Consiglio di Stato Sez. II n. 2475 del 4 aprile 2022
Acque.Impianti idroelettrici

Gli impianti idroelettrici, per l’autorizzazione alla costruzione ed esercizio, richiedono sia il titolo autorizzativo che la concessione di derivazione a fini idroelettrici. Il solo titolo abilitativo edilizio non è, quindi, sufficiente ad integrare i requisiti per l’accesso alla Qualifica IAFR, in assenza di una idonea concessione di derivazione acque a uso idroelettrico.

Pubblicato il 04/04/2022

N. 02475/2022REG.PROV.COLL.

N. 00339/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 339 del 2015, proposto da A.B.C. (Acqua Bene Comune) Napoli - Azienda Speciale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Lucio Iannotta, domiciliata in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Cola di Rienzo, 111,

contro

Gestore dei Servizi Energetici - GSE S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Marzano, domiciliato in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Filippo Pacciani in Roma, via di San Nicola Da Tolentino, 67,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 10096/2014, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di G.S.E. - Gestore dei Servizi Energetici Spa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2022 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e udito, per la parte appellante, l’avvocato Giuseppe Pecorilla in sostituzione dell’avvocato Lucio Iannotta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte ricorrente impugna la sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III-ter, n. 10096 dell’1 ottobre 2014, resa nell’ambito del giudizio iscritto al numero di R.G. 5143/2013, che ha respinto il ricorso dell’odierna appellante, ritenendo legittimo il diniego da parte del Gestore dei Servizi Energetici - GSE S.p.A. (di seguito GSE) della qualifica di “impianto alimentato da fonti rinnovabili” (la “Qualifica IAFR”) chiesta dalla Società in relazione all’impianto idroelettrico della potenza annuale media paria a 0,272 MW denominato “Sorgenti Urciuoli” sito nel Comune di Cesinali (AV) (l’“Impianto”) ai fini dell’accesso agli incentivi.

In particolare, in data 22 giugno 2012, l’Azienda odierna appellante ha presentato al GSE l’istanza di Qualifica IAFR per il progetto di nuova costruzione dell’Impianto, indicando la potenza nominale media annua di 0,272 MW e allegando, quale titolo abilitativo, un permesso a costruire rilasciato dal Comune di Cesinali (AV).

Il GSE, ritenendo che l’azienda appellante non avesse prodotto la concessione necessaria all’ottenimento della Qualifica IAFR, con provvedimento del 19 dicembre 2012, prot. GSE/P20120229232, ha comunicato alla medesima appellante il rigetto della richiesta di Qualifica IAFR con la seguente motivazione: “la Vs richiesta di qualificazione IAFR per la nuova costruzione dell’impianto idroelettrico in oggetto è respinta in mancanza di titolo autorizzativo idoneo ai sensi dell’art. 4, comma 2, lettera c) del DM 18/12/2008. La richiesta di qualifica, infatti, risulta carente di copia della concessione di derivazione delle acque ad uso idroelettrico, essenziale per l’esercizio dell’impianto, per la determinazione della sua potenza nominale media annua (art.2, lettera t) del DM 18/12/2008), e per l’esclusione dall'ambito di applicazione delle linee guida per lo svolgimento del procedimento unico di cui all’art. 12, comma 3 del D.Lgs. 387/2003, secondo quanto disposto al punto 3, comma 2, lettera b) della deliberazione n. 1955 del 30/11/2006 della Giunta Regionale della Campania”

L’odierna parte appellante ha impugnato il provvedimento di diniego affidando il ricorso ai seguenti motivi, indicati in estrema sintesi:

(i) incompetenza, in quanto esulerebbe dai poteri del GSE la verifica della sussistenza in capo all’istante dei titoli necessari all’ottenimento della Qualifica IAFR;

(ii) la posseduta concessione di derivazione per uso potabile risulterebbe comunque titolo sufficiente a integrare le condizioni richieste dalla normativa all’epoca applicabile, non essendo necessario che la concessione sia relativa alla derivazione delle acque ad uso idroelettrico.

