Consiglio di Stato Sez. VI n. 3134 del 5 aprile 2024
Beni ambientali.Installazioni esterne di cui al punto A17 allegato A al dpr 31 del 2017.
Le installazioni esterne di cui al punto A.17 dell’allegato A al d.p.r. 13/02/2017, n. 31 - che elenca gli interventi e le opere in aree vincolate esclusi dall'autorizzazione paesaggistica - realizzate in area vincolata non necessitano di autorizzazione paesaggistica solo nel caso in cui siano poste a corredo di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, di attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero e risultino, inoltre, di ridotto impatto sul bene oggetto di tutela per caratteristiche strutturali e per i materiali utilizzati, oltre che per l'assenza di muratura e di stabile collegamento al suolo. Come è evidente, la norma non fa riferimento genericamente all’installazione di «strutture esterne poste a corredo di attività economiche», ma specifica in maniera puntuale la tipologia di attività rispetto alle quali l’opera può operare. Inoltre è necessario che l’opera abbia modesto impatto e manchi di stabile collegamento con il suolo.
Pubblicato il 05/04/2024
N. 03134/2024REG.PROV.COLL.
N. 07676/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7676 del 2021, proposto da
Federico Dubbioso e Camillo Dubbioso, rappresentati e difesi dall'avvocato Antonio Maria Di Leva, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo, n. 156;
contro
Comune di Vico Equense, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Erik Furno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Antonio Ceriello e Anna Pia Pelella, rappresentati e difesi dall'avvocato Giuseppe Dilengite, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Settima) n. 552/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Vico Equense e di Antonio Ceriello e Anna Pia Pelella;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2024 il Cons. Giovanni Pascuzzi e uditi per le parti gli avvocati Antonio Maria Di Leva e Giuseppe Sartorio in sostituzione dell'avv. Erik Furno;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il presente appello i signori Federico Dubbioso e Camillo Dubbioso chiedono la riforma della sentenza n. 552/2021 con la quale il Tar per la Campania ha respinto il ricorso con cui gli stessi avevano chiesto l’annullamento:
a) dell’Ordinanza di rimessa in pristino dello stato dei luoghi n. 295 del 22.11.2019 a firma congiunta del Responsabile del Servizio – Settore Antiabusivismo - del Comune di Vico Equense e del Responsabile del Procedimento;
b) del provvedimento n. 226 del 28/08/2019 del Servizio Urbanistica, recante ordine di sospensione dei lavori ed avvio del procedimento amministrativo sanzionatorio;
c) di ogni altro atto antecedente, susseguente o comunque connesso, tra cui il rapporto tecnico prot. 19992 del 12.06.2019, redatto in esito a sopralluogo effettuato congiuntamente al Comando di P.M. in data 06.06.2019, richiamato nel provvedimento impugnato sub a).
2. La sentenza di primo grado così ha sintetizzato le premesse in fatto:
- Federico Dubbioso è affittuario di un immobile di proprietà di Camillo Dubbioso, sito in Vico Equense, alla via Ruggiero, n. 5, ricadente in Zona 1b– Tutela Ambientale Naturale di primo grado – del P.U.T. dell’Area Sorrentino-Amalfitana, (legge regionale 27.06.1987, n. 35), avente la superficie totale di mq. 7.486, con annesso e soprastante tipico pergolato sorrentino utilizzato per la produzione del “Limone di Sorrento IGP”;
- con Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (C.I.L.A.), prot. n. 13604 del 16.04.2019, Federico Dubbioso comunicava la realizzazione di un intervento di manutenzione del pergolato di copertura dell’agrumeto;
- a seguito di un esposto presentato dai vicini confinanti - supportato da una perizia di parte in cui si evidenziava la realizzazione di una struttura in ferro zincato di rilevanti dimensioni, con altezza fino a 5 m. - i tecnici del Comune, congiuntamente al personale del locale Comando Polizia Municipale, effettuavano un sopralluogo in data 06.06.2019, nel corso del quale veniva rilevata «…. la sostanziale conformità dei lavori in corso di esecuzione alla C.I.L.A. prot. n. 19992/2019, atteso che gli stessi erano allo stato iniziale …»;
- con nota n. 226 del 28.08.2019, il Servizio Urbanistica del Comune di Vico Equense comunicava, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 7 l. n. 241/1990, l’avvio del procedimento volto all’adozione di sanzioni ripristinatorie, di cui al d.p.r. n. 380/2001 e, al contempo, ordinava la sospensione dei lavori in corso;
- con ordinanza n. 295 del 22.11.2019, veniva ingiunta la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, entro il termine perentorio di 90 giorni, pena l’esecuzione in danno dell’ordine di demolizione.
