Cass. Sez. III n. 10738 del 25 marzo 2022 (UP 15 dic 2021)
Pres. Ramacci Est. Aceto Ric. Acampora
Ambiente in genere.Abusiva occupazione di spazio demaniale e soggetti responsabili
Il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale (artt. 54 e 1161 Cod. nav.) ha natura permanente e si protrae fino a che essa perdura, cessando solo quando vengano meno l'uso ed il godimento illegittimi, con la conseguenza che la condotta è ascrivibile non solo a chi materialmente l’ha iniziata, ma anche a chi l’ha proseguita perpetuando l’occupazione abusiva
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il sig. Luigi Acampora ricorre per l’annullamento della sentenza del 23/04/2021 della Corte di appello di Salerno che, pronunciando sulla sua impugnazione, ha confermato la condanna alla pena di due mesi di arresto irrogata con sentenza del 18/09/2019 del Tribunale di Vallo della Lucania per il reato di abusiva occupazione di area demaniale marittima di cui agli artt. 54, 1161 cod. nav.
1.1. Con il primo motivo deduce il travisamento della prova relativo alla sussistenza del fatto e il vizio di omessa motivazione sul punto. Le prove assunte nel corso del giudizio, afferma, dimostrano che, ad eccezione delle sedie a sdraio, ombrelloni e suppellettili varie per la balneazione, destinati ad essere rimossi a fine stagione, le altre opere erano state realizzate nella fascia di rispetto, con conseguente sussumibilità del fatto nella diversa ipotesi di cui all’art. 55 cod. nav., Sulla questione, dedotta in appello, la Corte territoriale ha totalmente omesso di motivare.
1.2. Con il secondo motivo deduce la violazione degli artt. 507 e 603 cod. proc. pen. lamentando la mancata assunzione della testimonianza del dirigente dell’UTC che avrebbe potuto riferire circostanze rilevanti ai fini della decisione quali: a) l’insussistenza del fatto (sotto il profilo della realizzazione delle opere nella fascia di rispetto); b) la sua estraneità al fatto stesso.
1.3. Con il terzo motivo deduce il vizio di manifesta illogicità della motivazione in ordine all’elemento psicologico del reato relativamente alle opere fisse non ricadenti in zona demaniale (bensì nella fascia di rispetto) ed ascrivibili al suo dante causa sul quale aveva fatto legittimo affidamento. In particolare, afferma, gli indicatori della mancanza di arbitrarietà della condotta erano tre: a) la posizione arretrata delle opere fisse; b) la realizzazione da parte del suo dante causa: c) l’inesistenza di provvedimenti sanzionatori.
1.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla prescrizione del reato. Sostiene che la permanenza del reato di occupazione abusiva di demanio marittimo non perdura per tutto il tempo dell’occupazione stessa e che, in ogni caso, le opere in contestazione o erano state rimosse o non erano più state utilizzate, fatto - questo - riferito dal testimone Carfagno e totalmente negletto dalla Corte di appello. Sotto altro profilo deduce lo svilimento della perizia asseverata dell’Arch. Saulle che aveva dato conto della rimozione delle opere fisse.
2. Con memoria trasmessa per via telematica, il difensore ha replicato alla richiesta di declaratoria di inammissibilità del ricorso effettuata dal Procuratore generale nelle sue conclusioni scritte ed ha insistito nella qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 55, cod. nav., norma la cui violazione non è più penalmente sanzionata ai sensi dell’art. 1161 cod. nav.
3. Il ricorso è inammissibile.
4. Osserva il Collegio:
4.1. il ricorrente è stato condannato per il reato di cui agli artt. 54 (e non 55), 1161 cod. nav., perché, quale amministratore unico della società «Acampora Hotels Travels S.r.l.», proprietaria di due alberghi prospicienti la spiaggia delle Saline di Palinuro, aveva abusivamente occupato l’arenile demaniale mediante le seguenti opere analiticamente indicate nel capo di imputazione: deposito di materiale di cantiere, una piscina interrata con sovrastante tavolato, pavimentazione in calcestruzzo; una scala in pietra; ammasso di materiali per la balneazione quali sdraio, ombrelloni, pattini, barca e macchina pulisci spiaggia, struttura in legno adibita a ristorante, camminamento e parapetto in legno e relativa scala di accesso, pedana in legno con sovrastante prefabbricato in legno adibito a vendita di oggettistica varia, due cabine spogliatoio, muro perimetrale di diverse dimensioni e aperture;
4.2. il primo motivo deduce una questione di fatto (la collocazione nella fascia di rispetto delle opere diverse da quelle destinate ad essere rimosse a fine stagione) non devoluta in appello ed è, pertanto, non scrutinabile in questa sede;
4.3. anche il secondo motivo propone, per una parte, la medesima questione oggetto del primo (realizzazione delle opere nella fascia di rispetto), mentre per la seconda parte (estraneità del ricorrente ai fatti) neglige completamente la giurisprudenza di questa Corte di cassazione secondo la quale il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale (artt. 54 e 1161 Cod. nav.) ha natura permanente e si protrae fino a che essa perdura, cessando solo quando vengano meno l'uso ed il godimento illegittimi (Sez. 3, n. 6732 del 09/01/2019, Rv. 275837 - 01; Sez. 3, n. 27071 del 29/05/2014, Rv. 259306 - 01; Sez. 3, n. 16417 del 16/03/2010, Rv. 246765 - 01; Sez. 3, n. 6450 del 01/02/2006, Rv. 233314 - 01), con la conseguenza che la condotta è ascrivibile non solo a chi materialmente l’ha iniziata, ma anche a chi l’ha proseguita perpetuando l’occupazione abusiva;
4.4. anche il terzo motivo si basa, in parte, su questioni di fatto estranee a quelle devolute in appello; per il resto è sufficiente richiamare le considerazioni svolte al paragrafo § 4.3. che precede per escludere la rilevanza della materiale esecuzione delle opere da parte del dante causa de ricorrente; donde questi traesse l’aspettativa della legittimità dell’occupazione non è dato sapere visto che, come afferma la Corte di appello, egli sapeva bene quale fosse il contenuto e l’estensione della concessione demaniale; non rileva la mancanza di provvedimenti sanzionatori, trattandosi di indice di inconsapevolezza del reato (peraltro punibile anche a titolo di colpa) non dedotto in appello e di poco affidamento, non potendosi trarre dall’inazione dei pubblici poteri argomento per supportare una sostanziale ignoranza del precetto (e dunque di un errore mai scusabile);
4.5. della permanenza del reato s’è già detto sicché altro non v’è da aggiungere a spiegazione della manifesta infondatezza dell’ultimo motivo se non che il mancato uso delle opere abusivamente realizzate non fa di certo cessare l’occupazione penalmente rilevante se realizzata con opere stabili e mai rimosse dall’area demaniale arbitrariamente occupata.
6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso (che osta alla rilevazione d’ufficio della prescrizione eventualmente maturata dopo la sentenza impugnata) consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 15/12/2021.