Cass. Sez. III n. 10728 dell\'11 marzo 2009 (Ud. 09 gen. 2009)
Pres. Lupo Est. Marmo Ric. Bonini.
Alimenti. Controlli microbiologici su prodotti alimentari deteriorabili

In tema di tutela penale degli alimenti, la procedura d\'urgenza prevista dall\'art. 223, comma primo, disp. att. cod. proc. pen. in materia di analisi irripetibili non si riferisce all\'accertamento di sostanze chimiche non deperibili, ma soltanto all\'accertamento dell\'esistenza e della quantità di sostanze organiche o comunque deperibili da rinvenire in alimenti deperibili. (Fattispecie nella quale in un campione di carne bovina macellata, destinata all\'alimentazione umana, era stata accertata la presenza di ossitetraciclina, sostanza chimica inibente di tipo antibiotico rilevabile anche a distanza di tempo).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 09/01/2009
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. FRANCO Amedeo - rel. Consigliere - N. 25
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MULLIRI Guicla I. - Consigliere - N. 031696/2008
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BONINI ALDO GIUSEPPE, N. il 20/03/1958;
avverso la SENTENZA del 17/09/2007 TRIBUNALE di MANTOVA;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. MARMO MARGHERITA;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. MELONI Vittorio che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avvocato Piccinelli Fabio, come da delega in atti depositata il 9 gennaio 2009, che ha chiesto l\'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 17 settembre 2007 il Tribunale di Mantova dichiarava Aldo Giuseppe Bonini colpevole della contravvenzione di cui alla L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5 lett. a) e art. 6 per avere, in qualità di legale rappresentante dell\'omonina Azienda Agricola corrente in Roncoferraro, fatto macellare un bovino destinato all\'alimentazione umana trattato con ossitetraciclina, sostanza presente nell\'animale e rinvenuta, (a seguito di analisi eseguite con prelievo del 29 marzo 2005 e con esito di analisi del 3 maggio 2005), in misura superiore ai limiti fissati dal regolamento CE n. 2377/90 (2,9 mg/kg), con conseguente modificazione della composizione naturale delle carni dell\'animale destinato all\'alimentazione umana. Ha proposto ricorso per cassazione l\'imputato chiedendo l\'annullamento della sentenza impugnata per i motivi che saranno nel prosieguo analiticamente esaminati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente impugna ai sensi dell\'art. 586 c.p.p. l\'ordinanza pronunciata dal giudice monocratico del Tribunale di Mantova all\'udienza del 18 maggio 2007 con la quale era stata rigettata l\'eccezione di nullità del decreto di citazione a giudizio per insufficiente indicazione del requisito previsto dall\'art. 552 c.p.p., comma 1, lett. C.
Deduce il ricorrente che nel capo di imputazione non era stata indicata con chiarezza la quantità di sostanza accertata, ne\' le modalità, i tempi e le condotte con le quali l\'ossitetraciclina sarebbe stata somministrata al bovino.
Non era stato neppure indicato il luogo in cui il fatto si sarebbe verificato e quale delle condotte contemplate nella L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. A) era contestata, con riferimento alle diverse ipotesi previste da tale norma.
Il capo di imputazione non specificava neppure che il bovino era destinato ad alimentazione di persona diversa dall\'imputato. Il decreto di citazione a giudizio doveva quindi ritenersi nullo ai sensi dell\'art. 552 c.p.p., comma 2 per l\'insufficiente indicazione del requisito di cui al comma 1, lett. C, del citato articolo. Secondo il ricorrente la Corte Territoriale avrebbe quindi dovuto annullare l\'ordinanza predibattimentale del 18 maggio 2007 pronunciata dal Tribunale di Mantova in composizione monocratica, dichiarare nullo il decreto penale di condanna e rimettere gli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Mantova. Il motivo è infondato.
Diversamente da quanto deduce il ricorrente, nel capo di imputazione, come sopra riportato, è esattamente indicata e precisata la contestazione, che riproduce esattamente una delle ipotesi espressamente previste dalla L. n. 283 del 1962, lett. a) e precisamente il divieto di trattare sostanze destinate all\'alimentazione umana in modo da variarne la composizione naturale, (salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali). Si contesta infatti all\'imputato di aver macellato carne bovina trattata con ossitetraciclina, (rinvenuta in misura superiore ai limiti fissati dal regolamento CE n. 2377/90), - in modo da variare la composizione naturale dell\'alimento.
Va quindi respinto il primo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo il ricorrente impugna, sempre ai sensi dell\'art. 586 c.p.p., l\'ordinanza pronunciata nel corso dell\'udienza dibattimentale del 18 maggio 2007 con la quale erano stati acquisiti agli atti, su richiesta del P.M. i risultati degli accertamenti svolti dall\'A.S.L. di Mantova e dall\'Istituto di Zooprofilassi di Brescia per violazione dell\'art. 191 c.p.p..
