TAR Piemonte, Sez. I, n. 1197, del 10 luglio 2014
Ambiente in genere. Legittimità diniego per incompatibilità ambientale progetto di bonifica bellica, per impianto di produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica

E’ legittimo il giudizio negativo di compatibilità ambientale del progetto di bonifica bellica, per la realizzazione di impianto per la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica e successivo ripristino ambientale delle aree interne al Poligono Militare. La giurisprudenza ammette che il giudizio di incidenza ambientale possa ben avere esito negativo, nella ipotesi, qui ricorrente, in cui l'Amministrazione ritenga, sulla base di una valutazione discrezionale ancorata agli elementi in suo possesso, che nessuna misura di mitigazione o alternativa sia oggettivamente in grado di attenuare in modo soddisfacente le criticità accertate; ovvero nel caso in cui, pur risultando il progetto in linea con varie esigenze di interesse pubblico (pianificazione energetica, riduzione delle emissioni di gas inquinanti, riduzione di importazioni di altre fonti energetiche; strumenti urbanistici, esigenze climatiche atmosferiche, geologiche, paesaggistiche, socio-economiche e delle aree protette), permanga un grave impatto negativo sulla fauna e sulla flora che l’Amministrazione ritenga, in una valutazione comparativa, di rilievo pubblico prevalente.  (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01197/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01142/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1142 del 2013, proposto da: 
Cirie' Centrale Pv S.a.s. della Belectric Italia S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandra Mari, Carlo Spampinato e Maria Claudia Lo Monaco, con domicilio eletto presso Riccardo Viriglio in Torino, via Luigi Mercantini, 5;

contro

Provincia di Torino, rappresentata e difesa dagli avv.ti Silvana Gallo e Francesca Massacesi, con domicilio eletto presso la prima in Torino, corso Inghilterra, 7/9; 
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno, Ministero della Difesa, Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45; 
Comune di San Francesco al Campo, Comune San Carlo Canavese, Comune di Rivarossa, Comune di Front, rappresentati e difesi dall'avv. Ylenia Barban, con domicilio eletto presso la medesima in Torino, via Stefano Clemente, 22;
Difesa Servizi S.p.A., Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichita' Egizie, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Torino, Asti, Cuneo, Biella e Vercelli; Regione Piemonte, Arpa Piemonte, Ente di Gestione Aree Protette dell'Area Metropolitana di Torino, Comune di Lombardore, Comune di Vauda Canavese, Comune di Leini';

e con l'intervento di

ad opponendum:
Federazione Nazionale Pro Natura - Legambiente Piemonte e Valle D'Aosta - Lega Abolizione Caccia Sezione Piemonte, rappresentate e difese dall'avv. Fabio Balocco, con domicilio eletto presso T.A.R. Piemonte Segreteria in Torino, corso Stati Uniti, 45;

per l'annullamento

della delibera della Giunta Provinciale di Torino, verbale n. 28, adunanza del 30.7.2013, prot. n. 526-30350/2013, nella parte in cui reca giudizio negativo di compatibilità ambientale del progetto di bonifica bellica, realizzazione di impianto per la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica e successivo ripristino ambientale delle aree interne al Poligono Militare "Esperienze per l'Armamento" presentato dalla suddetta società;

di tutti gli atti connessi precedenti e conseguenti.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Torino e di Ministero della Difesa e di Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ministeri della Difesa dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Comune di San Francesco al Campo/Comune San Carlo C.Se/Comune di Rivarossa/Comune di Front;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2014 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. La ricorrente è divenuta affidataria - a seguito di procedura ad evidenza pubblica indetta dalla Difesa Servizi s.p.a., società in house del Ministero della Difesa - del progetto per la costruzione e gestione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica nelle aree interne al “Poligono Militare Esperienze per l’Armamento” site nel territorio del Comune di Lombardore (TO).

2. La concessione in uso della suddetta superficie, destinata alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico, è stata regolamentata mediante apposito contratto stipulato in data 31 gennaio 2012 tra l’affidataria e la Difesa Servizi s.p.a..

3. A seguire, in data 9 agosto 2012, la Ciriè Centrale ha inoltrato istanza alla Provincia di Torino per il conseguimento del giudizio di compatibilità ambientale ai sensi degli artt. 19 e ss. d.lgs. 152/2006 e 12 L.R. 40/98 e per la valutazione di incidenza, ai sensi degli artt. 5 d.p.r. n. 357/97 e 43 L.R. 19/2009 (quest’ultima valutazione è confluita nella procedura di VIA, in forza degli artt. 10 d.lgs. 152/2006, 5 d.p.r. n. 357/97 e 43 L.R. 19/2009).

