Proposta  prima  applicazione della  L. 68/2016 – “Ecoreati” - Titolo VI bis D.Lgs. 152/06

di Umberto CASSIO

Applicabilità del meccanismo estintivo

  1. Applicabile a tutti e soli gli illeciti che prevedono le pene contravvenzionali anche alternative ( ammenta / arresto o ammenda)

  2. Applicabile restrittivamente ai soli reati contemplati direttamente e sanzionati dal TUA

  3. Non e’ espressamente vietata l’applicabilità agli illeciti che prevedono pene congiunte ( arresto e ammenda)

  4. Non e’ applicabile per gli illeciti che prevedono pena contravvenzionale dell’arresto

  5. Applicabile ai soli illeciti che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali , urbanistiche o paesaggistiche protette

I punti 1 , 2 e 4 sono pacifici e non danno luogo ad ambiguità.

Il terzo punto ha condotto invece a diversa interpretazione sia da parte di Procure che da parte di autorevoli Autori . Se si ritiene che il titolo VI bis TUA discenda e sia da leggere in analogia al D.Lgs. 758/2004 , allora la disciplina dell’estinzione e’ da escludere per i reati con pena congiunta . Se invece si ritiene che la norma – pur aderendo alla ratio del DLgs citato per quanto riguarda gli effetti deflattivi , e pur essendo costruita sullo stesso schema - abbia una vita propria e si concede al legislatore il diritto di non prevedere distinzione alcuna in questo particolare istituto , allora bisogna prendere atto che la legge non esprime limitazioni specifiche in materia. E , in questo caso , parrebbe superato anche il principio di legalità delle pene. Considerato che i reati ambientali puniti con pene contravvenzionali congiunte nel TUA o sono analoghi a quelli a pena alternativa ma dal legislatore ritenuti piu’ gravi ( perche’ interessano rifiuti/sostanze pericolose ) o riguardano condotte che hanno già prodotto concreto pregiudizio del bene protetto , sembrerebbe che l’interpretazione estensiva non sia da escludere . Naturalmente solo la giurisprudenza o modifiche della norma potranno fornire indicazioni o interpretazione autentica. Alcune ARPA ritengono - in conformità con la interpretazione della Procura di Milano e di diversi Autori e dal confronto emerso nel Gruppo di Lavoro delle ARPA/APPA italiane – che la contravvenzione congiunta consenta l’applicazione del meccanismo. E’ buona prassi che il nodo venga sciolto , qualora si presentasse ( i reati nel TUA che prevedono tale pena sono molto pochi) , attraverso concertazione con la Procura di riferimento.



Ambiente e risorse ambientali

La definizione di Ambiente e’ estremamente estensiva e concettualmente complessa ( si veda tra tutte la Direttiva 2004/35/CE che tecnicamente identifica anche parzialmente le risorse , la Direttiva 2008/99/CE che statuisce la necessità di una condivisa tutela penale dell’ambiente o semplicemente la declaratoria FAI ) e comporta l’interazione tra componenti diverse che costituiscono un equilibrio esterno ( all’essere vivente , dal verbo latino “ambire” = circondare) . Le risorse ambientali sono le componenti che in sinergia assicurano lo status quo che deve essere conservato nei limiti del diritto a goderne ( sostenibilità) da parte del fruitore interagente , generalmente identificato nell’essere vivente “uomo” ( antropizzazione).

Nel contesto della L. 68/2015 e’ chiaro che il riferimento non e’ di tale estensione sia perche’ il concetto filosofico non aiuta nei casi concreti (e’ necessario un contesto chiaro e definito per costituire la fattispecie di un reato e per irrogare le sanzioni : anche nei procedimenti previsti dalla legge per situazioni di grave pregiudizio viene sempre sostanziato un comportamento illecito che costituisce trasgressione di un precetto ) sia perche’ la dimensione del fatto , costituente reato destinato ad estinguersi , deve essere minimale rispetto al contesto “ ambientale” ( limitato infatti ai soli precetti TUA oggetto di sanzione contravvenzionale) e deve essere insignificante relativamente all’impatto concreto sulle matrici ( deve , esplicitamente , escludere danno o pericolo di danno alle risorse ).

Cio’ detto appare quindi plausibile che il concetto di ambiente , con riferimento alla norma in oggetto , si conforma ( e si limita ) a quello implicitamente contenuto nel TUA ; e che le risorse ambientali di interesse altro non sono quindi che le matrici tutelate dalla stessa legge : aria , suolo/sottosuolo , acque superficiali/profonde (risorse idriche ). Che poi gli argomenti trattati nel TUA riguardino anche scarichi , emissioni , attività produttive complesse ( AIA ) , rifiuti , etc. non cambia l’assunto : si tratta di attività regolamentate al fine di consentire un uso sostenibile delle “risorse” ( per le “bonifiche “ il discorso e’ un po’ diverso in quanto sono regolamentate per consentire un recupero sostenibile delle stesse risorse ) . La semplice violazione di tali norme puo’ condurre a potenziali impatti sulle matrici ( pericolo astratto) con conseguente eventuale pregiudizio delle stesse (pericolo concreto o danno ) .