L’adito T.A.R. capitolino, con la sentenza n. 10096/2014, ha rigettato il ricorso.

La sentenza in questione ha in primo luogo rilevato come rientri nella competenza del GSE verificare la sussistenza di tutti presupposti per l’ammissione alle tariffe incentivanti alla luce dell’art. 4 del DM 18-12-2008, ai sensi del quale spetta al GSE il riconoscimento della qualifica per l’accesso ai meccanismi incentivanti.

In sostanza rientra nella competenza del GSE la completa e definitiva valutazione della domanda di ammissione alla qualificazione dell’impianto.

Nel caso di specie, la Delibera Regionale n. 1955/2006 esclude dal procedimento per l’autorizzazione unica, richiesta dal D.M. 2008, gli impianti di potenza inferiore a 500 kW “dotati di valida concessione di derivazione”.

Il requisito della “valida concessione di derivazione” è stato correttamente inteso dal GSE come una concessione per uso idroelettrico delle acque pubbliche e non una qualsivoglia concessione.

Quella in possesso della ricorrente, di cui alla nota 7347 del 2002, è una concessione provvisoria, in attesa di concessione definitiva, soggetta a sospensione o riduzione in qualunque momento, per grande derivazione d’acqua “ad uso potabile”.

Trattandosi di bene pubblico, da utilizzare per conseguire incentivi anch’essi pubblici, la tesi che richiede la sussistenza di un titolo concessorio che autorizzi l’impiego privato dell’acqua delle sorgenti per una ben determinata finalità (la produzione a tariffa incentivata di energia elettrica), appare quella maggiormente conforme all’ordinamento, non risultando indifferente la finalità dell’utilizzo del bene pubblico ai fini del rilascio della concessione.

L’uso potabile è con tutta evidenza un uso infungibile con quello, assai diverso, dell’uso per impianto di produzione di elettricità, senza considerare che il titolo concessorio deve essere dotato di una stabilità nel tempo, al fine di assicurare la produzione promessa, che il titolo in possesso dell’ABC Acqua non sembra possedere.

Il titolo posseduto dall’appellante non era quindi idoneo a sottrarlo dall’obbligo di produrre l’autorizzazione unica, espressamente richiesta dall’art. 4, comma 2, del d.m. 18 dicembre 2008.

Parte appellante ha gravato la sentenza in questione formulando due articolati motivi di appello.

Nel primo motivo di appello è stato dedotto, in sintesi, che il d.m. 18 dicembre 2008 non richiederebbe, ai fini della Qualifica IAFR, una concessione di derivazione a uso idroelettrico, in quanto lo stesso farebbe riferimento esclusivamente a una “concessione di derivazione”, non specificandone la tipologia.

Il permesso di costruire rilasciato dal Comune di Cesinali sarebbe stato espressamente richiesto dalla Regione Campania e valutato come “equipollente” all’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. 387/2003 e, dunque, sufficiente, anche in assenza di una specifica concessione di derivazione acque a uso idroelettrico, ai fini del rilascio della Qualificazione IAFR.

A tal proposito, l’appellante evidenzia che la Regione Campania ha approvato, con la deliberazione di giunta n. 1955 del 30 novembre 2006, le Linee-guida per lo svolgimento del procedimento unico relativo alla installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile (le “Linee Guida”), le quali espressamente escludono dall’ambito di applicazione della disciplina in materia di Autorizzazione Unica le procedure di costruzione ed esercizio gli impianti idroelettrici aventi potenza sino a 500 kW purché “dotati di valida concessione di derivazione” art. 3 comma 2 lett. b) delle Linee Guida).