Contestuale istanza è stata rivolta al Ministero della Difesa, in data 10 agosto 2012, per il rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 12 del D.Lgs. 387/2003.

4. I due procedimenti si sono svolti contestualmente in sede di Conferenza dei Servizi, attivata ai sensi degli artt. 14 e 14 quater L. 241/1990.

5. L’originario progetto prevedeva la realizzazione di un impianto solare fotovoltaico al suolo, con una estensione di pannelli di circa 72,2 ettari, per una potenza di 41,769 MW, da ubicarsi integralmente all’interno dell’Area protetta regionale della Riserva Naturale della Vauda (istituita con L.R. 23/1993 e confermata dalla L.R. 19/2009), nel territorio del Comune di Lombardore.

Tale progetto è stato in seguito rimodulato, seguendo le indicazioni emerse nella fase istruttoria della conferenza dei servizi.

6. Con il ricorso in oggetto, la società Ciriè Centrale s.a.s. ha impugnato, ai fini dell’annullamento, la delibera della Giunta Provinciale di Torino, verbale n. 28, adunanza del 30 luglio 2013, recante il definitivo giudizio negativo di compatibilità ambientale sul progetto.

7. L’atto impugnato viene censurato sotto i seguenti profili.

7.1 Con il primo motivo, sviluppato in tre punti (A, B e C), la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D.Lgs. 387/2003, delle Linee Guida nazionali (D.M. 19.9.2010) e regionali, degli artt. 4, 19-29 del d.lgs. 152/2006, nonché eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione ed errata valutazione dei presupposti.

Secondo la prospettazione contenuta in ricorso, la Provincia avrebbe errato nell’attribuire cogenza prescrittiva alle Linee Guida regionali, in quanto l’individuazione delle Aree Protette e dei siti di importanza comunitaria nell’ambito della Rete Natura 2000 (tra i quali rientra pacificamente la Riserva Naturale Orientata della Vauda) e la loro inclusione tra le “aree inidonee” alla realizzazione di impianti fotovoltaici a terra, non rappresenterebbe un vincolo assoluto, permanendo l’obbligo per l’ente competente di verificare in concreto la compatibilità del progetto con le esigenze di tutela ambientale e del paesaggio garantite all’interno del procedimento unico di cui all’art. 12 del d.lgs. 387/2003 e della procedura di VIA.

7.2 Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del Piano di coordinamento territoriale provinciale (PTC 2) in quanto - diversamente da quanto sostenuto dalla Provincia - tale Piano non conterrebbe alcuna prescrizione vincolante con la quale il progetto possa dirsi in contrasto.

7.3 Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 43 L.r. 19/2009, dei principi generali in materia di valutazione di impatto ambientale, degli artt. 4, 19 – 29 del d.lgs. 152/2006, degli artt. 3 e 97 della Costituzione, nonché l’eccesso di potere nelle figure sintomatiche della mancanza di motivazione, carenza di istruttoria, errata valutazione dei presupposti, sviamento.

Secondo la prospettazione in esame, la Provincia sarebbe pervenuta ad un giudizio negativo di compatibilità ambientale in modo del tutto avulso dalle reali risultanze istruttorie e da tutti i pareri tecnici resi dalle Autorità competenti.

7.4 Con il quarto motivo, la ricorrente insiste nel prospettare la violazione degli artt. 19-29 del d.lgs. 152/2006 e il vizio di eccesso di potere, in parte per i motivi già sopra esposti, in parte perché la Provincia avrebbe omesso di valutare in concreto la situazione “di totale degrado” in cui verserebbe il territorio in questione, asseritamente interdetto al pubblico accesso per l’inquinamento correlato alla possibile presenza di ordigni bellici interrati.

7.5 Con il quinto e ultimo motivo, si deduce la violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e dei principi generali in materia di valutazione di impatto ambientale, sull’assunto che la Provincia avrebbe omesso di effettuare la necessaria valutazione in concreto della compatibilità ambientale.

8. Si sono costituiti in giudizio, per perorare la reiezione del ricorso, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Provincia di Torino, i Comuni di San Francesco al Campo, di San Carlo Canavese, di Rivarossa, di Front; a favore dell’accoglimento del ricorso, si è costituito il Ministero della Difesa. Hanno spiegato intervento ad opponendum la Federazione Nazionale Pro Natura, la Legambiente Piemonte e Val d’Aosta e la Lega Abolizione Caccia – Sezione Piemonte.

