Cass. Sez. III n. 9186 del 2 marzo 2009 (Cc 14 gen. 2009)
Pres. Onorato Est. Amoresano Ric. PM in proc. Mancini ed altro
Urbanistica. Acquisizione immobile abusivo e sequestro
La mera presenza del sequestro penale non determina, di per sé, la sospensione del termine dei novanta giorni per l\'acquisizione dell\'immobile al patrimonio del Comune.
SENTENZA N. 91
REG. GENERALE n.020188/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Pierluigi Onorato Presidente
Dott. Ciro Petti Consigliere
Dott. Alfredo Teresi Consigliere
Dott. Claudia Squassoni Consigliere
Dott. Silvio Amoresano Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli
avverso l\'ordinanza del 7.4.2008
del Tribunale di Tivoli
nei confronti di
1) Mancini Franco nato il 28.9.1968
2) Carrarini Evaristo nato il 29.1.1948
sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
lette le conclusioni del P.G., dr. Vito Monetti, che ha chiesto
trasmettersi gli atti alla Corte di Appello di Roma.
OSSERVA
1) Con ordinanza in data 7.4.2008 il Tribunale di Tivoli, in composizione monocratica, disponeva il dissequestro e la restituzione alla società Nanino Costruzioni srl dei locali di cui al provvedimento di sequestro probatorio adottato il 10 maggio 2006. Premetteva il Tribunale il riepilogo degli accadimenti, evidenziando che il sequestro in questione eseguito dai vigili urbani era stato convalidato con decreto dell\'11.5.2006 (veniva ipotizzato il reato di cui all\'art.44 lett.b) DPR 380/2001 per aver realizzato lavori edilizi in totale difformità dal progetto assentito, trasformando, in particolare, due locali del fabbricato e modificandone la destinazione da uso servizi a uso abitazione). Il 22 giugno 2006, con provvedimento n.343, il dirigente del settore VI del Comune di Tivoli ordinava alla srl Nanino Costruzioni, proprietaria dei locali, la sospensione immediata dei lavori, con demolizione e rimessa in pristino dello stato dei luoghi. Tale ordinanza veniva notificata in data 7.7.2006.
Il 12 luglio 2006 Mancini Franco, presidente del consiglio di amministrazione della società, chiedeva al P.M. il dissequestro dei locali per ottemperare all\'ordinanza di demolizione. Il 13.7.2006 il P.M. rigettava la richiesta di dissequestro, autorizzando però l\'accesso ai luoghi in sequestro per l\'esecuzione della demolizione nel termine di venti giorni. In data 4 luglio 2007 il Gip, accogliendo l\'opposizione proposta dal Mancini avverso il rigetto, da parte del P.M., della richiesta di dissequestro, disponeva la revoca del sequestro "finalizzato alla esclusiva esecuzione degli interventi di ripristino dello status quo ante ".
Il 3 ottobre 2007 il Comune di Tivoli revocava l\'ordinanza del 22 giugno 2006, avendo il sopralluogo dei vigili urbani in data 26 settembre 2007 accertato "la rimessa in pristino" ingiunta.
Il 28 novembre 2007 la Corte di Cassazione annullava l\'ordinanza del GIP del 4.7.2007.
Tanto premesso rilevava il Tribunale che non sussisteva più alcuna esigenza probatoria per il mantenimento del sequestro, essendo stato tra l\'altro già definito il primo grado del giudizio. Escludeva, poi, che i locali ed il lastrico solare su cui insistevano fossero stati acquisiti al patrimonio comunale ex art.31 T.U. edilizia, non potendo tenersi conto dell\'inerzia del destinatario dell\'ordinanza di demolizione in costanza del sequestro penale. In ogni caso non vi era prova che l\'inottemperanza all\'ordinanza di demolizione si fosse protratta oltre il termine assegnato.
2) Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli per violazione di legge, denunciando che erroneamente il Tribunale ha ritenuto che il sequestro penale sull\'immobile determinasse la sospensione del termine di 90 giorni per l\'acquisizione al patrimonio del Comune dell\'immobile medesimo. Tale irrilevanza, del resto, era stata già implicitamente ritenuta dalla Suprema Corte con la sentenza che aveva annullato il provvedimento di dissequestro del GIP.
Il destinatario dell\'ordinanza può, infatti, chiedere ex art.85 disp.att. la disponibilità temporanea del bene per provvedere all\'esecuzione. La giurisprudenza richiamata dal Tribunale non è, invece, pertinente.
