TAR Lombardia (MI) Sez. II sent. 1526 del 17 maggio 2010
Ambiente in genere. VAS
Dall’esame della disciplina legislativa – di recepimento della direttiva 2001/42/CE – in materia di VAS si giunge alla conclusione per cui, nella scelta dell’autorità competente, l’autorità procedente deve individuare soggetti pubblici che offrano idonee garanzie non solo di competenza tecnica e di specializzazione in materia di tutela ambientale, ma anche di imparzialità e di indipendenza rispetto all’autorità procedente, allo scopo di assolvere la funzione di valutazione ambientale nella maniera più obiettiva possibile, senza condizionamenti – anche indiretti – da parte dell’autorità procedente. Qualora quest’ultima, infatti, individuasse l’autorità competente esclusivamente fra soggetti collocati al proprio interno, legati magari da vincoli di subordinazione gerarchica rispetto agli organi politici o amministrativi di governo dell’Amministrazione, il ruolo di verifica ambientale finirebbe per perdere ogni efficacia, risolvendosi in un semplice passaggio burocratico interno, con il rischio tutt’altro che remoto di vanificare la finalità della disciplina sulla VAS e di conseguenza di pregiudicare la corretta applicazione delle norme comunitarie, frustrando così gli scopi perseguiti dalla Comunità Europea con la direttiva 2001/42/CE, come quello di salvaguardia e promozione dello “sviluppo sostenibile”, espressamente enunciato all’art. 1 della direttiva.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01526/2010 REG.SEN.
N. 02305/2009 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2305 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Giuseppe Vergani, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Grella, con domicilio eletto presso il medesimo in Milano, via Cesare Battisti 21;
contro
Comune di Cermenate, rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo Anania, con domicilio eletto presso lo stesso in Milano, via Brera, 16;
Provincia di Como, Regione Lombardia, non costituite in giudizio;
nei confronti di
Pinuccia Rumi, Pietro Bellotti, Lorena Sinigaglia, Angelo Gaiani, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
nel ricorso principale, con tutti gli atti preordinati, consequenziali e connessi:
a. delle delibere consiliari del Comune di Cermenate n. 12 del 13.3.2009 e n. 13 del 16.3.2009 recanti controdeduzioni alle osservazioni ed approvazione del nuovo Piano di Governo del Territorio ex L.R. n. 12/2005, pubblicate sul BURL n. 29 del 22.7.2009;
b. della delibera giuntale n. 38 del 28.2.2009 del Comune di Cermenate recante avvio del procedimento di valutazione ambientale strategica per la formazione del Piano di Governo del Territorio;
c. del rapporto ambientale, della sintesi non tecnica, del piano di monitoraggio e della dichiarazione di sintesi resi nella procedura VAS ex D.Lgs. n. 152/2006 e art. 4 L.R. n. 12/2005 e recepiti nel nuovo Piano di Governo del Territorio;
d. in parte qua, della D.G.R. VIII/6420/2007 limitatamente all'art. 3.2. dell'Allegato 1 (modello generale);
per la condanna
del Comune di Cermenate al risarcimento dei danni patiti e patiendi in misura non inferiore ad euro 5.000.000,00 o nella maggior somma da quantificarsi in corso di causa in via equitativa o anche previa espletanda CTU;
nel ricorso per motivi aggiunti depositato il 26.11.2009,
del provvedimento provinciale del 16.2.2009, recante parere di compatibilità in merito alla proposta di PGT del Comune di Cermenate e per la condanna del Comune al risarcimento dei danni.
Visto il ricorso ed i motivi aggiunti con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cermenate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 aprile 2010 il dott. Giovanni Zucchini e uditi per le parti i difensori Umberto Grella per Giuseppe Vergani; Riccardo Anania per il Comune di Cemenate;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il geom. Vergani, titolare di ditta individuale operante nel settore edile, è proprietario di taluni terreni in Comune di Cermenate.
