Consiglio di Stato, Sez. V, n. 892, del 25 febbraio 2014
Beni Ambientali.Area inserita in rete Natura 2000 non possiede inedificabilità assoluta

La inclusione di un’area nei Siti di Interesse Comunitario (pSIC) e in Zone di Protezione Speciale (ZPS) (ovvero nella rete Natura 2000), non equivale ad imprimere all’area una condizione giuridica di inedificabilità assoluta, è legittimo tenerne conto e nell’ambito del principio di precauzione e previa adeguata valutazione di VIA (e di Valutazione di Incidenza), in ipotesi precludere un intervento, ove da siffatta valutazione emerga che tale intervento comporterà la perdita duratura e irreversibile, totale o parziale, di un tipo di habitat naturale prioritario, per conservare il quale il sito è stato designato come SIC. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00892/2014REG.PROV.COLL.

N. 07763/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7763 del 2012, proposto da: 
Gruppo Andidero Finanziario Immobiliare s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Franco Gagliardi La Gala e Domenico Emanuele Petronella, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Regione Puglia, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Triggiani e Maria Liberti, con domicilio eletto presso l’avv. Anna Lagonegro in Roma, via Boezio, 92;
Comune di Ugento;

per l'annullamento

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZIONE STACCATA DI LECCE, SEZIONE I, n. 1017/2012, resa tra le parti, concernente ottemperanza alle sentenze TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione I°, n. 3520/2006 e n. 2271/2009 – risarcimento danni.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2013 il Consigliere Doris Durante;

Uditi per le parti l’avv. Pierluigi Balducci su delega dell’avv. Franco Gagliardi La Gala e l’avv. Maria Liberti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La società Gruppo Andidero Finanziario Immobiliare s.r.l. chiede l’annullamento o la riforma della sentenza del TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 1017 del 2012, che, previa riunione, ha dichiarato improcedibili i ricorsi numeri 1039 del 2009 e 1441 del 2011 e ha rigettato la domanda risarcitoria con compensazione delle spese di giudizio.

La società premette che la sentenza, intervenuta dopo quasi un decennio di battaglie giudiziarie, avrebbe reso del tutto evanescente una domanda di giustizia sostanziale, malgrado l’esito ad essa favorevole dei giudizi intrapresi per contrastare l’illegittimo comportamento della Regione Puglia che avrebbe ostacolato la realizzazione in agro di Ugento di un modesto complesso turistico residenziale in tutto conforme alle norme edilizie e urbanistiche del Comune, inquadrato in un’ottica di sviluppo eco - sostenibile (con tecniche di progettazione e di realizzazione ecologiche e non invasive), mentre avrebbe assentito analogo intervento di altra impresa concorrente, ben più invasivo per volumetria e tecniche costruttive.

In diritto, la società appellante deduce i seguenti motivi:

1) erroneità della sentenza nella parte in cui dà atto della sopravvenuta operatività dei vincoli di cui alla istituzione del Parco Naturale “Litorale di Ugento”, richiamando la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 1986 in ordine alla operatività delle sopravvenienze normative e formula istanza di rimessione degli atti del presente giudizio all’Adunanza Plenaria ai sensi e per gli effetti dell’art. 99, commi 1 e 3, c.p.a., perché chiarisca la portata della propria decisione n. 1 del 1986;

2) erroneità della sentenza, in quanto la sopravvenienza dei vincoli di cui alla istituzione del Parco Naturale “Litorale di Ugento” non avrebbe impedito di rendere un provvedimento favorevole, conforme alle prescrizioni poste dal TAR con le pronunce oggetto di ottemperanza;