Chiede, pertanto, l\'annullamento dell\'impugnato provvedimento.
Con requisitoria scritta dell\'8 luglio 2008 il P.G. chiede che la Corte voglia trasmettere gli atti per competenza alla Corte di Appello di Roma.
Con memoria, depositata in data 8.1.2009, il difensore di Mancini Franco chiede che venga dichiarato inammissibile o rigettato il ricorso.
3) Il ricorso è fondato.
3.1) Va verificata preliminarmente la “competenza” di questa Corte.
La sentenza nel giudizio di prima grado risulta emessa in data 31 marzo 2006, mentre l\' ordinanza del Tribunale, oggetto dell\'impugnazione, porta la data del 7.4.2008 ed è quindi successiva alla sentenza medesima.
Tale ordinanza inoltre ha ad oggetto il sequestro probatorio disposto sull\'immobile ( in accoglimento della istanza difensiva è stato ordinato il dissequestro e la restituzione dei locali sequestrati alla società Nanino srl).
Non possono trovare quindi applicazione né l\'art.586 c.p.p., che riguarda l\'impugnazione di ordinanze emesse nel dibattimento, né l\'art.579 c.p.p. che riguarda le misure di sicurezza.
3.2) L\'art.31 comma 3 DPR 380/01 prevede che "se il responsabile dell\'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall\'ingiunzione, il bene e l\'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune.
La giurisprudenza di questa Corte è ormai orientata nel ritenere che dal tenore letterale della norma "risulta evidente che l\'effetto ablatorio si verifica ope legis alla inutile scadenza del termine fissato per ottemperare all\'ingiunzione di demolire, mentre la notifica dell\' accertamento formale dell\'inottemperanza si configura solo come titolo necessario per l\'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari... "(cfr. ex multis Cass.pen.sez.n.4962/2008, emessa proprio nella vicenda de qua). Tale decisione ha anche precisato che "Evidente corollario dei principi sopra esposti è che il giudice che dispone il dissequestro di un immobile abusivo, dopo che il responsabile dell\'abuso non ha ottemperato nel termine di legge all\'ingiunzione comunale di demolire, e quindi dopo che si è verificato l\'effetto ablativo a favore dell\'ente comunale, deve disporre la restituzione dell\'immobile allo stesso ente comunale e non al privato responsabile , che per avventura sia ancora in possesso del bene. Per individuare l\'avente diritto alla restituzione, infatti, non è sufficiente il favor possessionis, occorrendo invece la prova positiva dello ius possidenti, che non compete più al privato ottemperare".
Il giudice quindi è tenuto a verificare se, per il decorso del termine di novanta giorni, senza che sia stato ottemperato all\'ordinanza di demolizione, si sia verificato l\'effetto ablatorio. Sarebbe conseguentemente illegittimo disporre la restituzione dell\'immobile al privato in presenza di siffatto intervenuto effetto ablatorio.
Il Tribunate di Velletri, pur condividendo sostanzialmente la giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata, ha ritenuto che non si sia verificata la perdita di proprietà dei locali da parte della società, sotto un duplice aspetto;
1) sospensione del termine di 90 giorni per la presenza del sequestro penale;
2) ottemperanza, comunque, all\'ordinanza nel termine prescritto.
3.3) Sotto il primo profilo, non c’è dubbio che, come sostiene il Tribunale, l\'inottemperanza all\'ordine di demolizione possa costituire valido presupposto per la successiva acquisizione gratuita da parte del comune solo in quanto imputabile al destinatario del provvedimento sanzionatorio, cioè in quanto non conseguente a circostanze impeditive estranee alla volontà ed al controllo del predetto".
Deve, però, trattarsi, proprio perché l\'effetto ablativo opera di diritto ed automaticamente con il mero decorso del termine, di un "impedimento assoluto" che non consenta al destinatario di dare esecuzione all\'ordinanza.
Tale non è certamente il sequestro. Come ha ricordato anche il ricorrente, l\'art.85 disp. att. prevede che "quando sono state sequestrate cose che possono essere restituite previa esecuzione di specifiche prescrizioni, l\'autorità giudiziaria, se l\'interessato consente, ne ordina la restituzione impartendo le prescrizioni del caso..". E\' l\'ordinamento stesso, quindi, a consentire di "superare" il vincolo rappresentato dal sequestro e di procedere, nonostante la presenza dello stesso, alla demolizione.
Le esigenze probatorie e difensive, evidenziate dal Tribunale che giustificherebbero "l\'inerzia" del privato, non sono argomenti decisivi.
