Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5996, del 5 dicembre 2014
Caccia e animali.Legittimità ordinanza di confisca di cani e il loro affidamento ad una associazione di tutela degli animali

Dai sopralluoghi effettuati si ricava l’incontrovertibile accertamento del reale stato dei luoghi e del conseguente grave pregiudizio per l’igiene e la salute pubblica. Il rilevante rischio di un effettivo vulnus a tali valori sensibili è infatti evinto, in modo coerente e logico, dalla circostanza che un alloggio privato, peraltro vicino ad altre abitazioni, sia stato adibito a ricovero di un vero e proprio allevamento composto da un numero assai elevato di animali (oltre 65 all’esito dell’ultimo sopralluogo), oltretutto non sterilizzati e sprovvisti di appositi segni di identificazione. Di qui la concretizzazione del presupposto normativo del potere straordinario di ordinanza, dato appunto dall’esigenza di scongiurare un nocumento per la salute e l’igiene collettiva. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05996/2014REG.PROV.COLL.

N. 00023/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 23 del 2005, proposto dai signori Barresi Vincenzo e Salvato Fiorella, rappresentati e difesi dall'avv. Andrea Manzi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;

contro

Comune di Carceri, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Cartia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabio Lorenzoni in Roma, via del Viminale, 43;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Veneto, Sez. III n. 034/2004, resa tra le parti, concernente l’ordine di confisca di cani e il loro affidamento ad una associazione di tutela degli animali;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2014 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti l’avvocato Gianluca Calderaro, su delega dell’avv. Andrea Manzi, e l’avvocato Francesco Silvio Dodaro, su delega dell’avv. Alberto Cartia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno respinto sia il ricorso principale n. 1960 del 2000 che i tre ricorsi per motivi aggiunti proposti dai signori Barresi Vincenzo e Salvato Fiorella avverso una pluralità di determinazioni comunali.

In particolare, con il ricorso principale i ricorrenti avevano impugnato l’ordinanza sindacale contingibile e urgente n. 18 dell’8 maggio 2000 (prot. n. 1843), contenente l’ordine di allontanamento degli animali ai fini del loro affidamento ad apposite strutture. Seguivano tre ricorsi per motivi aggiunti finalizzati all’annullamento di atti amministrativi successivi e consequenziali al primo, vale a dire:

- l’ordinanza sindacale n. 31 del 10 novembre 2000 (prot. 4306), con cui, a seguito dell’inottemperanza alla precedente ordinanza n. 18, veniva disposto l’asporto forzoso dei cagnolini e il conseguente affidamento ad un canile autorizzato; al contempo, veniva disposto, da un lato, l’incarico al Servizio Veterinario dell’A.U.S.L. n. 17 dell’esecuzione di tale provvedimento, e, dall’altro lato, l’inizio delle operazioni di trasporto, tatuaggio e vaccinazioni delle bestiole di concerto con il Servizio Veterinario suddetto. Inoltre, nelle avvertenze finali, si concedeva ai ricorrenti il termine di trenta giorni, decorrente dall’esecuzione dell’allontanamento, per reperire un’idonea struttura per la custodia degli animali, pena la loro confisca e l’alienazione con le modalità previste dalla legislazione per i cani randagi;

- l’ordinanza sindacale n. 5 del 24 gennaio 2001 (prot. 323), con cui era stata disposta la confisca di tutti i cani di proprietà dei ricorrenti (29 per la precisione, all’esito del sopralluogo avvenuto in data 10 aprile 2000), con conseguente affidamento in custodia all’A.T.A. di Galzignano; veniva, altresì, disposto l’affidamento in adozione alla medesima Associazione Tutela degli Animali, la quale ne aveva fatto preventiva richiesta, risultando in possesso delle necessarie autorizzazioni amministrative e sanitarie;

- l’ordinanza sindacale n. 6 del 7 marzo 2001 (prot. 915), con cui l’Ente comunale aveva imposto ai coniugi Barresi di provvedere alle spese di mantenimento, veterinarie e di custodia dei cani, sostenute dall’Amministrazione nella misura complessiva di Lire 7.626.280 (pari ad euro 3.938,64), relativamente al loro periodo di affidamento temporaneo presso l’A.T.A. di Galzignano.

Il Tar Veneto, dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in relazione ai motivi aggiunti rivolti avverso l’ordinanza-ingiunzione, ha respinto per il resto tutti i ricorsi.

Gli appellanti contestano gli argomenti posti a fondamento del decisum.

Si è costituito in giudizio il Comune di Carceri in qualità di Amministrazione intimata.

Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

All’udienza dell’8 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Il ricorso è infondato.

2.1. Va respinto, in primo luogo, il motivo di appello che deduce l’illegittimità dell’originaria ordinanza di necessità e urgenza n. 18 del 2000.

Premesso che ratione temporis la norma cui fare riferimento per l’esercizio del potere sindacale extra ordinem è l’art. 38, comma 2, L. 142/90, il Collegio, in adesione ai rilievi svolti dal Primo Giudice, osserva che il provvedimento sindacale trova piena giustificazione nelle risultanze ricavabili dalla segnalazione della A.U.L.S.S. n. 17.

