Cass. Sez. III n. 36405 del 26 agosto 2019 (UP 18 apr 2019)
Pres. Di Nicola Est. Andronio Ric. PM in proc. Rossello
Ambiente in genere. Procedura estintiva delle contravvenzioni in materia ambientale
La procedura estintiva delle contravvenzioni in materia ambientale prevista dagli artt. 318 bis e ss del d.lgs. n. 152 del 2006 è applicabile anche nel caso in cui, previo accertamento dell’assenza di danno o pericolo concreto di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, l’autorità amministrativa di vigilanza competente non abbia impartito prescrizioni per regolarizzare la situazione di fatto che integra la contravvenzione accertata; l’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004, si riferisce sia alle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita, sia alle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto, precedentemente all’emanazione della prescrizione, all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati.
RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 4 ottobre 2018, il Tribunale di Asti ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in relazione al reato di cui all’art. 256, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, per avere l’imputato provveduto nei termini al pagamento delle sanzioni amministrative, con conseguente estinzione dello stesso.
2. – Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti, lamentando, con un unico motivo di ricorso, la violazione degli artt. 318 bis e ss. del d.lgs. n. 152 del 2006.
In particolare, secondo il ricorrente, la procedura di estinzione del reato prevista dalle richiamate disposizioni sarebbe applicabile solo alle condotte esaurite che siano caratterizzate dalla spontanea e volontaria regolarizzazione dell’illecito da parte dell’agente e non anche alle condotte in cui sia oggettivamente impossibile impartire prescrizioni. Tale conclusione dovrebbe desumersi dal testo dell’art. 318 septies, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006, che fa riferimento alle conseguenze dannose o pericolose della condotta eliminabili dall’autore del fatto, nonché dalle plurime pronunce costituzionali intervenute sul meccanismo previsto dal d.lgs. n. 758 del 1994 in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro. In particolare, si richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 19 del 1998, che avrebbe circoscritto l’applicabilità della procedura di estinzione alle sole ipotesi in cui il contravventore abbia spontaneamente ed autonomamente provveduto ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose della violazione prima, o comunque indipendentemente dalla prescrizione dell’organo di vigilanza. Inoltre, si menziona l’ordinanza n. 416 del 1998, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 758 del 1994, nella parte in cui non prevede l’obbligo dell’organo di vigilanza di ammettere il contravventore al pagamento dell’oblazione anche nel caso in cui non sia impartita alcuna prescrizione.
Parimenti, si sostiene che la ricostruzione interpretativa proposta sarebbe confermata dall’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 che estende la procedura estintiva prevista dagli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 758 del 1994 alle ipotesi in cui «la condotta è esaurita, ovvero nelle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente all’emanazione della prescrizione». Secondo il pubblico ministero, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa nel processo di primo grado, nella richiamata disposizione il legislatore avrebbe inteso la congiunzione “ovvero” in senso esplicativo e non alternativo ed avrebbe, dunque, limitato l’applicabilità della procedura estintiva alle sole condotte esaurite che siano caratterizzate dalla spontanea e volontaria regolarizzazione da parte dell’agente. A tale conclusione, dovrebbe pervenirsi in primo luogo per il significato comune del termine “ovvero”, equivalente a quello di “cioè” e in secondo luogo perché l’art. 15, comma 3, non avrebbe carattere innovativo, ma si sarebbe limitato a recepire il contenuto, già richiamato, della sentenza della Corte costituzionale n. 19 del 1998. Del resto, secondo la Procura, soltanto tale interpretazione potrebbe ritenersi compatibile con la ratio della procedura estintiva in questione, finalizzata a premiare il soggetto che – pur avendo posto in essere la contravvenzione – si sia personalmente e volontariamente preoccupato di porvi rimedio.