9. A seguito della notifica del ricorso, al fine di superare il dissenso espresso dalla Provincia con il giudizio negativo di compatibilità ambientale, il Presidente della Conferenza dei Servizi ha rimesso la questione al Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’art. 14 quater comma 3 L. 241/1990, evidenziando la prevalenza delle posizioni espresse - in sede di conferenza - in senso favorevole alla realizzazione dell’impianto.

10. Il ricorso è stato discusso e trattenuto a decisione all’udienza pubblica del 26 giugno 2014.

DIRITTO

1. Il Collegio ritiene che l’attuale stato del procedimento, rimesso alla valutazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell’art. 14 quater, comma 3, L. 241/1990, non precluda la diretta impugnazione dell’atto conclusivo della conferenza dei servizi avviata sul giudizio di compatibilità ambientale e sulla valutazione di incidenza, essendo indubitabili la valenza provvedimentale e l’autonoma capacità lesiva della determinazione adottata sul punto dalla Provincia.

2. Nel merito, la disamina delle censure impone un preliminare e sintetico richiamo ai principali snodi del confronto istruttorio svoltosi in sede di conferenza dei servizi.

Va in proposito ricordato - ai fini della collocazione dei fatti nel giusto quadro procedimentale, che è quello in concreto seguito nella vicenda che qui occupa - che la semplificata e concentrata disciplina procedimentale per l’autorizzazione unica regionale avente ad oggetto la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, è definita dall'art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (attuativo della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), il quale - al comma 3 - individua nella conferenza di servizi (decisoria) il modulo procedimentale ordinario essenziale alla formazione del successivo titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all'esercizio di tali impianti.

Nel caso di specie, come già anticipato, la prima versione del progetto presentata alla conferenza il 9 agosto 2012 prevedeva la localizzazione dell’impianto esclusivamente all’interno del territorio comunale di Lombardore, su una superficie di circa 72, suddivisa in cinque macroaree. Le carenze progettuali, sia di tipo ambientale che paesaggistico, riscontrate dagli enti coinvolti sin nelle fasi iniziali dell’istruttoria tecnica, hanno motivato la richiesta di integrazioni e correttivi (con nota del 31 ottobre 2012), anche sotto il profilo della individuazione di soluzioni localizzative alternative. Dette richieste sono state recepite dalla proponente attraverso una “revisione completa del progetto”: il nuovo elaborato (presentato in data 8 febbraio 2013) ha individuato ulteriori e diverse aree di localizzazione dell’impianto, situate sempre all’interno del Poligono militare di proprietà demaniale e nell’ambito della Riserva naturale della Vauda, ma incidenti sul territorio di altri due Comuni (San Carlo Canavese e San Francesco al Campo), oltre a quello originariamente individuato di Lombardore.

In data 20 marzo 2013, in concomitanza con la seconda Conferenza dei Servizi indetta dalla Società Difesa Servizi s.p.a. per il rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. 387/2003, si è svolta la seconda seduta della Conferenza di V.I.A. per l’analisi del progetto revisionato. In quella sede sono emerse posizioni tecniche articolate e non unanimemente positive, che hanno indotto la proponente ad seconda rimodulazione del progetto, comunicata con nota del 2 luglio 2013.

Tuttavia, anche l’ulteriore revisione del progetto - che ha visto un ridimensionamento dell’estensione e della potenza dell’impianto (contenuta a 14,57 MW) - non è stata ritenuta dalla Provincia, autorità competente a concludere la fase di valutazione del processo di VIA, sufficiente a superare le persistenti criticità emerse nell’istruttoria interdisciplinare, avuto particolare riguardo all’inidoneità dell’area di insediamento ed all’incompatibilità dell’intervento rispetto alle normative di salvaguardia vigenti.

A seguito della comunicazione dei motivi ostativi del 10 luglio 2013, cui hanno fatto seguito le osservazioni della ricorrente in data 19 luglio 2013, la Provincia ha adottato la delibera qui impugnata, recante il definitivo giudizio negativo di compatibilità ambientale.

3. La delibera conclusiva adottata dalla Provincia fa leva su tre essenziali linee argomentative.

3.1 La prima attiene alla cogenza prescrittiva alle Linee Guida regionali - adottate con DGR14 dicembre 2010 n. 3-1183 in attuazione delle linee guida nazionali sugli impianti alimentati da fonti rinnovabili - le quali classificano come “non idonea” l’area prescelta per l’installazione dell’impianto, in quanto coincidente con un’area naturale protetta e sito di importanza comunitaria, appartenente alla “Rete Natura 2000”.