E\' del tutto evidente, infatti, che in presenza di siffatte esigenze, rappresentate dall\'interessato o ritenute dal giudice, la richiesta di dar luogo alla esecuzione dell\'ordinanza di demolizione, verrebbe rigettata. Ovviamente, un eventuale provvedimento di rigetto costituirebbe esso sì quel "factum principis" che inibisce l\'esecuzione dell\'ordine di demolizione.
A ben vedere la sentenza di questa Corte richiamata dal Tribunale (Cass.sez.3, 13.6.2000 n.2403-Galli) non perviene a conclusioni diverse, dal momento che, dopo aver affermato che "lo stesso indagato/imputato ben può chiedere all\'autorità giudiziaria il dissequestro al solo fine di eliminare l\'abuso in ottemperanza dell\'ingiunzione a demolire notificatagli dal Comune", precisa che ciò può avvenire sempre che "il sequestro non sia più necessario per fini probatori".
Può enunciarsi, quindi, il principio che la mera presenza del sequestro penale non determina, di per sé, la sospensione del termine dei novanta giorni per l\'acquisizione dell\'immobile al patrimonio del Comune.
Di tanto si ha una chiara conferma proprio in questo caso. Come da atto lo stesso Tribunale nell\'ordinanza, nonostante che l\'immobile fosse sottoposto a sequestro probatorio, sia il privato che il P.M. ritennero che si potesse dare esecuzione all\'ordinanza del Comune. Ed infatti, su richiesta del Mancini, presentata in data 12.7.2006, vale a dire cinque giorni dopo la notifica dell\'ordinanza di demolizione, il P.M. autorizzò il medesimo ad accedere ai luoghi in sequestro "per il solo tempo strettamente necessario all\'esecuzione della demolizione", imponendo all\'istante numerose prescrizioni e concedendogli il termine di giorni venti per l\'esecuzione. L\' "insufficienza" del termine di venti giorni, evidenziata nella memoria difensiva, non assume alcuna incidenza, (ben avrebbe potuto l\'interessato chiedere una proroga ove non avesse potuto portare a termine l\'esecuzione dell\'ordine demolitorio).
3.4) Una volta accertato che la presenza del sequestro penale non determinava la sospensione del termine previsto dall\'art.31 comma 3 DPR 380/01, bisognava verificare se il destinatario del provvedimento avesse, comunque, ottemperato, nel termine prescritto, all\'ordinanza.
Non c\'è dubbio che trattasi di un accertamento di fatto che, se adeguatamente e congruamente motivato, sia insindacabile in sede di legittimità.
La motivazione del provvedimento impugnato è, però, sul punto meramente apparente, con conseguente ipotizzabilità della violazione dell\'art.125 comma 3 c.p.p.
Il Tribunale si limita, infatti, a far riferimento all\'accertamento dei Vigili Urbani che comunicavano al P.M. che "Mancini attenendosi alle condizioni dettate dall\'A.G. ha provveduto alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi ad eccezione del camino presente all\'interno del locale int.15 e dei materiali di risulta che sono stato lasciati all\'interno del locale it.14...".
A parte il fatto che vi è confusione anche sulla data del predetto accertamento ( a pag.3 si parla del 26 settembre 2006, mentre nella parte espositiva a pag.1 si indica il 26 luglio (corretto in settembre) ma del 2007, (il che è estremamente rilevante in ordine alla tempestività dell\'ottemperanza), si sarebbe dovuto accertare se erano state eliminate tutte le opere indicate nell\'ordinanza, essendo indubitabile che l\'ottemperanza medesima debba essere integrale e non soltanto parziale.
Tale ordinanza-ingiunzione, come afferma il Tribunale, faceva riferimento alla "immediata demolizione e rimessa in pristino ad uso non residenziale dei locali di cui al verbale di accertamento 11046 entro novanta giorni della data di notifica...". Bisognava accertare, allora, se tutte le opere indicate nel predetto verbale fossero state demolite ed il motivo per cui il camino, presente all\'interno del locale int.15, non fosse stato, comunque, eliminato.
L\'ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Tivoli che, alla luce dei principi sopra enunciati, accerterà se sia stata data integrale ottemperanza all\'ordinanza n.343 del 22.6.2006 nel termine prescritto.
P. Q. M.
Annulla l\'ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Tivoli.
Cosi deciso in Roma il 14.1.2009
Deposito in cancelleria il 02/03/2009