Infatti, da detta segnalazione, in una con gli esiti di tre sopralluoghi successivi, si ricava l’incontrovertibile accertamento del reale stato dei luoghi e del conseguente grave pregiudizio per l’igiene e la salute pubblica. Il rilevante rischio di un effettivo vulnus a tali valori sensibili è infatti evinto, in modo coerente e logico, dalla circostanza che un alloggio privato, peraltro vicino ad altre abitazioni, sia stato adibito a ricovero di un vero e proprio allevamento composto da un numero assai elevato di animali (oltre 65, all’esito dell’ultimo sopralluogo avvenuto in data 23 novembre 2000), oltretutto non sterilizzati e sprovvisti di appositi segni di identificazione. Di qui la concretizzazione del presupposto normativo del potere straordinario di ordinanza, dato appunto dall’esigenza di scongiurare un nocumento per la salute e l’igiene collettiva.

2.2. E’ infondata anche la censura volta a contestare la sentenza del Primo Giudice nella parte in cui ha respinto i motivi aggiunti che avevano investito l’ordinanza n. 31 del 2000.

Quanto al primo profilo, concernente il lamentato difetto di istruttoria alla base dell’emanazione di tale provvedimento contingibile, il Collegio rileva che il persistere di una grave situazione di evidente e notevole pregiudizio all’igiene ed alla salute pubblica è stato accertato anche in occasione del successivo sopralluogo della Polizia Municipale, avvenuto in data 30 settembre 2000.

Va soggiunto che la permanenza di tali esigenze è stata appurata per effetto di successivi sopralluoghi condotti sia nel settembre che nel novembre del 2000.

In relazione alla dedotta mancanza della comunicazione di avvio del procedimento, la Sezione ritiene, in ossequio a un consolidato indirizzo giurisprudenziale in materia di “urgenza qualificata”, che la particolare consistenza degli interessi pubblici implicati e l’urgente necessità di evitare la relativa compromissione costituivano ragioni di esonero dalla comunicazione dell’avvio dell’iter procedurale in applicazione della deroga sancita dall’articolo 7, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, con riferimento alle ipotesi in cui sussistano “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità”.

Si deve peraltro soggiungere che l’ordinanza n. 31 del 2000 si configura quale atto consequenziale alla precedente ordinanza n. 18/2000, rimasta inottemperata.

2.3 Non fondata risulta, poi, la censura che contesta la sentenza del giudice di primo grado laddove non ha rilevato il difetto di competenza sindacale in relazione all’ordinanza n. 5/2001, impugnata con i secondi motivi aggiunti.

Sulla questione il Collegio rileva che le norme della Legge Regionale del Veneto (in particolare l’art. 8, comma 3, della Legge n. 60/93) attribuiscono la competenza alle ULSS con riguardo alla gestione dei cosiddetti “canili sanitari”, mentre la gestione dei cosiddetti “rifugi per cani” risulta essere riservata alla competenza dei Comuni che, singoli o associati, possono stipulare apposite convenzioni con associazioni protezionistiche.

Orbene, trattandosi, nella fattispecie in esame, di “rifugi per cani”, è legittima la gestione comunale anche in convenzione con associazioni protezionistiche, dato che le aziende ULSS sono titolari esclusivamente di competenze di natura sanitaria. Al riguardo, la lettera b) dell’art. 15 della citata LRV n. 60/93 dispone che le ULSS “effettuano il controllo sanitario sulle strutture di ricovero dei cani, allo scopo di verificarne l'idoneità igienico sanitaria”.

La Sezione aggiunge per completezza che l’utilizzo del termine “confisca” nell’ordinanza n. 5 del 2001 risulta atecnico e, quindi, non vincolante ai fini dell’ effettiva qualificazione del potere esercitato.

Dall’approfondimento delle circostanze fattuali si ricava, infatti, che i cani sono stati completamente abbandonati da coloro che adducevano di esserne i proprietari, poiché costoro non solo non ne hanno formalmente richiesto l’affidamento ma, circostanza ancora più dirimente, non hanno neppure provveduto ad individuare una sistemazione destinata ad ospitarli in via alternativa (possibilità espressamente concessa agli appellanti nella precedente ordinanza, n. 31 del 2000, affinché potessero reperire una struttura idonea per custodire gli animali entro trenta giorni dall’esecuzione dell’allontanamento).

Tali elementi inducono il Collegio a individuare gli estremi di una sostanziale derelizione dei cani in esame, con la conseguenza che il provvedimento va considerato non come atto ablatorio volto all’acquisto della proprietà, ma come determinazione volta a dettare disposizioni per l’idonea gestione di cani rimasti senza padrone.

3. Le circostanze e le considerazioni esposte impongono la reiezione dell’appello.

La peculiarità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 23 del 2005, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate del secondo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/12/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)