In sostanza, con riferimento all’ottenimento del titolo autorizzativo necessario per la costruzione e l’esercizio dell’impianto, la normativa regionale ha previsto un procedimento semplificato, escludendo dall’applicazione del procedimento unico di cui all’art. 12 d.lgs. 387/2003 quegli impianti (definiti di microgenerazione) di potenza inferiore ai 500 kW, a patto di possedere una valida concessione di derivazione, senza che sia richiesta, ai fini dell'accoglimento della domanda di riconoscimento della qualifica IAFR, una concessione di derivazione delle acque a uso idroelettrico.

Sarebbe, quindi, erroneo l’assunto della sentenza secondo cui il titolo posseduto dalla ricorrente (ovverosia il permesso di costruire) non è idoneo a sottrarre la stessa all’obbligo di produrre l’autorizzazione unica, espressamente richiesta dall’art. 4, comma 2, del dm 18 dicembre 2008.

Sarebbe, altresì, erronea e contraddittoria la sentenza impugnata nella parte in cui dubita che il provvedimento regionale del 23.1.2007 abbia preso posizione sulla titolarità in capo all’appellante di una valida concessione di derivazione, avendo in realtà la suddetta nota espressamente ricondotto la procedura attivata da ARIN (oggi l’attuale appellante) a quelle da escludere dall'ambito di applicazione delle Linee Guida regionali.

Ciò non solo in ragione della potenza dell’impianto (inferiore ai 500 kW), ma anche perchè l’intervento in questione rientrava tra quelli dotati di valida concessione di derivazione, costituita quest’ultima dal provvedimento prot. n. 7347/2002 del Settore Regionale Ciclo Integrato delle Acque con il quale è stato concesso all’appellante, nelle more del rilascio della concessione formale definitiva (ad oggi non ancora adottata), di continuare a derivare acqua nella misura richiesta.

Con il secondo motivo di appello A.B.C. ripropone in sede di appello la censura di incompetenza del GSE rispetto all’adozione del provvedimento gravato, essendo erroneo l’assunto della sentenza gravata secondo cui “se è indubbio che la competenza in ordine alla applicabilità o meno dell'autorizzazione unica è della Regione, resta pur sempre nelle prerogative del Gestore verificare che l'autorizzazione rilasciata all'impianto sia quella prevista dalla normativa”.

Secondo l’appellante il GSE, non essendo titolare del procedimento amministrativo autorizzativo degli impianti realizzati ai sensi dell'art. 12 comma 3 D.lgs. n. 387/2003, bensì chiamato dalla normativa vigente al rilascio di una qualifica IAFR, deve verificare solamente l'esistenza o meno dell'autorizzazione unica rilasciata ai sensi dell'art. 12 del d.lgs n. 387/03, non potendo riesaminare nel merito il pregresso esercizio del potere autorizzatorio spettante alle Regioni.

Ciò sarebbe invece avvenuto nel caso di specie in quanto il GSE non solo non avrebbe preso atto, in contrasto con l’operato del competente Settore Regionale e delle relative Linee Guida regionali, del valore equipollente di autorizzazione unica ex art. 12 D.lgs. n. 387/2003 del permesso di costruire dell’agosto 2009, ma avrebbe preteso, sostituendosi al Settore Regionale, di valutare se l’impianto dell’appellante potesse o meno essere escluso dall'ambito di applicazione delle Linee Guida approvate con D.G.R. n. 1955/2006.

Si è costituito nel giudizio di appello il GSE, resistendo al ricorso e depositando memoria difensiva.

L’appellante ha depositato memoria di replica.

Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2022 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1) L’appello è infondato.

Il gravame è incentrato sulla riproposizione della censura di incompetenza sul profilo autorizzatorio da parte del GSE e sul motivo relativo alla necessità o meno che l’impianto fosse dotato di una concessione di derivazione delle acque pubbliche specificamente rilasciata per uso idroelettrico.

In particolare, l’impianto si trova ubicato nella Regione Campania e le linee guida regionali per il procedimento unico, previsto dal d.lgs. n. 387/2003, contenute nella Delibera di Giunta Regionale n. 1955 del 2006, vigente ratione temporis, prevedono che gli impianti di potenza inferiore a 500 W (come quello in questione) “dotati di valida concessione di derivazione” sono esclusi dalla applicazione delle linee guida e, conseguentemente, dall’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del predetto decreto legislativo.

