Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5231, del 30 ottobre 2013
Elettrosmog.Legittimità diniego alla realizzazione impianto di telefonia mobile per contrasto con Regolamento comunale

Il Comune di Lecce, facendo esercizio del potere assegnatole dall’art. 8 della legge n. 36 del 2001, ha approvato, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 26 del 9 marzo 2007, il Regolamento recante “Norme concernenti gli impianti radioelettrici con frequenza di trasmissione tra 100 kHz a 300 GHz”. Tale Regolamento non consente l’installazione degli impianti in particolari zone sensibili. Sulla base di tali disposizioni il Comune ha negato alla società di telefonia mobile l’autorizzazione alla installazione del suo impianto nel sito indicato che ricade (pacificamente) in un’area nella quale, ai sensi delle predette disposizioni, è preclusa l’installazione di impianti. Peraltro, i criteri localizzativi indicati nel Regolamento del Comune di Lecce non sono tali da determinare un divieto generale d’installazione di impianti su tutto l’insediamento abitativo né sono tali da non garantire comunque la copertura dell’intero territorio comunale. In particolare risulta che l’Amministrazione ha indicato zone del territorio comunale, anche limitrofe alle aree sensibili, dove è possibile l’ubicazione degli impianti di telefonia per assicurare la copertura del servizio su tutto il territorio. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05231/2013REG.PROV.COLL.

N. 02747/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2747 del 2013, proposto da: 
Wind Telecomunicazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Sartorio, con domicilio eletto in Roma, via Luigi Luciani, n.1;

contro

Comune di Lecce, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Laura Astuto, con domicilio eletto presso Francesco Baldassarre in Roma, via della Scrofa n. 64;

nei confronti di

Provincia di Lecce, in persona del Presidente p.t., n.c.

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la PUGLIA, Sezione Staccata di Lecce, Sezione II, n. 1647 del 5 ottobre 2012, resa tra le parti, concernente il diniego di autorizzazione alla realizzazione di impianto di telefonia mobile.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lecce;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti gli avvocati Sartorio e Mirate, su delega di Astuto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.- La Wind Telecomunicazioni S.p.A. ha impugnato davanti al T.A.R. per la Puglia, Sezione Staccata di Lecce, gli atti con i quali il Comune di Lecce le ha negato l’autorizzazione all’installazione di una stazione radio base per la telefonia mobile, sul lastrico solare di un edificio di proprietà della Provincia di Lecce, sito alla via Botti, incrocio con via Miglietta, per il contrasto con le prescrizioni del Regolamento comunale, approvato con deliberazione di C.C. n. 26 del 9.3.2007, e in particolare con quanto dettato dall’art. 5, comma 2, dello stesso, nella parte in cui vieta l’installazione degli impianti all’interno delle aree sensibili indicate nell’allegato “A” e definite nei limiti nelle cartografie dell’allegato “B”.

2.- Il T.A.R. per la Puglia, Sezione Staccata di Lecce, con sentenza della Sezione II, n. 1647 del 5 ottobre 2012 ha respinto il ricorso.

3.- La Wind ha appellato l’indicata sentenza sostenendone l’erroneità sotto diversi profili. In particolare la Wind ha insistito nel sostenere l’illegittimità delle disposizioni del Regolamento comunale sulla base del quale le è stato opposto l’impugnato diniego (secondo e quinto motivo di appello), l’illegittimità, in concreto, del diniego (terzo e quarto motivo), nonché la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 (quinto motivo di appello).

4.- Al riguardo, come ha già fatto il giudice di primo grado, si deve, in primo luogo, ricordare che l’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 22 febbraio 2001 (recante la legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici), prevede che «i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici».

I comuni, cui è assegnato dall’ordinamento il potere di governo del territorio, attraverso gli atti di pianificazione e programmazione urbanistica e di controllo dell’attività edilizia, hanno quindi il potere di dettare disposizioni regolamentari (e quindi generali), anche per assicurare il migliore insediamento, sotto il profilo urbanistico e territoriale, degli impianti di telecomunicazione, tenendo anche conto dell’esigenza di minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

4.1.- La giurisprudenza, anche di questa Sezione, ha quindi più volte riconosciuta la legittimità dell’esercizio di tale potere, posto a presidio di interessi di rilievo specifico a livello locale, quali il valore paesaggistico e ambientale, o storico-artistico o urbanistico, di certe porzioni del territorio, ovvero per la presenza di siti che, per la loro destinazione d'uso, possano essere qualificati particolarmente sensibili alle immissioni elettromagnetiche.