Il danno

Alla luce di ciò occorre trovare , ai fini operativi e in attesa delle evoluzioni normative e di giurisprudenza , una collocazione condivisibile del concetto di “danno” e di “ pericolo concreto e attuale di danno” nel contesto della applicabilità del meccanismo estintivo senza dimenticare che la Legge ha già stabilito un meccanismo progressivo di approccio al problema sul versante penale che prevede una analoga progressiva qualificazione del danno/pericolo con graduazione crescente che , seppur di difficile interpretazione , consente di trarre considerazioni utili :

  • L. 68/2015 art. 1 comma 9 - Parte VI bis TUA :

Dispone l’estinzione della contravvenzione applicabile ai soli illeciti che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali , urbanistiche o paesaggistiche protette

  • D.Lgs. 28/2015 – art. 131bis C.P. : esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

Nei reati per i quali e' prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilita' e' esclusa ( anche per i reati ambientali ) quando, per le modalita' della condotta e per l'esiguita' del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa e' di particolare tenuita' e il comportamento risulta non abituale.

  • L. 68/2015 art. 1 - Parte VI bis C.P. – Delitti contro l’ambiente :

- Art. 452-bis. (Inquinamento ambientale). - E' punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:

1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

2) di un ecosistema, della biodiversita', anche agraria, della flora o della fauna.

- Art. 452-quater. (Disastro ambientale). - Fuori dai casi previsti dall'articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale e' punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente:

1) l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema;

2) l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente

onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;

3) l'offesa alla pubblica incolumita' in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della

compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o

esposte a pericolo.

La Parte VI bis C.P. appare subito in sintonia ( anche se non totalmente sovrapponibile) con la definizione di danno di cui all’art. 300 D.Lgs 152/06 , il quale ha il pregio di riportare nell’ambito delle “matrici” ( con l’esclusione dell’ “aria”) la nozione di compromissione . :

Art. 300

1. E' danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell'utilita' assicurata da quest'ultima.

2. Ai sensi della direttiva 2004/35/CE costituisce danno ambientale il deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato:

a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche, nonche' alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione;

b) alle acque interne, mediante azioni che incidano in modo significativamente negativo su: 1) lo stato ecologico, chimico o quantitativo o il potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, fatta eccezione per gli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva, oppure; 2) lo stato ambientale delle acque marine interessate, quale definito nella direttiva 2008/56/CE, nella misura in cui aspetti particolari dello stato ecologico dell'ambiente marino non siano gia' affrontati nella direttiva 2000/60/CE;

c) alle acque costiere ed a quelle ricomprese nel mare territoriale mediante le azioni suddette, anche se svolte in acque internazionali;

d) al terreno, mediante qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente.

Se e’ chiaro che la compromissione punita dal C.P. – di natura grave e legata al dolo o al dolo eventuale dall’avverbio “ abusivamente” - non puo’ sostanziare l’applicazione del titolo VI bis TUA meno definita e’ la situazione qualora il danno si manifesti in modalità diverse e meno intensive . Esiste quindi un limite ben definito tra il concetto di compromissione connesso ai delitti di cui alla modifica C.P. e quello di danno/pericolo che ,pur essendo di gravità minore ed escludendo l’applicabilità del meccanismo estintivo , merita invece un interessamento piu’ diretto di A.G. (tenuità del fatto) . C’e’ invece una zona “grigia” – in termini di compiuta definizione di “danno”- tra quest’ultimo caso e le situazioni di fatto passibili di applicazione dell’art. 318 bis : ogni contravvenzione al TUA puo’ infatti condurre a pregiudizio , in effetti o in potenza , delle matrici esposte . Ma il concetto di “danno” , nel meccanismo estintivo , deve essere un concetto piu’ generale di quello che si trova nella Parte VI bis C.P. o nell’art. 300 TUA ,pur ricomprendendolo . E ancora , deve essere pure diverso da quello – di rilevanza maggiore - che costituisce uno degli indici-requisiti ( gli altri sono la modalità della condotta e la non abitualità del comportamento) che richiedono l’accertamento del Giudice circa la speciale tenuità del fatto. La necessaria valutazione , da parte dell’organo di vigilanza nell’applicazione della Parte VI bis TUA , sulla scarsa offensività dell’illecito finisce quindi inevitabilmente per sovrapporsi con lo spazio di accertamento riservato ad A.G.

