Consiglio di Stato Sez.VI n. 6515 del 19 luglio 2024
Beni ambientali.Sindacablità in sede giudiziale del parere della soprintendenza
In materia di autorizzazione paesaggistica il giudizio affidato all'Amministrazione preposta è connotato da un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l'applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari della storia, dell'arte e dell'architettura, caratterizzati da ampi margini di opinabilità. L'apprezzamento così compiuto è quindi sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l'aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell'Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile
Pubblicato il 19/07/2024
N. 06515/2024REG.PROV.COLL.
N. 00150/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 150 del 2023, proposto da
Wind Tre s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Sartorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Feltre, Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. 741/2022, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2024 il Cons. Giovanni Pascuzzi e udito per la parte appellante l’avvocato Antonio La Marta, in dichiarata delega dell'Avvocato Giuseppe Sartorio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso del 2021 la società Wind Tre ha chiesto al Tar per il Veneto l’annullamento:
a) del provvedimento comunale 181051 del 23.2.2021, comunicato tramite Suap con comunicazione REP_PROV_BL/BL-SUPRO 0038204/02-03-2021, con il quale il Comune di Feltre ha comunicato il diniego di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di un nuovo impianto di telefonia cellulare denominato “BL137 Feltre Ghiaccio”, sito in Feltre, Località Castel Marcellon ed identificato al N.C.T. del C.C. di Feltre al fg. 50, mapp.le 149;
b) del parere non favorevole prot. n° 4980 in data 23/02/2021 adottato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso in relazione alla richiesta di autorizzazione paesaggistica presentata dalla Wind Tre s.p.a. per la realizzazione dell’impianto de quo;
c) di ogni altro atto ad essi presupposto, connesso e/o consequenziale.
2. Le premesse in fatto possono essere così sintetizzate:
- Wind Tre, avendo l’esigenza di dare copertura telefonica alla cittadinanza nel tenimento del Comune di Feltre, in data 27.11.2020, presentava rituale istanza ex art. 87 (oggi art. 44) del d.lgs. n.259/03 (codice delle comunicazioni elettroniche), corredata dal Progetto Architettonico e dall’AIE, per la realizzazione di una nuova stazione radio base (SRB) nel Comune di Feltre (BL), in Località Castel Marcellon, catastalmente identificata al N.C.T. del Comune di Feltre al Foglio 50 – Mappale 149;
- essendo l’area d’intervento paesaggisticamente vincolata, la società provvedeva contestualmente alla trasmissione della richiesta di autorizzazione paesaggistica con procedimento ordinario ai sensi dell’art. 146, comma 9, del d.lgs. 42/2004, corredata da apposita relazione paesaggistica;
- con nota prot. 4980 del 23.2.2021, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso esprimeva parere sfavorevole alla realizzazione della SRB;
- nel citato parere negativo si legge quanto segue: «L’intervento consiste nella realizzazione di un nuovo impianto di radiotelecomunicazioni in via Castel Marcelon, comprendente la messa in opera di un palo flangiato di altezza pari a 12 metri cui verranno fissate due antenne e una parabola; la costruzione di un muro di sostengo e di una platea in calcestruzzo di dimensioni pari a 2 x7 metri, ove verranno posati gli altri apparati tecnologici necessari al funzionamento dei sistemi radianti; l’installazione di una rete metallica perimetrale di altezza media di circa 2 metri. Il contesto di riferimento è quello del Col Marcelon, rilievo scarsamente antropizzato, ubicato presso le pendici orientali del Telva e dotato di alto valore paesaggistico per la conservazione di quelle componenti rurali e naturali espressamente citate nella dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all’oggetto (caratteri morfologici del territorio con pendici libere da episodi di urbanizzazione; abitazioni rurali sparse tipiche della tradizione feltrina; presenza di vegetazione boschiva alternata a prati e pascoli nella porzione più bassa) che nell’insieme formano un complesso percettivo unitario di particolare qualità, posto in diretto rapporto visivo con il centro monumentale di Feltre. In particolare il sito prescelto per l’intervento riveste significativa importanza anche per la storia del feltrino; lo stesso toponimo della via deriva dall’importanza strategica che il colle ha assunto durante la Repubblica di Venezia ai fini di difesa della città; la presenza di una sorta di fortezza, testimoniata dalle fonti storiche, è confermata da alcuni rinvenimenti che hanno comportato il riconoscimento di una zona di interesse archeologico. Il nuovo impianto dovrebbe sorgere nelle immediate vicinanze dell’acquedotto pubblico e di un’altra stazione radio base. Questi ultimi due elementi, ubicati sulla sommità del colle hanno comportato una modifica del crinale e sono chiaramente visibili anche a media e lunga distanza. Mentre l’acquedotto (che avendo più di 70 anni ed essendo di proprietà pubblica è oggetto di tutela ope legis) appare comunque una trasformazione ormai sufficientemente assorbita dal contesto, la stazione radio base esistente si profila come un chiaro fattore di disturbo percettivo con effetti detrattori in termini di qualità paesaggistica. L’inserimento del nuovo impianto, oltre a comportare una modifica della morfologia del rilievo alla base con la realizzazione della platea, delle fondazioni e del muro di contenimento, rappresenterebbe un ulteriore elemento di dissonanza rispetto ai valori storici, estetici e paesaggistici tutelati ivi presenti, interagendo negativamente con le vedute panoramiche da e verso il centro della città e impoverendo uno dei contesti più sensibili dell’ambito vincolato»;
- con provvedimento del 23.2.2021 il Comune di Feltre denegava il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in considerazione del parere negativo espresso dalla Soprintendenza.
