Consiglio di Stato Sez.II n. 4345 del 6 luglio 2020
Urbanistica. Oneri di concessione

Il parametro per la determinazione degli oneri di concessione va riferito al criterio della destinazione urbanistica della zona e non alla concreta destinazione d’uso dell’immobile; diversamente opinando, invero, il quantum dovuto all’amministrazione verrebbe modificato in base ad un comportamento del privato, peraltro integrante un abuso edilizio, seppur successivamente sanato. È inoltre congruo che una medesima opera, ancorché abusiva, sia chiamata a contribuire in modo diverso a seconda della zona in cui ricade, differente essendo la dotazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria delle varie zone

Pubblicato il 06/07/2020

N. 04345/2020REG.PROV.COLL.

N. 04543/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4543 del 2010, proposto dalla signora Antonietta Gorgoglione, rappresentata e difesa dall’avvocato Pasquale Nasca, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Patella Mario in Roma, via Gaspare Gozzi, n. 161,

contro

il Comune di Barletta, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Caruso e Domenico Cuocci Martorano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Benito Panariti in Roma, Via Celimontana, n. 38,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Puglia – Bari, Sezione II, n. 2125/2009, resa tra le parti, in tema di determinazione di somme a titolo di oblazione ed oneri concessori.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Barletta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 5 maggio 2020, il Cons. Italo Volpe e dati per presenti, ai sensi dell’art. 84, co. 5, del d.l. n. 18/2020, gli avvocati delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe la persona fisica ivi pure indicata ha impugnato la sentenza del Tar per la Puglia, Bari, n. 2125/2009, pubblicata il 25 settembre 2009, che – a spese compensate – ha:

- dichiarato irricevibile la domanda di annullamento del provvedimento del Comune di Barletta (di seguito “Comune”) prot. n. 9293/95 dell’11 novembre 1996;

- in parziale accoglimento della domanda di accertamento pure introduttivamente formulata, altresì accertato e dichiarato che:

-- le opere abusive, di cui alla pratica di condono n. 602/96 del Comune, sono adibite ad autorimessa e non hanno natura pertinenziale;

-- sull’importo dovuto a conguaglio a titolo di oblazione e di contributo di concessione, relativamente alla citata pratica di condono edilizio, sono dovuti gli interessi dal 25 novembre 1996;

-- al solo fine del calcolo della oblazione dovuta, la superficie occupata dalle opere abusive doveva conteggiarsi al 60 per cento di quella effettiva.

1.1. In fatto, la sentenza ha esposto, qui in sintesi, che:

- parte ricorrente aveva realizzato in zona agricola, senza previo titolo edilizio, 67 box in lamiera, adibiti a ricovero di automezzi;

- la stessa aveva poi tempestivamente presentato domanda di condono edilizio ai sensi della l. n. 724/1994;

- il Comune aveva determinato in via definitiva l’importo dovuto per oblazione in lire 87.836.741 e quello dovuto per contributo concessorio in lire 288.936.509;

- parte ricorrente, oltre all’annullamento del citato provvedimento comunale, aveva contestualmente chiesto l’accertamento dell’esatto importo dovuto per le causali di cui al medesimo provvedimento.

1.2. In diritto, la sentenza ha affermato, qui in sintesi, che:

- era fondata solo in parte l’eccezione del Comune d’irricevibilità dell’originario ricorso (assumendosene la tardività giacché con esso era stato comunque fatto valere un interesse legittimo, tutelabile solo nell’ordinario termine di impugnazione) e ciò perché nella specie erano dedotti altresì vizi propri dell’atto determinativo degli oneri di concessione, in ordine ai quali era stata formulata la sopra ricordata domanda di accertamento, di per sé azionabile nell’ordinario termine di prescrizione (questo sì rispettato);

- erano infondati:

-- il primo motivo (di ritenuta violazione della l. n. 47/1985, in relazione alla tabella delle tipologie di abuso) perché “il fatto che un box per ricovero automezzi non costituisca superficie né volumetria utile, condizione questa necessaria per ascrivere l’abuso in esame alla tipologia n. 7, dipende dalla sua natura pertinenziale” ma quest’ultima non era invece identificabile, nella specie, poiché parte ricorrente non aveva indicato la natura e l’ubicazione dei fabbricati principali nei cui soli riguardi il vincolo di pertinenzialità dei 67 box si sarebbe potuto riscontrare;

-- il secondo motivo (di ritenuta violazione dell’art. 10 della l. n. 10/1977 perché il contributo di concessione era stato calcolato secondo la tariffa vigente per le zone agricole mentre lo sarebbe dovuto essere secondo quella prevista in relazione alla concreta destinazione d’uso delle opere abusive, ossia con riferimento ai parametri previsti per i nuovi insediamenti tecnologici) perché, divergendosi da precedente giurisprudenza dello stesso Tribunale, nella sostanza doveva ritenersi più equo e corretto il principio per cui, anche in caso di condono, “il contributo concessorio deve essere determinato in applicazione delle tabelle ordinarie, nelle quali è estraneo ogni riferimento alla tipologia specifica delle costruzioni ed all’uso di esse, salvo che non sia diversamente stabilito”;

- destava perplessità il fatto che i box erano stati considerati dal Comune come superficie residenziale, dato che il relativo presupposto (i.e., vincolo pertinenziale con edifici residenziali) non era stato provato e, in coerenza, l’abuso non era stato considerato tipologia 7;