Deduce il Bonini che gli accertamenti svolti dall\'ASL di Mantova dell\'Istituto di Zooprofilassi di Brescia non avrebbero potuto essere utilizzati per fondare un giudizio di colpevolezza in quanto si trattava di prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge.
Rileva il ricorrente che il Decreto del Ministero della Sanità del 16 dicembre 1993, (pubblicato in Gazz. Uff. 28 dicembre 1993, n. 303), definisce la carne come alimento deteriorabile e che la L. n. 123 del 1993, art. 4 dispone che per i controlli e le analisi relative a sostanze e prodotti deteriorabili è necessario seguire la procedura di cui all\'art. 223 disp. att. c.p.p..
Secondo la procedura indicata da tale norma l\'autorità che procede agli accertamenti, nell\'ipotesi in cui risulti una non conformità, deve dare immediatamente comunicazione all\'interessato, indicando il luogo, il giorno e l\'ora in cui le analisi verranno ripetute limitatamente ai parametri risultati difformi.
Tale procedura non era stata seguita nel caso in esame, in quanto il veterinario dell\'ASL, intervenuto per effettuare i controlli di routine sulle carni macellate, aveva inviato le aliquote di carne all\'Istituto di Zooprofilassi che aveva effettuato le analisi e i controlli.
Era stata quindi seguita la procedura prevista dalla L. n. 283 del 1962 per gli alimenti non deteriorabili, anziché quella di cui al D.Lgs. n. 123 del 1993, art. 4 prescritta espressamente per i controlli microbiologici sugli alimenti deteriorabili. Nè era ammissibile rimettere alla prassi di un laboratorio di analisi l\'esatta e corretta interpretazione di una norma di legge, come aveva fatto il giudice di primo grado, accogliendo l\'interpretazione della normativa come offerta dal teste Faggiornato il quale aveva affermato che la normativa era applicabile solo per i controlli microbiologici da ritenersi irripetibili mentre dovevano invece ritenersi ripetibili i controlli di carattere chimico, anche se comportavano l\'uso di microrganismi per eseguire le analisi.
Secondo il ricorrente l\'interpretazione della norma eseguita dal giudice di primo grado era arbitraria e non suffragata da alcun elemento in fatto o in diritto.
Rileva in proposito il ricorrente che il citato D.Lgs. n. 123 del 1993, art. 1 riservato alle definizioni, non specifica alcunché circa i controlli microbiologici. Pertanto in una prospettiva di massima garanzia, a fronte del silenzio del legislatore, devono ritenersi irripetibili non solo i controlli in cui vengono ricercati microrganismi, ma anche quelli in cui vengono utilizzati microorganismi per le analisi.
Sotto altro profilo doveva rilevarsi che il metodo di analisi impiegato dall\'Istituto di Zooprofilassi di Brescia era stato indicato dai testimoni sentiti in giudizio come un metodo interno all\'Istituto e non codificato.
Non si trattava infatti di un procedimento ufficiale, ne\' conosciuto o condiviso da tutti i laboratori di analisi e quindi non era tale da poter essere controllato e verificato da terzi. Non presentava quindi alcuna garanzia di attendibilità e di verificabilità. Rileva il Collegio che il motivo è infondato.
Preliminarmente si osserva che il D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 123, art. 4 attuativo della direttiva 89/397/CEE relativa al controllo ufficiale dei prodotti alimentari che ha ad oggetto "particolari tipologie di alimenti e modalità di analisi", con riferimento ai controlli microbiologici dei prodotti alimentari deteriorabili richiama le procedure di cui all\'art. 223 disp. att. c.p.p. senza ulteriore specificazione.
Per quel che attiene alla dedotta irripetibilità delle analisi, con conseguente necessità di applicazione della procedura più garantisca prevista dall\'art. 223 disp. att. c.p.p., comma 1 per le analisi non ripetibili in luogo di quella applicata nel caso in esame e relativa alle analisi ripetibili (art. 223 disp. att. c.p.p., comma 2), questa Corte ritiene che l\'impossibilità di revisione si riferisce soltanto alle analisi microbiologiche e non anche a quelle aventi ad oggetto la ricerca di additivi chimici (v. per tutte Cass. sez. 3 pen. 20 novembre 2003, n. 1068 e Cass. pen. sez. 3 sent. 17 maggio 2007, n. 28946) in quanto tali residui sono rinvenibili negli alimenti deperibili anche a distanza di tempo.