3. A sostegno dell’impugnativa avverso l’ordinanza da ultimo citata veniva formulato un motivo di ricorso così rubricato: violazione e falsa applicazione di legge (l. 07.08.1990 art. 3; d.p.r. 06.06.2001 n. 380 articoli 3, 6-bis, 31; d.p.r. 13.02.1917 n. 31).
Secondo la prospettazione dei ricorrenti, la C.I.L.A. aveva ad oggetto soltanto la sostituzione di parti del pergolato, già di metallo, con altri elementi, al fine di recuperarne l’originaria integrità e funzionalità, senza alcuna variazione della superficie ombreggiata e delle altezze.
Escludevano che l’intervento avesse realizzato un ampliamento del preesistente, qualificandolo di manutenzione straordinaria, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. b), d.p.r. 380/2001, realizzabile mediante C.I.L.A. a norma del successivo art. 6-bis quale opera non riconducibile all'elenco di cui agli articoli 6, 10 e 22.
Richiamavano, sotto il profilo paesaggistico-ambientale, il numero A.17 del d.p.r. n. 31/2017, che considera libera l’installazione di strutture esterne poste a corredo di attività economiche e l’art. 4 del Disciplinare di produzione dell’Indicazione Geografica Protetta “Limone di Sorrento” (Iscrizione nel Registro delle denominazioni di origine protetta ai sensi del Regolamento CE n. 2446 della Commissione del 6 novembre 2000), contenente la previsione della possibilità di realizzare impalcature in leghe metalliche per la coltivazione delle piante di limone.
4. Nel giudizio di primo grado si costituivano il Comune di Vico Equense e i controinteressati, Antonio Ceriello e Anna Pia Pelella, chiedendo il rigetto del ricorso.
5. Dopo aver disposto verificazione, con sentenza n. 552/2021 il Tar per la Campania ha respinto il ricorso.
5.1 In particolare il primo giudice ha ritenuto che:
- rispetto a quanto esistente al momento della presentazione della C.I.L.A., parte ricorrente ha realizzato un intervento diverso per caratteristiche e dimensioni. Quel che rileva è che tra il pergolato esistente al momento della presentazione della C.I.L.A. (di estensione pari a mq tra 2500 e 3000) e quello realizzato (mq 4083) emerge uno scostamento, in termini di dimensioni, superiore a oltre 1000 mq. Inoltre, alcuni elementi in legno al momento della C.I.L.A. sono stati sostituiti con elementi in metallo;
- non si è in presenza di una manutenzione straordinaria;
- l’accertata realizzazione di una copertura di maggiore superficie, e la sostituzione del materiale, comporta che legittimamente il Comune ha sanzionato l’intervento in quanto compreso tra quelli da assoggettare al previo rilascio sia di titolo edilizio che di autorizzazione paesaggistica, attesa la collocazione del pergolato in area vincolata.
6. Avverso la sentenza del Tar per la Campania appena citata hanno proposto appello i signori Federico Dubbioso e Camillo Dubbioso per i motivi che saranno più avanti esaminati.
7. Si sono costituiti il Comune di Vico Equense e i controinteressati, Antonio Ceriello e Anna Pia Pelella, chiedendo il rigetto dell’appello.