Infine, si confuta la tesi della difesa secondo cui il pubblico ministero avrebbe ben potuto bloccare la procedura posta in essere dall’Arpa e si sostiene che il sistema non prevede espressamente un potere di veto in capo al pubblico ministero. Si aggiunge che il giudice dovrebbe comunque controllare, non solo l’esistenza della causa di estinzione, ma anche la legittimità della sequenza procedimentale che ne abbia determinato la genesi. Parimenti, si sostiene l’infondatezza della censura difensiva secondo cui, seguendo l’interpretazione proposta dal pubblico ministero, il contravventore risulterebbe gravato dalla doppia sanzione dell’autorità di vigilanza e dell’oblazione processuale, perché sarebbe sufficiente rivolgere istanza all’ente per ottenere la restituzione della somma ingiustamente versata.
3. – L’imputato ha presentato memoria con la quale sostiene l’infondatezza del ricorso proposto dal pubblico ministero. In particolare, secondo la difesa, la sentenza della Corte Costituzionale n. 19 del 1998 avrebbe preso in considerazione la sola applicabilità della procedura estintiva alle condotte c.d. “virtuose” perché questa era la condotta oggetto della questione proposta. Dunque, la Corte non avrebbe certo escluso l’applicabilità della procedura estintiva alle condotte esaurite che siano caratterizzate dall’impossibilità oggettiva di impartire prescrizioni. Anzi, a parere della difesa, proprio i giudici costituzionali, nella richiamata sentenza, avrebbero evidenziato la ratio “deflattiva” e non “premiale” delle procedure estintive dei reati contravvenzionali per cui il contravventore abbia provveduto al pagamento di una sanzione in sede amministrativa. Inoltre, si sostiene che l’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 avrebbe espressamente previsto la possibilità di applicare la procedura estintiva in questione alle condotte esaurite anche quando non vi sia un ravvedimento operoso da parte del contravventore perché alla congiunzione “ovvero” andrebbe attribuito un significato di alternatività e non di esplicazione, tanto più considerando che le condotte esaurite non sarebbero limitate alla sola ipotesi di spontanea e volontaria regolarizzazione dell’illecito, ma – come precisato dalla giurisprudenza di legittimità – comprenderebbero anche i reati istantanei già perfezionati. La difesa, infine, ricorda che l’oblazione speciale di cui all’art. 162 bis cod. pen., istituto più prossimo alla procedura di estinzione di cui agli artt. 318 bis e ss., non può essere ammessa laddove siano ancora sussistenti le conseguenze del reato “eliminabili dal contravventore”. Perciò, quando non residuino conseguenze, l’istituto sarebbe pienamente applicabile a prescindere dalle ragioni per cui le stesse sono venute meno.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. – Il ricorso è infondato.
Deve, infatti, ritenersi che la procedura di estinzione prevista dagli artt. 318 bis e ss del d.lgs. n. 152 del 2006 si applichi tanto alle condotte esaurite – come tali dovendosi intendere tutte le condotte prive di conseguenze dannose o pericolose per cui risulti inutile o impossibile impartire prescrizioni al contravventore – quanto alle ipotesi in cui il contravventore abbia spontaneamente e volontariamente regolarizzato l’illecito commesso. L’assunto in questione trova decisivo fondamento nell’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 che, nell’ambito della normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, prevede l’applicazione della procedura di estinzione prevista dagli artt. 20 e ss del d.lgs. n. 756 del 1994 «alle condotte esaurite, ovvero alle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati precedentemente alla