- era fondato il terzo motivo (di ritenuta violazione dell’art. 39, co. 5 e 9, della l. n. 724/1994 per avere il Comune applicato interessi dal marzo 1995, quando invece per legge è prevista una rateizzazione del pagamento, onde gli interessi si sarebbero dovuti calcolare per ciascuna rata dalle singole date di scadenza) perché quando il Comune provvede alla quantificazione definitiva oltre i termini di legge per il pagamento rateale, gli interessi sui conguagli decorrono solo dal momento in cui la quantificazione è comunicata all’interessato, perché solo da allora decorre l’esigibilità;

- era fondato, nei limiti, anche il quarto motivo (di ritenuta violazione dell’art. 2 del d.m. 10 maggio 1977 e, in quanto residenziali i box in questione, di mancata considerazione allora del solo 60 per cento della relativa superficie, in luogo di quella intera) perché, trattandosi di box per ricovero auto che rientrano nella tipologia del detto decreto ministeriale, la superficie totale da essi occupata avrebbe dovuto essere conseguentemente ridotta del 40 per cento.

2. L’appello si affida alle seguenti censure:

a) quanto al primo motivo di ricorso originario, carenza di motivazione in ordine all’errata applicazione della l. n. 47/1985 sulle tipologie di abuso edilizio;

b) quanto al secondo motivo di ricorso, errata motivazione in ordine alla violazione dell’art. 10 della l. n. 10/1977.

2.1. Ad avviso della parte appellante, in sintesi:

a.1) è erroneo qualificare l’abuso in questione di tipologia 1 invece che 7 (pertinenziale). Quanto meno dovevano reputarsi pertinenziali gli spazi di viabilità interna all’intero complesso;

b.1) i primi Giudici, mutando il loro stesso precedente orientamento giurisprudenziale, hanno di fatto svolto una funzione sanzionatoria che non gli competeva e che comunque la legge non contempla. Ha di fatto una valenza ed un riflesso punitivi (dell’abuso) la commisurazione del contributo di concessione alla destinazione di zona invece che alla destinazione d’uso specifica della costruzione oggetto di abuso edilizio.

3. Con ordinanza n. 3116/2010, pubblicata il 7 luglio 2010, il Consiglio di Stato ha respinto la domanda di sospensione cautelare dell’esecutività della sentenza impugnata considerato che “i danni paventati dall’eventuale esecuzione della sentenza rivestono natura meramente economica e quindi riparabile”.

4. Costituitosi, col proprio controricorso il Comune ha replicato partitamente alle tesi avversarie.

5. Con memoria sottoscritta il 13 marzo 2020 il Comune ha illustrato diffusamente la formazione nel tempo di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale favorevole alla propria tesi.

6. Con memoria sottoscritta il 3 aprile 2020 parte appellante ha richiamato i suoi precedenti scritti, precisando che, in caso di esito negativo dell’appello, quanto meno non dovevano essere accollate le spese del primo grado di giudizio (anche per mancanza di appello incidentale sul punto).

7. La causa quindi, chiamata alla pubblica udienza di discussione del 5 maggio 2020, è stata ivi trattenuta in decisione.

8. L’appello è infondato e pertanto deve essere respinto.

8.1. In primo luogo, la sentenza di primo grado risulta sufficientemente argomentata (e comunque non comprovatamente smentita) lì dove essa argomenta in ordine alle ragioni per le quali il vincolo di pertinenzialità dell’intero complesso abusivo per cui è causa non poteva ritenersi assodato.

Conseguentemente, quanto al primo motivo di appello, va osservato che l’oblazione ed i contributi da corrispondere per il condono edilizio vanno computati riconducendo le opere da sanare a una delle tipologie di cui alla Tabella A allegata alla l. n. 47/1985.

E l’individuazione della tipologia di effettivo e concreto riferimento va fatta con riguardo all’abuso nel suo complesso, senza che sia possibile ‘scorporare’, nell’ambito di tale abuso, l’immobile (in tesi) ‘principale’ (che, secondo l’assunto di parte appellante, nella fattispecie sarebbero i box ovvero le autorimesse) rispetto altre componenti dell’abuso che, invece, avrebbero natura pertinenziale (nella fattispecie le aree di manovra), e ciò al fine di applicare diversi parametri. Pertanto, correttamente, i primi Giudici hanno escluso la riconducibilità delle opere per cui è causa, nel loro insieme considerate, alla tipologia 7.

8.2. Non è poi condivisibile neppure il secondo motivo di appello, alla luce del più recente orientamento in argomento, rispetto al quale non si ravvisano elementi per andare, qui, in contrario avviso.

Ad esempio, in occasione della sentenza Cons. Stato, sezione II, n. 7097/2019 (nella quale, poi, ricorrono ulteriori, conformi richiami giurisprudenziali) è stato affermato che “Il Collegio condivide la tesi sostenuta dall’appellante per cui il parametro per la determinazione degli oneri va riferito al criterio della destinazione urbanistica della zona e non alla concreta destinazione d’uso dell’immobile; diversamente opinando, invero, il quantum dovuto all’amministrazione verrebbe modificato in base ad un comportamento del privato, peraltro integrante un abuso delizio, seppur successivamente sanato. È inoltre congruo che una medesima opera, ancorché abusiva, sia chiamata a contribuire in modo diverso a seconda della zona in cui ricade, differente essendo la dotazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria delle varie zone.”.

9. Respinto l’appello, le spese del grado seguono la soccombenza e si liquidano, in favore del Comune resistente, in complessivi euro 4.000,00.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento in favore del Comune resistente delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 4.000,00 oltre agli accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato con Sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2020 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:

Raffaele Greco, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Giancarlo Luttazi, Consigliere

Italo Volpe, Consigliere, Estensore

Francesco Frigida, Consigliere