La circostanza secondo cui l\'analisi è stata eseguita con l\'uso di microorganismi, nella specie antibiotici, al fine di accertare l\'esistenza e la quantità della ossitetraciclina nella carne non comporta, a giudizio del Collegio, un mutamento della disciplina applicabile, atteso che si tratta di microorganismi di volta in volta reperiti ed utilizzati dagli incaricati dei laboratori al fine delle analisi che possono essere ripetute con l\'utilizzo di analoghi microrganismi.
La procedura di urgenza che giustifica il ricorso all\'art. 223 disp. att. c.p.p., comma 1 si riferisce quindi soltanto all\'accertamento dell\' esistenza e della quantità di sostanze organiche o comunque deperibili da rinvenire in alimenti deperibili, (ossia a controlli di tipo microbiologico, finalizzati a verificare la presenza di batteri nel campione) e non all\'accertamento di sostanze chimiche non deperibili, la cui presenza può essere riscontrata anche nel prodotto congelato e che, comunque, sopravvivono per lungo tempo allo stesso deperimento del prodotto contaminato, come in caso di sostanza inibente di tipo antibiotico il cui quantitativo, rilevabile nel campione, anche a distanza di tempo, corrisponde comunque a quello immessovi.
Va quindi respinto il secondo motivo di ricorso.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce che il metodo di analisi impiegato dall\'Istituto di Zooprofilassi di Brescia non era un procedimento ufficiale, ne\' conosciuto o condiviso da tutti i laboratori di analisi e quindi non era tale da poter essere controllato e verificato da terzi.
Non rispondeva inoltre ai requisiti prescritti dal regolamento CE n. 882 del 2004 e non presentava quindi alcuna garanzia di attendibilità e di verificabilità.
Anche il terzo motivo è infondato.
In primo luogo, il Collegio osserva che, come ha correttamente rilevato il primo giudice, il regolamento CEE n. 882 del 2004 è in vigore soltanto dal 1 gennaio 2006, in epoca successiva a quella in cui sono state eseguite le analisi e quindi non è applicabile nel caso in esame.
Per quel che attiene all\'attendibilità dei risultati delle analisi sono condivisibili, in quanto logiche ed esaustive, le argomentazioni del giudice di merito il quale ha rilevato che i macroscopici risultati positivi delle analisi, con le quali è stata accertata la presenza di ossitatriciclina in quantità superiore di circa ventinove volte il limite massimo consentito dal regolamento CE n 2377/90 (2,9 mg/kg a fronte di 0,1 mg/kg consentito), non lasciano spazio a margini di incertezza circa il superamento da parte del ricorrente dei limiti di tollerabilità di detta sostanza specificati nel Regolamento CE n. 2377 del 1990.
Va quindi respinto anche il terzo motivo di ricorso. Il rigetto del secondo e terzo motivo del ricorso, in considerazione della ritenuta legittimità della procedura di analisi del prodotto oggetto del capo di imputazione, assorbe il quarto motivo, con il quale il ricorrente chiede che le prove documentali contenute nelle risultanze delle analisi e dei controlli siano dichiarate non utilizzabili e inammissibili.
Con il quinto motivo il Bovini prospetta due censure. Con la prima censura lamenta la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità delle motivazioni dell\'impugnata sentenza deducendo che il giudice di primo grado aveva attribuito alla deposizione della teste Faggiornato, ( dipendente dell\'Istituto di Zooprofilassi), piena ed incondizionata attendibilità, mentre aveva ingiustificatamente ritenuti privi di rilievo sia la testimonianza che il parere pro ventate resi dal prof Massimi. Secondo il ricorrente era illogico aver ritenuto un metodo empirico e non riconosciuto sul piano internazionale maggiormente affidabile di quello riconosciuto da protocolli internazionali. Con la seconda censura il ricorrente deduce che non era condivisibile l\'affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui il regolamento CE sarebbe entrato in vigore soltanto dal 1 gennaio 2006 mentre l\'art. 67 di tale regolamento ne dispone l\'entrata in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella GUE, (pubblicazione avvenuta il 28 maggio 2004).
Ritiene l\'imputato che l\'applicazione del regolamento CE n. 882 del 2004 era stata differita alla promulgazione del regolamento CE n. 2076 del 2005, ma non la sua vigenza che decorre dal ventesimo giorno dalla sua pubblicazione sulla GU ed è vincolante per tutti in quanto le norme applicative servirebbero solo a colmare le lacune delle norme interne nella misura in cui esse siano indispensabili alla corretta esecuzione dei regolamenti comunitari.
Secondo il ricorrente il Tribunale di Mantova, a fronte dell\'entrata in vigore del regolamento CE n. 882/2004, avrebbe quindi dovuto verificare l\'esistenza o meno nell\'ordinamento nazionale di disposizioni interne conformi all\'atto comunitario e, solo in caso di inesistenza di tali norme, avrebbe potuto ritenere non applicabile il regolamento comunitario in attesa dell\'emanazione di regolamenti applicativi.