prescrizione». Ed è chiaro che la disposizione in esame identifica due condotte alternative, alle quali è parimenti possibile applicare la procedura estintiva in esame. Certamente, infatti, il legislatore ha inteso utilizzare la congiunzione “ovvero” attribuendole il significato di “oppure” e non quello di “cioè”; e ciò, sia perché ordinariamente questo è il significato giuridico del termine predetto, sia, soprattutto, perché nello stesso d.lgs. n. 124 del 2004 si utilizza la richiamata espressione attribuendole sempre un significato di alternatività. Questo è avviene agli artt. 11, commi 2 e 5, 13, commi 3 e 4 lettere c) e d), ma, soprattutto, al primo comma dello stesso art. 15, secondo cui «con riferimento alle leggi in materia di lavoro e legislazione sociale la cui applicazione è affidata alla vigilanza della direzione provinciale del lavoro, qualora il personale ispettivo rilevi violazioni di carattere penale, punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda ovvero con la sola ammenda, impartisce al contravventore una apposita prescrizione obbligatoria ai sensi degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e per gli effetti degli articoli 23 e 24 e 25, comma 1, dello stesso decreto». Pertanto, l’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 – così come sistematicamente interpretato – non solo conforma l’applicabilità della procedura estintiva anche alle condotte esaurite, ma, soprattutto, evidenzia la differenza intercorrente tra queste ultime e il ravvedimento operoso del contravventore: la regolarizzazione volontaria e spontanea dell’illecito può legittimare la procedura di estinzione de qua, ma è cosa diversa dalla condotta esaurita, ossia dall’illecito istantaneo non produttivo di conseguenze dannose o pericolose, per cui non sia possibile impartire prescrizioni, anch’esso considerato alternativamente dall’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 e dunque idoneo a legittimare l’applicazione della procedura estintiva di cui agli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 758 del 2004.
Le conclusioni che si raggiungono in forza dell’analisi condotta sulla normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro (art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 e artt. 20 e ss del d.lgs. n. 758 del 1994) devono automaticamente estendersi alla procedura di cui all’art. 318 bis e ss del d.lgs. n. 152 del 2006. La procedura di estinzione prevista dal testo unico sull’ambiente è, infatti, costruita sul medesimo meccanismo previsto dalla normativa di cui al d.lgs. n. 758 del 1994, e, dunque – come segnalato anche dal ricorrente – ne segue l’interpretazione.
Soprattutto, deve rilevarsi che la conclusione cui si è pervenuti risponde – tanto nei reati ambientali quanto nelle violazioni in materia di sicurezza e igiene sul lavoro – ad esigenze di intrinseca ragionevolezza, in quanto impedisce di applicare un trattamento peggiorativo al soggetto che abbia commesso un illecito di limitata gravità, perché istantaneo e non produttivo di conseguenze dannose o pericolose, rispetto al contravventore che – pur avendovi spontaneamente posto rimedio – abbia commesso un illecito dannoso o pericoloso per l’ambiente o per la sicurezza dei lavoratori: se quest’ultimo soggetto può beneficare della procedura estintiva di cui agli artt. 318 bis e ss del d.lgs. n. 152 del 2006 e 20 e ss. del d.lgs. n. 756 del 1994, tanto più la procedura in questione deve essere riconosciuta in capo al contravventore che abbia commesso una violazione meno grave – perché istantanea e privo di conseguenze – ed abbia correttamente proceduto al pagamento delle sanzioni amministrative imposte dall’autorità di vigilanza.