4.2.- Si è peraltro anche affermato che le regole dettate dai comuni circa l’installazione degli impianti devono essere ragionevoli, tenuto anche conto che le "reti di telecomunicazione", richiedono una diffusione capillare sul territorio.

Si è quindi ritenuto che i comuni non possono imporre un generalizzato divieto di installazione in identificate zone urbanistiche del territorio comunale se da tale divieto discende l’impossibilità di realizzare una completa rete di telecomunicazioni. Infatti il servizio pubblico di telecomunicazione è preordinato a consentire a tutta la popolazione di poter essere adeguatamente servita nelle diverse condizioni di comunicazione, in movimento o fissa, entro e fuori dagli edifici, entro e fuori dal centro abitato, in tutte le ore del giorno e della notte e anche negli orari di massima concentrazione del traffico (fra le più recenti, Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3575 del 3 luglio 2013).

4.3.- Anche la Corte Costituzionale si è espressa nello stesso senso, con la sentenza n. 331 del 7 novembre 2003, ritenendo non legittima la disposizione della legge della Regione Lombardia n. 4 del 2002 che aveva previsto un generale divieto di installazione di impianti entro il limite di distanza di 75 metri dal perimetro di proprietà di asili, edifici scolatici, ospedali ed altri immobili ritenuti sensibili, in quanto tale divieto, in particolari condizioni, avrebbe potuto rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni.

4.4.- Si è poi anche rilevato che l'assimilazione, per effetto dell'art. 86 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, delle infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria, implica che le stesse debbano collegarsi ed essere poste al servizio dell'insediamento abitativo e non essere dalle stesso avulse.

4.5.- E’ stato infine precisato che la determinazione, da parte delle amministrazioni locali, di limiti di localizzazione degli impianti non può tradursi in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche tenuto conto che l'art. 4 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 riserva tale funzione allo Stato attraverso l'individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione e obiettivi di qualità, disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'Ambiente, di concerto con il Ministro della Salute. Mentre la verifica in concreto sul rispetto di tali limiti è assicurata da apposito organo tecnico regionale (l’Arpa).

5.- Ciò premesso, nel caso di specie, il Comune di Lecce, facendo esercizio del potere assegnatole dal citato art. 8 della legge n. 36 del 2001, ha approvato, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 26 del 9 marzo 2007, il Regolamento recante “Norme concernenti gli impianti radioelettrici con frequenza di trasmissione tra 100 kHz a 300 GHz”.

6.- Tale Regolamento non consente, fra l’altro, l’installazione degli impianti in particolari zone sensibili (art. 5, comma 2), indicate nell’allegato “A” e definite nei limiti nelle cartografie dell’allegato “B”.

Sulla base di tali disposizioni il Comune ha negato alla Wind l’autorizzazione alla installazione del suo impianto nel sito indicato che ricade (pacificamente) in un’area nella quale, ai sensi delle predette disposizioni, è preclusa l’installazione di impianti.

7.- Peraltro, come affermato anche dal T.A.R. di Lecce nell’appellata sentenza, i criteri localizzativi indicati nel Regolamento del Comune di Lecce non sono tali da determinare un divieto generale di installazione di impianti su tutto l’insediamento abitativo né sono tali da non garantire comunque la copertura dell’intero territorio comunale. In particolare risulta che l’Amministrazione ha indicato zone del territorio comunale, anche limitrofe alle aree sensibili, dove è possibile l’ubicazione degli impianti di telefonia per assicurare la copertura del servizio su tutto il territorio (allegato “B” al Regolamento).

8.- Devono quindi ritenersi infondate le censure sollevate dall’appellante Wind avverso la legittimità di tale Regolamento e deve essere confermata sul punto la sentenza del T.A.R. di Lecce.