3) in via subordinata ripropone le doglianze proposte in primo grado e non esaminate in sentenza, con le quali deduceva:

a) violazione o elusione di giudicato, avendo l’amministrazione esercitato la medesima potestà in contrasto con il puntuale contenuto precettivo di ben due giudicati;

b) incompetenza del Dirigente che ha firmato l’atto impugnato, perché diverso da quello indicato con la decisione del TAR n. 2271/09;

c) inapplicabilità dei sopravvenuti vincoli di cui alla istituzione del Parco Nazionale “Litorale di Ugento”, perché non era stato istituito all’epoca della presentazione dell’istanza da parte del Gruppo ricorrente;

d) incompetenza dell’Ente Regione in favore del Comune di Ugento per tutte le determinazioni connesse alla procedura di v.i.a. e alla valutazione di incidenza ambientale, essendo l’area compresa nel territorio del Parco Naturale “Litorale di Ugento”;

e) incompetenza e illegittimità del parere reso dall’Ufficio di Gestione provvisoria del Parco ai sensi dell’art. 15 della legge istitutiva del Parco “Litorale di Ugento”;

f) erroneo richiamo al Piano Paesaggistico Territoriale, non ancora approvato;

g) erronea valutazione di incompatibilità dell’intervento con il PUTT/P perché l’intervento ricadrebbe nei “Territori Costruiti”.

La società appellante reitera la domanda di risarcimento danni, da liquidarsi in maniera equitativa ai sensi degli artt. 2056 e 1226 c.c., rappresentando che l’evento causativo del danno sarebbe nell’inerzia e inadempienza della Regione Puglia e sarebbe imputabile alla Regione per il colposo comportamento serbato dall’Ente; che sussisterebbe nesso di causalità perché il danno sarebbe conseguenza immediata e diretta dell’inottemperanza della Regione alle statuizioni delle sentenze n. 3520/2006 e 2271/2009.

La Regione Puglia costituitasi in giudizio ha chiesto il rigetto dell’appello, con conferma della sentenza di primo grado.

Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica e, alla camera di consiglio del 5 novembre 2013, il giudizio è stato assunto in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e va respinto.

1.- La società appellante, interessata alla realizzazione di una struttura turistico – alberghiera in località “Fontanelle” del Comune di Ugento, proponeva separati ricorsi al TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, l’uno rubricato al n. 1039 del 2009, l’altro al n. 1441 del 2011, per l’ottemperanza rispettivamente delle sentenze del TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, n. 3520/2006 e n. 2271 del 2009.

Con la sentenza n. 3520/2006, il TAR aveva annullato il provvedimento del Dirigente del Settore Ecologia – Assessorato all’Ambiente della Regione Puglia n. 258 del 24 giugno 2005, recante parere sfavorevole per la valutazione di incidenza ambientale dell’insediamento turistico residenziale in questione, sancendo il conseguente obbligo dell’amministrazione di ripronunciarsi sull’istanza e nel rispetto dei principi enunciati in motivazione (nella motivazione erano evidenziati il macroscopico errore in cui era incorsa la Regione nel ritenere che l’intervento non era compatibile con la destinazione d’uso prevista dal PRG e che esprimesse una cubatura maggiore di quella realizzabile secondo le NTA, mentre sfruttava al contrario poco più della metà delle possibilità edificatorie dell’area, nonché la genericità nella valutazione della compatibilità dell’intervento con il PUTT e dell’incidenza dei frequentatori sull’habitat).

Con la sentenza n. 2271 del 2009 – emessa su ricorso per l’esecuzione della sentenza n. 3520 del 2006 - il TAR aveva accolto il ricorso e dichiarato l’obbligo del Dirigente del Settore Ecologia della Regione Puglia di concludere nel termine di 90 giorni il procedimento relativo alla valutazione di impatto ambientale, attenendosi in sede di riesercizio del potere amministrativo ai vincoli conformativi fissati in sentenza, ovvero la compatibilità con la destinazione d’uso prevista dal PRG; la coerenza della volumetria con gli indici della zona; la necessità di un esame più dettagliato della compatibilità dell’intervento con il PUTT e una migliore specificazione degli effetti della pressione antropica in ordine agli habitat interessati dal prospettato intervento.