8. All’udienza del 21 marzo 2024 l’appello è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Il motivo di appello è rubricato: Errores in iudicando - Violazione e falsa applicazione di legge (d.lgs. 02.07.2010 n. 104, art. 34; d.p.r. 06.06.2001 n. 380, artt. 3, 6-bis, 27, 31; l. 07.08.1990 n. 241, art. 3; d.p.r. 13.02.2017 n. 31).
Parte appellante sostiene che:
- il primo giudice non ha considerato la violazione dell’art. 3 l. 241/1990 per carenza di istruttoria e di motivazione operata dall’ingiunzione impugnata, perché emessa solo sulle risultanze dell’esposto presentato dai controinteressati e in aperta contraddizione con le risultanze dell’unico precedente sopralluogo del 06.06.2019;
- ai fini dell’adozione dei provvedimenti sanzionatori ex d.p.r. 380/2001, il previo accertamento sui luoghi costituisce il fondamento minimo ed imprescindibile dell’istruttoria e della motivazione;
- il Tar ha violato l’art. 34, comma 2, del c.p.a., secondo il quale in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati;
- il Tar non ha valutato correttamente quanto affermato dal verificatore;
- il primo giudice, in considerazione della motivazione del verificatore, quanto meno dubitativa circa le consistenze preesistenti, avrebbe dovuto attribuire rilevanza ai rilievi aerofotogrammetrici di parte ricorrente, relativi agli anni anteriori al 2017, i quali avevano attestato: 1) la preesistenza dell’intero pergolato nonché la sua originaria estensione sull’intera proprietà Dubbioso; 2) la sua regolarità e conseguente sostanziale corrispondenza rispetto all’attuale pergolato oggetto di contestazione;
- la motivazione contenuta nella gravata sentenza non considera le evidenze documentali non smentite dal verificatore;
- il primo giudice erra nell’affermare la non configurabilità dell’intervento come manutenzione straordinaria;
- è la stessa definizione di cui all’art. 3, comma 1, lett. b), d.p.r. 380/2001, a non escludere dalla categoria della manutenzione straordinaria gli interventi di rifacimento, in questo caso di una parte del pergolato, rispetto alla situazione quo ante, anche se anteriore alla presentazione della C.I.L.A., come dimostrata in via documentale e non smentita dal verificatore, purché non comportanti trasformazioni urbanisticamente rilevanti che nella fattispecie sono inesistenti;
- nella specie non trattasi di realizzazione ex novo e neanche di ampliamento del preesistente pergolato, bensì di mera sostituzione di alcune parti di questo, lasciando invariate superfici ombreggiate ed altezze, per cui l’intervento è annoverabile nell’ambito della manutenzione straordinaria ex art. 3, comma 1, lett. b), d.p.r. 380/2001, realizzabile mediante C.I.L.A. a norma del successivo art. 6-bis quale opera non riconducibile all'elenco di cui agli articoli 6, 10 e 22;
- il pergolato, quale struttura di per sé considerata, non genera superficie utile in senso urbanistico-edilizio;
- il primo giudice erra nel ricondurre l’intervento nell’ambito della categoria della ristrutturazione edilizia ex art. 3, comma 1, lett. d), d.p.r. 380/2001, senza considerare che tale ultima tipologia non può mai riferirsi ad un intervento, qual è quello in esame, non avente nessuna rilevanza edilizia;
- sotto il profilo paesaggistico-ambientale, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, ove ha confermato la necessità della previa autorizzazione paesaggistica, va invocata l’applicazione del numero A.17 del d.p.r. 31/2017, ove considera libera l’installazione di strutture esterne poste a corredo di attività economiche;
- la presenza del metallo in alcune limitate parti del pergolato in oggetto è riconducibile proprio ad interventi di riparazione e/o manutenzione, avvenuti nel tempo per far fronte ai danni prodotti dagli agenti atmosferici ed ai conseguenti smottamenti del terreno su cui risulta installato;
- l’intervento di sostituzione si è reso necessario proprio al fine di ripristinare il manufatto nelle originarie dimensioni, come attestate dalle aerofotogrammetrie anteriori al 2017, dimensioni corrispondenti all’intera estensione delle particelle 998, 999 e 235 di proprietà Dubbioso;
- il tutto utilizzando, ancora una volta solo in alcune parti più esposte, materiali più resistenti agli agenti atmosferici idonei a garantirne l’integrità, preservando la struttura da nuovi danneggiamenti e/o compromissioni;
- i materiali utilizzati sono compatibili con il disciplinare del limone IGP della Penisola Sorrentina.