3.2 Detta area è situata integralmente all’interno della Riserva Naturale Orientata della Vauda, istituita nel 1993 e confermata dalla riformata legislazione piemontese in materia di Aree protette (L.R. n. 19/2009), in quanto ritenuta meritevole di particolare tutela per la presenza di particolarità naturalistiche specifiche, con valenza prevalentemente conservazionistica e non di fruizione della collettività (caratteristica qualificante i Parchi naturali – art. 5 L.R. 19/2009).

L’art. 7 L.R. 19/2009 assegna ai soggetti gestori delle aree protette il compito di tutelare, gestire e ricostituire gli ambienti naturali e seminaturali che costituiscono habitat necessari alla conservazione ed all'arricchimento della biodiversità, con particolare riferimento agli oggetti specifici della tutela.

L’area medesima coincide con il sito di importanza comunitaria denominato VAUDA (codice IT 1110005), identificato ai sensi della direttiva comunitaria 92/43/CEE (Direttiva Habitat) la cui attuazione avviene attraverso la Rete Natura 2000, nata con l’obiettivo di garantire il mantenimento e, all’occorrenza il ripristino, di uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat naturali e delle specie a rischio, nella loro area di ripartizione naturale.

3.3 Circa la rilevanza procedimentale delle linee guida occorre osservare che l’art. 12 del d.lgs. 387/2003, nel disciplinare l’autorizzazione unica per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, dopo aver precisato che l’assenso deve avvenire “nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico” (comma 3 art. 12 cit.), al comma 10, al fine di dare attuazione al principio di cui sopra, prevede l’approvazione di “linee guida”, frutto di concerto tra Ministeri, “volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti … nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti”.

Le Linee guida statali sono state predisposte con il D.M. 10.9.2010, il quale nella parte I, paragrafo 1.2, attribuisce alle sole Regioni la potestà di porre limitazioni e divieti per l’installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili, nell’ambito e con le modalità di cui al successivo punto 17. L’Allegato 4 delle linee guida nazionali, nel dettare alle Regioni i criteri per l’individuazione preventiva di aree non idonee, inserisce espressamente, per gli impianti del tipo in esame, “le aree naturali protette ai diversi livelli (nazionale, regionale, locale)” e così pure “le aree incluse nella Rete Natura 2000 designate in base alla direttiva 99/43/CEE (Siti di importanza comunitaria)”.

La Regione Piemonte, facendo esercizio del potere conferitole dalla normativa statale, con la deliberazione n. 3-1183 del 14 dicembre 2010 ha dichiarato espressamente non idonee all’installazione dei predetti impianti le Aree Protette regionali di cui alla L.R. 19/2009 e i siti di importanza comunitaria nell’ambito della Rete 2000 (cfr. punto 2 Allegato), ivi inclusa la Riserva Naturale della VAUDA.

3.4 Nel procedimento di VIA qui in esame, la Provincia ha ritenuto cogenti ed immediatamente applicabili al caso di specie le linee guida regionali, in conformità peraltro all’orientamento giurisprudenziale espresso da questa sezione (sent. n. 248/2013) e dal Consiglio di Stato (Sez. V, sent. n. 176/2013), facendone così discendere un primo argomento ostativo ad un giudizio positivo di compatibilità ambientale del progetto.

3.5 Su questo specifico punto la parte ricorrente obietta che l’individuazione delle Aree Protette e dei siti di importanza comunitaria nell’ambito della Rete Natura 2000 e la loro inclusione tra le “aree inidonee” alla realizzazione di impianti fotovoltaici a terra, non rappresenterebbe un vincolo assoluto, permanendo l’obbligo per l’ente competente di verificare in concreto la compatibilità del progetto con le esigenze di tutela ambientale e del paesaggio garantite all’interno del procedimento unico di cui all’art. 12 del d.lgs. 387/2003 e della procedura di VIA.

In tal senso la ricorrente richiama sia il paragrafo 17 delle linee guida nazionali, secondo il quale l’individuazione di “Area non idonea” esaurirebbe i propri effetti in una “elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni”; sia l’allegato 3 alle medesime linee guida, che configura l’atto di individuazione non “come divieto preliminare, ma come atto di accelerazione e semplificazione dell’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio anche in termini di opportunità localizzative”.

Pertanto, la prospettazione di parte ricorrente vede nella condizione di inidoneità disposta dalla disciplina regionale un mero criterio di “orientamento” ai fini della localizzazione del progetto, bisognevole di specifici riscontri e approfondimenti istruttori caso per caso.

