Ambiente in genere.AIA AUA Autorizzazione Unica e PAS
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Consiglio di Stato Sez. II n. 8387 del 29 ottobre 2025
Ambiente in genere.AIA AUA Autorizzazione Unica e PAS
La c.d. autorizzazione unica ambientale (AUA) introdotta dal d.P.R. 13 marzo 2013, n. 59, è un titolo di legittimazione “cumulativo”, comunque applicabile ai soli casi di impianti non soggetti alle disposizioni in materia di autorizzazione integrata ambientale (AIA). L’effetto “sostitutivo” ricollegato dall’ordinamento al rilascio dell’AUA rispetto ai titoli abilitativi ricompresi nel suo ambito (le autorizzazioni per gli scarichi idrici, le emissioni in atmosfera, il rumore, la gestione dei fanghi di depurazione in agricoltura e il recupero dei rifiuti), ne rende peraltro in linea generale obbligatoria la richiesta, pena la frustrazione delle finalità di semplificazione dell’intervento regolatorio, che mira proprio alla riduzione, in favore degli operatori (privati e pubblici), degli oneri burocratici connessi alla gestione dell’attività di impresa. Lungo la stessa direttrice di semplificazione si collocano altresì le previsioni di cui agli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 28 del 2011, riferiti, rispettivamente, all’autorizzazione unica e alla procedura abilitativa semplificata (PAS) per gli impianti di produzione di energie alternative. Mentre l’autorizzazione unica, tuttavia, ha mantenuto invariata la denominazione, confluendo nell’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2011, la PAS, declinata al successivo art. 6, ha sostituito la d.i.a. (secondo la denominazione utilizzata dalle linee guida, in maniera in verità non coordinata con le modifiche dell’istituto di cui alla l. n. 241 del 1990 già intervenute) nei commi da uno a dieci; i casi di interventi di attività edilizia libera, al comma 11. La norma, infatti, si applica, per sua espressa previsione, ai casi di «costruzione ed esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida, adottate ai sensi dell’articolo 12, comma 10 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387», ovvero, appunto, agli interventi colà assoggettati a denuncia di inizio attività (§11), seppure alternativa al procedimento unico, oppure a mera comunicazione per via telematica dell’inizio dei lavori (§ 12)
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Rifiuti.Abbandono di rifiuti vecchia e nuova disciplina
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Cass. Sez. III n. 37187 del 14 novembre 2025 (UP 8 ott 2025)
Pres. Liberati Est. Di Stasi Ric. Pistarino
Rifiuti.Abbandono di rifiuti vecchia e nuova disciplina
Il recente d.l. 116\2015, entrato in vigore il 9/8/2025 e conv. in l. n. 247/2025, che ha modificato molte delle norme di cui al d.lgs 152/2006, ha previsto nel nuovo testo dell'art. 255, la contravvenzione di abbandono di rifiuti non pericolosi- che nei casi particolari di cui all'art. 255-bis si connota quale ipotesi delittuosa - e nel nuovo art. 255-ter il delitto di abbandono di rifiuti pericolosi, con un trattamento sanzionatorio che prevede anche ipotesi aggravate. Risulta, quindi, evidente che non può essere invocata l'abrogatio criminis in relazione alla condotta posta in essere antecedentemente e qualificata ai sensi dell'art. 256, comma 2 dlv 152\06, in quanto le modifiche in questione hanno solo diversificato le condotte a seconda dell'oggetto, mantenendone la rilevanza penale, e previsto pene più severe e nuove ipotesi delittuose.
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Rifiuti.Dalla giacenza al processo. Il perimetro giuridico della messa in riserva
Dalla giacenza al processo. Il perimetro giuridico della messa in riserva
di Oreste PATRONE
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Elettrosmog.Criteri di localizzazione degli impianti
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Consiglio di Stato Sez. VI n.8345 del 28 ottobre 2025
Elettrosmog.Criteri di localizzazione degli impianti
I regolamenti comunali previsti dall’art. 8, comma 6, legge n. 36/2001, nel disciplinare il corretto insediamento nel territorio degli impianti stazioni radio base, possono contenere regole a tutela di particolari zone e beni di pregio paesaggistico o ambientale o storico artistico, o anche per la protezione dall'esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili (scuole, ospedali, ecc.), ma non può imporre limiti generalizzati all'installazione degli impianti se tali limiti sono incompatibili con l’interesse pubblico alla copertura di rete nel territorio nazionale. Deve allora ritenersi consentito ai Comuni, nell’esercizio dei loro poteri di pianificazione territoriale, di raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell’impatto elettromagnetico, ai sensi dell’ultimo inciso del comma 6 dell’art. 8, prevedendo con regolamento anche limiti di carattere generale all’installazione degli impianti, purché sia comunque garantita una localizzazione alternativa degli stessi, in modo da rendere possibile la copertura di rete del territorio nazionale. Possono, quindi, ritenersi legittime anche disposizioni che non consentono, in generale, la localizzazione degli impianti nell’area del centro storico (o in determinate aree del centro storico) o nelle adiacenze di siti sensibili (come scuole e ospedali), purché sia garantita la copertura di rete, anche nel centro storico e nei siti sensibili, con impianti collocati in altre aree. In definitiva, ciò che risulta necessario è che la possibile interdizione di allocazione di impianti in specifiche aree del territorio comunale risponda a particolari esigenze di interesse pubblico e che, comunque, i criteri localizzativi adottati non si trasformino in limitazioni alla copertura di rete. È necessario cioè che il limite o il divieto posto dall’ente locale non impedisca la capillare distribuzione del servizio all'interno del territorio. Deve, quindi, esservi un equo contemperamento tra l’interesse urbanistico perseguito dal Comune e l’interesse alla piena ed efficiente copertura di rete
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Ambiente in genere.Il nudge (anche nell’ambiente) tra managerialismo e Foucault
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Il nudge (anche nell’ambiente) tra managerialismo e Foucault
di Alberto PIEROBON
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Urbanistica.Provvedimento di conservazione delle opere abusive acquisite al patrimonio comunale
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Consiglio di Stato Sez. VII n.8409 del 30 ottobre 2025
Urbanistica.Provvedimento di conservazione delle opere abusive acquisite al patrimonio comunale
L’art. 31, comma 5, del testo unico dell’edilizia prevede che «L’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico». La norma – a chiusura di un articolato sistema sanzionatorio suscettibile di operare a fronte di edificazioni non legittime e non altrimenti recuperabili alla legittimità a favore dei privati – palesemente offre una via di uscita (consentendo, di fatto, alla mano pubblica ciò che non è permesso alla parte privata) rispetto alla soluzione finale della demolizione dell’edificazione abusiva, permettendo che – questa volta in mano pubblica – l’edificazione non legittima resti pur sempre in situ. Affinché il vantaggio (unilaterale, in quanto possibile solo alla mano pubblica) si determini effettivamente, la disposizione in parola pone peraltro dei requisiti destinati a fungere da presupposto all’evento (sussistenza di prevalenti interessi pubblici; mancanza di contrasto dell’edificazione, pur sempre abusiva, con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico). Della ricorrenza di questi presupposti arbitro è l’ente locale (giacché è lo stesso ad auto individuarli) ma, per l’eventualità di errori od indulgenze, al privato controinteressato resta in ogni caso la residua difesa di poterne dimostrare l’insussistenza. Dunque, il provvedimento di conservazione delle opere abusive già acquisite al patrimonio comunale, di competenza del consiglio comunale, ha contenuto altamente discrezionale ed è una scelta funzionale all’interesse pubblico, come stabilito dall’art. 31, comma 5, del d.p.r. n. 380 del 2001
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