Si è infatti già ricordato che, fatto salvo il limite derivante dal rispetto dell’esigenza primaria di garantire all’intero territorio comunale una adeguata copertura di rete, i comuni ben possono prevedere aree sensibili (anche per la presenza di scuole, ospedali etc.) nelle quali non è consentita l’installazione di impianti.

Risulta pertanto correttamente esercitato dal Comune di Lecce il potere regolamentare volto, ai sensi del richiamato art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 22 febbraio 2001, ad assicurare «il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti», ed a «minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici».

9.- Né si può giungere a diversa conclusione sulla base della perizia di parte depositata dalla Wind, nella quale si afferma, fra l’altro, che l’ubicazione nell’immobile di Via Botti dell’impianto LE273 è la migliore possibile per garantire il servizio al centro della città e tutelare la popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici, tenuto anche conto che l’impianto oggetto di diniego non recherebbe danno alle strutture “sensibili” che il Comune, con il Regolamento, ha inteso proteggere.

9.1.- Peraltro anche tale perizia non dimostra che le disposizioni contenute nel Regolamento non consentono la collocazione dell’impianto, per il quale la Wind aveva presentato al Comune domanda di autorizzazione, in un sito diverso comunque compatibile con le scelte effettuate dal Comune nell’esercizio dei suoi poteri di gestione del territorio.

9.2.- Mentre non può avere rilievo, ai fini di una valutazione della legittimità delle disposizioni regolamentari, la circostanza che, secondo quanto affermato dall’appellante, le emissioni prodotte dall’impianto per il quale è stata chiesta l’autorizzazione (LE273) risulterebbero inferiori ai limiti imposti dalla normativa vigente e non arrecherebbe quindi danno alla salute dei soggetti che vivono negli immobili che lo stesso Regolamento ha inteso proteggere (in particolare l’istituto scolastico “Marcelline”, sede di scuola d’infanzia, scuola primaria e secondaria), risultando l’individuazione delle aree sensibili, definita all’esito di una specifica istruttoria, volta comunque a minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici ed essendo comunque garantita, come si è già detto (e come è stato dimostrato dal Comune), la possibile copertura in rete dell’intero territorio comunale.

9.3.- Né comunque è stata fornita adeguata dimostrazione dell’inidoneità dei siti alternativi a garantire ugualmente la copertura del segnale telefonico nella zona considerata.

10.- Si rilevano poi infondate anche le doglianze sollevate avverso il provvedimento con il quale il Comune di Lecce ha opposto il suo diniego alla richiesta installazione dell’impianto di comunicazioni.

Non v’è dubbio, infatti, che, come si è già evidenziato, la richiesta dell’appellante si pone in contrasto con le previsioni del citato Regolamento, prevedendo la collocazione di un impianto sul lastrico solare di un edificio di proprietà della Provincia che si colloca all’interno di un’area nella quale, ai sensi del citato Regolamento comunale, è interdetta la realizzazione di stazioni base di telefonia.

11. Né si può ritenere possibile tale collocazione per il solo fatto che l’immobile è di proprietà della Provincia, in applicazione della disposizione contenuta nell’art. 5, comma 4 bis, dello stesso Regolamento.

Si deve, infatti, ritenere, condividendo quanto ha affermato sul punto il T.A.R. di Lecce, che la citata disposizione ha lo scopo di consentire una più facile localizzazione degli impianti in aree comunali e pubbliche e di assicurare il segnale anche nelle aree sensibili (con una possibile localizzazione degli stessi anche in prossimità delle aree sensibili) ma non consente l’installazione di impianti anche all’interno delle aree sensibili.

12.- Infondata è infine la censura, contenuta nel primo motivo di appello, di violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990.

Come già ha affermato il T.A.R., infatti, il Comune di Lecce, nel provvedimento di diniego all’installazione dell’impianto, ha richiamato espressamente le osservazioni che erano state prodotte dall’appellante ma ha ritenuto di non poterle accogliere, non potendo prescindere dalle disposizioni contenute nel Regolamento comunale che, come si è visto, non consentono la realizzazione dell’impianto nel sito indicato.

13.- Per le esposte ragioni l’appello deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento di € 3.000,00 (tremila) in favore del Comune resistente per le spese e competenze del grado di appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 30/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)