GIP MILANO proc. 200874 3 ord. 5
dicembre 2003
est. S. Beltrame ind. Comelli
Beni culturali, mancata denuncia dell’alienazione del c.d. “bene culturale”. Natura di reato omissivo permanente
TRIBUNALE
DI MILANO
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UFFICIO
DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
Dott.ssa
Serenella Beltrame
N. 40117/02 R.G. N.R.
N.
200874/03
R.G. G.I.P.
ORDINANZA DI ARCHIVIAZIONE
- art. 409 comma 5
c.p.p.
Il Giudice dott.ssa Serenella Beltrame,
Oggetto: procedimento penale a carico di COMELLI Giovanni, n. il 14/7/1921 a Borgo San Siro (PV)
Per il reato di cui agli artt. 58 co. 2, 122 lett. B, D.L.vo 490/1999
P.O. : Ministero per i beni culturali
Il Giudice per le indagini preliminari dott.ssa Serenella Beltrame;
letti gli atti del procedimento indicato in epigrafe;
vista la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero in data 14/1/2003;
osserva quanto segue.
L’alienazione dell’immobile oggetto del presente procedimento da parte del Comelli è avvenuta in data 28.5.1986 mentre la denuncia alla Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio del trasferimento è stata effettuata in data 05.11.2002; la mancata denuncia dell’alienazione del c.d. “bene culturale” all’allora Ministero della pubblica istruzione era sanzionabile ai sensi dell’art. 63 della legge 1.6.1939 n. 1089, norma che non prevedeva alcun termine per l’adempimento dell’obbligo di legge e che è stata abrogata dall’art. 166 D.L.vo 29.10.1999 n. 490; l’art. 122 di tale decreto sanziona con identica pena la medesima condotta omissiva dell’obbligo di denuncia, ponendo un termine per tale adempimento di trenta giorni dalla stipulazione dell’atto di alienazione a titolo oneroso o gratuito.
Appare fondamentale stabilire se l’apposizione di tale termine abbia comportato un mutamento della natura del reato contestato; occorre stabilire, cioè, se tale reato debba considerarsi ancora un reato permanente oppure debba considerarsi un reato istantaneo. A tal fine bisogna tener presente il modo in cui è enunciato, dalla fattispecie legale, il praeceptum iuris, la cui violazione è penalmente sanzionata, procedendo all’interpretazione del reato in oggetto, focalizzando l’attenzione, oltre che sul dato letterale, sul bene giuridico protetto dalle norme in questione.
Il bene giuridico protetto dagli articoli sopra citati consiste nell’interesse pubblico alla conoscenza dei diversi atti traslativi aventi ad oggetto un c.d. “bene culturale”, e tale interesse appare permanentemente leso dalla duratura condotta del proprietario del bene che omette di denunciare gli atti traslativi aventi ad oggetto tali beni perché tale omissione rende estremamente complesso, se non impossibile, conoscere chi è il reale proprietario dei beni.
Invero la S.C. ( sez. un., 23 luglio 1999, n.18 Lauriola ed altri), occupandosi dei reati previsti dagli artt. 17,18,20 della L.n.64 del 1974 (provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), consistenti nell’omissione della presentazione della denuncia dei lavori e dell’avviso di inizio dei lavori, li ha ritenuti reati istantanei; tuttavia, come specificato dalla stessa S.C., il testo degli articoli in questione riferisce il termine di presentazione della denuncia e dell’avviso a “prima dell’inizio dei lavori”, di conseguenza non è possibile ritenere che la trasgressione si protragga indefinitivamente nel tempo, finché l’agente non si decida a presentare la denuncia o l’avviso, quando i lavori siano già iniziati; nel caso del reato oggetto del presente procedimento tale dato letterale manca, considerato che la legge n.490/1999 fa riferimento testuale ad un termine di trenta giorni dalla data dell’atto traslativo; in sostanza, mentre nel caso trattato dalla S.C. l’adempimento postumo è del tutto privo di effetto propulsivo, nel caso oggetto del presente procedimento un adempimento tardivo servirebbe comunque a rendere noti i passaggi di proprietà subiti dal bene culturale realizzando quindi, sia pure in modo tardivo, l’interesse pubblico alla conoscenza della circolazione giuridica dei beni culturali.
