ma Corte come presupposto giustificativo di leggi statali limitative della competenza regionale”.( P. Cavalieri, La nuova autonomia legislativa delle Regioni in Foro It. 2001,V, 201).

E la stessa più cauta interpretazione dottrinaria non può che ammettere che “Oggi la Costituzione indica una traccia all’interprete, poiché sia le materie di competenza esclusiva dello Stato che i presupposti dell’esercizio dei poteri sostitutivi segnano la positivizzazione di alcune forme di manifestazione dell’interesse generale. Ciò non significa che l’interesse generale sia stato tipizzato, anche perché l’affermazione del principio di sussidiarietà verticale, come detto, lo impedisce, ma soltanto che quell’interesse è stato esemplificato. Non solo ciò che è espressamente elencato come connesso ad esigenze unitarie, pertanto, è di interesse nazionale, ma, allo stesso tempo, non può essere di interesse nazionale ciò che non ha nulla a che vedere con la logica di quell’elenco.

L’interesse nazionale, in conclusione, continua a vivere, ma la discrezionalità dell’interprete, chiamato a decifrarne il contenuto, è stata ridotta. E’ dubbio, invece, che l’interprete (e in particolar modo la Corte costituzionale) si possa limitare a verificare se lo Stato e le Regioni hanno definito di comune accordo, o almeno secondo le procedure della leale collaborazione, cos’è di interesse nazionale e cosa non lo è. A parte il fatto che - come già detto - il sistema attuale non sembra essere quello (che sarebbe stato invece auspicabile) di un pieno “regionalismo cooperativo”, visto che vi sono numerose tracce di “regionalismo competitivo”, l’interesse nazionale, proprio ora che è stata eliminata la competenza “politica” del Parlamento, ha una sua ineliminabile oggettività, e il suo accertamento “neutrale” da parte della Corte costituzionale non potrebbe essere surrogato da procedure politiche, per quanto corrette e formalizzate esse possano essere.(cfr.Massimo Luciani Le nuove competenze legislative delle Regioni a statuto ordinario. Prime osservazioni sui principali nodi problematici della l. cost. n. 3 del 2001, in www.associazionedeicostituzionalisti.it n.5)

Come ha ben richiamato la Regione Toscana, nella propria impugnativa per legittimità costituzionale della Legge Obiettivo, richiamando autorevoli fonti dottrinali “..Va escluso che le potestà statali possano essere dedotte da principi di ordine generalissimo quali il .. concetto di interesse nazionale. Il riparto di attribuzioni previsto dall’art.117 deve essere inteso come la specifica attuazione che la Costituzione ha voluto dare a tali principi generali, i quali dunque non possono essere contrapposti ad esso. Non può dirsi che lo Stato ha potestà legislativa ordinaria nelle materie dell’art.117, secondo comma, ed in più su tutto ciò che è di interesse nazionale, ma si deve affermare che ciò che il Costituente ha ritenuto di interesse nazionale si manifesta attraverso le materie ed i compiti statali previsti dall’art.117 “(G.Falcon, Modello e transizione nel nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione” in Le Regioni n.6/2001; C. Pinelli I limiti generali alla potestà legislativa statale e regionale e i rapporti con l’ordinamento internazionale e con l’ordinamento in Foro It. 2001,V, 194 ss; P. Cavalieri, La nuova autonomia legislativa delle Regioni in Foro It. 2001,V, 201).

Inoltre per quanto concerne la individuazione di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici la legge (art.1 comma 1) non conferisce al Governo una delega ma il più ampio ed arbitrario potere di definizione di siffatte opere. “Un potere ordinario in mano all’esecutivo sottratto ad ogni forma di controllo di quello stesso Parlamento che sembra aver legiferato negligendo regole fondamentali… indefinito nel tempo e senza alcun altro limite che non sia quello inerente alla definizione di siffatte opere”(I. Franco, “Deroghe, regime speciale, capitale privato: l’inquietante fata Morgana della Legge delega sulle grandi opere.L.n.443/2001” in www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/studicontributi/RelazCortina0) , che contrasterebbe, tra l’altro, apertamente con l’art.76 della Costituzione.

L’art.118 è chiaro nel determinare le regole ed i principi che devono presiedere alla distribuzione delle funzioni amministrative. La legge obbiettivo è apertamente lesiva della richiamata regola costituzionale. L’effettivo rispetto dei criteri di sussidiarità, differenziazione ed adeguatezza impone che ogni scelta amministrativa di allocazione di funzioni sia previamente supportata dall’analisi e dalla verifica del livello di governo che maggiormente risponda ai tre criteri costituzionalizzati dalla norma: è indubbio che i motivi della scelta e dell’esercizio in concreto di tale potere discrezionale devono essere estrinsecati e resi conoscibili pena altrimenti la violazione delle attribuzioni costituzionali riservate agli enti regionali e locali.