In altri termini, ai fini dell’ottenimento del titolo autorizzativo necessario per la costruzione e l’esercizio dell’impianto, la normativa regionale ha contemplato un procedimento semplificato, non soggetto all’applicazione del procedimento unico di cui all’art. 12 d.lgs. 387/2003, per impianti (definiti di microgenerazione) di potenza inferiore ai 500 kW, in possesso di una valida concessione di derivazione.

Le questioni proposte in appello, meglio indicate nella parte in fatto, sono riconducibili:

a) alla possibilità del GSE, nell’ambito dei suoi poteri di controllo, di valutare il profilo autorizzatorio, sindacando la natura della concessione di derivazione posseduta, in supposto contrasto con le valutazioni della Regione, che è titolare di una competenza esclusiva in materia;

b) all’idoneità ai fini degli incentivi di una “generica” concessione di derivazione d’acqua pubblica, anche se a “uso potabile”, ovvero della necessità che la concessione sia a uso idroelettrico.

In via preliminare il Collegio rileva, come evidenziato dal GSE in sede difensiva, che gli impianti idroelettrici necessitano, oltre che del titolo autorizzativo (al pari di qualsiasi altro impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili), anche di una specifica concessione di derivazione a fini idroelettrici, in quanto, mentre il titolo autorizzativo è necessario per la costruzione e l’esercizio dell’impianto, la concessione è finalizzata all’utilizzo ovvero alla derivazione del corso d’acqua. Trattasi di titoli entrambi necessari perché diretti ad assentire attività differenti tra di loro (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 7 ottobre 2020, n. 10145).

2) Quanto al primo profilo, il Collegio rileva che il GSE ha il potere di verificare la sussistenza dei presupposti per l’ammissione alle tariffe incentivanti, ai sensi dell’art. 4, del DM 18-12-2008, tra cui quello inerente alla verifica dell’idoneità dell’autorizzazione posseduta dall’impianto ai fini dell’ammissione alla qualificazione IAFR.

Ciò in forza dei poteri di controllo e verifica di cui all’art. 42, del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28.

Né l’appellante, che contesta l’insindacabilità da parte del GSE delle determinazioni raggiunte dalla Regione Campania in ordine agli aspetti autorizzatori, ha dimostrato che la Regione si sia espressa nel senso di ritenere la sufficienza della concessione di derivazione a uso potabile, posseduta dall’impianto in esame.

La nota della Regione Campania del 23/1/2007 (prodotta dall’appellante nel giudizio di prime cure) non appare dirimente sul punto.

Quest’ultima indica l’iter autorizzatorio previsto l’impianto con potenza inferiore ai 500 W (come quello in esame) che non necessita dell’autorizzazione unica, qualora in possesso di una valida concessione di derivazione, senza tuttavia esprimersi sull’idoneità della concessione detenuta nel caso di specie.

Parte appellante ha richiamato in suo favore il portato della sentenza della quarta Sezione di questo Consiglio n. 2859/2018, rilevando come questa pronuncia ha delineato il potere di controllo del GSE come confinato a profili formali sulla della documentazione trasmessa, pena lo stravolgimento del riparto di competenze fissato dal legislatore.

Al riguardo, il Collegio evidenzia come è ben vero che la sentenza invocata ritiene che il controllo del GSE debba limitarsi a verificare la sussistenza del titolo di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio degli impianti, mediante un controllo formale, senza possibilità di effettuare una verifica della legittimità dello stesso; tuttavia nel caso in esame il controllo dei titoli necessari ai fini del rilascio dell’incentivo (trattandosi di un impianto idroelettrico e non come nel caso della sentenza richiamata un impianto fotovoltaico) riguardava non solo il titolo abilitativo edilizio rilasciato dal Comune, ma anche la concessione di derivazione, del pari necessaria per esimere dall’autorizzazione unica, oltre che per abilitare all’esercizio dell’impianto.