Con il ricorso in epigrafe, contenente domanda di sospensiva e di risarcimento del danno, egli impugnava le deliberazioni del Consiglio Comunale di Cermenate n. 12 e n. 13 del 2009, recanti rispettivamente controdeduzioni alle osservazioni ed approvazione del nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT), oltre alla delibera di Giunta Comunale n. 38/2008 e, seppure in parte, la delibera di Giunta Regionale VIII/6420/2007.
Questi, in sintesi, i motivi di gravame:
1) violazione dell’art. 78 del D.Lgs. 267/2000, in quanto la delibera consiliare di approvazione del PGT sarebbe stata assunta con l’intervento ed il voto di taluni consiglieri sui quali gravava invece, secondo la norma indicata, il dovere di astensione;
2) violazione della direttiva 2001/42/CE, dell’art. 16 dei RD 274 e 275 del 1929, degli articoli 11 e seguenti del D.Lgs. 152/2006, dell’art. 4 della legge regionale 12/2005 e della delibera di Consiglio Regionale n. VII/351/2007, tutte norme in materia di VAS (valutazione ambientale strategica);
3) violazione della legge 183/1989, degli articoli 8, 9, 10, 25 e 57 della legge regionale 12/2005 e di altre delibere regionali, per mancanza di un atto presupposto, vale a dire uno studio geologico efficace;
4) violazione della legge regionale 13/2001 e del parere reso dall’ASL in sede di valutazione della proposta di PGT;
5) violazione degli articoli 8 e 11 della legge regionale 12/2005, in quanto il documento di Piano conterrebbe prescrizioni che incidono in via diretta sul regime dei suoli;
6) violazione dell’art. 13, comma 7, l.r. 12/2005 e degli articoli 38 e 39 delle NTA del PTCP, giacché non sarebbero rispettati gli indici di sostenibilità insediativa previsti dalla Provincia;
7) violazione degli articoli 7 e 41 quinquies della legge 1150/1942, del DM 1444/1968, degli articoli da 8 a 11 e 46 della l.r. 12/2005, nonché eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione e disparità di trattamento, nel quale si denunciano presunti errori nel calcolo della capacità insediativa e degli standard urbanistici;
8) ulteriore violazione degli articoli 7 e 41 quinquies della legge 1150/1942, del DM 1444/1968, degli articoli da 8 a 11 della l.r. 12/2005 e violazione degli articoli 2 e 3 del Trattato CE, degli articoli 42 e 97 della Costituzione, del DPR 327/2001, dell’art. 1 della legge 241/1990, dell’art. 2 della legge 287/1990 ed eccesso di potere sotto vari profili, nel quale si denunciano le asserite illogiche destinazioni urbanistiche attribuite dal PGT alle aree del ricorrente.
Si costituiva in giudizio il solo Comune di Cermenate, eccependo l’inammissibilità ed in ogni caso l’infondatezza nel merito del ricorso.
In data 29.10.2009, l’esponente notificava ricorso per motivi aggiunti, con il quale era impugnato un ulteriore atto – vale a dire il provvedimento provinciale recante parere di compatibilità del PGT con il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Como – ed erano svolte ulteriori censure di approfondimento del motivo n. 6 del ricorso principale.
All’udienza cautelare del 3.12.2009, la domanda di sospensiva era rinunciata.
Alla pubblica udienza del 28.4.2010, la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, è denunciata la violazione dell’art. 78 del D.Lgs. 267/2000, in quanto il Piano sarebbe stato approvato con l’intervento, in consiglio comunale, di una serie di consiglieri (vale a dire i signori Bellotti, Rumi, Sinigaglia e Gaiani), che avrebbero invece dovuto astenersi, in quanto le delibere riguarderebbero interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado (cfr. art. 78, comma 2°, citato).
Sul punto, l’esponente produce documentazione (vedesi suo doc. 5), attestante le aree di proprietà dei consiglieri e dei loro parenti che sarebbero state in qualche modo “beneficiate” dal nuovo strumento urbanistico generale, attraverso – ad esempio - l’attribuzione di destinazione edificatoria o produttiva.
In relazione a tale mezzo, occorre dapprima rilevare come senza dubbio sussiste interesse ad agire in capo al ricorrente, contrariamente a quanto evidenziato dalla difesa resistente, visto che l’accoglimento della censura finirebbe per travolgere l’intero PGT, con obbligo per il Comune di determinarsi nuovamente in relazione all’intero strumento urbanistico, il che appare sufficiente a fondare l’interesse strumentale dell’esponente il quale, per effetto della nuova approvazione del Piano, potrebbe vedere accolte le proprie doglianze riguardanti la destinazione delle aree di sua proprietà site in Cermenate.
La difesa comunale, a fronte del motivo n. 1, sostiene ancora che la ricostruzione fattuale offerta in ricorso sarebbe falsa, in quanto i consiglieri comunali di cui è lamentata la partecipazione alle sedute consiliari si sarebbero in realtà allontanati dall’aula. La delibera n. 13/2009, continua l’Amministrazione resistente, non avendo dato atto con chiarezza di tale allontanamento, sarebbe viziata da un mero errore materiale, peraltro facilmente comprensibile e rettificabile, tanto è vero che lo stesso Comune produce, sul punto, una serie di autocertificazioni dei consiglieri e del segretario comunale, attestanti appunto l’errore in cui sarebbe incorsa la delibera, oltre alla copia del “brogliaccio” del segretario stesso, contenente i suoi appunti, ove è indicato l’avvenuto allontanamento dei consiglieri di cui è causa.
Secondo il Tribunale, tuttavia, la difesa del Comune non appare convincente, in quanto pretenderebbe di rettificare o correggere un errore contenuto in una deliberazione consiliare, quindi in un atto pubblico avente efficacia probatoria privilegiata (cfr. artt. 2699 e 2700 del codice civile), attraverso delle autocertificazioni o addirittura attraverso semplici appunti, asseritamene redatti dal segretario comunale ma privi di qualsivoglia efficacia probatoria.
Reputa, al contrario, il Collegio che l’eventuale errore di verbalizzazione doveva invece essere corretto attraverso una nuova deliberazione dello stesso organo, vale a dire del consiglio comunale, non potendosi ammettere, pena la perdita di ogni valore di certezza giuridica proprio dell’atto pubblico, che quest’ultimo possa essere integrato o addirittura smentito attraverso semplici dichiarazioni dei soggetti interessati o mediante appunti manoscritti di questi ultimi.
Tuttavia, nonostante le argomentazioni difensive del resistente non siano condivise dal Tribunale, il motivo n. 1 non può trovare accoglimento, per le ragioni che seguono.
L’art. 78 del D.Lgs. 267/2000, al comma 4° prevede, nel caso di piani urbanistici per i quali si sia verificata l’ipotesi di cui al comma 2° del medesimo articolo (vale a dire un conflitto di interessi, come sopra riportato), che siano annullate le sole parti dello strumento urbanistico per le quali sia stata accertata la correlazione fra il contenuto del medesimo e gli specifici interessi dell’amministratore pubblico e dei suoi parenti.
La disposizione del menzionato comma quarto è intesa, dalla più recente giurisprudenza, nel senso che l’eventuale conflitto di interesse dell’amministratore, quand’anche accertato, non travolge l’intero piano urbanistico ma solo le parti ritenute per così dire “collegate” all’interesse personale dell’amministratore medesimo, secondo il noto brocardo “utile per inutile non vitiatur”.
Di conseguenza, il proprietario di aree comprese nello strumento urbanistico ha interesse a denunciare la violazione dell’art. 78 citato, laddove provi che l’interesse personale del consigliere, che avrebbe dovuto imporre a quest’ultimo l’astensione, ha arrecato un diretto pregiudizio anche ai propri fondi.
In caso contrario, qualora l’intervento in consiglio dell’amministratore in conflitto di interessi non abbia avuto alcun effetto sul regime giuridico delle aree dell’esponente, non esiste interesse di quest’ultimo alla denuncia della violazione dell’art. 78, visto che l’eventuale accoglimento del gravame avrebbe conseguenze soltanto su fondi non di proprietà del ricorrente, che non vedrebbe pertanto mutato il regime giuridico dei propri immobili (cfr. TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 8.7.2009 n. 1461 e Consiglio di Stato, sez. V, 12.6.2009 n. 3744).