2. L’appello è infondato.
2.1 Priva di pregio è la censura che lamenta il difetto di istruttoria da parte dell’Amministrazione per aver la stessa ordinato la rimessa in pristino facendo leva sulle risultanze dell’esposto presentato dai controinteressati.
Il Comune ha emanato il provvedimento dopo aver raggiunto la consapevolezza della discrasia esistente tra quanto dichiarato nella C.I.L.A. e quanto realizzato nella realtà alla luce di documenti presentati da privati (documenti, peraltro, già richiamati nell’ordinanza di sospensione dei lavori e mai formalmente contestati dai ricorrenti), corredati da ampia documentazione fotografica che rendeva immediatamente evidente tale discrasia.
D’altronde l’esistenza della ridetta discrasia è stata confermata dalla verificazione disposta dal primo giudice.
Gli atti emanati dal Comune erano sufficientemente istruiti e motivati.
2.2 Priva di fondamento è la censura che afferma l’esistenza di una violazione da parte del primo giudice dell’art. 34, comma 2, c.p.a.
Il Tar ha disposto la verificazione per dirimere un punto controverso. Nell’ordinanza che dispone la verificazione si legge infatti: «Rilevato che sono in contestazione, la preesistenza di profilati di metallo e le dimensioni del pergolato di copertura dell’agrumeto (limoni di Sorrento IGP) coltivato dagli odierni ricorrenti».
Appare evidente, quindi, che il primo giudice non ha svolto poteri amministrativi non esercitati, ma ha assunto gli elementi necessari per decidere in maniera ponderata visto il disaccordo tra le parti.
2.3 Prive di pregio sono le critiche rivolte dagli appellanti ai contenuti della verificazione.
2.3.1 Conviene preliminarmente richiamare alcuni principi costantemente ribaditi dal Consiglio di Stato in materia di verificazione:
- una volta che il Collegio ha ritenuto che le questioni sottese alla controversia hanno un carattere talmente tecnico da esulare dalla propria competenza e da richiedere l'intervento di un soggetto dotato di tali specifiche competenze, le conclusioni alle quali questi è giunto potranno dallo stesso Collegio essere superate solo a fronte di una manifesta erroneità (Cons. Stato, sez. V, 18/12/2023, n. 10889);
- il giudice amministrativo non ha alcun obbligo di disporre la rinnovazione della verificazione, considerato che una tale decisione, che comporta inevitabilmente l'allungamento del processo in violazione del principio dell'art. 2, comma 2, d.lgs. n. 104/2010, presuppone la sussistenza di valide ragioni per ritenere dubbia l'imparzialità del verificatore (Cons. Stato, sez. VI, 24/03/2023, n. 3025);
- il giudice che ha disposto una verificazione, qualora ne condivida i risultati, non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento (Cons. Stato, sez. II, 26/03/2021, n. 2551).
2.3.2 Nella specie al verificatore erano stati sottoposti i seguenti quesiti:
«- la consistenza del preesistente pergolato, con specificazione dei materiali di cui era composto e delle sue dimensioni (l’accertamento dovrà essere svolto anche mediante l’ausilio delle immagini satellitari dell’applicazione grafica Google Earth);
- l’intervento in concreto realizzato, con descrizione delle caratteristiche (i.e. dimensioni e materiali utilizzati), raffrontato con quello oggetto di C.I.L.A., con evidenziazione delle corrispondenze o eventuali difformità».