Anche il quinto motivo è infondato.
Per quel che attiene alla prima censura del quinto motivo in ordine alla valutazione degli elementi probatori, il Collegio rileva che in ordine agli stessi il Tribunale ha fornito adeguata e logica motivazione rilevando che non vi era motivo di dubitare di quanto affermato dal teste Faggiomato circa la prassi normalmente seguita dall\'Istituto Zooprilattico di Brescia di congelare immediatamente i campioni giunti per le analisi, (accortezza peraltro necessaria solo per i controlli di tipo microbiologico, ossia finalizzati a verificare la presenza di batteri nel campione e non per la ricerca di sostanze inibenti di tipo antibiotico).
Ha poi rilevato, per quel che attiene al rischio prospettato dal prof. Massimi circa la possibilità di errori commessi dagli analisti, che si trattava di una mera congettura, inidonea a comprovare che, nel caso in esame, le analisi possano essere state compromesse da inadeguata procedura, considerata anche la particolare competenza degli analisti che avevano eseguito l\'accertamento. Alla luce della adeguata motivazione eseguita dal Tribunale circa la valutazione degli elementi probatori posti a fondamento della sentenza impugnata, il motivo si traduce quindi in una ingiustificata richiesta a questa Corte di rivalutare gli elementi di merito non consentita in questa sede di legittimità.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, (v. per tutte Cass. Pen. Sez. 5 sent. 25 settembre 2007, n. 39048) in tema di motivi di ricorso per cassazione, anche a seguito delle modifiche dell\'art. 600 c.p.p., comma 1, lett. e) ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8 non è infatti consentito al giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. Va quindi respinta la prima censura del quinto motivo.
Per quel che attiene alla seconda censura del quinto motivo il Collegio rileva che l\'art. 67 del regolamento CE del 29 aprile 2004 n. 882 pubblicato sulla G.U.E. del 30 aprile 2004, n. 165 prevede espressamente che detto regolamento si applica dal 1 gennaio 2006 e, a sua volta, il regolamento della Commissione n. 2076 del 5 dicembre 2005 che fissa, tra l\'altro, disposizioni transitorie del regolamento CE n. 882 del 2004, all\'art. 22, prevede espressamente la sua applicazione dal 1 gennaio 2006.
Considerato che i regolamenti CE hanno efficacia diretta nell\'ordinamento degli stati membri, il Collegio rileva che tale diretta applicazione è stata espressamente fissata dal regolamento stesso a decorrere dal 1 gennaio 2006.
Rimane quindi indifferente, ai fini della presente decisione, la distinzione operata dal ricorrente tra entrata in vigore del regolamento e sua applicazione atteso che la prima comporta solo l\'obbligo per gli stati membri di adeguare le proprie strutture interne al fine di rendere operativo il regolamento al momento della sua applicazione che nel caso in esame è stata fissata, come sopra esposto, soltanto a decorrere dal 1 gennaio 2006. Siccome le analisi di cui al capo di imputazione sono state completate nel maggio del 2005 e quindi in data anteriore all\'applicazione del regolamento CE n. 882 del 2004, va respinta anche la seconda censura del quinto motivo di ricorso.
Con il sesto motivo il ricorrente rileva che anche a voler ritenere non applicabile il regolamento CE al momento delle analisi esso era applicabile comunque al momento della decisione. (17 settembre 2007). Deduce in proposito il ricorrente che in ossequio al principio della norma penale più favorevole il Tribunale avrebbe dovuto valutare la condotta serbata dagli accertatoli nel corso delle analisi alla luce delle normative più garantiste e rigorose emesse dall\'Unione europea rispetto a quelle nazionali.
Anche il sesto motivo è infondato.
In materia di atti processuali esauriti trova infatti applicazione il principio consolidato secondo cui "tempus regit actum". Conseguentemente quando mutano le norme processuali o comunque le norme che si riverberano sulle norme processuali o comportino modifiche nei metodi di acquisizione della prova, in mancanza di una disciplina transitoria che detti disposizioni diverse, deve trovare applicazione il fondamentale principio di diritto intertemporale, secondo il quale " tempus regit actum", principio che non consente di ritenere caducato e privo di effetti l\'atto legittimamente formatosi ed acquisito al processo sulla scorta delle disposizioni processuali vigenti al momento del suo compimento (v. in proposito per tutte Cass. Pen. Sez. 6 sent. 24 ottobre 1997, n. 11984).
Siccome nel caso in esame, per le ragioni suesposte con riferimento ai precedenti motivi, l\'accertamento in ordine alla presenza di ossitetraciclina in misura superiore ai limiti fissati dal regolamento CE n. 2377 del 1990 è stato legittimamente eseguito nel procedimento di primo grado, va respinto anche il sesto motivo di ricorso.
Consegue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2009