3.6 La censura non pare condivisibile.

- Innanzitutto, l’art.12, comma 3, d.lgs. 387/2003 è chiaro nello stabilire che l’autorizzazione unica alla costruzione e gestione degli impianti “costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico”, ed è quindi in grado di rimuovere ostacoli al rilascio che possono derivare dalla disciplina urbanistica locale. D’altra parte, la disposizione è altrettanto chiara nello statuire “il rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico”, che assegnano, sul punto, una specifica competenza valutativa (e preclusiva) alle Regioni.

- In secondo luogo, l’impostazione in argomento omette di considerare che il punto 7 delle Linee guida statali, predisposte con il D.M. 10.9.2010, pone in capo alle Regioni - al fine della individuazione delle aree e dei siti non idonei - l’obbligo di una preventiva e “apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l’insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti”, così da rendere noto anticipatamente agli operatori la non idoneità di determinate aree alla localizzazione dell’impianto, individuate e vagliate sulla base di criteri tecnici oggettivi, connessi alla caratteristiche del territorio.

Pertanto, per individuare le aree non idonee è già prevista, a monte, un’apposita istruttoria dagli organi regionali competenti, che soddisfa l’esigenza di una valutazione tecnica rapportata alla specificità del territorio di volta in volta preso in considerazione. A questa indagine preliminare si è aggiunta, nel caso di specie, l’ulteriore istruttoria tecnica condotta a valle, nel contesto delle attività della conferenza dei servizi, dalle cui risultanze la Provincia ha tratto ulteriori spunti argomentativi per corroborare il proprio giudizio negativo in relazione alle proposte localizzative provenienti da Ciriè Centrale.

- L’argomentata natura cogente delle linee guida regionale trova fondamento, pertanto, sia nel riparto di competenze delineato dalla normativa statale, sia nelle descritte modalità di esercizio del potere regionale di individuazione delle aree e dei siti non idonei.

- La cogenza prescrittiva delle linee guida regionali si evince poi dal tenore letterale delle stesse, laddove distinguono fra “aree e siti” che sulla base della disamina condotta si evidenziano come “non idonei” all’installazione di impianti fotovoltaici a terra; e “aree di attenzione” - non comprese tra le aree inidonee, ma recanti elementi di criticità paesaggistica e ambientale all’installazione di impianti fotovoltaici - in relazione alle quali si impone un supplemento di indagine istruttoria calibrato sul singolo progetto.

- La valenza prescrittiva e vincolante delle linee guida è stata riconosciuta da questa sezione con la già menzionata pronuncia n. 248 del 22 febbraio 2013, nella quale si è affermato che “si può parlare di criteri cogenti in quanto la D.G.R. 3-1183 del 14/12/2010 trova il suo fondamento direttamente nell’art. 12 comma 10 del D. L.vo 387/03, il quale consente alle regioni di procedere, in attuazione delle linee guida nazionali approvate in sede di Conferenza unificata, alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti finalizzati alla produzione di energia da fonti rinnovabili: trattasi quindi di previsioni che trovano diretta applicazione nell’ambito dei procedimenti di cui al comma 3 del citato articolo 12, indipendentemente dal formale recepimento delle stesse negli atti di pianificazione territoriale” (cfr., in senso conforme, T.A.R. Bari, sez. I, 3 maggio 2013, n. 675).

In termini analoghi si è espressa la quinta sezione del Consiglio di Stato, con pronuncia n. 176 del 15 gennaio 2013, sostenendo che il divieto di installazione di impianti fotovoltaici in determinate zone individuate nelle linee guida regionali è sufficiente “a giustificare il diniego di rilascio della autorizzazione, senza necessità di alcuna valutazione specifica del concreto impatto ambientale del costruendo impianto”; ciò in quanto è “stata già effettuata la valutazione circa la preminenza dell’interesse alla salvaguardia dell’ambiente rispetto ad altri interessi, come quello alla gestione delle fonti di energia rinnovabile, che è insuscettibile di deroga anche in relazione all’eventuale modesto effettivo impatto ambientale delle opere di cui è prevista la realizzazione”.

Concludendo sul punto, pare quindi condivisibile la tesi fatta propria dalla Provincia circa la portata prescrittiva e non derogabile della classificazione contenuta nella delibera di giunta regionale n. 3-1183 del 14 dicembre 2010.

3.7 Sotto diverso punto di vista deve rilevarsi che, nel caso specifico, il riferimento alla portata vincolante delle linee guida regionali non esaurisce il senso complessivo delle articolate motivazioni formulate dalla Provincia.

- Il passaggio argomentativo dedicato alla normativa regionale, infatti, risulta accompagnato da più diffuse considerazioni in ordine agli esiti dell’istruttoria condotta sullo specifico progetto, il che rende la censura in esame niente affatto risolutiva ai fini di una eventuale invalidazione dell’atto impugnato.

