TAR Puglia (BA) Sez. I n. 268 del 24 febbraio 2025
Ambiente in genere.Illegittimità delle proroghe delle concessioni demaniali marittime

Le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente: benché sia comunque rimessa al giudice nazionale la valutazione circa la natura “scarsa” o meno della risorsa naturale attribuita in concessione, qualsiasi previsione di proroga ex lege è illegittima poiché, determinando una disparità di trattamento tra operatori economici, si traduce in un regime equivalente al rinnovo automatico delle concessioni in essere, espressamente vietato dall'art. 12 della direttiva servizi. L'illegittimità delle norme di legge interne che dispongono la proroga automatica delle concessioni balneari si riverbera anche sull'azione amministrativa. Infatti, dal momento che il rilascio delle concessioni demaniali è subordinato all’espletamento di una procedura comparativa tra potenziali candidati, sarebbe illegittima la proroga disposta dall’amministrazione che decidesse di non darvi corso (segnalazione M. GRISANTI)

Pubblicato il 24/02/2025

N. 00268/2025 REG.PROV.COLL.

N. 00286/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 286 del 2021, proposto da
Società Chiarappa Investimenti a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Muscatello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, Strada Torre Tresca n. 2/A;

contro

Comune di Polignano a Mare, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

dell'atto del dirigente dell'Area IV – Area tecnica prot. n. 36724 del 29.12.2020, comunicato a mezzo p.e.c. in data 31.12.2020, recante rigetto della richiesta di presa d'atto di estensione al 31.12.2033 ed estensione limitata al 31.12.2022 della durata delle concessioni demaniali marittime nn. 7 del 21.2.2008 e 60 del 23.10.2008 giusta delibera della Giunta comunale n. 181 del 23.12.2020; della presupposta delibera della Giunta comunale n. 181 del 23.12.2020 avente ad oggetto “Linee di indirizzo per il rilascio di una proroga tecnica di due anni per l'estensione delle vigenti concessioni demaniali marittime insistenti nel territorio comunale di Polignano a mare fino al 31.12.2022”, nei limiti dell'interesse azionato; di tutti gli atti presupposti, conseguenziali o comunque connessi, ancorché ignoti, se lesivi;

nonché

per l’accertamento dell'avvenuto consolidamento al 31.12.2033 della durata delle concessioni demaniali di titolarità della ricorrente contraddistinte con i nn. 7 e 60 rispettivamente del 21.2.2008 e 23.10.2008 ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, commi 682, 683 e 684, l. 30.12.2018 n. 145, anche in virtù della deliberazione giuntale 11.5.2020 n. 54, dell'Avviso diramato dal dirigente dell'Area IV – Area tecnica in data 18.5.2020 e della nota del medesimo dirigente prot. n. 21973 del 5.8.2020;

e del diritto della ricorrente ad ottenere il formale rilascio del titolo demaniale, anche quale addendum, e quello consequenziale a mantenere tutte le strutture che insistono sulle aree in concessione fino alla data del 31.12.2033 e comunque fino a quando sia titolare delle citate concessioni demaniali e legittimata ad utilizzare la complessiva area demaniale di che trattasi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Polignano a Mare;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2025 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 1.03.2021 e depositato il 16.03.2021, la società Chiarappa investimenti a r.l. adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere l'annullamento degli atti indicati in epigrafe, nonché l’accertamento delle situazioni ivi parimenti meglio specificate.

Esponeva in fatto di essere titolare delle concessioni demaniali marittime nn. 7 e 60 del 2008, nel territorio del Comune di Polignano a Mare.

Con delibera di G.C. n. 54 dell'11.05.2020 il menzionato Comune emanava atto di indirizzo per l'estensione legale fino al 31.12.2033 delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, in attuazione di quanto previsto dall'art. 1, commi 682 e 683 della legge n. 145 del 30.12.2018.

In data 18.05.2020, in esecuzione dell'atto comunale di indirizzo, l'Amministrazione diramava Avviso pubblico recante le modalità di applicazione dell'estensione della durata delle concessioni demaniali marittime, al quale il ricorrente rispondeva inoltrando due istanze.

In data 31.12.2020, il Comune di Polignano a Mare, dando attuazione all'atto di indirizzo adottato con delibera di G.C. n. 181 del 23.12.2020, comunicava alla ricorrente la sola possibilità di ottenere una proroga tecnica della durata delle concessioni fino al 31.12.2022, con incremento del canone demaniale e adeguamento dell'ammontare del deposito cauzionale.

In data 11.01.2021 la ricorrente comunicava all’Amministrazione comunale l’accettazione della proroga tecnica, e, al contempo, formulava una riserva espressa di iniziative e contestazioni a tutela dei propri diritti ed interessi relativamente alle concessioni demaniali suddette.

Dando seguito alla predetta riserva, la società interessata proponeva il ricorso in epigrafe.

Venivano, in particolare, sollevati i seguenti argomenti di gravame:

- violazione ed applicazione falsa ed erronea della normativa legislativa in punto di proroga delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative di cui all’art. 1, commi 681-682-683, l. 2018 n. 145 e dell’art 182 d.l. 2020 n. 34, convertito con modificazioni nella legge n. 77/2020, nonché della direttiva 2006/123/CE sui servizi (c.d. Bolkestein) e degli artt. 49 e 56 TFUE in combinato disposto con precipue disposizioni di cui alla legge sul procedimento amministrativo (l. 1990 n. 241) ed ai principi generali, anche di rango costituzionale, che informano l’attività delle pubbliche amministrazioni (artt. 3, 41, 97 e ss. Cost.), anche quelli specifici afferenti al procedimento di secondo grado – autotutela e violazione del principio del legittimo affidamento del privato. Carenza assoluta e relativa di potere, nonché incompetenza.

Con il primo motivo di ricorso, la compagine ricorrente rilevava che la proroga della durata delle concessioni demaniali marittime fino al 31.12.2033 era stata disposta direttamente dal legislatore e, pertanto, l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto soltanto verificare i presupposti di legge in capo al concessionario;

- violazione delle disposizioni e dei principi generali in materia di procedimento ed atti di secondo grado nonché esercizio del potere di autotutela, anche ex lege 1990 n. 241 (s.m.i.), nonché eccesso di potere per erronea presupposizione, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, contraddittorietà, anche con precedente determinazione, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e sviamento. Illegittimità derivata degli atti consequenziali.

Con un secondo motivo di doglianza la società Chiarappa investimenti a r.l. deduceva la natura di atto di secondo grado della delibera di G.C. n. 181/2020.

Secondo le prospettazioni della ricorrente, da ciò sarebbe conseguito che il Comune di Polignano a Mare avrebbe dovuto seguire le regole procedurali e assicurare le garanzie previste per l'esercizio “tipico” dell’autotutela amministrativa.

Con ulteriore motivo di gravame la ricorrente censurava la condotta dell’Amministrazione, in quanto l'estensione della durata delle concessioni non avrebbe necessitato di alcun tipo di intervento del Comune resistente.

In tesi, gli atti rimessi alle Amministrazioni comunali costituivano una mera attuazione di preordinate fonti normative nazionali, poiché i Comuni non avevano alcuna potestà decisionale in materia di durata delle concessioni demaniali marittime, essendo stata disposta la relativa proroga direttamente dal legislatore.

In secondo luogo, la ricorrente lamentava l'irragionevolezza della motivazione offerta a fondamento dell'atto di indirizzo approvato con delibera di G.C. n. 181/2020.

A parere della società Chiarappa, infatti, l'atto impugnato sarebbe stato giustificato sulla base di considerazioni generiche, segnatamente il contrasto tra le richieste di proroga e le disposizioni di diritto euro-unitario, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE.

Inoltre, a parere della ricorrente, l’Amministrazione comunale sarebbe stata vincolata all'applicazione della norma nazionale, ancorché in conflitto con quella euro-unitaria, e alla conseguente adozione di provvedimenti conformi alle norme di legge interna e, in particolare, all’art. 1, commi 681-683, l. n. 145/2018.

In tesi, questa conclusione sarebbe stata avvalorata dalla natura non self-executing della direttiva 123/06/CE, sulla cui base il Comune aveva giustificato le proprie determinazione. Pertanto, l’Amministrazione comunale, in ogni caso, non avrebbe potuto applicare direttamente la normativa eurounitaria.

Con atto depositato il 25.03.2021, si costituiva in giudizio il Comune di Polignano a Mare, eccependo l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.

Nessuna, ulteriore, sostanziale novità era prospettata dalle parti nelle memorie e repliche rispettivamente depositate.

Con atto depositato il 27.12.2024, il Comune di Polignano a Mare eccepiva l'inammissibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse, come conseguenza dell'intervento normativo di cui all’art. 3 della legge n. 118 del 05.05.2022.

In data 8.01.2025 la ricorrente replicava all'eccezione di inammissibilità, instando per l'accoglimento del ricorso.

All’udienza pubblica del giorno 29.01.2025, sentite le parti, il Collegio tratteneva definitivamente la causa in decisione.

Tutto ciò premesso, in via preliminare ed in rito va disattesa la spiegata eccezione di inammissibilità.

A parere dell’Amministrazione resistente, la delibera di G.C. n. 181 del 23.12.2020 costituirebbe un mero atto interlocutorio e, in quanto tale, insuscettibile di impugnazione.

Tuttavia, tale conclusione non può essere condivisa poiché, se è vero che l'atto impugnato si limita ad applicare la normativa eurounitaria, sussiste un interesse concreto e attuale del ricorrente ad ottenere l'annullamento dell’atto amministrativo da cui sarebbe derivata la lamentata lesione.

É, infatti, il nuovo atto di indirizzo, approvato con la suddetta delibera di G.C., ad aver impedito al ricorrente il soddisfacimento dell'interesse al bene della vito, costituito dalla proroga della durata delle concessioni demaniali di cui era titolare.

Allo stesso modo, non può essere accolta l'ulteriore eccezione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse.

Secondo le prospettazioni dell’Amministrazione comunale, la normative sopravvenuta all'introduzione del ricorso avrebbero ribadito l’ineluttabilità dell’esperimento delle procedure di evidenza pubblica per l’affidamento delle concessioni demaniali.

In particolare, il riferimento è a quanto previsto dagli artt. 10-quater, co. 3, e 12, co. 6-sexies del d.l. del 29 dicembre 2022, n. 198, convertito in legge n. 14 del 23 febbraio 2023 e dall'art. 1, co. 8, della stessa l. n. 14/2023, che ha introdotto il comma 4-bis all’art. 4 della l. n. 118 del 2022.

Tale disciplina sopravvenuta aveva previsto un regime transitorio di proroga della durata delle concessioni demaniali fino al 31 dicembre 2023, al termine del quale l'Ente concedente avrebbe affidato o rinnovato le concessioni mediante procedura selettiva.

In realtà, la disciplina è stata ulteriormente riformata dal d.l. del 16 settembre 2024, n. 131, convertito in l. 14 novembre 2024, n. 166, che ha previsto all'art. 1 l'ulteriore proroga della durata dei rapporti concessori demaniali marittimi fino al 30 settembre 2027, precisando, inoltre, che “gli effetti della disposizione non pregiudicano la validità delle procedure selettive nonché la decorrenza del rapporto concessorio, deliberate anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto e, successivamente, fino al 30 settembre 2027”.

L'intervento del legislatore del 2024 ha, dunque, neutralizzato l'efficacia delle sopravvenienze normative summenzionate, rendendole irrilevanti ai fini della risoluzione del presente ricorso.

D'altra parte, l'eccezione di sopravvenuta carenza di interesse non risulta fondata anche perché, come si preciserà meglio nel prosieguo della presente pronuncia, gli interventi normativi de quibus non rappresentino altro che ulteriori proroghe della durata delle concessioni demaniali marittime, in sé illegittime in quanto contrastanti con l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE e, dunque, disapplicabili.

Come, infatti ha chiarito il Consiglio di Stato nella recente sentenza n. 4479/2024, “devono essere disapplicate perché contrastanti con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE e comunque con l’art. 49 del T.F.U.E., tutte le disposizioni nazionali che hanno introdotto e continuano ad introdurre, con una sistematica violazione del diritto dell’Unione, le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative”.

In ogni caso tutte le eccezioni preliminari sollevate risultano assorbite dall'infondatezza del ricorso nel merito.

Infatti, i motivi di ricorso così come formulati in atti - che saranno oggetto di trattazione congiunta, vertendo tutti sul medesimo ordine di questioni di massima - sono infondati nel merito e, pertanto, non possono essere accolti.

Anzitutto, si deve rilevare che qualsiasi disciplina nazionale in materia di concessioni demaniali marittime deve essere conforme a quanto previsto dalla normativa eurounitaria e, segnatamente, agli artt. 49 e 56 del TFUE e alla direttiva 2006/123/CE.

In particolare, gli artt. 49 e 56 del TFUE impongono agli Stati membri l’abolizione delle restrizioni ingiustificate alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi, ossia di tutte le misure che vietano, ostacolano o, comunque, sono idonee a comprimere l’esercizio di tali libertà.

La libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi trovano attuazione in quanto previsto dai parr. 1 e 2 dell'art. 12 della c.d. direttiva servizi, ove si prevede che, quando la scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili limita il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali. Inoltre, l'autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere procedure di rinnovo automatico, né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami.

Posto che, anche in base a quanto indicato nel considerando 39 della direttiva, con il termine “autorizzazione” si fa riferimento anche alle procedure amministrative per il rilascio di concessioni, “l'art. 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale [...] che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati” (Corte di Giustizia UE, 14 luglio 2016, cause riunite C-458/14 e C-67/15).

L'ordinamento eurounitario, dunque, condiziona l'operatività dei ripetuti interventi del legislatore interno, che hanno disposto periodicamente la proroga ex lege della durata delle concessioni balneari, poiché, come chiarito dalla Corte di Giustizia UE, la direttiva 2006/123/CE “si applica a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo o che riguardino una situazione i cui elementi rilevanti rimangono tutti confinati all’interno di un solo Stato membro” (Corte giust. UE, sez. III, 20 aprile 2023, C-348/22).

Se è vero, infatti, che le direttive non hanno, in genere, efficacia diretta, cionondimeno le stesse possono produrre un immediato vincolo cogente all'interno dell'ordinamento, con conseguente obbligo del Giudice nazionale di disapplicare la legge nazionale eventualmente in contrasto con esse, qualora prevedano un obbligo negativo in capo ai destinatari o, comunque, obblighi aventi un contenuto chiaro, preciso e incondizionato.

Di conseguenza, la direttiva 2006/123/CE introduce norme immediatamente precettive, in quanto all'art. 12 introduce un divieto di proroga automatica e, pertanto, non ha bisogno di alcuna disciplina attuativa da parte degli Stati membri.

Rispetto a tale norma di divieto, dotata di efficacia diretta, il diritto interno è necessariamente tenuto a conformarsi.

D'altra parte, l’obbligo per gli Stati membri di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali e il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva. Pertanto, essendo tali disposizioni produttive di effetti diretti, tutti gli organi dello Stato sono tenuti ad applicarle, e altresì a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi alle stesse.

Da tutto ciò consegue che le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente: benché sia comunque rimessa al giudice nazionale la valutazione circa la natura “scarsa” o meno della risorsa naturale attribuita in concessione, qualsiasi previsione di proroga ex lege è illegittima poiché, determinando una disparità di trattamento tra operatori economici, si traduce in un regime equivalente al rinnovo automatico delle concessioni in essere, espressamente vietato dall'art. 12 della direttiva servizi (Corte di Giustizia UE, sez. III, 20 aprile 2023, C-348/22; Corte di Giustizia UE, sez. V, 14 luglio 2016, cause riunite C-458/14 e C-67/15).

Inoltre, i principi eurounitari in materia di libera circolazione dei servizi, par condicio, imparzialità e trasparenza, sanciti dalla direttiva 2006/123/CE, applicandosi anche alle concessioni di beni pubblici, limitano l'efficacia del diritto di insistenza di cui all'art. 37 del codice della navigazione, dal momento che “con la concessione di aree demaniali marittime si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva” (Cons. Stato, sez. VI, 25 gennaio 2005 n. 168; Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 2017 n. 394).

Pertanto, data l'incompatibilità con l'ordinamento eurounitario di un “diritto di insistenza” dei concessionari uscenti, l'Amministrazione che intenda procedere a una nuova concessione del bene demaniale marittimo con finalità turistico-ricreativa è tenuta ad indire una procedura selettiva.

Di contro, cessato il rapporto concessorio, il precedente titolare può vantare un mero interesse di fatto alla riassegnazione in suo favore della gestione dell'ambito bene demaniale e non già una situazione qualificata in qualità di concessionario uscente, con conseguente inconfigurabilità di alcun obbligo di proroga ex lege in capo all’Amministrazione

D'altra parte, anche la Corte costituzionale nella sentenza n. 10 del 12.01.2021 ha ribadito che un meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime già esistenti sottrarrebbe le stesse “alle procedure a evidenza pubblica conformi ai principi, comunitari e statali, di tutela della concorrenza [...] per consentire de facto la mera prosecuzione dei rapporti concessori già in essere, con un effetto di proroga sostanzialmente automatica – o comunque sottratta alla disciplina concorrenziale – in favore dei precedenti titolari”.

L'illegittimità delle norme di legge interne che dispongono la proroga automatica delle concessioni balneari si riverbera anche sull'azione amministrativa. Infatti, dal momento che il rilascio delle concessioni demaniali è subordinato all’espletamento di una procedura comparativa tra potenziali candidati, sarebbe illegittima la proroga disposta dall’amministrazione che decidesse di non darvi corso (a tal proposito, si veda anche T.A.R. Toscana, Sez. II, 8 marzo 2021, n. 363).

Va, d’altronde, ricordato che l'obbligo di non applicare le norme nazionali contrastanti con quelle unionali (e applicare, in via sostitutiva le norme unionali dotate di efficacia diretta) opera non solo nei confronti dell'autorità giudiziaria, ma con riguardo a tutti gli organi dello Stato, ivi compresa la P.A.