Conviene ricordare che la C.I.L.A. presentata dagli appellanti, al punto relativo alla qualificazione delle opere a farsi, indicava la dicitura: «nuovi interventi: art. 6 comma 2 lettere a nonché e-bis DPR 380/01».
Nelle dichiarazioni del progettista viene evidenziata con una “x” la voce seguente: «modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa, sempre che non riguardino le parti strutturali, ovvero le modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio d'impresa (articolo 6, comma 2, lettera e-bis) del d.p.r. n. 380/2001)».
La relazione tecnica allegata alla C.I.L.A. affermava che: «vista la continua azione erosiva degli agenti atmosferici, si rende necessaria la sostituzione di alcuni elementi del pergolato».
Il verificatore così si è espresso (pag. 22):
«Sostanzialmente, in definitiva, per tutto quanto riportato in precedenza, si è in presenza di un intervento edilizio che non può ritenersi “completamente e sostanzialmente difforme – parzialmente difformi” da quanto autorizzato dal Comune di Vico Equense e che però, al contempo, non andava presentato né nei termini di cui alla “C.I.L.A. per Interventi di Edilizia Libera, art. 6, comma 2, lettere a ed e-bis, del DPR n. 380/2001” e nemmeno autorizzato in prima istanza dall’Ente, che, ne doveva dichiarare l’inefficacia. Allo stato attuale, però, si è in presenza di una C.I.L.A. che è in vita e che, invece, ha prodotto i propri effetti, consentendo sotto la voce “interventi manutentivi” la sostituzione di elementi tipologici da legno a ferro e che forse, sarebbero stati potuti essere anche autorizzati dalla Soprintendenza per i Beni Paesaggistici, Ambientali, Architettonici di Napoli e Provincia se ne avesse avuto modo di esprimersi nel merito.
Le difformità parziali che possono ravvisarsi, nel caso di specie, sono: l’utilizzo dell’acciaio per la struttura di sostegno (pali e traverse) del pergolato in luogo del legno, con elementi verticali e orizzontali a sezione cava di forma circolare e bullonati tra essi alle sommità. Il pergolato in acciaio è a maglia con moduli rettangolari, già ripreso dallo schema dei pergolati in legno di castagno e/o similare a quelli storicamente presenti in Penisola Sorrentina che però si ricorda essere in legno. Un ulteriore differenza è dovuto all’ampiezza dello stesso pergolato, con riferimento allo sviluppo in pianta, infatti, dalla C.I.L.A. sarebbe individuabile in 3.000 mq secondo quanto dichiarato dal geom. Ermanno Esposito. Ancora, dalla nota integrativa con prot. n. 19371 del 07.06.2019 a firma del tecnico-progettista della C.I.L.A., si fa riferimento alle particelle fondiarie n. 998, 999 e 235, che, invece, risultano avere un’estensione maggiore e pari a 4.983,00 mq, mentre, considerando invece, il rilevo eseguito sul posto dallo scrivente con l’ausilio dei CTP delle parti, l’area occupata dal pergolato in ferro è pari a 4.083,80 mq. In definitiva, quindi, ci sarebbe una differenza di circa 1.083,80 mq in aggiunta a quanto dichiarato all’atto di presentazione nella C.I.L.A. e addirittura un’area inferiore e pari a 900 mq, rispetto a quanto riportato nell’integrazione del 07.06.2019 con prot. comunale in ingresso n. 19371 in cui si interverrebbe su una superficie di 4.983,00 mq».