3. I provvedimenti da ultimo citati venivano impugnati da Wind Tre per i seguenti motivi:
I. Illegittimità del provvedimento di diniego paesaggistico – Eccesso di potere per manifesta irragionevolezza della valutazione paesaggistica negativa - Difetto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà e disparità di trattamento – Violazione di legge – Violazione e falsa applicazione dell’art. 146 del d.lgs. 42/2004 – Violazione dell’art. 86 del d.lgs. 259/2003.
Si sosteneva che:
- la Soprintendenza non avrebbe manifestato le ragioni dell’asserita incompatibilità dell’intervento con i valori di riferimento, non rapportati al reale stato dei luoghi, caratterizzato dalla presenza, a pochi metri di distanza dall’intervento programmato, di altra infrastruttura;
- l’Autorità avrebbe dovuto chiarire per quali ragioni il chiesto intervento, a differenza di quello già esistente, comprometterebbe le visuali e l’integrità del paesaggio, aspetti che, peraltro, andrebbero valutati in relazione al reale stato dei luoghi e non in astratto, al fine di scongiurare arbitrarie disparità di trattamento;
- se la Soprintendenza avesse considerato il reale stato dei luoghi, sarebbe emerso che il nuovo impianto non era distinguibile, quanto ad impatto paesaggistico, da quello già assentito;
- venendo in rilievo un progetto per la realizzazione di un’opera di urbanizzazione primaria, la disparità di trattamento si sarebbe tradotta nell’impossibilità di soddisfare l’interesse pubblico alla copertura del servizio pubblico essenziale;
- la disparità di trattamento sarebbe sussistente, nel caso in esame, stante l’assoluta identità tra il caso già valutato (l’impianto esistente) e quello oggetto di contestazione;
- in particolare, la preesistenza dell’impianto, pur se non decisiva ai fini dell’assenso alla nuova struttura, avrebbe dovuto, comunque, essere oggetto di motivata considerazione, a seguito di specifico vaglio tecnico, ove si fosse inteso rigettare la nuova istanza;
- il parere impugnato, invece, si fonderebbe su mere formule di stile, affermazioni di principio e motivazione apparente.
II. Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 42/2004 – Violazione del codice dell’ambiente – Eccesso di potere per difetto di motivazione ed illogicità grave e manifesta - Difetto assoluto di motivazione – Omessa istruttoria - Eccesso di potere - Sviamento di potere - Illogicità manifesta - Eccesso di potere – Violazione del giusto procedimento.
Si sosteneva che:
- il provvedimento impugnato sarebbe viziato anche da difetto di istruttoria in quanto la Soprintendenza, una volta valutato l’impatto visivo dell’impianto, avrebbe dovuto indicare ulteriori risoluzioni alternative atte a rendere più armonico l’impianto progettato con il contesto paesaggistico d’inserimento, anziché limitarsi ad esprimere parere negativo;
- sotto tale profilo sarebbe, inoltre, tecnicamente impossibile realizzare l’impianto sulla infrastruttura già esistente.