Costituisce ius receptum, sia della giurisprudenza comunitaria sia di quella interna, che “tutti gli organi dell'amministrazione, compresi quelli degli enti territoriali, sono tenuti ad applicare le disposizioni UE self-executing, disapplicando le norme interne non conformi” (Corte di Giustizia UE, 22 giugno 1989, C-103/88; Corte di Giustizia UE, 4 dicembre 2018, C-378/17. Sul punto, negli stessi termini, anche: Corte cost. n. 389 del 1989; Cons. Stato, sez. V, n. 452 del 1991; Cons. St., Ad. Plen., 9 novembre 2021, nn. 17 e 18).

Il principio di primazia del diritto dell’Unione europea implica, quindi, che “tutte le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative sono illegittime e devono essere disapplicate dalle amministrazioni ad ogni livello, anche comunale” (Cons. Stato, sez. VII, 20 maggio 2024, n. 4479).

Inoltre, ancorché siano intervenuti atti di proroga delle concessioni demaniali marittime, rilasciati dall’Amministrazione in forza di norme legislative nazionali in contrasto con il diritto eurounitario, deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo agli attuali concessionari, poiché, in ogni caso, “la non applicazione della legge implica che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A.” (Cons. St., Ad. Plen., 9 novembre 2021, nn. 17 e 18).

Nel caso di specie, gli atti adottati dal Comune di Polignano a Mare sono immuni da censure, in quanto meramente applicativi della disciplina eurounitaria: l’applicazione dell'art. 1, commi 682 e 683 della l. n. 145/2018, invocato dalla ricorrente a sostegno delle proprie ragioni, non può che essere esclusa, in ossequio alla richiamata giurisprudenza della Corte di Giustizia e del Consiglio di Stato.

D'altronde, il ricorrente non potrebbe avanzare alcune legittima pretesa rispetto a quanto stabilito con la prima delibera di G.C. (n. 54/2020) adottata dal Comune resistente, poiché l'atto di indirizzo in essa contenuto, dando attuazione alla proroga della durata delle concessioni fino al 31.12.2033, si sarebbe posta in contrasto con gli articoli 49 e 56 del TFUE, nonché con l'art. 12 della direttiva servizi, in quanto sarebbe stata suscettibile di limitare ingiustificatamente la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi nel mercato interno. “L’assunto attoreo di avvenuta proroga automatica quindicennale del rapporto instaurato con le pregresse concessioni demaniali marittime si infrange, pertanto, contro l’indirizzo giurisprudenziale disapplicativo delle norme legislative dilatorie emanate in subiecta materia” (cfr. T.A.R. Campania, Sede di Salerno, sez. II, n. 265/2021).

Ne consegue che anche la più recente proroga legislativa automatica delle concessioni demaniali in essere fino al 30.09.2027, introdotta dall'art. 1, del d.l. n. 131/2024, convertito in l. n. 166/2024, è coinvolta nel ragionamento sopra esposto e, pertanto, non deve trovare riscontro applicativo.

Né risulta contraddittoria la scelta, contenuta nell'atto di indirizzo adottato con delibera di G.C. n. 181/2020, di consentire una proroga tecnica di due anni, poiché tale possibilità, in applicazione del principio di continuità dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost., garantisce la prosecuzione del servizio per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura competitiva.

Al riguardo, il Consiglio di Stato ha precisato che la proroga tecnica “è compatibile con i principi europei solo quando le autorità amministrative comunali hanno già indetto la procedura selettiva o comunque hanno deliberato di indirla in tempi brevissimi, emanando atti di indirizzo in tal senso e avviando senza indugio l’iter per la predisposizione dei bandi” (Cons. Stato, sez. VII, 20 maggio 2024, n. 4479).

In tal senso, come chiarito dalla delibera di G.C. n. 181/2020, la proroga tecnica dei titoli concessori in scadenza è funzionale a consentire all'Ente comunale la pianificazione del territorio costiero demaniale secondo le disposizioni del Piano costiero comunale (PCC) in corso di approvazione definitiva.

In questo modo, alla scadenza del periodo di proroga, le aree individuate dal PCC potranno essere poste a bando per l'assegnazione con procedura di evidenza pubblica.

In conclusione, il ricorso introduttivo è respinto perché infondato nel merito.

Da ultimo, tenuto conto della particolare complessità della vicenda in esame e dal notorio livello di conflittualità che la caratterizza, sussistono i presupposti di legge per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Alfredo Giuseppe Allegretta, Consigliere, Estensore

Donatella Testini, Consigliere