Rispetto alla concessione di derivazione il GSE si è limitato a verificare che la tipologia del titolo posseduto (la concessione a uso potabile) non coincideva con quella necessaria (concessione a uso idroelettrico), effettuando un controllo formale ed estrinseco sulla corretta tipologia del titolo allegato, senza impingere su profili di illegittimità dello stesso e, quindi, mantenendosi nei limiti delle competenze fissate dal legislatore.

3) Quanto al secondo profilo il Collegio concorda con la sentenza del T.A.R. capitolino sull’interpretazione da dare al requisito dell’esistenza di “una valida concessione di derivazione”, previsto dalla Delibera Regionale n. 1955/2006 al fine dell’esclusione dal procedimento per l’autorizzazione unica, richiesta dal DM 18-12-2008, per gli impianti di potenza inferiore a 500 kW.

Quest’ultimo deve intendersi nel senso che la concessione di derivazione idroelettrica delle acque pubbliche deve essere specificamente rilasciata per uso idroelettrico e non sia sufficiente il possesso di una concessione di derivazione ad uso potabile, al di là del controverso aspetto della sua definitività o meno.

Non è, infatti, sostenibile che qualsiasi tipologia di concessione di derivazione di acque sia sufficiente, sulla base della genericità del tenore letterale della Delibera Regionale n. 1955/2006, laddove richiede l’esistenza di una concessione di derivazione senza specificare la necessità che sia per uso idroelettrico.

Le tipologie di concessione di derivazione di acque pubbliche, difatti, sono molteplici (il Regio Decreto n. 1775/1933 ne conta ben sette), ognuna connotata da una sua specifica destinazione e non appaiono “sovrapponibili”.

Sul punto si richiamano gli assunti della richiamata sentenza gravata che evidenza come “la richiesta sussistenza di un titolo concessorio che autorizzi l’impiego privato dell’acqua delle sorgenti per una ben determinata finalità (la produzione a tariffa incentivata di energia elettrica), appare al Collegio senz’altro la più conforme all’ordinamento, non risultando indifferente la finalità dell’utilizzo del bene pubblico ai fini del rilascio della concessione.

L’uso potabile è con tutta evidenza un uso infungibile con quello, assai diverso, dell’uso per impianto di produzione di elettricità”.

Né coglie nel segno la censura secondo cui il permesso a costruire rilasciato dal Comune

di Cesinali sarebbe stato valutato dalla Regione Campania come “equipollente” all’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. 387/2003 e dunque sufficiente, anche in assenza di una specifica concessione di derivazione acque a uso idroelettrico, ai fini del rilascio della Qualificazione IAFR

Come suindicato, infatti, gli impianti idroelettrici, per l’autorizzazione alla costruzione ed esercizio, richiedono sia il titolo autorizzativo che la concessione di derivazione a fini idroelettrici.

Il solo titolo abilitativo edilizio non è, quindi, sufficiente ad integrare i requisiti per l’accesso alla Qualifica IAFR, in assenza di una idonea concessione di derivazione acque a uso idroelettrico.

Corollario necessario di tali conclusioni è che il titolo posseduto dall’impianto in questione non era idoneo, sulla base di quanto previsto dalla deliberazione n. 1955 del 30/11/2006 della Giunta Regionale della Campania, a giustificare la mancata produzione dell’autorizzazione unica, richiesta dall’art. 4, comma 2, del dm 18 dicembre 2008, legittimando il provvedimento di rigetto.

4) Per le suesposte ragioni l’appello va respinto.

Le specifiche circostanze inerenti al ricorso in esame costituiscono elementi che militano per l’applicazione dell’art. 92 c.p.c., come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a. e depongono per la compensazione delle spese del grado di giudizio di appello tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del grado di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:

Giovanni Sabbato, Presidente FF

Antonella Manzione, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore