Cass. Sez. III Sent. 35730 del 28 settembre 2007 (ud. 19 giu 2007)
Pres. Grassi Est. Teresi Ric.Bodrato.
Aria. Emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone - Reato di cui all\'art. 674 cod. pen. - Parametri di riferimento - Individuazione - Fattispecie: emissione di fumi di combustione provenienti dalla canna fumaria di una caldaia a metano per riscaldamento.

In tema di inquinamento atmosferico, è configurabile il reato di cui all\'art. 674 cod.pen. (emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone) anche nel caso in cui le emissioni provengano da un impianto non conforme alla normativa sull\'abbattimento dei fumi emessi dalla canna fumaria di una caldaia a metano per riscaldamento (D.M. 21 marzo 1993), quando il disturbo concretamente arrecato alle persone superi la normale tollerabilità con conseguente pericolo per la salute pubblica.
Svolgimento del processo e motivi della decisione
Con sentenza in data 16 gennaio 2007 il Tribunale di L’Aquila condannava Bodrato Laura Maria alla pena dell’ammenda per avere, quale legale rappresentante della Biometron s.a.s., provocato emissioni di gas in misura tale da cagionare molestie alle persone [tra cui Bruno Bernardino costituitosi parte civile] mediante l’emissione di fumi di combustione provenienti dalla canna fumaria di una caldaia per riscaldamento.
Proponeva ricorso per cassazione l\'imputato, denunciando violazione dell\'art. 674 cod. pen. in relazione alla legge n. 615/1966 e del D.P.R. n. 203/1988 poiché il Tribunale aveva assunto come parametro di valutazione dell\'entità dei fumi una normativa che non disciplina specificamente la materia dell\'inquinamento atmosferico, ma che, invece, riguarda il corretto funzionamento degli impianti domestici di riscaldamento.
Nella specie, trattandosi di una caldaia alimentata da metano con una potenza termica inferiore a 30.000 Kcal/h installata in conformità delle norme UNI 7129/92 a camera stagna, era stato ritenuto che la stessa fosse fonte di molestie in assenza di un accertamento istruttorio della concreta lesività delle emissioni.
Chiedeva l\'annullamento della sentenza.
Il ricorso non è puntuale perché censura con erronee argomentazioni giuridiche e in punto di fatto la decisione che è esente da vizi logico-giuridici, essendo stati indicati gli elementi probatori emersi a carico dell\'imputato e confutata ogni obiezione difensiva.
La sentenza, infatti, ha correttamente ritenuto che l\'imputata, mettendo in funzione una caldaia a metano, abbia provocato emissioni di fumo idonee a molestare i vicini e, particolarmente, la parte civile costretta a chiudere costantemente le finestre per impedire l\'afflusso dei fumi nel suo appartamento.
E\' configurabile, quindi, il reato di cui all\'art. 674 cod. pen. [emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone] perché le emissioni provenivano, come accertato in sede di merito, da un impianto non conforme alla normativa sull\'abbattimento dei fumi emessi dalla canna fumaria e arrecavano concretamente disturbo alle persone superando la normale tollerabilità con conseguente pericolo per la salute pubblica, la cui tutela costituisce la ratio della norma incriminatrice.
Sulla qualificazione giuridica del fatto, il Tribunale, al di là di alcune marginali imprecisioni, ha ritenuto che il reato de quo si configura in presenza di una violazione normativa che non può essere ricondotta al criterio di normale tollerabilità di cui all\'art. 844 cod. civ., essendo necessario individuare parametri attinenti al funzionamento dell\'impianto produttivo delle emissioni anche se indipendenti dalla fissazione di un tetto normativo.
Conseguentemente ha esattamente fatto riferimento al DM 21 marzo 1993, che disciplina il funzionamento degli impianti termici nei quali rientra la caldaia a metano utilizzata dall’imputata, accertando l\'irregolare installazione dell\'impianto la cui canna fumaria è stata posta a meno di 5 metri dalla parete dell\'edificio [distanza da osservare per la posizione degli edifici dell\'imputato e della parte civile "che formano una sorta di cortile chiuso", sicché ricorre l\'ipotesi prevista nelle norme UNI CIG di spazio chiuso a ciclo aperto] dove si trovano le finestre del denunciante, sicché, non avvenendo lo sbocco dei fiumi più in alto rispetto all\'edificio del predetto, il loro ristagno è fonte di molestie per gli appartamenti frontali le cui finestre distano meno di 5 metri dalla canna fumaria.
Alla luce della ricostruzione fattuale, della ricognizione normativa e dell\'orientamento giurisprudenziale di questa Corte [secondo cui"la contravvenzione di cui all\'art. 674 cod. pen. è integrabile indipendentemente dal superamento dei valori limite d\'emissione eventualmente stabiliti dalla legge, in quanto anche un\'attività produttiva di carattere industriale autorizzata può procurare molestie alle persone, per la mancata attuazione dei possibili accorgimenti tecnici, atteso che il reato de quo mira a tutelare la salute e l\'incolumità delle persone indipendentemente dall\'osservanza o meno di standard fissati per la prevenzione dall\'inquinamento atmosferico" - Cassazione Sezione III, n. 38936/2005, Riva, RV. 232359 - Cassazione Sezione III n. 38297/2004, Providenti, RV. 229618: "Le emissioni m atmosfera di gas, vapori e fumi integrano l\'elemento aggettivo del reato di cui all\'art. 674 cod. pen. In considerazione dell\' indubbia idoneità di tali emissioni ad arrecare molestia alle persone, atteso che debbano farsi rientrare nel concetto di "molestia" tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di turbamento della tranquillità e della quiete che producono un impatto negativo, anche psichico, sull\'esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e di relazione"] il getto molesto, protrattosi nel tempo, era sicuramente ricollegabile all\'irregolare posizione della canna fumaria.
II quadro probatorio non è per nulla intaccato dalle flebili censure del ricorrente sostanzialmente elusive della problematica inerente al reato de qua.
In conclusione, la vagliata attendibilità dell\'accusa e la logica spiegazione delle obiezioni segnalate dalla difesa hanno correttamente indotto il giudice dì merito all\'affermazione dì responsabilità alla stregua del solido tessuto probatorio ricostruito.
Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento e alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile, liquidate come da dispositivo.