Orbene, nel caso di specie l’esponente non ha dato concreta ed univoca prova dell’utilità che potrebbe derivargli dal parziale – parziale in quanto relativo alle sole parti riguardanti i consiglieri in conflitto di interesse - annullamento del PGT, per cui il primo motivo deve rigettarsi.
2. Nel secondo motivo, è denunciata la violazione, sotto molteplici profili, della normativa comunitaria, statale e regionale in materia di VAS (valutazione ambientale strategica) e a tale
proposito l’esponente impugna, anche se solo in parte, la delibera di Giunta Regionale 27.12.2007 n. 8/6420 relativa alla procedura per la Valutazione Ambientale di Piani e Programmi (denominata anche Valutazione Ambientale Strategica o VAS).
Il Comune di Cermenate, ai fini dell’obbligatoria sottoposizione del proprio PGT alla procedura di VAS, ha provveduto, con delibera di Giunta n. 38/2008 (doc. 6 del ricorrente), ad avviare il procedimento di valutazione ambientale strategica, individuando contestualmente la c.d. autorità competente per la VAS, costituta dal team composto da due dipendenti comunali, vale a dire il geom. Posio ed il P.I.E. Perniola, rispettivamente Responsabile Settore Urbanistica e Sportello Unico Attività Produttive e Responsabile del Settore Lavori Pubblici.
Secondo il ricorrente, l’individuazione dell’autorità competente per la VAS nell’ambito della stessa Amministrazione comunale tenuta all’approvazione del PGT sarebbe illegittima, in quanto una struttura competente per la VAS completamente interna al Comune non offrirebbe sufficienti garanzie di imparzialità e terzietà nella valutazione ambientale, determinando una illegittima commistione fra funzioni di amministrazione attiva (approvazione PGT) e di controllo (valutazione ambientale), con la conseguenza di vanificare le finalità – previste dalla normativa comunitaria e da quella nazionale di attuazione – proprie della valutazione ambientale strategica.
Con riguardo a tale motivo, occorre dapprima evidenziare come sussista interesse ad agire in capo al ricorrente, visto che per effetto dell’accoglimento della censura sarebbe invalidato l’intero PGT, con obbligo per l’Amministrazione comunale di nuova adozione del Piano, nel rispetto però delle disposizioni in materia di VAS, sicché si configura in capo al geom. Vergani un interesse strumentale ad una riedizione del potere amministrativo, che potrebbe svolgersi in senso più favorevole al ricorrente (cfr. sul punto, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 27.1.2010, n. 188).
Sempre con riguardo al mezzo n. 2, va respinta l’eccezione di acquiescenza – sollevata dalla difesa comunale nella memoria del 4.11.2009 – per omessa impugnazione della delibera di consiglio regionale n. 8/351 del 13.3.2007, sempre in materia di VAS, in quanto tale ultima deliberazione (cfr. doc. 15 del Comune), non prevede nulla sulla composizione dell’autorità competente per la VAS, limitandosi a stabilire (vedesi art. 2.0 lett. i dell’Allegato 1 alla delibera consiliare), i compiti dell’autorità stessa, mentre la sua composizione è prevista dalla successiva delibera di Giunta Regionale del 27.12.2007, ritualmente impugnata – seppure in parte qua – con il presente gravame.
Neppure potrebbe sostenersi, come invece adombrato in sede di udienza pubblica dal difensore del Comune, una presunta inammissibilità del ricorso per omessa notificazione ad eventuali controinteressati, individuati nei proprietari dei terreni o in altri soggetti menzionati nel ricorso. Infatti, secondo pacifica giurisprudenza, i proprietari delle aree comprese nel Piano Regolatore Generale (ma tale conclusione vale senza dubbio anche per il PGT, quale strumento urbanistico generale), non sono qualificabili come controinteressati al momento dell’impugnazione del Piano stesso (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 2.3.2010 n. 1184 e sez. IV, 30.9.2008 n. 4712), né risultano tali le altre persone indicate in ricorso, visto che l’eventuale accoglimento di quest’ultimo non determinerebbe alcuna diretta ed immediata lesione della loro sfera giuridica, non essendo del resto sufficiente la semplice menzione di un soggetto nel provvedimento impugnato o nel ricorso, per fare assurgere al medesimo il ruolo di controinteressato (si veda a tale proposito, TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 11.12.2007, n. 2004).