Da un punto di vista letterale emerge con chiarezza che gli artt. 58 co. 2, 122 lett. B, D.L.vo. 490/1999 puniscono l’omessa denuncia da parte del proprietario, entro il termine di trenta giorni, dell’atto traslativo avente ad oggetto un c.d. “bene culturale”.
Invero la giurisprudenza ha, in alcuni casi, desunto il criterio individuatore delle fattispecie omissive permanenti dalla natura ordinatoria del termine fissato, in via esplicita o implicita, dalla norma per l’adempimento dell’obbligo di agire; in sostanza il reato omissivo proprio, in cui l’omissione consista nella mancata osservanza del termine fissato per un adempimento, è permanente ogni qualvolta l’adempimento stesso sia possibile anche dopo la scadenza del termine (c.d. termine ordinatorio), perché in tal caso il soggetto ha il potere di far cessare la situazione di antigiuridicità compiendo tardivamente, ma pur sempre efficacemente, ciò che precedentemente aveva omesso; viceversa, allorquando il termine posto dalla norma sia perentorio, il reato omissivo proprio va considerato istantaneo.
Tuttavia una distinzione di tal genere (termine perentorio/termine ordinatorio) maturata nel diritto civile, sostanziale e processuale, non appare pienamente applicabile in ambito penalistico; infatti è evidente che il termine per l’adempimento penalmente rilevante è solo quello perentorio; in presenza di un termine ordinatorio al soggetto sarebbe concessa la facoltà di decidere il momento in cui adempiere, quindi non potrebbe mai parlarsi, entro questo ambito di tempo, di obbligo penalmente sanzionato.
Sembra più corretto affermare che ogni reato omissivo proprio prevede, esplicitamente o implicitamente, un termine entro il quale si deve ottemperare all’obbligo di azione descritto dalla norma; non sempre però, alla realizzazione della condotta, corrisponde l’esaurimento del reato medesimo. Anche i reati omissivi propri possono dunque, sia pure eccezionalmente, assumere natura permanente. Ciò si verifica quando l’esame della norma evidenzia che, malgrado la scadenza del termine, continua a sussistere per il destinatario della stessa il dovere di assolvere l’obbligo; in tale tipo di analisi un ruolo essenziale svolge la natura del bene oggetto di tutela che determina una permanente necessità di difesa.
Sul punto, va sottolineato che la stessa S.C. ha più volte avuto modo di affermare la natura permanente di reati omissivi propri; così, in materia di violazione della normativa antisismica, ha statuito che: “.... l’omessa denuncia al genio civile di lavori in corso entro il termine di quindici giorni dall’entrate in vigore del provvedimento di classificazione di nuove zone sismiche, di cui all’art. 30 legge 2 febbraio 1974, n. 64, ha natura di reato permanente il cui termine prescrizionale, cessata la permanenza con la sentenza di primo grado, inizia nuovamente a decorrere, quando non vi sia adempimento tardivo, dalla data della predetta decisione (Cass., Sez. III, 5.4.1986, n. 2646, Porto); con riguardo al reato di omissione del deposito del bilancio e delle scritture contabili, la S.C., ha affermato che si tratta di “… reato omissivo proprio a carattere permanente, in quanto l’interesse all’adempimento della procedura fallimentare permane fino all’effettivo deposito dei predetti documenti” ( Cass., Sez. V, 24.11.1977, n. 14905, Marzollo; conforme Cass., Sez. V, 8.4.1975, n. 3904, Jemma); per quanto riguarda l’omessa valutazione del rischio provocato dall’esposizione dei lavoratori dipendenti ai rumori dannosi, penalmente sanzionata dagli artt. 40 e 50 del D.Lgs. 15 agosto 1991 n. 277, la S.C. ha ritenuto che essa “…configura un reato omissivo proprio di natura permanente, la cui permanenza termina o con la cessazione della condotta omissiva del datore di lavoro o con la pronuncia della sentenza di primo grado” ( Cass., Sez. III, 1.12.1999, n. 13719, Cacchiarelli.); in tema di prevenzione infortuni “…l’inosservanza delle prescrizioni di cui all’art. 115 del D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, volto ad assicurare che i macchinari siano dotati di dispositivi idonei ad evitare che le mani o altre parti del corpo del lavoratore entrino in contatto con le parti mobili di detti macchinari, configura un reato omissivo proprio di natura permanente…, atteso che il perdurare della omissione continua a ledere l’interesse tutelato dal precetto penale ( la tutela della salute ed integrità fisica del lavoratore) anche dopo che il fatto costituente reato si è perfezionato in tutti i suoi elementi.” (Cass., Sez. III, 3.12.2001, n.43292, Costigliola); ed ancora “Il reato di mancata riassunzione in servizio del lavoratore al termine del servizio militare di cui all’art. 3 d.l.c.p.s. 13.9.1946, n.303, convertito in legge 5.1.1953, è reato permanente…”(Fattispecie relativa a rigetto di ricorso in cui l’imputato contestava la natura di reato permanente ed assumeva che il reato medesimo, istantaneo, si era esaurito con lo spirare del termine di trenta giorni fissato dall’art. 3 del provvedimento legislativo; Cass., Sez. III, 23.5.84, n. 4727)
Il reato oggetto di incriminazione appare quindi riconducibile nel novero dei reati omissivi permanenti perché, nonostante l’entrata in vigore del D.L.vo 490/1999, il dovere imposto dalla norma ha mantenuto carattere continuativo e l’interesse tutelato non rimane pregiudicato irrimediabilmente con la scadenza del termine entro il quale la condotta comandata avrebbe dovuto essere tenuta; data la sua natura permanente, il reato oggetto del presente procedimento non può considerarsi estinto per prescrizione.
Occorre poi considerare che, secondo la giurisprudenza ormai consolidata, il reato permanente si caratterizza per il tipo di condotta e per la correlazione di questa con l’offesa dell’interesse protetto e dunque per la durata dell’offesa che è espressa da una contestuale duratura condotta colpevole dell’agente; nel caso di specie la mancata denuncia produce una perdurante offesa al bene giuridico protetto dalla norma, offesa dovuta alla persistente condotta volontaria del soggetto attivo, il quale è in grado di porre fine a tale situazione offensiva.
Il reato di cui si tratta ha dunque mantenuto natura permanente e la condotta imputata al Comelli, iniziata sotto il vigore della precedente legge, ha mantenuto la sua rilevanza penale.
Tutto ciò premesso, re melius perpensa va condivisa l’affermazione del Pubblico Ministero per cui “se è vero che nel reato permanente (qual’era la violazione dell’art. 63 della Legge 01.06.1939 e succ. mod.ni) la consumazione del reato si protrae per un tratto di tempo per volontà cosciente dell’agente, così da potersi parlare più che di un momento consumativo del reato, di un periodo consumativo dello stesso, in guisa che, in caso di successione di leggi penali, qualora la permanenza continui sotto l’impero della nuova legge, è questa soltanto che deve essere applicata in quanto sotto il suo vigore è commesso il reato con la realizzazione di tutti i suoi elementi costitutivi, è altrettanto vero che nel caso in esame la nuova normativa presuppone un termine al compimento della condotta che la vecchia norma di legge assolutamente non prevedeva e che l’agente, al momento dell’entrata in vigore della nuova legge, non era più in grado di rispettare perchè inutilmente decorso, in maniera che soltanto confliggendo con il principio di legalità di cui all’art. 1 del C.P. l’omessa realizzazione della condotta tipica potrebbe integrare la violazione di legge addebitata all’indagato”.
Ne consegue che, a differenza di quanto ritenuto dal Pubblico Ministero che ha richiesto l’archiviazione per prescrizione, in carenza di disposizioni transitorie sul punto ed in ossequio al principio del favor rei deve disporsi l’archiviazione del presente procedimento perchè il fatto non costituisce reato.
- Visto gli artt. 409 e segg. c.p.p.
dispone
l’archiviazione del procedimento e ordina la restituzione degli atti al Pubblico Ministero.
Milano, lì 05.12.2003
L’Ausiliario Il Giudice
Dott.ssa Serenella Beltrame
Il presente
provvedimento è stato redatto con la collaborazione del dr. Gianluca Periani.