Non essendo cio’ possibile , e’ in piena evidenza che deve esistere una fattispecie di “impatto” – non ancora costituente “danno” , che consenta il ricorso alla procedura deflazionaria .



Il percorso operativo per l’accertamento del danno



Si ritiene quindi , anche alla luce dell’art. 318-septies c. 3 TUA (possibilità di … eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza...) , che la dizione danni/pericoli contenuta nella L. 68/2016 non escluda tout-court ogni forma di impatto ma consenta l’esistenza di illeciti passibili di estinzione se le conseguenze sono estremamente modeste e facilmente eliminabili . Si ritiene ragionevole una proposta operativa come la seguente :

  1. Accertamento dell’esistenza della possibilità concreta e attuale di danno/pericolo .Non tutti gli illeciti ( e le situazioni ad essi correlate) ,sanzionati con contravvenzioni, in se sono prodromici di effetti concreti sull’ambiente . Qualora l’effetto o il pericolo , in ragione del contesto e della violazione , siano concreti occorre un ulteriore screening (punto 2)

  2. accertamento che il comportamento illecito da cui origina l’effetto o il pericolo per le matrici sia facilmente e rapidamente eliminabile , anche mediante prescrizioni aggiuntive – che non richiedano interventi amministrativi di A.C. - atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero a inibire la prosecuzione dell’attività potenzialmente pericolosa. Qualora il comportamento antigiuridico sia terminato o eliminabile con sollecitudine si passa ad altro screenig ( punto 3)

  3. valutazione che gli effetti determinati dagli illeciti accertati siano modesti , facilmente eliminabili e che siano prescrivibili azioni/interventi che permettano la rimozione del pregiudizio in tempi brevi. Lo schema di base di tale ragionamento – teso a definire effetti non annoverabili nella nozione “forte” di danno/pericolo ambientali nonostante siano possibili pregiudizi sulle matrici - e’ fondato sui seguenti presupposti dell’impatto:

  • identifica chiaramente una matrice esposta

  • è di entità limitata in termini spaziali

  • interessa direttamente ed esclusivamente la sola matrice esposta

  • non costituisce pregiudizio per la salute

  • puo’ essere oggetto di interventi di riparazione di modesta entità

  • sono misurabili , i pregiudizi e il risanamento , attraverso le normali tecniche/processi di controllo sulle matrici ambientali

  • puo’ essere completamente eliminato con attività/tecniche comuni accessibili , mediante semplice diligenza, dal trasgressore attenendosi a pratiche/processi/percorsi anche normati ma governati esclusivamente dallo stesso

  • puo’ essere eliminato direttamente dal trasgressore senza necessità di ricorrere a dispositivi autorizzatori o a procedimenti in capo ad Autorità Competenti

  • puo’ essere eliminato in tempi brevi - non superiori a quelli tecnicamente necessari e comunque compatibili con le necessità di tutela delle matrici ambientali - e certi.

Se la check-list riscontra tutti termini positivi si ritiene percorribile la procedura estintiva





Un esempio concreto – anche se di limitata valenza ma esteso a tre diverse configurazioni - e’ in grado di illustrare la ratio delle fasi sopra delineate e , soprattutto , di identificare la differenza tra il danno/pericolo ( che non ammette estinzione) e quello che il senso comune interpreta come impatto/compromissione ma che in realtà non e’ realmente “danno ambientale” ( e che quindi ammette , invece , estinzione) :



a) deposito incontrollato di rifiuti solidi omogenei non pericolosi raggruppato su platea impermeabile non esposto a dilavamento meteorico (sotto copertura) e di volume pari a 20 mc ( trattasi di contravvenzione punita con la pena alternativa ):



1° screening : la condotta illecita non ha concretamente prodotto ,o potenzialmente non e’ in grado

di produrre, conseguenze sulle matrici interessate.



Le prescrizioni (relative alla interruzione delle modalità di deposito e alla rimozione dei rifiuti ) sono verificate – oltre che da sopralluogo in sito - mediante esame dei formulari di trasporto dei rifiuti , dei certificati analitici di caratterizzazione qualora necessari e dei rilievi fotografici in corso d’opera. Esiti positivi delle verifiche consentiranno l’estinzione della contravvenzione.



b) deposito incontrollato , con conferimenti cessati , di rifiuti solidi disomogenei non pericolosi diffuso su suolo esposto a dilavamento meteorico e di volume complessivo pari a 200 mc divisi in cumuli ( trattasi di contravvenzione punita con la pena alternativa ):



1° screening : la condotta illecita ha concretamente prodotto ,o potenzialmente e’ in grado di

produrre, conseguenze sulle matrici interessate



2° screening : le ulteriori conseguenze sulle matrici del comportamento illecito ormai esaurito non

possono essere eliminate efficacemente , alla sorgente ( rifiuto in deposito ) ,

mediante interruzione dei percorsi di contaminazione e la rimozione richiede

preliminare progettazione ( Piano di Rimozione) soggetta a valutazione delle A.C.