Si aggiunga, ad abundantiam e fermo restando quanto sopra esposto, che il presente ricorso è stato in ogni modo notificato a talune persone fisiche ritenute controinteressate – cioè i consiglieri comunali di cui si lamenta l’omessa astensione – per cui l’eccezione dell’Amministrazione – a tutto voler concedere – potrebbe semmai dare luogo ad una integrazione del contraddittorio ma non certo ad una declaratoria di inammissibilità.
E’ possibile, quindi, esaminare nel merito il secondo mezzo di gravame.
Preliminarmente, appaiono però necessarie talune premesse relative alla valutazione ambientale strategica (VAS), alla luce della disciplina comunitaria e nazionale in materia.
La valutazione ambientale strategica è stata introdotta dalla direttiva 2001/42/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27.6.2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente. Lo scopo dichiarato della direttiva (art. 1), è quello di garantire un <<elevato livello di protezione dell’ambiente (...) all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile>>.
E’ stato peraltro notato, dalla dottrina, che l’istituto comunitario della VAS, unitamente a quello della valutazione di impatto ambientale-VIA, affonda le proprie radici in precedenti esperienze giuridiche statunitensi degli anni sessanta del secolo scorso ed anche in alcune iniziative delle Nazioni Unite per la protezione ambientale internazionale (si vedano a tale proposito i lavori della Commissione dell’ONU per l’ambiente e lo sviluppo, conclusi con il rapporto Brundtland del 1987, che enuncia per la prima volta il principio dello “Sviluppo Sostenibile”).
Tornando, ad ogni modo, alla disciplina comunitaria, si ricordi che la legge della Regione Lombardia n. 12/2005 sul governo del territorio, all’art. 4 (“Valutazione ambientale dei piani”), richiama espressamente la direttiva 2001/42/CE, rinviando a successive deliberazioni del Consiglio e della Giunta l’approvazione di indirizzi ed ulteriori adempimenti per la valutazione ambientale dei piani. In attuazione dell’art. 4 citato, il Consiglio Regionale ha approvato gli indirizzi generali per la valutazione suindicata, con deliberazione 13.3.2007 n. VIII/351, mentre con successiva delibera di Giunta 27.12.2007 n. 8/6420 è stata disciplinata la procedura per la VAS.
Lo Stato italiano ha dato compiuta attuazione alla direttiva 2001/42/CE con il decreto legislativo 16.1.2008 n. 4, quindi successivo alla regolamentazione regionale sopra richiamata.
Per effetto del citato decreto legislativo, è stata interamente riscritta la parte II del D.Lgs. 152/2006 (“Norme in materia ambientale”, c.d. Codice dell’ambiente) ed è stata dettata una specifica disciplina per la VAS agli articoli 4 e seguenti.
Tale disciplina è stata ritenuta costituzionalmente legittima ed espressione di potestà legislativa esclusiva statale, in quanto inerente alla materia della “tutela dell’ambiente”, che l’art. 117, comma 2°, lett. s), della Costituzione, riserva alla legislazione esclusiva dello Stato (cfr. Corte Costituzionale, 22.7.2009, n. 225).
L’art. 5, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 152/2006, definisce la VAS come valutazione ambientale di piani e programmi, comprendente lo svolgimento di una verifica di assoggettabilità, l’elaborazione di un rapporto ambientale e la conseguente valutazione del piano o programma.