E tale conclusione non può ritenersi contrastante con la sentenza della Corte costituzionale n. 19 del 1998, che, pronunciandosi sulla fondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 20 e ss del d.lgs. n. 758 del 1994 nella parte in cui non prevedono l’applicazione della procedura di estinzione nell’ipotesi di spontaneo ravvedimento operoso del contravventore, ritiene che «l’organo di vigilanza sia autorizzato ad impartire “ora per allora” la prescrizione prevista dall’art. 20, ovvero, ed a maggior ragione, a ratificare nelle forme dovute prescrizioni irritualmente impartite, nonché a verificare l’avvenuta eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato e ad ammettere il contravventore al pagamento della somma determinata a norma dell’art. 21, commi 1 e 2, sì che l’autore dell’illecito, previo pagamento della somma stabilita, possa usufruire dell’estinzione del reato disciplinata dall’art. 24». A tale proposito, deve rilevarsi che la pronuncia in questione è precedente all’introduzione dell’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004, con cui il legislatore ha espressamente disciplinato l’oggetto della questione posta all’attenzione della Corte in un senso comunque non contrastante con la sentenza richiamata. La stessa, infatti, non ha inteso escludere l’applicabilità delle procedure estintive alle condotte esaurite diverse dallo spontaneo ravvedimento operoso del contravventore, ma, in risposta all’unico petitum proposto, si è legittimamente limitata a riconoscere l’applicabilità della procedura di estinzione prevista a favore del soggetto che si sia conformato alle prescrizioni impartite dall’Autorità di Vigilanza anche a queste ultime ipotesi. Anzi, la stessa Corte, rilevando che «la nuova normativa mira da un lato ad assicurare l’effettività dell’osservanza delle misure di prevenzione e di protezione in tema di sicurezza e di igiene del lavoro, materia in cui l’interesse alla regolarizzazione delle violazione e alla correlativa tutela dei lavoratori, è di gran lunga prevalente rispetto all’applicazione della sanzione penale, dall’altro si propone di conseguire una consistente deflazione processuale», ha identificato come “deflattiva” e non “premiale” la ratio sottesa alla procedura di estinzione di cui si discute ed ha quindi implicitamente negato che la stessa sia appannaggio esclusivo del soggetto che – per prescrizione impartita dall’autorità di vigilanza o per spontaneo ravvedimento operoso – rimuova attivamente le conseguenze dell’illecito.
La conclusione cui si perviene, del resto è confermata dalla più recente giurisprudenza di legittimità. Si afferma pacificamente, infatti, che l’intento del legislatore del 2004 di introdurre una generale procedura di estinzione delle meno gravi contravvenzioni in materia di lavoro e legislazione sociale mediante il pagamento nei termini indicati di una sanzione amministrativa, previa regolarizzazione (quando possibile e necessaria) delle sanzioni che avevano dato luogo all’infrazione comporta inevitabilmente il superamento di quell’orientamento che aveva ritenuto inapplicabile la procedura di estinzione delle contravvenzioni di cui agli artt. 20 e ss del d.lgs. n. 758 el 1994 nelle ipotesi di reati istantanei già perfezionatisi, ovvero nei casi in cui l’organo di vigilanza non abbia impartito al contravventore alcuna prescrizione per la già avvenuta spontanea regolarizzazione. Al contrario, merita adesione il diverso e più persuasivo orientamento che, riferendosi alle c.d. “condotte esaurite”, evidenzia che la finalità dell’istituto consiste soprattutto nel consentire in via generale l’estinzione amministrativa del reato, anche quando non vi siano regolarizzazioni da effettuare, perché il reato è istantaneo o perché la regolarizzazione è già avvenuta spontaneamente (ex plurimis, Sez. 3, n. 37228 del 15/09/2015; Sez. 3, n. 34900 del 06/06/2007). Nella stessa direzione si muovono le più risalenti pronunce che escludono la procedibilità dell’azione penale nel caso in cui l’autorità di vigilanza non abbia impartito prescrizioni (ex plurimis Sez. 3, n. 37228 del 15/09/2015; Sez. 3, n. 34900 del 06/06/2007) proprio in virtù delle modifiche apportate dall’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004, che, riconducendo tanto le condotte esaurite, quanto le condotte seguite dallo spontaneo ravvedimento operoso, alla procedura estintiva di cui agli artt. 20 e ss del d.lgs. n. 758 del 1994, impone di considerare la mancata indicazione di prescrizioni da parte dell’organo di vigilanza quale causa di improcedibilità dell’azione penale.