Ancora, a pagina 25 scrive:
«Dal punto di vista urbanistico, l’area, risulta ricadere nella zona 1b – Tutela Ambientale Naturale di I grado del Piano Urbanistico Territoriale (PUT) della penisola sorrentina, di cui alla legge n. 35/1987, e così come confermato dalla destinazione urbanistica assegnatale dal PUC comunale adeguato al PUT approvato con DPGP n. 1302 del 03.09.2003 e pubblicato sul BURC della Regione Campania n. 49 del 20.10.2003, oltre, al vincolo di Notevole Interesse per il Comune di Vico Equense di cui alla Legge n. 1497/1939 e approvato con DD.MM. del 05/11/1985 e del 02/05/1958 e, infine, l’area su cui sorge il pergolato risulta ricadere nella zona classificata “P2 – pericolosità frana con valore medio” e “R1 – rischio frana con valore moderato” ai sensi del PSAI».
2.3.3 Come rilevato dal primo giudice, il verificatore ha acclarato che:
- l’area catastale complessiva di proprietà dei signori Dubbioso e oggetto di intervento manutentivo è di circa 4.983,00 mq;
- l’area occupata dal nuovo pergolato è risultata pari a circa 4.083,80 mq;
- il pergolato in origine non era presente su tutta l’area, che risulta essere pari a circa 4.983,00 mq (da visure catastali) ma pari a 4.083,80 mq (da rilievo del 25.08.2020), probabilmente, una parte risultava già marcita dagli agenti meteorici, infatti, da ingombro sulla relativa foto del 2017 si può misurare un’area di circa 2.500, mq occupata dal pergolato. La struttura rimanente, risulta essere sicuramente in legno con copertura piana con reti elasto-plastiche;
- dalle foto riportate dal geometra Ermanno Esposito, allegate alla C.I.L.A., si desume un pergolato pressoché misto già esistente almeno in minima parte o almeno per qualche elemento, probabilmente, già sostituito in passato.
Il verificatore ha acclarato le seguenti difformità parziali:
- l’utilizzo dell’acciaio per la struttura di sostegno (pali e traverse) del pergolato in luogo del legno, con elementi verticali e orizzontali a sezione cava di forma circolare e bullonati tra essi alle sommità;
- l’ampiezza dello stesso pergolato, con riferimento allo sviluppo in pianta, infatti, dalla C.I.L.A. sarebbe individuabile in 3.000 mq, mentre dal rilevo eseguito sul posto con l’ausilio dei CTP delle parti, l’area occupata dal pergolato in ferro è pari a mq. 4.083,80, con una differenza di circa 1.083,80 mq in aggiunta.
2.3.4 Le conclusioni raggiunte dal verificatore appaiono convincenti perché suffragate da concreti e oggettivi sostegni probatori. Non c’è ragione per discostarsi da quelle conclusioni né tantomeno per procedere ad una rinnovazione della verificazione.
2.3.5 Come correttamente rilevato dal primo giudice, da quanto esposto dal verificatore consegue che, rispetto a quanto esistente al momento della C.I.L.A., parte appellante ha realizzato un intervento diverso per caratteristiche e dimensioni. Quel che rileva è che tra il pergolato esistente al momento della C.I.L.A. (di estensione pari a mq tra 2500 e 3000) e quello realizzato (mq 4083) emerge uno scostamento, in termini di dimensioni, superiore a oltre 1000 mq. Inoltre, alcuni elementi in legno al momento della C.I.L.A. sono stati sostituiti con elementi in metallo.
La C.I.L.A. non era il tipo di strumento idoneo a legittimare quanto nella realtà è stato realizzato.
2.4 Nella specie l’accertata realizzazione di una copertura di maggiore superficie, e la sostituzione del materiale, comporta, dunque, che legittimamente il Comune ha sanzionato l’intervento in quanto compreso tra quelli da assoggettare al previo rilascio sia di titolo edilizio che di autorizzazione paesaggistiche, attesa la collocazione del pergolato in area vincolata (Zona Territoriale <<1b>> Tutela ambientale naturale di 1° grado del P.U.T.).