III. Violazione dell’art. 3 del codice delle comunicazioni elettroniche approvato con d.lgs. 1.8.2003 n. 259 – Violazione dell’art. 2 del d.p.r. 318/1997 – Violazione della direttiva n. 2002/19/CE del 7.3.2002 - Incompetenza assoluta - Eccesso di potere – Difetto assoluto di motivazione - Omessa istruttoria – Eccesso di potere - Sviamento di potere - Illogicità manifesta - Eccesso di potere - Violazione del giusto procedimento.
Si sosteneva che il provvedimento gravato nel vietare alla ricorrente di posizionare la propria infrastruttura nonostante la presenza di analogo impianto gestito da altro operatore, sarebbe viziato per violazione delle norme sulla concorrenza e per disparità di trattamento dei gestori di telecomunicazioni.
4. Nel giudizio di primo grado si è costituito il Comune di Feltre chiedendo che il ricorso venisse dichiarato inammissibile ovvero infondato nel merito.
5. Con ordinanza n. 222/2021 il Tar ha rigetto la domanda di misure cautelari presentata dalla ricorrente. L’appello proposto avverso detta ordinanza è stato rigettato da questa Sezione con ordinanza n. 5324/2021 sulla base della seguente motivazione: «Ritenuto che i motivi di appello non siano idonei a superare le valutazioni espresse del primo giudice, tenuto conto che la motivazione che sorregge l’atto impugnato, ad una valutazione sommaria propria della presente fase cautelare, appare adeguata a giustificare il parere di incompatibilità, quale espressione della discrezionalità tecnica propria dell’ente proposto alla salvaguardia del vincolo paesaggistico, non sussistendo evidenti profili di illogicità, irragionevolezza o contraddittorietà, né errori di fatto, idonei ad integrare un vizio di legittimità sindacabile dal giudice amministrativo».
6. Con sentenza n. 741/2022 il Tar per il Veneto ha rigettato il ricorso.
6.1 Preliminarmente il Tar ha rigettato un’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata dal Comune per una asserita violazione del principio di alternatività con il ricorso straordinario al Capo dello Stato.
6.2 Il Tar ha rigettato il primo motivo di ricorso sostenendo che:
- l’intervento richiesto da Wind ricade in area soggetta a vincolo paesaggistico;
- in sede di esame della richiesta di autorizzazione paesaggistica il giudizio affidato all'Amministrazione preposta è connotato da un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa;
- tale valutazione è sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza;
- nel caso in esame non sono rinvenibili vizi suscettibili di inficiare il giudizio espresso dalla Soprintendenza sotto gli evocati profili “della logicità, coerenza e completezza della valutazione”, né parte ricorrente fornisce elementi decisivi in tal senso limitandosi sostanzialmente ad opporre al giudizio formulato dall’Autorità proprie e soggettive valutazioni, come tali del tutto opinabili;
- il parere [sopra riportato per esteso] appare congruamente motivato e concretamente rapportato all’effettivo e reale stato dei luoghi;
- anche la censura relativa ad una asserita disparità di trattamento in relazione ad altro impianto presente in area vicina appare priva di fondamento;
- il parere espresso dalla Soprintendenza non è fondato (solo ed esclusivamente) sulla presenza di un altro impianto nell’area interessata, ma poggia su una autonoma e puntuale valutazione di incompatibilità paesaggistica, laddove la presenza di altro impianto costituisce solo un elemento di valutazione ulteriore che è stato preso in considerazione dall’Autorità competente, la quale, proprio alla luce del reale stato dei luoghi, ivi compresa l’esistenza di altra struttura impattante, ha ben evidenziato che la nuova antenna rappresenterebbe un ulteriore elemento di dissonanza rispetto ai valori storici, estetici e paesaggistici tutelati, “interagendo negativamente con le vedute panoramiche da e verso il centro della città e impoverendo uno dei contesti più sensibili dell’ambito vincolato”;
- per poter affermare l’illegittimità per disparità di trattamento di un diniego di autorizzazione paesaggistica, è necessaria una assoluta identità delle situazioni di fatto prese inconsiderazione che sia tale da far ritenere del tutto incomprensibile oltre che arbitrario un successivo diniego di autorizzazione;
- nel caso in esame, tale assoluta identità di situazioni non è ravvisabile, se non altro perché le due diverse aree di localizzazione degli impianti implicano differenti angoli visuali e di impatto paesaggistico;