Nell’ambito della procedura di VAS, l’art. 5 distingue l’autorità competente (lettera p) dall’autorità procedente (lett. q); quest’ultima è definita come la pubblica amministrazione che elabora il piano o programma, mentre la prima è la pubblica amministrazione a cui compete l’attività di valutazione ambientale. Ai fini dell’individuazione dell’autorità competente, il successivo art. 7, comma 6°, ha cura di specificare che, in sede regionale, l’autorità competente è la pubblica amministrazione con compiti di tutela, valorizzazione e protezione ambientale.
Le ulteriori disposizioni sulla VAS contenute nel Codice dell’ambiente confermano, con chiarezza, la necessità di separazione fra le due differenti autorità – quella procedente e quella competente – il cui rapporto nell’ambito del procedimento di valutazione ambientale strategica appare tutto sommato dialettico, a conferma dell’intendimento del legislatore di affidare il ruolo di autorità competente ad un soggetto pubblico specializzato, in giustapposizione all’autorità procedente, coincidente invece con il soggetto pubblico che approva il piano (cfr., fra gli altri, art. 11, comma 2°; art. 12, comma 4°; artt. 13, 14 e 15).
Viene poi confermata l’assoluta obbligatorietà della VAS, tanto è vero che i provvedimenti amministrativi di approvazione di piani e programmi adottati senza la VAS, dove prescritta, <<sono annullabili per violazione di legge>> (art. 11, comma 5°).
Dall’esame della disciplina legislativa suindicata – di recepimento della direttiva 2001/42/CE – si giunge alla conclusione, secondo lo scrivente Tribunale, per cui, nella scelta dell’autorità competente, l’autorità procedente deve individuare soggetti pubblici che offrano idonee garanzie non solo di competenza tecnica e di specializzazione in materia di tutela ambientale, ma anche di imparzialità e di indipendenza rispetto all’autorità procedente, allo scopo di assolvere la funzione di valutazione ambientale nella maniera più obiettiva possibile, senza condizionamenti – anche indiretti – da parte dell’autorità procedente.
Qualora quest’ultima, infatti, individuasse l’autorità competente esclusivamente fra soggetti collocati al proprio interno, legati magari da vincoli di subordinazione gerarchica rispetto agli organi politici o amministrativi di governo dell’Amministrazione, il ruolo di verifica ambientale finirebbe per perdere ogni efficacia, risolvendosi in un semplice passaggio burocratico interno, con il rischio tutt’altro che remoto di vanificare la finalità della disciplina sulla VAS e di conseguenza di pregiudicare la corretta applicazione delle norme comunitarie, frustrando così gli scopi perseguiti dalla Comunità Europea con la direttiva 2001/42/CE, come quello di salvaguardia e promozione dello “sviluppo sostenibile”, espressamente enunciato all’art. 1 della direttiva, come già sopra evidenziato (si ricordi che lo “sviluppo sostenibile” costituisce uno degli scopi dell’Unione Europea, espressamente enunciato all’art. 3, comma 3°, del Trattato dell’Unione Europea in vigore dal 1.12.2009).
A tale proposito, pare utile al Collegio rammentare l’obbligo del giudice nazionale di interpretare il diritto interno alla luce di quello comunitario (cfr., sul punto, Consiglio di Stato, sez. VI, 3.9.2009 n. 5197 e TAR Piemonte, sez. I, 5.6.2009, n. 1563), in modo da garantire il c.d. “primato” di quest’ultimo sugli ordinamenti difformi degli Stati membri (sul “primato” del diritto comunitario, si veda Corte di Giustizia CE, sez. III, 19.11.2009 n. 314).
Nel caso di specie il Comune di Cermenate, in attuazione dell’art. 3.2 dell’allegato 1 alla delibera di Giunta del 27.12.2007, ha individuato l’autorità competente all’interno dello stesso Comune, scegliendo in particolare i Responsabili del Settore Urbanistica e del Settore Lavori Pubblici.
Tale composizione dell’autorità competente, al di là di ogni valutazione sulla preparazione e sulla capacità professionale dei singoli operatori comunali, non appare in ogni caso rispettosa delle norme comunitarie e statali sopra riportate, in quanto appare assolutamente inidonea a garantire la necessaria imparzialità dell’autorità competente rispetto a quella procedente.