Non potendo prescrivere misure di messa in sicurezza tecnicamente utili ( anche in funzione dell’uso complessivo dell’area interessata e dell’inesistenza di una attività specifica ) e richiedendo il caso evidentemente un percorso complesso tecnico-amministrativo ( anche per la disomogeneità dei rifiuti ) , si ritiene non possa essere escluso pericolo concreto e attuale per le matrici con la conseguenza che debba essere invece esclusa l’applicabilità del meccanismo di estinzione rimandando eventuali decisioni diverse alla discrezionalità di A.G.



c) deposito incontrollato di rifiuti solidi omogenei non pericolosi raggruppato su suolo , esposto a dilavamento meteorico e di volume pari a 20 mc ( trattasi di contravvenzione punita con la pena alternativa ):



1° screening : la condotta illecita ha concretamente prodotto ,o potenzialmente e’ in grado di

produrre, conseguenze sulle matrici interessate



2° screening : il comportamento illecito in grado di produrre conseguenze sulle matrici e’ passibile

di essere immediatamente sospeso ( cessazione subitanea di conferimento di altri

rifiuti nel deposito ). Le eventuali ulteriori conseguenze possono essere eliminate , alla

sorgente ( rifiuto in deposito ) mediante interruzione dei percorsi di contaminazione

-per esempio copertura con guaina impermeabile per evitare il dilavamento meteorico

3° screening :

- la matrice esposta e’ il suolo/sottosuolo contaminato direttamente dal rifiuto o dal dilavamento

dello stesso

- la dimensione del possibile impatto riguarda alcuni mq di superficie

- la tipologia dei rifiuti , il tempo di esposizione e/o le caratteristiche geologiche dell’area

assicurano circa la possibile compromissione di altra matrice ( acque profonde)

  • per le sostanze contenute nel rifiuto , per il tipo di matrice , per i percorsi di contaminazione attivi e/o per la distanza dei recettori non esiste pericolo per la salute

  • l’impatto e’ passibile , sia operativamente che proceduralmente , di intervento di riparazione attraverso misure di messa in sicurezza con rimozione dei rifiuti e dell’interfaccia suolo-rifiuti

  • e’ misurabile il pregiudizio e/o la sua eliminazione , e quindi il successo delle misure assunte , attraverso campionamento di suolo

  • il pregiudizio puo’ essere eliminato semplicemente rimuovendo il rifiuto , rimuovendo l’interfaccia rifiuto/suolo e verificando il rispetto delle CSC del fondo mediante opportuni campioni : tutte operazioni che puo’ compiere il trasgressore ( a mente degli artt. 239 - 242 TUA nell’ambito della messa in sicurezza ) . L’organo preposto al controllo ha la facoltà , riconosciuta dalla legge , di effettuare verifiche successive)

  • le opere di ripristino non coinvolgono procedimenti che richiedano intervento amministrativo : si tratta di misure di messa in sicurezza escluse dall’iter di bonifica

  • i lavori/opere/verifiche si possono compiere , nel complesso , in meno di 60 gg



Le prescrizioni (relative alla rimozione dei rifiuti e del suolo direttamente a contatto con gli stessi , al controllo del fondo scavo sulla base di set analitico preordinato e al ripristino dello stato originario ) sono verificate – oltre che da sopralluogo in sito - mediante esame dei formulari di trasporto dei rifiuti , dei certificati analitici di caratterizzazione qualora necessari , dei rilievi fotografici in corso d’opera e dei rapporti di prova relativi ai suoli . Esiti positivi delle verifiche consentiranno l’estinzione della contravvenzione. Esiti negativi , oltre ad avere diverso risvolto penale in quanto il soggetto trasgressore non potrà essere ammesso al pagamento in sede amministrativa della somma stabilita per legge , condurranno alla notifica di sito contaminato ex art. 242 TUA .In quest’ultimo caso , e solo in questo , esiste il pericolo concreto e attuale di danno ( non ancora il danno) coerente con l’attribuzione all’area impattata della definizione di sito potenzialmente contaminato : prima del controllo di fondo scavo non e’ ancora accertato il pericolo e ancor meno e’ accertabile il danno legato alla condotta illecita.

Naturalmente si tratta di esempi limitati e minimali rispetto alle fattispecie di illecito che si registrano nell’ambito della materia ambientale : la proposta operativa , e anche nei casi piu’ semplici , deve chiaramente essere valutata e applicata alla luce di una profonda esperienza della PG/organo di controllo ( che esercita una discrezionalità non indifferente ) e presidiata , come in tutte le materie in cui vige una grande responsabilità a tutela del patrimonio ambientale , dall’intelligenza e dal buon senso.