- Non solo. Il valore orientativo attribuibile alle linee guida regionali non verrebbe meno anche laddove, in ipotesi, se ne dovesse disconoscere la forza vincolante. Sicché, è onere di chi voglia operare in contrasto con le stesse fornire argomenti ed elementi istruttori di segno contrario, in grado di bilanciare le valutazioni insite nei criteri di salvaguardia ambientale adottati dalla Regione.

- Nel caso specifico detto sforzo argomentativo è mancato, essendosi la parte ricorrente limitata a sindacare in termini generai la portata prescrittiva delle linee guida regionali, senza nulla aggiungere, tuttavia, sulla consistenza e sulla persistenza delle specifiche ragioni di tutela ambientale ed ecologica alle stesse sottese.

4. Venendo al merito degli esiti dell’istruttoria tecnica svoltasi in Conferenza dei Servizi, la Provincia ha riconosciuto che le valutazioni specialistiche effettuate sui temi dell’incidenza ecologica e paesaggistica (espresse da parte di Regione Piemonte, Ente Parco, Soprintendenza ai Beni Ambientali) hanno concluso in senso favorevole all’intervento, vincolando tale giudizio ad un rilevante numero di prescrizioni e a un forte ridimensionamento dell’opera.

Ha rilevato, tuttavia, che le valutazioni effettuate dai competenti servizi della Provincia e dell’ARPA si sono orientate in senso negativo, evidenziando come:

a) il progetto si porrebbe in netto contrasto con i principi cardine e le politiche di contenimento del consumo di suolo perseguite dal Piano Territoriale di Coordinamento. Proprio per consentire il governo del corretto consumo di suolo nelle strategie dei vari sistemi (insediativo, infrastrutturale, naturale), detto Piano individua specifiche norme di utilizzo ai fini dell’edificazione, definendo tre “tipologie” di aree: “aree dense”, “aree di transizione” e “aree libere” (agricole, fertili, boscate e di valore naturalistico).

In quest’ultima qualità di aree si collocherebbe la Riserva Naturale della Vauda, essendo tutelata da qualsiasi forma di edificazione;

b) sotto un ulteriore profilo, il provvedimento impugnato pone in rilievo l’alto valore di biodiversità e naturalità del sito in oggetto, che verrebbe ad essere alterato in modo pesante dalla realizzazione dell’impianto sotto il profilo della frammentazione e della perdita di connettività degli habitat;

c) la delibera esamina anche l’impatto negativo sui suoli superficiali derivante dalle lavorazioni di cantiere e dai preventivabili interventi di manutenzione periodica degli impianti; e conclude che tale impatto negativo non sarebbe del tutto reversibile nel tempo, né risulterebbe significativamente attenuato dal più recente ridimensionamento del progetto, in quanto “l’estensione dell’impianto, seppure ridotta rispetto alle prime versioni del progetto, determinerebbe un impatto di area vasta che andrebbe ad inficiare l’integrità del sito sotto vari profili, da quello territoriale a quello ambientale, naturalistico - ecologico, oltre che paesaggistico”.

5. Sul richiamato compendio delle ragioni ostative all’installazione dell’impianto, si appunta il secondo motivo di ricorso.

Con esso la ricorrente argomenta circa l’assenza di prescrizioni vincolanti nel Piano di coordinamento territoriale provinciale (PTC 2), con le quali il progetto possa dirsi in contrasto. Ciò in quanto le disposizioni richiamate nella delibera, agli artt. 15, 16 e 17, sarebbero da intendersi come prescrizioni meramente programmatiche, quindi non immediatamente applicabili e vincolanti, in mancanza, come nel caso di specie, di norme pianificatorie di attuazione.

5.1 La censura è condivisibile, nei limiti che si vanno ad esporre. Il richiamo effettuato dalla Provincia alla categoria delle aree “libere” contemplata nel PTC, appare effettivamente improprio sotto diversi profili.

Innanzitutto, l’art. 15 del PTC è norma di indirizzo che rimette agli strumenti urbanistici generali dei Comuni l’individuazione di specifici limiti di utilizzo del territorio ai fini della edificazione (attraverso la definizione di tre tipologie di aree “dense”, “di transizione” e “libere”).

A loro volta, le scelte urbanistiche compiute dai comuni non hanno la capacità di porre assolute preclusioni alla realizzazione degli impianti alimentati da energie rinnovabili in determinate zone del loro territorio, poiché l’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387/2003 attribuisce all’autorizzazione unica, ove occorra, l’efficacia di variante allo strumento urbanistico; e lo stesso art. 12, al comma 10, attribuisce alle sole Regioni la potestà di porre limitazioni e divieti per l’installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili (cfr. parte I, paragrafo 1.2 del D.M. 10.9.2010; sulla rilevanza della pianificazione territoriale e urbanistica nella materia in esame cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 11 ottobre 2011, n. 1473 e T.A.R. Piemonte, sez. I, 15 febbraio 2012, n. 237).