Si aggiunga, inoltre, che il Responsabile del Settore Urbanistica del Comune, membro dell’autorità competente, risulta fra coloro che hanno contribuito alla predisposizione del documento di Piano, il che vale a rafforzare il convincimento del Collegio circa l’illegittimità della composizione dell’autorità competente, a causa dell’evidente commistione fra il ruolo di controllore e quello di controllato.
Sono quindi illegittimi sia il provvedimento comunale di designazione dell’autorità competente sia quello regionale ivi impugnato, che prevede la composizione della suddetta autorità con soggetti scelti all’interno della differente autorità procedente.
L’illegittimità della delibera regionale del 2007 non è esclusa neppure dalla lettura della legislazione regionale in materia, vale a dire l’art. 4 della L.R. 12/2005. L’articolo si limita, infatti, sotto il profilo dell’individuazione dell’autorità competente, a rinviare a successive deliberazioni del Consiglio o della Giunta Regionale, senza però altro dire. Si aggiunga – e si perdoni l’ovvietà – che in materia di VAS la Regione è in ogni caso rigidamente subordinata alla disciplina comunitaria, sicché non appare certo possibile per l’Ente regionale introdurre deroghe alla medesima.
Peraltro, la stessa Regione Lombardia non pare essere stata sempre coerente con la propria delibera del 27.12.2007, tenuto conto che, con parere espresso dalla Struttura Valutazione Ambientale Strategica e Programmazione Negoziata con nota del 6.4.2009 n. 6818, indirizzato al Comune di Campodolcino, la citata Struttura regionale escludeva che il Sindaco potesse assumere il ruolo di autorità competente, allorché l’autorità procedente era stata individuata nell’Amministrazione comunale.
Nel parere si ricorda il principio, desumibile dal D.Lgs. 4/2008 e assolutamente condiviso dallo scrivente Collegio, della separazione dell’autorità competente rispetto a quella procedente e, con riguardo alla prima, della necessità di un suo sufficiente grado di autonomia e di competenza in materia di ambiente e sviluppo sostenibile (cfr. il parere regionale, doc. 9 del ricorrente).
Ciò premesso, il motivo n. 2 del ricorso principale appare suscettibile di accoglimento, con conseguente annullamento non solo – seppure in parte qua – della delibera regionale impugnata, ma anche della delibera di Giunta Comunale n. 38/2008 di istituzione dell’autorità competente in materia di VAS e delle deliberazioni consiliari n. 12 e n. 13 del 2009, recanti approvazione di un PGT viziato nella sua totalità per l’illegittimità della procedura di VAS, come sopra indicato.
L’accoglimento della censura n. 2 ha carattere assorbente rispetto agli altri vizi denunciati nel ricorso e nei motivi aggiunti, che non devono, pertanto, essere esaminati.
3. La domanda di risarcimento del danno deve invece essere respinta, in quanto per effetto dell’accoglimento del gravame, il Comune dovrà provvedere nuovamente all’approvazione del PGT, previa rinnovazione della valutazione ambientale strategica, effettuata da una diversa “autorità competente”, come indicato in motivazione.
Allo stato quindi, dovendo l’Amministrazione di Cermenate determinarsi nuovamente sul proprio Piano di Governo del Territorio, nessun danno risarcibile è ravvisabile in capo all’esponente, che del resto neppure offre adeguata prova del danno lamentato (cfr. sul punto, le sentenze del TAR Lombardia, Milano, sez. II, n. 5215 e n. 5218, entrambe del 1.12.2009) .
4. La complessità e la novità delle questioni trattate inducono il Collegio a compensare interamente fra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, sez. II, definitivamente pronunciano sul ricorso e sui motivi aggiunti in epigrafe, li accoglie, nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Respinge la domanda di risarcimento del danno.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 28 aprile 2010 con l'intervento dei Signori:
Mario Arosio, Presidente
Giovanni Zucchini, Primo Referendario, Estensore
Silvana Bini, Primo Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/05/2010