- come evidenziato dalla Soprintendenza, proprio in un contesto già compromesso dalla presenza di infrastrutture, l’installazione di un nuovo impianto può determinare gravi impatti cumulativi sull’area vincolata, causando un aggravio del contesto paesaggistico;
- l’Amministrazione nell’esercizio delle proprie prerogative, ben può ritenere che, rispetto all’impatto singolarmente considerato, un certo numero di impianti simili possa produrre, nel suo complesso, effetti maggiormente impattanti;
- nel caso in esame, la struttura in questione è stata ritenuta in contrasto con i valori tutelati –nell’ambito di una valutazione immune da profili di illogicità e irragionevolezza - anche in relazione all’impianto già esistente in quanto la sua realizzazione avrebbe comportato proprio un effetto moltiplicatore di disordine percettivo;
- infondata è la censura relativa alla mancata considerazione, da parte della Soprintendenza, dell’interesse pubblico alla copertura del servizio pubblico essenziale inerente la comunicazione radiomobile;
- alle funzioni dell’Autorità deputata alla tutela del paesaggio è estranea ogni forma di attenuazione della tutela del bene protetto in conseguenza di un bilanciamento o di una comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, in quanto il parere da essa reso in ordine alla compatibilità paesaggistica non è espressione di discrezionalità amministrativa, ma di discrezionalità tecnica e deve perciò limitarsi alla valutazione tecnica di compatibilità dell’intervento sul territorio con il tutelato interesse pubblico paesaggistico e non può dar luogo ad alcuna forma di comparazione e valutazione eterogenea.
6.3 Il Tar ha rigettato il secondo motivo di ricorso sostenendo che:
- non esiste uno specifico obbligo in capo all’Amministrazione che rende un parere negativo di indicare specifiche soluzioni tecniche alternative (in mancanza di quelle proposte dal richiedente) idonee a superare i pregiudizi paesaggistici rilevati;
- l’Amministrazione, in spirito collaborativo e nell’ambito del potere da essa esercitato, ha proposto suggerimenti ed evidenziato modalità operative potenzialmente idonee a superare i motivi ostativi alla realizzazione della struttura di cui si discute, soddisfacendo sia l’interesse della ricorrente che i beni tutelati.
6.4 Il Tar ha respinto il terzo motivo di ricorso sostenendo che la censura costituisce una specifica declinazione di quanto già dedotto dalla ricorrente nell’ambito del primo motivo in precedenza dichiarato infondato.
7. Avverso la sentenza n. 741/2022 del Tar per il Veneto ha proposto appello Wind Tre per i motivi che saranno più avanti analizzati.
8. All’udienza dell’11 luglio 2024 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di appello si lamenta: Violazione di legge - Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 42/04 - Disparità di trattamento - Difetto di motivazione - Erroneità della sentenza - Error in iudicando.
Nel criticare il rigetto del primo motivo di ricorso in primo grado l’appellante sostiene che:
- il Tar Veneto, tenuto conto della presenza di altra, identica, infrastruttura, a pochi metri (meno di 30) da quella indicata in progetto, ha svolto un giudizio superficiale sulla censura di eccesso di potere, articolata nel ricorso di prime cure;
- il punto prescelto dalla società per la realizzazione dell’impianto è distante meno di 30 metri dall’infrastruttura già autorizzata dalla Soprintendenza in favore di altro gestore di telefonia mobile;
- volendo portare alle estreme conseguente il ragionamento seguito dal Tar, il vizio di eccesso di potere, correlato ad un’irragionevole disparità di trattamento, non sarebbe, di fatto, mai configurabile;
- il Tar avrebbe dovuto rilevare che l’assoluta identità delle due situazioni era corroborata: a) dalla medesima zona di intervento; b) dall’essere entrambe infrastrutture di pubblica utilità, della medesima tipologia preordinate all’erogazione del medesimo, essenziale, servizio (telefonia mobile);
- il Tar avrebbe dovuto rilevare che il caso di specie rappresentava proprio uno di quei casi macroscopici nei quali è configurabile, sebbene in via d’eccezione, il vizio considerato;
- d’altronde, a voler portare alle estreme conseguenze il ragionamento seguito dal Tar, l’identità delle due situazioni avrebbe richiesto un’implausibile, totale, sovrapposizione dell’impianto Wind Tre a quello dell’altro gestore, il quale ultimo, proprio in virtù della disparità di trattamento consumatasi in suo favore (emergendo anche sotto l’aspetto della concorrenzialità del mercato un ulteriore, importante, profilo di irrazionalità correlato alla diversa regolazione di situazioni identiche, diversificate dal Tar in base ad elementi formali e secondari);
- l’impostazione recepita dal Tar nella sentenza impugnata, nella parte in cui esclude l’identità delle due situazioni in base a rilievi solo formali, contrasta con i principi generali in materia di accesso allo sfruttamento di risorse scarse, di parità di trattamento e di rispetto del principio della concorrenza, principi che devono informare, in via generale, l'intera azione amministrativa nel settore delle comunicazioni elettroniche, anche per i profili involgenti le valutazioni paesaggistiche;
- il Tar, nell’escludere l’assoluta identità delle due situazioni, afferma inoltre che i due impianti avrebbero un differente impatto paesaggistico in rapporto alle visuali;
- come si evince dalla rappresentazione grafica ante e post operam vi è assoluta identità di impatto paesaggistico, rapporto alle visuali, tra l’impianto di altro gestore, già regolarmente autorizzato e realizzato, e l’infrastruttura Wind Tre denegata dalla Soprintendenza;
- non si comprende quale possa essere “il maggiore impatto visivo” dell’infrastruttura Wind Tre, posto che quest’ultima andrà a realizzarsi nella medesima area di intervento;
- contrariamente a quanto affermato dal Tar, la P.A. avrebbe dovuto spiegare per quale motivo il nuovo intervento avrebbe compromesso, a differenza di quello già assentito (della stessa identica tipologia), le visuali e l’integrità del paesaggio;
- la sentenza gravata è viziata per non aver correttamente rilevato l’irrazionalità della valutazione paesaggistica correlata ad eccesso di potere per disparità di trattamento in favore del gestore dell’infrastruttura già autorizzata, con conseguenti distorsioni concorrenziali.
1.1 Nella memoria presentata in vista dell’udienza, parte appellante richiama la sentenza n. 9217/2023 pronunciata dalla Sezione in un contenzioso promosso da Wind Tre sempre contro il Comune di Feltre e la Soprintendenza veneziana ed afferente al diverso sito BL115.
In particolare parte appellante evidenzia un passaggio della motivazione di seguito riportato: «5.2 - Pur dovendosi ribadire che per ritenere sussistente una disparità di trattamento è necessaria una assoluta identità delle situazioni di fatto prese in considerazione, che sia tale da far ritenere del tutto incomprensibile oltre che arbitrario un successivo diniego di autorizzazione, contrariamente a quanto affermato dal Tar, nel caso in esame, in base alle rappresentazioni dei luoghi prodotte in giudizio, le due situazioni appaiono identiche, distanziandosi i due impianti di soli trenta metri, ed essendo quello di Wind (solo progettato) addirittura più basso di quello già esistente. In assenza di un adeguato approfondimento al riguardo, in base al materiale prodotto dall’appellante, non pare inoltre che la breve distanza tra i due impianti implichi differenti angoli visuali e di impatto paesaggistico. 5.3 Seppur astrattamente possa aderirsi all’idea che in un contesto già compromesso dalla presenza di infrastrutture, l’installazione di un nuovo impianto può determinare un impatto cumulativo sull’area vincolata, tale da pregiudicarne l’integrità, appare tuttavia necessario che, a fronte di situazioni che all’apparenza si presentano del tutto identiche (come nel caso di specie), l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo spieghi le ragioni concrete, in rapporto al contesto di riferimento, per cui, a fronte della precedente autorizzazione di un’opera, non debba invece esserne autorizzata una seconda identica per tipologia costruttiva e funzione, che, quantomeno sulla base della rappresentazioni progettuali e salva ogni successiva valutazione da parte dell’ente competente, appare incidere in modo similare sul territorio, anche considerando cumulativamente l’impatto paesaggistico delle due opere».
Secondo l’appellante:
- il caso esaminato dalla Sezione nella sentenza appena richiamata è totalmente sovrapponibile rispetto all’odierna vicenda, posto che anche in questo caso è presente in loco un’altra SRB a meno di venti metri dal progettato impianto;
- il precedente richiamato appare vieppiù calzante se si tiene a mente che si tratta del medesimo Comune e dello stesso contesto paesaggistico (il sito BL115 si trova a pochi km dal progettato impianto BL137).
2. Il motivo è infondato.
Il Collegio non ignora il precedente della Sezione n. 9217/2023 invocato da parte appellante a sostegno delle proprie tesi.
Come da parte appellante riportato nella propria memoria, in tale pronuncia si è espressamente affermato: «appare tuttavia necessario che, a fronte di situazioni che all’apparenza si presentano del tutto identiche (come nel caso di specie), l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo spieghi le ragioni concrete, in rapporto al contesto di riferimento, per cui, a fronte della precedente autorizzazione di un’opera, non debba invece esserne autorizzata una seconda identica per tipologia costruttiva e funzione, che, quantomeno sulla base della rappresentazioni progettuali e salva ogni successiva valutazione da parte dell’ente competente, appare incidere in modo similare sul territorio, anche considerando cumulativamente l’impatto paesaggistico delle due opere».
Nel caso deciso in quella occasione, la Sezione stigmatizzò la mancanza di approfondimento istruttorio e motivazionale.
Ma del tutto diversa è la situazione nel caso di cui si discute in questa sede.
L’atto impugnato (riportato integralmente in narrativa) ha espressamente preso in considerazione l’esistenza di un altro impianto e ha ampiamente spiegato le ragioni per il quali un secondo impianto non poteva essere assentito.
Si riporta un passaggio significativo del provvedimento: «Il nuovo impianto dovrebbe sorgere nelle immediate vicinanze dell’acquedotto pubblico e di un’altra stazione radio base. Questi ultimi due elementi, ubicati sulla sommità del colle hanno comportato una modifica del crinale e sono chiaramente visibili anche a media e lunga distanza. Mentre l’acquedotto (che avendo più di 70 anni ed essendo di proprietà pubblica è oggetto di tutela ope legis) appare comunque una trasformazione ormai sufficientemente assorbita dal contesto, la stazione radio base esistente si profila come un chiaro fattore di disturbo percettivo con effetti detrattori in termini di qualità paesaggistica. L’inserimento del nuovo impianto, oltre a comportare una modifica della morfologia del rilievo alla base con la realizzazione della platea, delle fondazioni e del muro di contenimento, rappresenterebbe un ulteriore elemento di dissonanza rispetto ai valori storici, estetici e paesaggistici tutelati ivi presenti, interagendo negativamente con le vedute panoramiche da e verso il centro della città e impoverendo uno dei contesti più sensibili dell’ambito vincolato».
La Soprintendenza in questo caso ha svolto una approfondita istruttoria ed una altrettanta approfondita valutazione dello specifico impatto del nuovo impianto base evidenziando che proprio il “cumulo” con il preesistente impianto rendeva la nuova opera incompatibile con il contesto paesaggistico.
Conviene ricordare che in materia di autorizzazione paesaggistica il giudizio affidato all'Amministrazione preposta è connotato da un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l'applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari della storia, dell'arte e dell'architettura, caratterizzati da ampi margini di opinabilità. L'apprezzamento così compiuto è quindi sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l'aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell'ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell'Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile (ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 27 maggio 2021, n. 4096; sez. IV, 19 aprile 2021, n. 3145).
Il principio appena enunciato preclude al Collegio la possibilità di dare seguito agli argomenti proposti da parte appellante che fanno leva su una asserita irrazionalità della valutazione e sulla esistenza di una identità di impatto tra i due impianti. Nel provvedimento della Soprintendenza non emergono elementi di illogicità che solo potrebbero giustificare un intervento del giudice amministrativo.
Parte appellante insiste sull’esistenza di una disparità di trattamento. Ma in tema di autorizzazione paesaggistica la disparità di trattamento è vizio assai difficilmente riscontrabile, atteso il giocoforza diverso impatto sul paesaggio di due progetti, quand'anche simili tra loro (Cons. Stato, sez. VI, 01/04/2014, n. 1559).
Peraltro, seguendo l’impostazione di parte appellante, se in una stessa zona dove già esiste un impianto venisse proposta la realizzazione di altri 100 impianti assolutamente identici al primo, tali ulteriori impianti dovrebbero essere automaticamente assentiti perché era stato assentito il primo.
Va da sé che tale conclusione non può essere avallata. Semplicemente perché l’elemento dirimente è rappresentato non dai singoli impianti in sé considerati, ma dall’effetto cumulativo che i diversi impianti producono.
L’installazione di un nuovo impianto può determinare gravi impatti cumulativi sull’area vincolata, causando un aggravio del contesto paesaggistico: proprio questo aspetto è stato messo in evidenza nell’atto impugnato.
Nella specie, pertanto, non sono fondate le censure che fanno leva sull’asserita disparità di trattamento in ragione dell’identità tra impianto nuovo e impianto preesistente.
Né può considerarsi esistente un contrasto con i principi generali in materia di accesso allo sfruttamento di risorse scarse, di parità di trattamento e di rispetto del principio della concorrenza.
3. Con il secondo motivo di appello si lamenta: Violazione di legge - Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 42/04 - Disparità di trattamento - Difetto di motivazione - Erroneità della sentenza - Error in iudicando.
L’appellante critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto infondata la censura relativa alla mancata considerazione, da parte della Soprintendenza, dell’interesse pubblico alla copertura del servizio pubblico essenziale inerente la comunicazione radiomobile sostenendo che:
- non si può condividere la rigidità dell’assunto secondo cui esulerebbe dalla valutazione della Soprintendenza la necessità di considerare, nella logica tipica del bilanciamento, anche le esigenze di servizio di cui sono portatori gli operatori di tlc;
- fermo l’indiscutibile valore primario del paesaggio, il bilanciamento si impone in ragione della rilevanza costituzionale e comunitaria del diritto all’informazione, qualificato come diritto fondamentale della persona a soddisfazione garantita, la cui concreta attuazione postula la realizzazione di infrastrutture tali da garantire la capillarità del servizio, in un ambito di mercato ispirato a logiche rigorosamente concorrenziali nei rapporti tra i vari operatori del settore;
- il Tar ha elevato la tutela del paesaggio ad interesse astratto e non direttamente comparabile con eventuali ulteriori interessi altrettanto centrali, quale quello alla digitalizzazione del Paese, divenuta “missione” primaria anche e soprattutto in ragione degli investimenti che l’Unione Europea ha collocato ai fini dello sviluppo dello Stato italiano (vedasi recente approvazione del PNRR);
- la Corte costituzionale (sentenza n. 196/2004) ha riconosciuto come la primarietà del valore costituzionale del paesaggio non possa escludere, a priori, un bilanciamento con altri interessi primari, anche per quanto concerne le scelte di amministrazione attiva, soprattutto quando tali interessi abbiano rilievo costituzionale e comunitario;
- nel caso di specie, la Soprintendenza non ha in alcun modo valutato il fondamentale interesse allo sviluppo ed al potenziamento della rete preordinata all’erogazione di un servizio, non a caso qualificato come universale, funzionale al soddisfacimento di interessi fondamentali della persona;
- il Consiglio di Stato, nell’ordinanza 5515/2021, ha affermato la necessità di bilanciare il valore del paesaggio con l’interesse pubblico sotteso alla realizzazione degli impianti di tlc;
- nella prospettiva del necessario bilanciamento tra gli interessi in gioco (entrambi di rilievo costituzionale) l’Amministrazione preposta alla tutela paesaggistica non può non informare la propria azione al principio del cd. dissenso costruttivo; il diniego paesaggistico alla realizzazione di uno impianto per telecomunicazioni deve comunque indicare a quali condizioni l’intervento potrebbe essere compatibile con il contesto di riferimento;
- vige infatti il principio del dissenso costruttivo, secondo cui vi è l'obbligo delle Amministrazioni coinvolte di collaborare lealmente con la parte privata per consentirle di apportare al progetto le modifiche necessarie a renderlo compatibile con i valori paesistici tutelati dal vincolo.
4. Il motivo è infondato.
Alla funzione di tutela del paesaggio – ove le circostanze la reclamino - è estranea ogni forma di immotivata ed aprioristica attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione. Esso è atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica, attraverso il quale l'intervento progettato viene messo in relazione con i valori protetti ai fini della valutazione tecnica della sua compatibilità con il tutelato interesse pubblico paesaggistico, "valutazione che è istituzionalmente finalizzata a evitare che sopravvengano alterazioni inaccettabili del preesistente valore protetto” (Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652; id., 10 giugno 2013, n. 3205). Questa regola essenziale di tecnicità e di concretezza, per cui il giudizio di compatibilità dev'essere, appunto, "tecnico" e "proprio" del caso concreto, applica il principio fondamentale dell'art. 9 della Costituzione, il quale consente di fare eccezione anche a regole di semplificazione a effetti sostanziali altrimenti praticabili (cfr. Corte Cost., 29 dicembre 1982, n. 239; 21 dicembre 1985, n. 359; 27 giugno 1986, n. 151; 10 marzo 1988, n. 302; Cons. Stato, sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2378). All'Amministrazione procedente è preclusa la possibilità di cercare autonomamente di conciliare l'interesse paesaggistico con gli altri interessi in gioco (Cons. Stato, sez. IV, 02/03/2020, n. 1486).