Con il ricorso n. 1441/2011 la società chiedeva, oltre l’ottemperanza della suddetta sentenza n. 2271/2009, la dichiarazione di nullità della determina del Dirigente dell’Ufficio VIA/VAS della Regione Puglia n. 120 del 20 maggio 2011, che, in sede di rinnovazione della procedura di verifica dell’assoggettabilità dell’intervento a valutazione di incidenza o impatto ambientale, aveva espresso nuovamente parere negativo, nonché degli atti presupposti, tra i quali la nota della Regione Puglia del 21 giugno 2010 di preavviso di parere negativo; il parere negativo reso dal Sindaco di Ugento in data 17 giugno 2010; il parere reso dall’Ente di gestione del Parco “Litorale di Ugento” con nota del 17 giugno 2010 e il parere reso dal Comitato VIA del 17 giugno 2010.

La ricorrente lamentava la mancata esecuzione al giudicato formatosi sulle suddette sentenze, la violazione e la elusione del giudicato.

2.- Il TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, con la sentenza n. 1017 del 2012, riuniti i ricorsi n. 1039/2009 e n. 1441/2011, premesso che con sentenza n. 3520 del 2006 lo stesso TAR aveva annullato la determina dirigenziale n. 258 del 2005 recante parere sfavorevole per la valutazione di incidenza ambientale dell’opera programmata dalla società ricorrente e che con successiva sentenza n. 2271 del 2009 lo stesso TAR aveva fissato i vincoli conformativi ai quali l’amministrazione avrebbe dovuto attenersi in sede di riesercizio del potere amministrativo; che sul presupposto dell’inerzia dell’amministrazione la società aveva proposto ricorsi per l’esecuzione del giudicato; che, con determina dirigenziale n. 120 del 20 maggio 2011, l’amministrazione aveva dato esecuzione al giudicato, avendo emesso nuova valutazione di incidenza ambientale sulla base di elementi diversi e ulteriori rispetto a quelli originariamente considerati e stigmatizzati dal TAR con le suddette pronunce; che la Regione, nel motivare il nuovo parere sfavorevole, aveva dato atto dei vincoli derivanti dalla istituzione con l. regionale n. 13 del 2007 del Parco Regionale “Litorale di Ugento” e che tali vincoli introdotti con la suddetta legge regionale n. 13 del 2007, entrata in vigore il 31 maggio 2007, e pertanto in epoca antecedente il passaggio in giudicato della sentenza n. 3520/2006 passata in giudicato il 22 settembre 2007, sarebbero stati tenuti debitamente in conto dall’amministrazione resistente in sede di riesercizio del potere (secondo quanto condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza a partire dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 1986); che la determina n. 120/2011 non potrebbe ritenersi in alcun modo elusiva del giudicato, concludeva per l’improcedibilità del giudizio, in quanto la ricorrente, ove si fosse lamentata della nuova determinazione n. 120 del 2011, avrebbe dovuto gravarsi di nuovo con ricorso ordinario di annullamento. Rigettava la domanda risarcitoria stante la legittimità dell’operato dell’amministrazione in sede di riesercizio del potere autoritativo. Compensava le spese di giudizio.

3.- La società appellante assume l’erroneità della sentenza sotto più profili e soprattutto per l’uso distorto e forzato della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 1986 in ordine alla operatività delle sopravvenienze normative, con la quale il TAR avrebbe avallato una determinazione dell’amministrazione profondamente ingiusta ed elusiva del giudicato e formula istanza di rimessione degli atti del presente giudizio all’Adunanza Plenaria ai sensi e per gli effetti dell’art. 99, commi 1 e 3, c.p.a., perché chiarisca la portata della propria decisione n. 1 del 1986, attesa la ingiustizia sostanziale riveniente nel caso di specie dall’applicazione dei principi desunti dalla giurisprudenza dalla suddetta decisione n. 1 del 1986.