Del resto se vengono richiamate le precedenti pronunce di codesta Ecc.ma Corte in tema di garanzia delle competenze esclusive previste nelle Regioni a statuto speciale, cui oggi ben possono essere equiparate tutte le altre Regioni per quelle materie di loro competenza esclusiva , non può porsi in dubbio che l’intervento dello Stato in quegli ambiti costituisce una aperta violazione del nuovo art.117.

“È costituzionalmente illegittimo - per violazione della competenza legislativa delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, in materia di acque pubbliche - l'art. 1 comma 3 l. 8 agosto 1977 n. 584 (Norme di adeguamento alle procedure di aggiudicazione degli appalti alle direttive della Comunità economica europea) limitatamente alla parte in cui statuisce "ai sensi dell'art. 117 comma 1 cost.", nel precisare che le leggi emanate dalla Regione a statuto ordinario ed a statuto speciale, nonché dalle province autonome di Trento e Bolzano, nelle materie di propria competenza, devono rispettare i principi contenuti nella legge medesima in tema di pubblicità degli appalti e del contenuto del divieto di prescrizioni tecniche di effetto discriminatorio, di ammissibilità di offerte da parte di associazioni temporanee di imprese, nonché di criteri di aggiudicazione di appalti e di comunicazioni degli atti agli organi della C.E.E. salva la facoltà del Consiglio dei Ministri di adottare i provvedimenti relativi in sostituzione dell'amministrazione locale inadempiente. La l. n. 584 è stata emanata in vista dell'applicazione di una direttiva comunitaria (adottata dal Consiglio della C.E.E. il 26 luglio 1971 n. 71/505 C.E.E. è rimasta inosservata nonostante la scadenza dei termini) volta a coordinare le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici pur non riproducendone puntualmente le prescrizioni. Essa non preclude ad alcuna Regione di regolare la materia dei lavori pubblici nella sfera della propria competenza legislativa, ma impone a tutte le Regioni il limite discendente dalla direttiva comunitaria legittimamente operante, mediante legge ordinaria dello Stato, anche nei confronti di Regioni a statuto speciale o Provincia autonoma. Il titolo in base al quale le Regioni a Statuto speciale e le Province sono tenute a rispetto della legge statale non risiede nell'art. 117 comma 1 cost. (il quale prevede che le sole Regioni a statuto ordinario nell'emanare norme legislative per le materie di loro competenza osservano i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato) ma in tutte quelle norme della Costituzione e degli statuti speciali dalle quali discende che, non diversamente dalle Regioni a statuto ordinario, anche esse devono, nell'esercizio della loro competenza legislativa, rispettare gli obblighi derivanti dal trattato istitutivo della C.E.E., resi operanti nell'ordinamento italiano. La competenza legislativa delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome non incontra il limite di cui all'art. 117 comma 1 cost. e non può quindi esservi assoggettata dal legislatore ordinario. Corte costituzionale, 26 luglio 1979, n. 86”.

“La funzione di indirizzo e di coordinamento può essere esercitata dallo Stato anche nei confronti delle regioni a statuto speciale in materie di legislazione esclusiva, ma non può servire ad introdurre nuovi limiti, nel vigente sistema costituzionale, in ordine alla sfera della autonomie regionali; pertanto, è incostituzionale la l. 27 dicembre 1977 n. 984 nella parte in cui detta un diffuso e dettagliato complesso di prescrizioni, in materia di agricoltura e foreste, per generiche esigenze di uniformità che non assurgono a riforme economico-sociali ed in presenza di interessi che non si presentino come insuscettibili di frazionamento e di localizzazione territoriale, in violazione degli art. 8 n. 21 dello statuto del Trentino-Alto Adige e dell'art. 4 n. 2 dello statuto del Friuli-Venezia Giulia, che attribuiscono alle dette regioni competenza legislativa esclusiva in materia di agricoltura e foreste.

Corte costituzionale, 15 dicembre 1983, n. 340”.

Le prospettate notazioni conducono ad affermare la incostituzionalità della legge Obiettivo in riferimento ai parametri costituzionali richiamati e pertanto si chiede che

L’ECC. CORTE COSTITUZIONALE

Accolga il ricorso per legittimità costituzionale delle Regioni Toscana ed altre, e conseguentemente dichiari la illegittimità costituzionale dell’art. 13 comma primo, terzo, quarto, quinto, sesto ed undicesimo della legge 1 agosto 2002 n. 166 “ Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti” per contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 Cost.

Roma 10 marzo 2003

avv. Corrado V. Giuliano

RELATA DI NOTIFICA

Corte di Appello di Roma- Ufficio Unico Notifiche

Ad istanza come in atti io sottoscritto Aiutante Ufficiale Giudiziario ho notificato e dato copia di quanto precede alla 1) Presidenza del Consiglio dei Ministri- in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, dom.to per legge presso l’avvocatura dello Stato in

2) Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, elett.te dom.to in Roma via del Viminale n. 43 presso lo studio dell’avv. Fabio Lorenzoni