Coerentemente a questo indirizzo di carattere generale, Cons. Stato, sez. VI, 06/11/2020, n. 6840, ha chiarito che il favor assicurato alla diffusione dell'infrastruttura a rete della comunicazione elettronica, espresso anche dal decreto legislativo n. 259 del 2003, pur comportando una compressione dei poteri urbanistici conformativi ordinariamente spettanti ai Comuni, non consente di derogare alle discipline poste a tutela degli interessi differenziati, come quello naturalistico-ambientale, in quanto espressione dei principi fondamentali della Costituzione né tantomeno consente la compressione di interessi paesaggistici presidiati da idonei vincoli. Il bilanciamento degli interessi tutelati, inoltre, non può che essere svolto in concreto, considerando la possibile utilizzazione di alternative che consentano una soluzione di ragionevole contemperamento degli stessi interessi.
L’Amministrazione non era tenuta a valutare la rilevanza dell’interesse di cui sono portatori gli operatori di tlc.
Mette conto notare, peraltro, che nella parte finale del provvedimento impugnato si legge quanto segue: «A titolo meramente collaborativo si segnala che gli attuali motivi ostativi potrebbero essere superati attraverso una diversa proposta progettuale, da sottoporre ad autonomo procedimento di autorizzazione, che preveda un generale riordino dell'area, contemplando semmai una aggregazione in un'unica struttura degli impianti necessari alla telefonia mobile».
Parte appellante lamenta l’assenza di un dissenso costruttivo.
In realtà l’Amministrazione ha suggerito una possibile via di superamento del problema.
5. Con il terzo motivo di appello si lamenta: Violazione di legge - Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 42/04 - Disparità di trattamento - Difetto di motivazione - Erroneità della sentenza - Error in iudicando.
L’appellante chiede la riforma dell’impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto: a) che non sussiste uno specifico obbligo in capo all’Amministrazione che rende un parere negativo di indicare specifiche soluzioni tecniche alternative idonee a superare i pregiudizi paesaggistici rilevati; b) che l’Amministrazione, in spirito collaborativo e nell’ambito del potere da essa esercitato, ha proposto suggerimenti ed evidenziato modalità operative potenzialmente idonee a superare i motivi ostativi alla realizzazione della struttura di cui si discute, soddisfacendo sia l’interesse della ricorrente che i beni tutelati.
In particolare si sostiene che:
- sussiste in capo alla P.A. l’obbligo di indicare specifiche soluzioni alternative (quali ad. es. la riduzione dell’altezza o ulteriori, eventuali, opere di mitigazione) volte a favorire l’inserimento dell’opera in un determinato contesto, soprattutto ove l’infrastruttura in esame sia volta all’erogazione di un servizio di pubblica utilità e sia qualificata quale opera di urbanizzazione primaria;
- la Soprintendenza si è semplicemente limitata ad invitare la società a ripresentare la pratica attraverso una diversa proposta progettuale, contemplando la possibilità di ricorrere al co-siting, senza indicare né modifiche di altezza né eventuali ulteriori opere di mitigazioni che avrebbero potuto rendere assentibile l’impianto nell’area di intervento.
6. Il motivo è infondato.
Si è detto che l’Amministrazione ha suggerito delle soluzioni alternative (che parte appellante le consideri insufficienti dal proprio punto di vista non fa venir meno l’esistenza di detto suggerimento).
L’Amministrazione ha fatto questo «a titolo meramente collaborativo». Non esiste, infatti, un obbligo di suggerire opere che rendano assentibile il progetto posto che compito della Soprintendenza, nell’esercizio della propria esclusiva discrezionalità tecnica, è unicamente quello di valutare la compatibilità dello specifico progetto.
7. Per le ragioni esposte l’appello deve essere rigettato.
Non è necessario provvedere sulle spese di lite, stante la mancata costituzione in giudizio di parte appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Nulla spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Giordano Lamberti, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Lorenzo Cordi', Consigliere
Giovanni Pascuzzi, Consigliere, Estensore