4.- Va, innanzi tutto, precisato che nel giudizio di ottemperanza, qual è quello in oggetto, possono trovare ingresso solo questioni che sono state oggetto di accertamento nel giudizio di cognizione.

Come affermato dall’Adunanza Plenaria 15 gennaio 2013, n. 2, l’esigenza di certezza propria del giudicato, ossia di un assetto consolidato degli interessi coinvolti, non può proiettare l’effetto vincolante nei riguardi di tutte le statuizioni sopravvenute di riedizione di un potere, ove questo, pur prendendo atto della decisione del giudice, coinvolga situazioni nuove e non contemplate in precedenza.

Ne consegue che in sede di ottemperanza da un canto non è precluso all’amministrazione di tener conto delle eventuali sopravvenienze di fatto e normative intervenute e dall’altro che il provvedimento dell’amministrazione che non sia adottato in violazione o elusione di giudicato, ma copra spazi vuoti lasciati dal giudicato, non può essere vagliato nell’ambito del giudizio di ottemperanza, rendendosi necessaria l’impugnazione con ordinario ricorso di cognizione.

5.- Assume la società appellante che in sede di ottemperanza l’amministrazione non poteva tenere conto delle sopravvenienze normative; che accordando preferenza allo ius superveniens si determinerebbe la compressione del principio secondo cui la domanda giudiziale deve ricevere soddisfazione come se non vi fosse distacco temporale tra domanda, pronuncia e attuazione di questa e si contraddirebbe il principio di retroattività della sentenza di annullamento, che impone in sede di riedizione dell’attività della pubblica amministrazione che sia applicata la disciplina vigente al momento della proposizione del ricorso, nonché il principio di effettività e pienezza della tutela giurisdizionale, in forza del quale la situazione di fatto e di diritto risultante dalla sentenza passata in giudicato debba ritenersi insensibile agli eventi anche di natura normativa sopravvenuti.

L’assunto di parte ricorrente non tiene conto della peculiarità della fattispecie in esame, che attiene ad un fase di un più ampio e articolato procedimento autorizzatorio.

Orbene è indubbio che la sopravvenienza normativa incida su rapporti non esauriti, ovvero su quei rapporti che, sorti antecedentemente all’entrata in vigore della legge, non abbiano dato luogo a situazioni giuridiche ormai consolidate ed intangibili in virtù della definitività dei provvedimenti amministrativi da cui sono sorte.

Lo ius superveniens trova, dunque, applicazione se il procedimento non è concluso e ciascun atto di una serie procedimentale deve uniformarsi alla disciplina vigente nel momento in cui viene adottato (Cons. Stato, sezione VI, 12 gennaio 2011, n. 112; 29 settembre 2010, n. 7187; 4 giugno 2010, n. 3546).

Ma anche ai fini dell’esecuzione del giudicato, è pacifica in giurisprudenza la rilevanza delle circostanze sopravvenute fattuali e giuridiche, salvi gli effetti della notifica della sentenza (cfr. ex multis, Cons. Stato, sezione VI, 22 ottobre 2002, n. 5816; sezione V, 12 ottobre 2001, n. 5404).

Ne consegue che correttamente nella fattispecie in questione, in itinere nel momento in cui sono stati introdotti nella zona ulteriori vincoli ed in particolare il vincolo di cui alla l. regionale n. 13 del 2007, istitutiva del Parco Naturale “Litorale di Ugento”, non poteva non tenersi conto dello ius superveniens e di tutte le norme (di legge, regolamento, piano) intervenute dopo la presentazione dell’istanza (nella stessa nota dell’UTC del Comune di Ugento del 6 luglio 2010, si da atto che “allo stato attuale, l’area in esame è sottoposta al vincolo di tutela di cui alla l. r. n. 13/2007, in particolare alle norme generali di tutela del territorio e dell’ambiente naturale, di cui all’art. 5 della legge istitutiva n. 13/2007, per le quali è fatto divieto di costruire nuovi edifici, considerando altresì che trattasi di interventi previsti in piani urbanistici attuativi non approvati alla data del 27 giugno 2006 (comma 6 lett.B, art. 5, l. r. 13/2007).

D’altra parte tutta la giurisprudenza a partire dalla decisione n. 1/1986 dell’Adunanza Plenaria ritiene opponibili al ricorrente vittorioso in un giudizio impugnatorio le sopravvenienze normative (“il Collegio ritiene opportuno ricordare che riguardo a tutti i riferimenti normativi diversi dalla disciplina urbanistica in senso stretto appare pacificamente accolto il principio che le disposizioni sopravvenute dopo la richiesta di concessione non possono essere ignorate o eluse nel momento in cui l’autorità si accinge a provvedere in concreto. Ciò si dice, ad esempio, delle prescrizioni…dei vincoli a tutela delle bellezze naturali…In tutti questi casi non pare dubbio che si debba tener conto della disciplina sopravvenuta, ancorché il ritardo nell’esame del progetto possa essere stato illegittimo, e tale anzi sia stato dichiarato dal Giudice amministrativo…”(Ad. Plen. n. 1/1986).

6.- Assume la ricorrente che la stessa Adunanza Plenaria n. 1/1986 ha previsto, tuttavia, un temperamento a tale principio collegandolo alla notifica della sentenza che abbia attribuito al ricorrente vittorioso il bene della vita (“…il Collegio deve farsi carico di due problemi secondari…Il primo è quello del temperamento…grazie al quale si dice che restano inopponibili all’interessato le variazioni allo strumento urbanistico sopravvenute dopo la notificazione della sentenza di accoglimento del ricorso contro il diniego e contro il silenzio – rifiuto. Questo temperamento può essere confermato…Alla notifica della sentenza si può riconoscere ..il valore e il significato implicito di diffida a non operare..variazioni allo strumento urbanistico, che si riflettano sulla situazione così come definita al momento della sentenza”) e che laratio del temperamento sarebbe da individuare non già nella formale notifica della sentenza di accoglimento, quanto nella conoscenza, anche aliundeacquisita dall’amministrazione, della statuizione del giudice.

Assume di conseguenza che, malgrado nel caso la sentenza n. 3520/2006 non sia stata notificata all’amministrazione e sia passata in giudicato per effetto del c.d. termine lungo e, quindi, successivamente all’entrata in vigore della legge regionale n. 13 del 2007, istitutiva del Parco Nazionale “litorale di Ugento”, era conosciuta dall’amministrazione, anche perché la ricorrente avrebbe notificato in data 18 ottobre 2006, atto di diffida e costituzione in mora a dare esecuzione alla sentenza n. 3520 del 22 giugno 2006.

La prospettazione di parte ricorrente non considera il significato attribuito alla formale notifica della sentenza di accoglimento nel contesto della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 1/1986, di “diffida a non operare..variazioni allo strumento urbanistico, che si riflettano sulla situazione così come definita al momento della sentenza” e la eccezionalità del temperamento insuscettibile di estensione a situazioni non definitive, qual è quella di cui si discute.

Comunque, la questione posta dalla appellante è irrilevante nel caso in esame, atteso che il vincolo di cui alla l. regione Puglia n. 13 del 2007, pubblicata sul BURP n. 79 del 31 maggio 2007, è sorto in un arco di tempo nel quale la società non aveva acquisito alcun diritto in ordine alla realizzazione del progetto (al tempo si controverteva sulla mera valutazione di impatto ambientale e su questa sola questione si era pronunciato il TAR di Lecce con la sentenza n. 3520/2006, ordinando all’amministrazione di rinnovare il procedimento).

Non v’era dunque alcuna situazione giuridica consolidata ma una istruttoria in corso, rinnovata per ordine del giudice.

Peraltro, il parere sfavorevole reso dall’amministrazione regionale in sede di rinnovazione della valutazione di incidenza ambientale è sorretto da plurime motivazioni, anche ultronee rispetto ai nuovi vincoli di cui alla l. regionale n. 13 del 2007, sicché anche per questo è irrilevante al thema decidendum la questione sull’opponibilità dello ius superveniens su cui si sofferma la ricorrente.

Va da sé che non sussistono motivi per dar corso all’auspicata rimessione all’Adunanza Plenaria della questione sull’opponibilità dello ius superveniens.

7.- Invero, nella prospettazione della ricorrente, la Regione, nell’emettere il nuovo parere di VIA, avrebbe dovuto conformarsi in maniera automatica alle indicazioni rese dal TAR nelle sentenze n. 3520/2006 e n. 2271/2009, astenendosi da qualunque altra valutazione.

La tesi è infondata in fatto e in diritto.

Le sentenze della cui ottemperanza trattasi contenevano elementi meramente indicativi ai quali l’amministrazione avrebbe dovuto conformarsi in sede di riedizione del potere, ovvero la compatibilità con la destinazione d’uso prevista dal PRG; la coerenza della volumetria con gli indici della zona; la necessità di un esame più dettagliato della compatibilità dell’intervento con il PUTT e una migliore specificazione degli effetti della pressione antropica in ordine agli habitat interessati dal prospettato intervento.

L’esercizio della riedizione del potere valutativo dell’Ufficio VIA non era dunque vincolato a precetti contenuti nel dictum del giudice e l’ufficio legittimamente ha fatto uso della propria discrezionalità tecnica, atteso che il procedimento di VIA, quand’anche condotto in sede di rinnovazione del potere in esecuzione di un giudicato demolitorio, costituisce pur sempre espressione di esercizio di potestà tecnico – discrezionale in senso ampio e non può prescindere dalla valutazione degli elementi che normalmente confluiscono in tale valutazione, ovvero la valenza ambientale, naturalistica ed ecologica del sito, le ripercussioni indotte dall’opera sul territorio e sulle matrici e valenze ambientali; le forme di tutela presenti.

D’altra parte, in sede di ottemperanza al giudicato, i poteri dell’amministrazione si modulano in relazione ad una pluralità di fattori, tra i quali il tipo di vizio accertato dalla sentenza di annullamento, la consistenza della situazione giuridica posta a base della domanda, il carattere vincolato o discrezionale del potere amministrativo in contestazione, nonché le peculiarità della nuova situazione di fatto sopravvenuta.

In base a tali canoni, la determina n. 120/2011 non risulta aver violato o eluso il giudicato che, salvo in relazione alla compatibilità dell’intervento con il PRG di Ugento e della conformità della volumetria con gli indici di piano, evidenziava solamente la genericità e lo scarso approfondimento degli altri aspetti che rilevano ai fini della valutazione ambientale.

Ne consegue che la determina regionale n. 120/2011, adottata a seguito di approfondita istruttoria, è perfettamente in linea con lo iussum di cui alle più volte citate sentenze nn. 3520/2006 e 2271/2009.

Insomma la Regione ha dato piena e corretta esecuzione al (duplice) giudicato del TAR Lecce, avendo dato atto, in sede di riesame - anche prescindendo dalla inclusione del sito in area parco e dall’applicabilità del PUTT - delle rilevantissime criticità ed elementi ostativi ad un parere favorevole all’intervento, escludendo la compatibilità ambientale del progetto alla luce di un quadro istruttorio quanto mai completo ed esauriente.

In conclusione deve ritenersi che l’intervenuta determina della Regione Puglia, Settore Ecologia, n. 120 del 2011, avendo dato esecuzione al giudicato, ha fatto venir meno la materia stessa del contendere, con conseguente improcedibilità del ricorso di ottemperanza, come correttamente rilevato dal giudice di primo grado.

8.- La ricorrente in via subordinata ripropone i motivi di doglianza avanzati in primo grado e obliterati dalla decisione impugnata, lamentando l’omessa pronuncia.

Alcune di queste censure attengono, invero, a vizi strutturali dell’atto, sicché avrebbero dovuto essere impugnate con ricorso ordinario (secondo le norme processuali, se il ricorrente censurando un provvedimento amministrativo ne deduce la difformità dall’ordinamento sostanziale è proponibile l’azione ordinaria; se invece ne allega la specifica difformità dall’accertamento contenuto nel giudicato e quindi nella legge processuale, è proponibile l’azione di ottemperanza).

Il Collegio ritiene, comunque, di esaminarle tutte nel rispetto dell’opzione processuale della parte ricorrente che ha privilegiato l’unitarietà di trattazione delle censure svolte a fronte della riedizione del potere, sia perché ha rispettato i termini di decadenza cui è soggetta l’azione impugnatoria e sia perché nella domanda di nullità degli atti da essa proposta, che è la forma di più grave patologia dell’atto ed attiene alla violazione o elusione del giudicato, deve ritenersi compresa anche quella meno grave dell’annullamento.

Tali censure sono, comunque, infondate nel merito.

8.1- Quanto all’asserita violazione o elusione di giudicato perché l’amministrazione avrebbe esercitato la medesima potestà in contrasto con il puntuale contenuto precettivo di ben due giudicati, le ragioni di infondatezza della censura sono già state esposte ampiamente.

8.2- In ordine all’incompetenza del Dirigente che ha firmato l’atto regionale impugnato, Dirigente dell’Ufficio VAS /VIA, mentre la sentenza n. 2271/2009 aveva indicato il Dirigente del Settore Ecologia, ciò che conta non è la persona che firma l’atto ma l’area di appartenenza che è la stessa, essendo l’ufficio VAS/VIA compreso nel Settore Ecologia.

Né risulta che siano state fatte valere in giudizio ragioni di incompatibilità nei confronti del Dirigente dell’Ufficio VIA che aveva redatto l’atto annullato dal TAR con la sentenza n. 3520/2006, che giustificassero l’indicazione di un diverso ufficio o persona incaricati di rinnovare la procedura.

8.3- In ordine all’inapplicabilità dei sopravvenuti vincoli di cui alla istituzione del Parco Nazionale “Litorale di Ugento” perché non ancora istituito all’epoca della presentazione dell’istanza da parte del Gruppo ricorrente, la censura è riproduttiva di quella dedotta in via principale e già esaminata e respinta perché infondata.

8.4- La società ricorrente assume poi l’incompetenza dell’Ente Regione in favore del Comune di Ugento per tutte le determinazioni connesse alla procedura di v.i.a. e alla valutazione di incidenza ambientale, essendo l’area compresa nel territorio del Parco Naturale “Litorale di Ugento”.

La censura si fonda su una norma (art. 6, comma 4, della l. regionale n. 11 del 2001), che stabiliva “Sono di competenza degli Enti Parco regionali di cui alla legge regionale 24 luglio 1997, n. 9 le procedure di V.I.A. di valutazione e di incidenza ambientale relative a tutte le tipologie progettuali elencate nei commi precedenti, qualora ricadano, anche parzialmente, all’interno dei parchi medesimi”.

Tale norma è stata emendata dalla l. regionale n. 17 del 14 giugno 2007 (“Disposizioni in campo ambientale, anche in relazione al decentramento delle funzioni amministrative in materia ambientale”).

In base alla nuova disciplina, vigente alla data di adozione della determina n. 120 del 2011, le procedura di VIA e di verifica della valutazione di incidenza ambientale sono di competenza della Regione “sentiti gli Enti Parco”.

Il Comune di Ugento, conservando la titolarità al tempo di Ente di Gestione del Parco, in tale veste, ha reso il parere di competenza condiviso dalla Regione.

8.5- La suddetta funzione svolta dal Comune di Ugento evidenzia l’infondatezza anche della censura di illegittimità per incompetenza del parere reso dall’Ufficio di Gestione provvisoria del Parco.

Infatti, ai sensi della disciplina transitoria dettata dall’art. 15, comma 1, della legge istitutiva del Parco “Litorale di Ugento”, nelle more della costituzione dell’Ente di gestione, la gestione del parco naturale regionale “Litorale di Ugento” è affidata provvisoriamente al Comune di Ugento, che individua un ufficio di gestione provvisoria.

Invero, la determina n. 120 del 2011 risulta adottata previa acquisizione di tutti i pareri richiesti dalla normativa di settore (parere n. 14996 del 17 giugno 2010 reso dall’Ente gestore del Piano del Parco Naturale Regionale “Litorale di Ugento”, quello del Servizio Assetto del Territorio – Ufficio Parchi e Tutela della Biodiversità della Regione Puglia prot. 8111 del 17 giugno 2010; nota prot. 9135 dell’11 giugno 2010 dell’U.T.C. del Comune di Ugento).

8.6- In ordine all’asserita illegittimità per erroneo richiamo al Piano Paesaggistico Territoriale, non ancora approvato, in disparte che nell’oggetto della VIA e della valutazione di incidenza ambientale rientra la verifica di congruità dell’intervento proposto rispetto al quadro ambientale ed al quadro programmatico – profili sui quali la procedura deve soffermarsi - il rinvio ai piani di valenza regionale, quali il Piano Regionale delle Coste ed il Piano Paesaggistico Territoriale, vanno intesi come riferimenti a strumenti dai quali attingere informazioni utili per qualificare lo stato dell’ambiente, del territorio e del paesaggio nell’area in oggetto e le pressioni indotte.

Circa l’aspetto connesso con i “territori costruiti”, l’esame della conformità al PUTT è stata imposta dalla sentenza n. 2271/2009, laddove si è affermato che “è necessario che le determinazioni di competenza regionale implichino un esame più dettagliato della compatibilità dell’intervento con il PUTT”.

L’asserzione che l’intervento ricadrebbe nell’ambito dei “territori costruiti” esonerati dal regime di tutela, manca di prova, non risultando alcun atto ricognitivo, approvato dal Comune di Ugento con delibera di consiglio comunale, che fissi il perimetro dei “territori costruiti” essenziale ai fini dell’effetto disapplicativo del PUTT ai sensi dell’art.1.03.5.3. delle NTA.

Non pertinente alla tematica è la circostanza che l’impresa avrebbe potuto beneficiare di concessioni di agevolazioni.

8.7- In ordine al richiamo contenuto nella determina n. 120/2011 al Sito di Importanza Comunitaria (pSic) e Sito di Importanza Comunitaria “Litorale di Ugento” IT 9150009, seppure la inclusione di un’area nei siti di interesse comunitario e in zone di protezione speciale non equivale ad imprimere all’area una condizione giuridica di inedificabilità assoluta, è legittimo tenerne conto e, nell’ambito del principio di precauzione e previa adeguata valutazione di VIA, in ipotesi precludere un intervento, ove da siffatta valutazione emerga che tale intervento comporterà la perdita duratura e irreversibile, totale o parziale, di un tipo di habitat naturale prioritario, per conservare il quale il sito è stato designato come SIC.

9.- Per quanto esposto, l’appello deve essere respinto, compresa la domanda di risarcimento danni, non sussistendo, come rilevato dal TAR con la sentenza impugnata, il presupposto dell’illegittimità dell’azione amministrativa che costituisce condizione dell’azione risarcitoria.

Quanto alle spese di giudizio, la peculiarità della controversia ne consente la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) respinge l’appello.

Compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Manfredo Atzeni, Consigliere

Doris Durante, Consigliere, Estensore

Antonio Bianchi, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25/02/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)