2.4.1 Parte appellante insiste nel sostenere che non si tratta di realizzazione ex novo e neanche di ampliamento del preesistente pergolato, bensì di mera sostituzione di alcune parti di questo, lasciando invariate le superfici ombreggiate e le altezze, per cui l’intervento è annoverabile nell’ambito della manutenzione straordinaria ex art. 3, comma 1, lett. b), d.p.r. 380/2001, realizzabile mediante C.I.L.A. a norma del successivo art. 6-bis quale opera non riconducibile all'elenco di cui agli articoli 6, 10 e 22.
La tesi non può essere condivisa.
Come già esposto, il verificatore ha accertato che: «il pergolato in origine non era presente su tutta l’area, che risulta essere pari a circa 4.983,00 mq (da visure catastali) ma pari a 4.083,80 mq (da rilievo del 25.08.2020), probabilmente, una parte risultava già marcita dagli agenti meteorici, infatti, da ingombro sulla relativa foto del 2017 si può misurare un’area di circa 2.500, mq occupata dal pergolato. La struttura rimanente, risulta essere sicuramente in legno con copertura piana con reti elasto-plastiche». Il tecnico ha individuato una serie di difformità consistenti nell’utilizzo «dell’acciaio per la struttura di sostegno (pali e traverse) del pergolato in luogo del legno, con elementi verticali e orizzontali a sezione cava di forma circolare e bullonati tra essi alle sommità».
Il verificatore inoltre ha accertato che «l’ampiezza dello stesso pergolato, con riferimento allo sviluppo in pianta… dalla CILA sarebbe individuabile in 3.000 mq, mentre dal rilevo eseguito sul posto con l’ausilio dei CTP delle parti, l’area occupata dal pergolato in ferro è pari a mq. 4.083,80, con una differenza di circa 1.083,80 mq in aggiunta».
Le conclusioni raggiunte dal verificatore smentiscono le affermazioni di parte appellante. Non sono stati posti in essere interventi non rilevanti sul piano edilizio. Non si è trattato di mera sostituzione di piccole parti senza mutamento di estensione. Si è realizzato un intervento diverso per caratteristiche e dimensioni, che come tale non può essere ricondotto alla nozione di manutenzione straordinaria.
2.5 Priva di pregio è anche la tesi, prospettata da parte appellante, secondo la quale nella specie troverebbe applicazione il punto A.17 dell’allegato A al d.p.r. 13/02/2017, n. 31, che elenca gli interventi e le opere in aree vincolate esclusi dall'autorizzazione paesaggistica.
Le installazioni esterne di cui al citato punto A.17 realizzate in area vincolata non necessitano di autorizzazione paesaggistica solo nel caso in cui siano poste a corredo di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, di attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero e risultino, inoltre, di ridotto impatto sul bene oggetto di tutela per caratteristiche strutturali e per i materiali utilizzati, oltre che per l'assenza di muratura e di stabile collegamento al suolo (Cassazione penale, sez. III, 15/11/2023, n. 50766).
Come è evidente, la norma non fa riferimento genericamente all’installazione di «strutture esterne poste a corredo di attività economiche» come sostenuto dall’appellante, ma specifica in maniera puntuale la tipologia di attività rispetto alle quali l’opera può operare. E tra tali attività non c’è quella produttiva che caratterizza il caso di specie.
Inoltre è necessario che l’opera abbia modesto impatto e manchi di stabile collegamento con il suolo: elementi che, per l’estensione del suolo interessato e per il tipo di struttura realizzata, non sussistono nel caso di specie.
3. Per le ragioni esposte l’appello deve essere rigettato.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Vico Equense e della parte privata appellata (signori Antonio Ceriello e Anna Pia Pelella), liquidate in complessivi euro 6.000,00(seimila/00), oltre accessori dovuti per legge, da suddividere tra gli stessi in parti eguali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Roberto Caponigro, Consigliere
Lorenzo Cordi', Consigliere
Giovanni Gallone, Consigliere
Giovanni Pascuzzi, Consigliere, Estensore