5.2 Il riferimento al PTC (e alle finalità di tutela ecologica e paesaggistica ad esso sottese) appare viepiù improprio in quanto lo stesso PTC, all’art. 30 (dedicato al Settore energetico) rimanda alle linee guida regionali adottate con DGR 14 dicembre 2010 n. 3-1183. Sul punto, quindi, il contenuto del PTC non apporta indicazioni di rilievo, rimettendo alla disciplina speciale regionale le direttive di riferimento in tema di impianti fotovoltaici a terra.

In sostanza, il richiamo al PTC non arricchisce la motivazione del provvedimento impugnato di contenuti ulteriori rispetto a quelli già ricavabili dalle linee guida regionali (sulla cui valenza normativa si è già detto).

6. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente asserisce che la Provincia sarebbe pervenuta ad un giudizio negativo di compatibilità ambientale in modo “del tutto avulso dalle reali risultanze istruttorie e da tutti i pareri tecnici resi dalle Autorità competenti alla tutela degli interessi maggiormente rilevanti”, lasciandosi condizionare da altri pareri a valenza esclusivamente politica. Inoltre, la ricorrente lamenta che la Provincia avrebbe del tutto ignorato la totale rimodulazione del progetto del maggio-giugno (che si sarebbe adeguato alle varie richieste degli Enti coinvolti) ed avrebbe “inspiegabilmente ridimensionato” il parere positivo reso dalla Soprintendenza.

6.1 La censura pare contraddetta, in termini generali, dalla lettura della documentazione relativa all’istruttoria condotta in conferenza dei servizi (e in particolare della Relazione dell’organo tecnico allegata alla delibera impugnata), dalla quale emerge una disamina accurata ed esaustiva dei singoli aspetti presi in considerazione da parte degli enti competenti.

6.2 Tirando le fila dell’istruttoria tecnica, la Provincia ha correttamente posto in rilievo la non uniformità dei pareri richiesti, evidenziando l’esito sostanzialmente positivo (anche se condizionato ad una serie di numerose prescrizioni) delle valutazioni specialistiche effettuate sui temi dell’incidenza ecologica e paesaggistica (da parte di Regione Piemonte, Ente Parco, Soprintendenza ai Beni Ambientali), a fronte delle criticità emerse nelle valutazioni effettuate dai competenti servizi della Provincia e dell’ARPA in tema di tutela della fauna, della flora e dei suoli.

Nel giudizio di bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti, detti profili critici sono stati motivatamente ritenuti come ostativi e tali da non giustificare alcuna deroga delle linee guida regionali; e ciò in considerazione delle persistenti ragioni di dissenso sopra richiamate e della cogenza prescrittiva delle Linee Guida regionali, così giungendo, con motivazione approfondita ed articolata e nel bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti, pubblici e privati, al giudizio negativo di compatibilità ambientale.

6.3 Ora, la giurisprudenza ammette che il giudizio di incidenza ambientale possa ben avere esito negativo, nella ipotesi, qui ricorrente, in cui l'Amministrazione ritenga, sulla base di una valutazione discrezionale ancorata agli elementi in suo possesso, che nessuna misura di mitigazione o alternativa sia oggettivamente in grado di attenuare in modo soddisfacente le criticità accertate (Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4611); ovvero nel caso in cui, pur risultando il progetto in linea con varie esigenze di interesse pubblico (pianificazione energetica, riduzione delle emissioni di gas inquinanti, riduzione di importazioni di altre fonti energetiche; strumenti urbanistici, esigenze climatiche atmosferiche, geologiche, paesaggistiche, socio-economiche e delle aree protette), permanga un grave impatto negativo sulla fauna e sulla flora che l’Amministrazione ritenga, in una valutazione comparativa, di rilievo pubblico prevalente (Cons. Stato, sez. V, 17 ottobre 2013, n. 5043). Nella fattispecie, d’altra parte, si verte in ambito di discrezionalità tecnica, rispetto al quale il sindacato del giudice amministrativo in sede di legittimità può essere esercitato nei soli limiti degli indici sintomatici, estrinsecamente rilevabili, del non corretto esercizio del potere, sub specie di difetto di motivazione, di illogicità manifesta, di erroneità dei presupposti di fatto e di incoerenza della procedura valutativa e dei relativi esiti (Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2013, n. 1783 e sez. IV, 24 gennaio 2013, n. 468).