Né può ritenersi che la ritenuta conclusione sia smentita dalle più recenti pronunce di legittimità le quali – in senso contrario al predetto orientamento – affermano che in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’omessa indicazione da parte dell’organo di vigilanza delle prescrizioni di regolarizzazione non è causa di improcedibilità dell’azione penale (ex plurimis, Sez. 3, n. 7678 del 13/01/2017; Sez. 3, n. 26758 del 05/05/2010). Le pronunce in questione, infatti, prendono le mosse dal presupposto implicito secondo cui la procedura di estinzione possa applicarsi anche alle condotte esaurite, tanto che richiamano espressamente il disposto di cui all’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004 nella sua alternativa previsione delle condotte esaurite che si concretizzano negli illeciti istantanei e delle ipotesi di spontaneo ravvedimento operoso, e, proprio per questo, prevedono la possibilità di presentare istanza di oblazione in sede amministrativa o in sede penale, come imposto dalla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 758 del 1994. Secondo i più recenti orientamenti, pertanto – come avvenuto nel caso di specie – la Procura è legittimata ad esercitare l’azione penale contro il contravventore che non abbia ricevuto prescrizioni di regolarizzazione da parte dell’autorità amministrativa (perché la condotta è esaurita e non sussistono prescrizioni da potere impartire), ma il contravventore, tanto che abbia commesso un illecito istantaneo, tanto che abbia spontaneamente regolarizzato l’illecito, può proporre istanza di oblazione al cui accoglimento e all’avvenuto pagamento segue l’estinzione del reato. Infatti, si afferma espressamente che «il beneficio in questione non potrebbe essergli precluso per il solo fatto che non ci sia nulla da regolarizzare».
Tale soluzione, come evidenziato da questa Corte nella richiamata sentenza del 2017, è maggiormente rispondente ad una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme esaminate, effettuata tenendo presenti tutti i possibili sviluppi della complessa procedura di prescrizione, prospettandone un’applicazione pratica che garantisce al contravventore una più ampia possibilità di beneficiare della procedura estintiva, assicurando, nel contempo, una più rapida definizione del procedimento penale. L’opposta soluzione, infatti, potrebbe condurre alla definizione del processo mediante dichiarazione di improcedibilità dell’azione penale sulla base della mera assenza della procedura estintiva, senza alcuna possibilità di verifica delle ragioni che l’hanno determinata. Perciò, del tutto legittimamente l’autorità amministrativa può adottare la procedura estintiva senza impartire prescrizioni perché le condotte sono esaurite, ma il giudice penale mantiene il potere di sindacare la legittimità della procedura, valutando se, nel caso di specie, lo status quo impediva effettivamente l’indicazione di prescrizioni necessarie per regolarizzare l’illecito. Parimenti, se l’autorità di vigilanza non attiva la procedura di estinzione nonostante il contravventore abbia commesso un illecito istantaneo, privo di conseguenze dannose o pericolose, oppure abbia spontaneamente regolarizzato la violazione, l’imputato nei cui confronti sia stata esercitata l’azione penale può richiedere di essere ammesso all’oblazione tanto in sede amministrativa che in sede giudiziaria. Dunque, anche le più recenti pronunce in ordine alla non improcedibilità dell’azione penale in caso di mancata indicazione delle prescrizioni pongono sullo stesso piano le condotte esaurite che si siano concretizzate nella commissione di un illecito istantaneo, privo di conseguenze dannose e pericolose, e la condotta di spontanea e volontaria regolarizzazione della violazione da parte del contravventore.
In conclusione, deve quindi affermarsi che: 1) la procedura estintiva delle contravvenzioni in materia ambientale prevista dagli artt. 318 bis e ss del d.lgs. n. 152 del 2006 è applicabile anche nel caso in cui, previo accertamento dell’assenza di danno o pericolo concreto di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, l’autorità amministrativa di vigilanza competente non abbia impartito prescrizioni per regolarizzare la situazione di fatto che integra la contravvenzione accertata; 2) l’art. 15, comma 3, del d.lgs. n. 124 del 2004, si riferisce sia alle ipotesi in cui la fattispecie è a condotta esaurita, sia alle ipotesi in cui il trasgressore abbia autonomamente provveduto, precedentemente all’emanazione della prescrizione, all’adempimento degli obblighi di legge sanzionati.
5. – Ne deriva il rigetto del ricorso del pubblico ministero.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso in Roma, il 18 aprile 2019.