6.4 La Provincia ha dato prova, nella delibera impugnata, di aver adeguatamente considerato anche l’ulteriore ridimensionamento dell’impianto illustrato nell’ultima versione progettuale, a fronte del quale ha tuttavia ritenuto di dover confermare la valutazione di permanenza di una condizione di impatto critico di area vasta, tale da inficiare l’integrità del sito sotto vari profili, da quello territoriale a quello ambientale, naturalistico ed ecologico.

6.5 Sul punto e per quanto esposto, non appaiono condivisibili i rilievi secondo i quali l'Amministrazione avrebbe completamente ignorato la finalità di interesse pubblico sottesa al progetto de quo, finalizzato all'impiego di fonti rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l'ambiente.

Si è visto, infatti, che le valutazioni operate dell'Amministrazione risultano estese a tutti gli aspetti connessi alla realizzazione dell’impianto e prive di gravi vizi logici o palesi carenze valutative, anche con riferimento alla comparazione fra contrapposti interessi.

7. Con il quarto motivo, la ricorrente deduce che la Provincia avrebbe omesso di valutare in concreto la situazione “di totale degrado” in cui verserebbe il territorio in questione, asseritamente interdetto al pubblico accesso per l’inquinamento correlato alla possibile presenza di ordigni bellici interrati e non individuabili a vista. Detto inquinamento industriale renderebbe l’area inutilizzabile dal punto di vista agricolo.

7.1 Sul punto la delibera provinciale puntualizza come segue:

- innanzitutto, in punto di fatto, evidenzia che i fenomeni di contaminazione sono circoscritti e localizzati, e come tali risultano del tutto ininfluenti ed irrilevanti rispetto al valore naturalistico e vegetazionale da preservare;

- sottolinea poi (e si tratta di argomento risolutivo) che in ogni caso “i livelli di contaminazione riscontrati potrebbero semmai precludere alcuni usi antropici, ma non costituiscono di certo ostacolo o condizionamento rispetto al pregio naturalistico delle aree”, atteso che la classificazione dell’area a “riserva naturale” persegue “un obiettivo di tutela diretto più alla conservazione che alla fruizione”;

- chiarisce, infine, che l’intervento di bonifica dagli ordigni militari non costituirebbe un particolare vantaggio per il parco, “dato che riguarderebbe aree che si prevede di recintare e precludere ad altri usi per 20 anni”.

7.2 Le argomentazioni spese dalla Provincia delineano un iter logico coerente e non eccepibile sul piano logico e motivazionale.

8. Con il quinto e ultimo motivo, si deduce la violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e dei principi generali in materia di valutazione di impatto ambientale, sull’assunto che la Provincia avrebbe “omesso di effettuare la necessaria valutazione in concreto della compatibilità ambientale”.

La censura reitera argomenti già esaminati in precedenza, a confutazione dei quali si rimanda alle considerazioni già svolte, salvo aggiungere che un’approfondita analisi del complesso della documentazione versata in atti porta ad escludere il prospettato difetto di istruttoria, così come l’articolata e puntuale motivazione che sorregge il provvedimento impugnato appalesa l’infondatezza delle censure di superficialità e incompletezza della valutazione conclusiva negativa cui è giunta la Provincia, avendo questa, al contrario, operato una adeguata valutazione in relazione al pregio naturalistico dell’area incisa, tra l’interesse allo sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili e le ritenute prevalenti esigenze di tutela e conservazione di ambiente e paesaggio.

8.1 La correttezza di detto bilanciamento non pare revocabile in dubbio sulla base di un apprezzamento meramente quantitativo o numerico dei pareri favorevoli rispetto a quelli negativi, trattandosi al contrario di valutare l’incidenza qualitativa e ponderale delle materie e degli interessi sensibili presi in considerazione nei singoli giudizi.

8.2 D’altra parte, il tenore dei pareri espressi sui temi dell’incidenza ecologica e dell’autorizzazione paesaggistica lascia trasparire valutazioni articolate e non uniformi che tradiscono aspetti di criticità intrinseca dell’intervento, che correttamente giustificano un approccio precauzionale al tema. Anche sotto questo profilo appare motivato, pertanto, il conclusivo giudizio secondo cui la valutazione in concreto del progetto non è valsa a superare, oltre ogni ragionevole dubbio, la valutazione di inidoneità contenuta nelle linee guida regionali.

Per quanto esposto, il ricorso non può trovare accoglimento.

La peculiarità e complessità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Silvana Bini, Consigliere

Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/07/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)